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La cameriera...
L’orologio a muro segnava le tre meno cinque. Avevano fatto in fretta quel giorno. Ormai stavano finendo di pulire la sala da pranzo e non restava che apparecchiare per la sera. Un quarto d’ora ancora e poi via, fino all’indomani a mezzogiorno non era in servizio. Silvia si affrettò ad andare a svuotare la palettina nel sacco dell’immondizia piazzato appena fuori dalla porta della cucina. Per fare ciò passò davanti alla porta d’ingresso della grande sala da pranzo e notò Francesco che si allontanava. Che stesse guardando proprio lei e che si fosse allontanato imbarazzato trovandosela così vicina? Il pensiero le balenò improvviso nel cervello, per una frazione di secondo, ma la ragione ebbe immediatamente la meglio. Certamente no! Non era certamente la più graziosa delle cameriere che erano nella sala in quel momento. Si guardò un attimo attorno: in fondo, dalla parte opposta dove era lei, c’era Roberta, una bella ragazza di 24 anni della provincia di Milano, molto carina con i suoi capelli nerissimi e ricci. Poco più in là Paola stava finendo di scopare per terra: anche lei, con i suoi 21 anni era una possibile pretendente degli sguardi di Francesco. Silvia si ritrovò a passare di fianco a Flavia, che stava cominciando a preparare le tavole. Era come imbambolata, con gli occhi aperti che fissavano la porta. Lei sì che era veramente bella! Alta, bionda, con i capelli mossi in una specie di caschetto, indossava la camicetta bianca delle cameriere dell’albergo ma sotto spuntavano un paio di tette fantastiche, di cui Silvia era molto invidiosa. Tra l’altra aveva 22 anni, giusto uno in meno di Francesco, il figlio dei proprietari dell’albergo. Fece quattro rapidi calcoli, collegando lo sguardo perso su quella porta alla sua bellezza: il ragazzo stava guardando proprio lei. Sarebbe stato troppo bello, pensò Silvia, se invece fosse stata lei l’oggetto delle sue attenzioni. Francesco era un ragazzo stupendo, con gli occhi di un azzurro glaciale e con quei capelli neri… Doveva accontentarsi della corte che le facevano i suoi coetanei e di uscire ogni tanto con qualcuno di loro che reputava meno noioso degli altri. Fortunata Flavia! Iniziò a preparare le tavole per la sera, cercando di dimenticare Francesco e fantasticando su come avrebbe potuto passare le prossime ore di libertà. Sarebbe andata un po’ in spiaggia a rilassarsi e a prendere il sole. La sera sarebbe… Avrebbe voluto uscire. Ma chi c’era che poteva uscire con lei? Non era lì da molto e conosceva soltanto le altre cameriere, che erano tutte di servizio… L’ipotesi di dover restare sola in albergo l’agghiacciò. Avrebbe fatto perlomeno un giretto in centro da sola, tanto per vedere un po’ di gente. La sera la calca era tanta… L’orologio segnava le tre e mezza precise quando la sala era nuovamente pronta per ospitare la cena di tutti i clienti. Le quattro cameriere si guardarono soddisfatte del loro lavoro: aveva fatto veramente in un baleno, ora le aspettava la piccola zona di spiaggia libera! Andarono tutte a cambiarsi e in un men che non si dica erano già sdraiate al sole sulla sabbia. Flavia, sdraiata supina, attirava gli sguardi di tutti gli uomini che passavano: aveva un ridottissimo bikini che a mala pena nascondeva una piccola porzione delle sue tette abbondanti. Paola e Roberta fecero anche loro caso alla prosperosità dell’amica e iniziarono a chiacchierare sull’argomento: «Flavia, ma quand’è che ti sono cresciute le tette?». «Be’, a quattordici anni ero completamente piatta e dovevo ancora avere le mestruazioni. Poi in prima superiore è iniziato tutto. La scuola era cominciata da pochi giorni quando ebbi la prima mestruazione: ero euforica, perché finalmente il mio corpo si era deciso a crescere. Poi in due anni mi sono spuntate le tette, un po’ alla volta. A sedici anni avevo già la quarta come ora». «Chissà che seghe si tiravano i tuoi compagni di classe pensando alle tue tette!» esclamò Roberta, la più spigliata di loro quattro. «Già… Ho beccato più di qualcuno che mi sbirciava…». «E nessuno ha mai avuto la soddisfazione di metterci le mani?» chiese Paola, la più curiosa. «Sì, uno sì. In gita a Praga in quinta. Eravamo entrambi mezzi ubriachi e l’ultima notte, tornando dalla discoteca alle cinque, mi sono portato in camera un ragazzo. Volevamo scopare, ma non avevamo profilattici. Così lui me l’ha leccata a lungo e io gli ho fatto una spagnola». «Chissà come se l’è spassata!». «Gli è piaciuto parecchio, tanto che ogni tanto mi invitava fuori sperando di ripetersi. Poi alla fine s’è trovato un’altra ragazza più disponibile, per fortuna!» e sorrise di gusto. «Hai mai provato a fare sesso anale?» le chiese Silvia, incuriosita dalla loquacità di Flavia. «No, però un ragazzo con cui stavo l’anno scorso me l’ha chiesto parecchie volte. In un paio di occasioni ha anche iniziato, ma mi faceva troppo male, per cui gli ho chiesto di smettere». «Ti stuzzica l’idea?» chiese Roberta in un sorriso malizioso. Per la verità Silvia era incuriosita dalla cosa, le sarebbe piaciuto provare. «No, è che i ragazzi ne parlano sempre tanto e noi ragazze ne sappiamo poco…» si giustificò. «Io l’ho fatto parecchie volte, credo che di essere particolarmente sensibile sul culo. Me ne sono accorta fin da ragazzina. Quando ho iniziato a masturbarmi, lo facevo sempre accarezzandomi anche il buco del culo, non solo la fighetta. A quindici anni ho iniziato anche a mettermi un dito dentro per masturbarmi, poi via via due, tre… Ad un certo punto ho provato a mettermi dentro anche un cetriolo: non mi ha fatto più di tanto male, era sopportabile e poi mi ci sono abituata. Se tu provi così, adesso, ti sarà impossibile, ti darà un dolore atroce. Io ho allenato il mio buco del culo per anni e quando a diciannove anni ho fatto per la prima volta sesso anale un po’ di male l’ho sentito lo stesso. Poi è questione di gusti, a me è sempre piaciuto, riesco anche a raggiungere l’orgasmo solo con la stimolazione anale. Ad altre ragazze proprio non piace, non riescono a sopportare il dolore e non ne ricavano piacere». Silvia era soddisfatta dal racconto dell’amica, avrebbe voluto saperne di più sulle sensazioni che provava, ma tenne la domanda per sé. A dire la verità anche lei si masturbava spesso l’ano, anche se non con oggetti di grandi dimensioni. «Tu Paola, hai mai provato?» chiese Roberta. «No, a me proprio non piace. Non è che lo consideri un tabù. Ho provato la masturbazione anale, ma credo che dalla mia passerina ricavo molto più piacere!». Proprio in quel momento un ragazzo le passò accanto e, sentendo il discorso, le sorrise. Paola ammiccò provocante… «Che piccola ninfomane che sei!» esclamò Flavia che se n’era accorta. «Cosa vuoi, l’astinenza comincia a farsi lunga…». «Da quant’è che non scopi?» le chiese Roberta. «Tre mesi ormai!» sospirò Paola. «Però credo mi rifarò qui al mare!». «E pensare che io non sono mai andata oltre i quindici giorni dopo i diciotto anni!» ammise Roberta. «Davvero?» chiese incredula Flavia. «Sì, e senza scoparmi ragazzi squallidi. Bene o male mi piacevano tutti!». «Allora devo darmi da fare!» scherzò Paola. «Comincerò dall’albergo. Mica male i due barman, no?». «Michele è carino, però nulla a che vedere con Filippo. Peccato che questi abbia in mente qualcun altro che te…Lo si vede distante un chilometro!» commentò Roberta. «A me non è parso così evidente…» disse distrattamente Silvia. «Strano!» sorrise Flavia. «E perché mai? Si vede che sono solo un po’ meno attenta di voi…» si difese Silvia. «Perché si da il caso che sia proprio tu la sua attenzione…». Silvia rimase di sasso. Filippo che s’interessava a lei? Probabilmente la stavano prendendo in giro. «Ma dai, non mi prendete per il culo!». «Ti sta sempre dietro, ti guarda in continuazione… Non ha occhi che per te!» esclamò Paola. Filippo, quel ragazzo dallo sguardo timido che non parlava quasi mai, eppure così incredibilmente affascinante. Sentì un’ondata di eccitazione passarle fra le cosce. Quella sera aveva anche lui la serata libera! Ma come avrebbe fatto a invitarlo a uscire con lei, dal momento che di sicuro lui non avrebbe fatto il primo passo? «Mi sa che qui gatta ci cova da come te ne stai imbambolata!» sorrise Flavia. «Già, sembri tu quando vedi Francesco!» fu l’immediata risposta di Silvia, ma solo nella sua mente, non trovò la forza di pronunciarla, tanto era ancora scossa. Presto le ragazze dovettero rientrare, e Silvia rimase sola nella spiaggia. Prese a fantasticare su come invitarlo fuori, su cosa sarebbe successo… Peccato fossero solo fantasie! Magari non lo avrebbe nemmeno visto, o forse nessuno dei due avrebbe fatto il primo passo. Sentì ancora un fremito fra le gambe e si scoprì eccitata. Era da un anno che non faceva l’amore. A dire la verità l’aveva fatto solo poche volte, prima che il ragazzo la lasciasse, l’estate precedente. Quando ripensava alle stupende giornate di quel giugno, passate per lo più a scopare, si inumidiva inevitabilmente. Stavolta non era però il ricordo a eccitarla, ma il pensiero di Filippo. Si distese sul ventre e prese a strofinare le labbra della vagina fra di loro e contro l’asciugamano su cui era distesa. Avrebbe voluto portarsi le mani sotto il costume intero che indossava e penetrarsi l’ano con un dito (cosa che faceva spesso quando si masturbava), ma era impossibile in mezzo alla pur poca gente della spiaggia libera. Pensò a Filippo, a come poteva finire quella serata in sua compagnia, e in pochi secondi era al culmine del piacere. Quando l’orgasmo la scosse, si sentì battere sulla spalla e si girò. «Ciao Silvia!». Il suo volto, sconvolto dall’orgasmo, prese una smorfia strana. Era lui! Venne immediatamente un’altra volta, in un rapido spasmo. «Ciao Filippo» mormorò dopo un silenzio di un paio di secondi in cui le sensazioni di piacere e di sorpresa la scuoterono. «Stai bene?» si preoccupò lui. «Sì, ero solo mezza addormentata…» mentì lei con la prima cosa che le venne in mente. «Sembrava stessi male. Non sembri contenta di vedermi…». «No, guarda che ti sbagli! Ero solo sorpresa… Ti va di farmi compagnia?». «Volentieri» e si sedette vicino a lei. «Hai appena finito?». «Sì, e ne ho approfittato per venire un po’ qui a prendere il sole. Peccato siano già le cinque passate!». «Io sono qui da quando abbiamo finito il turno. Le altre sono rientrate da non molto». «Le ho incontrate proprio mentre uscivo. Mi hanno detto che ti avrei trovata qui». Lui si distese su un fianco, guardandola. Silvia era sempre distesa sul ventre: sapeva che l’orgasmo le aveva bagnato il costume fra le gambe. Non voleva che lui se n’accorgesse, ma nemmeno poteva rimanere così tutto il pomeriggio. Fu lui a toglierla dagli impicci: «Ti va un bagno?». «Sì, dai, andiamo!». Almeno così tutto il costume si sarebbe bagnato ed era difficile che nel breve tragitto fino all’acqua lui, così timido, lanciasse un’occhiata fra le sue gambe. Filippo si alzò per primo e la guardò mentre, seduta, stava per rialzarsi. Il suo sguardo gli cadde fra le gambe di lei e vide la chiazza di umidità: rimase sconvolto. Silvia se n’accorse subito e arrossì imbarazzata. Fecero comunque il bagno e se ne tornarono dopo una mezz’oretta. Il costume di lei, bagnandosi, era diventato trasparente e incredibilmente sexy. Si vedevano chiaramente i capezzoli e, con un attimo di attenzione, si notava perfino il triangolo di peli fra le cosce. Queste visioni provocarono a Filippo un’intensa erezione che cercò inutilmente di nascondere alla sua vista. Lui cercò di non pensarci lo stesso. «Sai, così, con i capelli bagnati sei ancora più carina. Sembri una ragazzina, dimostri un paio d’anni in meno…». Lei lo prese come un complimento: tale infatti lo rendeva il suo tono di voce estremamente gentile e dolce. «Grazie. Tu invece sembri più maturo, più uomo…». Un dubbio l’attraversò. Forse non era il momento di chiederlo, ma era sempre stata un po’ troppo impulsiva: «Ma quanti anni hai?». «Venti». Si guardarono negli occhi, senza parlare, stesi uno di fianco all’altra. Era il momento del loro primo bacio, Silvia se lo sentiva e aspettava che fosse lui a fare la prima mossa. Lo desiderava fortemente quel bacio. Filippo non si mosse, ma i loro sguardi ardevano. «Stasera cosa fai?» le chiese Filippo. Almeno aveva trovato il coraggio di chiederle quello, se non di baciarla. «Non so…». «Io ho il turno libero… Ti andrebbe…» tentennò. «Sì!» rispose lei con entusiasmo. «Ma non ti ho ancora chiesto nulla!» disse lei stupito. «Qualsiasi cosa sia, per me va bene». Si guardarono ancora. Silvia si allungò un po’, il resto lo fece lui e il benedetto bacio arrivò. Silvia gli accarezzò il petto e gli strinse il capezzolo. Avrebbe voluto che lui facesse altrettanto, ma non si mosse. «Hai mai fatto il bagno di notte?» gli chiese lui dopo qualche altro bacio. «No…». «Potremmo farlo stasera…» avanzò timido. «Affare fatto» e suggellato con un bacio. «Ti piaccio davvero tanto?» chiese Silvia dopo un po’. «Da morire!». «Si vede sai, il rigonfio nei boxer…» sussurrò lei nel suo orecchio, baciandoglielo. «Scusa…» rispose sempre sussurrando, imbarazzato. «È che, col costume che hai, si vedono i capezzoli e…». «E qualcos’altro» lo tolse dall’imbarazzo sorridendo. «Non preoccuparti, non mi offendo, lo prendo come un complimento». Alle sei e mezza andarono a mangiare un panino a uno dei chioschi della spiaggia, poi aspettarono il buio pomiciando in riva al mare ammirando lo splendido tramonto. Sembrava fatto tutto per una giovane coppia di innamorati. Finalmente fu buio, una serata calda, e si tuffarono in acqua. Vi rimasero a lungo, fra mille giochi e baci. I loro corpi entrarono in contatto spesso, ma mai per più di un paio di secondi. Solo distesi sulla spiaggia si concessero un abbraccio più lungo. Il contatto era eccitante per entrambi: Silvia gli schiacciava sul petto il suo seno, non molto grande, ma proporzionato e sodo, e sentiva l’erezione di lui, che non l’aveva mai abbandonato nel corso del pomeriggio e della sera, spingerle fra le gambe. «Ce l’hai ancora duro da oggi pomeriggio» osservò. «Sì…» fu la sola risposta. Si guardarono al chiaro di luna. Sembrava di essere in pieno giorno, tanto era luminosa la luna quella sera. «Non vorrei sembrarti una ragazza facile… No, non dir niente… Oggi, quando sei arrivato, mi stavo masturbando strisciandomi sull’asciugamano pensando a te e quando sei arrivato stavo venendo. È stato uno degli orgasmi più incredibili della mia vita. Vorrei darti altrettanto piacere in cambio, però non me la sento di fare l’amore». Filippo non seppe resistere e si strusciò contro di lei con il pene. «Ecco, così, voglio che tu venga così. Credo verrò anch’io. Senza spogliarsi…». «Va bene, non potevo chiedere di più…» mugolò lui incominciando a muoversi. L’abbracciò si fece meno stretto e lui le guardò il seno. «Ti si vedono i capezzoli» sussurrò. «Puoi toccarli» fece lei di rimando. Filippo allungò la mano sul costume bagnato, strinse i seni fra le mani, gliele riempivano. Silvia sospirò. Quando il tocco fu diretto ai capezzoli gemette e allungò le mani sul suo petto. Sentiva la sua figa diventare un lago, stimolata dal suo cazzo. Presto sarebbe venuta. «Toccami il culo!» gli sussurrò. Lui allungò le mani sulle sue natiche e le strinse. «Mettimi un dito dentro, sotto il costume!» ansimò. Lui si fermò stupito. «Ti prego, mettimi un dito su per il culo e continua!». L’eccitazione di Filippo era al culmine, dopo quella frase. Non credeva che quella ragazza fosse così passionale. Infilò una mano sotto il costume e infilò un dito nel solco fra le natiche. Riprese a muoversi e infilò il dito dentro l’ano. Non lo mosse neppure, non ce ne fu bisogno. Lei venne dopo pochi secondi. L’orgasmo di lei velocizzò il suo: il suo cazzo riversò un’abbondante quantità di sperma nel suo costume. Gemettero a lungo insieme, finché ripresero fiato. Filippo si accorse che era arrossita, nonostante la luce non perfetta. «Scusami. Scusa la volgarità…». «Non sei stata volgare. È bello che tu sia così sincera, passionale». «Io godo infinitamente quando mi si stimola il culo…» ammise imbarazzata. Lui le carezzò un gluteo. «Vuoi?». «Aspetta un attimo» e lo toccò fra le gambe. «Hai il costume tutto sporco di sperma. Dovrai togliertelo». Lui capì che glielo stava chiedendo e se lo sfilò. Il pene era floscio, ancora tutto bagnato e appiccicoso. Lei prese un fazzolettino e glielo pulì con cura: in men che non si dica fu nuovamente duro fra le sue mani. Prese allora a masturbarlo piano, mentre lui le infilava un dito sotto il costume nel culo e uno nella fighetta. Si masturbarono a vicenda per lungo tempo, prolungando il più possibile il piacere. Alla fine fiotti argentati di sperma volarono in aria e ricaddero su di loro. Silvia venne, poi pulì entrambi con un altro fazzolettino. Infine si tolse il costume, esibendosi davanti a lui nuda. Si rivestirono con gli abiti con cui erano venuti in spiaggia e tornarono in albergo, facendo il più piano possibile, dal momento che era mezzanotte. Si baciarono di fronte alla camera di lei, poi Filippo tornò alla sua. Silvia aspettò che fosse entrato, per vederlo il più a lungo possibile. Poi aprì la porta lentamente. Uno spiraglio di luce l’abbagliò subito. Entrò e si trovò davanti uno spettacolo che mai avrebbe immaginato di scoprire al suo ritorno in camera. Francesco era disteso supino sul letto di Flavia, nudo. Flavia lo cavalcava altrettanto nuda, con la testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi, le grosse tette che ballonzolavano vistosamente. Nessuno dei due sembrava essersi accorto della presenza di Silvia. «Flavia, sto venendo!» ansimò Francesco. Silvia si risvegliò un attimo dalla sorpresa e chiuse le porta, credendo che avesse ato e svegliato così mezzo albergo. Rimase però imperterrita a guardarli. «Anch’io sto per venire, innaffiami col tuo succo!» esclamò con voce roca la ragazza. Francesco allungò le mani sui seni e li strinse. Reclinò la testa all’indietro e gemette. I suoi fianchi presero a pulsare. Flavia si rilassò improvvisamente e smise di muoversi forsennatamente: era venuta anche lei. Si buttò su di lui. Appena si furono calmanti si rialzarono. «Sei stato super. Sono riuscita ad avere tre orgasmi, uno anche alla fine… Ma… Silvia, cosa ci fai qui!». Francesco si girò di scatto. “Oh, no, sono fottuto” pensò. Silvia non sapeva se ridere o arrabbiarsi. Però era troppo felice quella sera per una sfuriata. «Sarebbe la mia stanza» sorrise. «Flavia, ma avevi detto che sarebbe tornata molto tardi…». «Ho sbagliato i miei calcoli… Da quanto sei entrata?». «Da poco. Ma sufficiente per vedere tutta la scena finale!». «Ti prego, non dirlo a nessuno. Se i miei lo sanno, mi uccidono!» fece Francesco con voce supplichevole. «Non preoccuparti, non lo dirò ai tuoi e non ti ricatterò». La sua voce era inespressiva. «Ora ho solo bisogno di una bella doccia e di dormire». Andò in bagno, sperando che nel frattempo Francesco se ne andasse. Infatti fu così: quando uscì, avvolta nell’accappatoio, trovò solo Flavia distesa sul letto, le gambe oscenamente aperte con un rivolo di sperma che spuntava dal suo folto pelo pubico biondo. «Mi dispiace per quello che è successo, pensavo che fossi nella stessa situazione con Filippo, dato che non sei tornata a cena. Scusa se ti ho giudicata male». «Non fa niente. Con Filippo non è che non sia successo niente. È che non abbiamo fatto l’amore e che siamo tornati presto». «Cosa vuoi dire?» chiese Flavia incuriosita. «Ci siamo masturbati a vicenda. Ho goduto come un pazza, è un ragazzo fantastico» e le raccontò tutto per filo e per segno. «Ma perché ti confidi con me?». «Perché di te mi fido, sei una specie di sorella maggiore per me, da quando sono qui!». «Dimmi la verità, l’hai mai fatto con una donna?». «No…». «Ti piacerebbe provare l’esperienza?». «Non lo so, ora non credo… Come mai queste domande?». «Ne ho ancora voglia, ma niente allora, dovrò accontentarmi». «Ma tu l’hai mai fatto con altre ragazze?». «Spesso, quando non ci sono ragazzi sotto tiro. Lo considero un po’ come masturbarsi, solo che è più divertente. Da quando sono qui io e Roberta ci siamo date spesso da fare. Lei ha una bella fighetta, è un gusto leccargliela!». «Dove lo fate di solito?» chiese Silvia curiosa. «In camera sua. Paola ogni tanto partecipa, sennò va a farsi un giro. Ti piacerebbe guardarci?». «Non so. Forse mi piacerebbe di più rivedere tu e Francesco fare l’amore». «Organizziamo in un attimo se vuoi… E non ti piacerebbe vederlo inculare Roberta?». «Come?». «Sì, hai capito. Ho capito che ti piace, anche da come hai fatto con Filippo. Se vuoi mi metto d’accordo con Roberta e Francesco. Io proprio non riesco a prenderlo nel culo, però sarei felice che tu assistessi». «Quando?» Silvia si fece più attenta. «Anche subito. Così poi potrei anche farmi passare le mie voglie…» e si carezzò fra le gambe, portandosi poi alle labbra il dito sporco di sperma. «Va bene!» rispose senza pensare, istintivamente. Era ancora eccitata dalle carezze di Filippo di cui non si era affatto saziata e la cosa la stuzzicava. Flavia telefonò in stanza a Roberta (Paola stava già dormendo) e a Francesco, il quale arrivò in un attimo, vestito di tutto punto. Roberta arrivò dopo qualche minuto pronta per essere inculata come le aveva detto per telefono l’amica: sotto la vestaglia che buttò subito a terra indossa un reggiseno dalle coppe trasparenti attraverso il quale si vedevano i suoi capezzoli scuri e un paio di mutandine altrettanto leggere che si intuiva benissimo il suo pelo nero non tanto folto. Non si stupì di vedere nella stanza Silvia: «Allora Silvia, vuoi vedere una donna che viene inculata. Lo farò apposta per te!». Silvia non parlò, ma si limitò a guardarla mentre si spogliava di fronte a loro. Il suo seno era un pochino più abbondante di quello di Silvia, con i capezzoli già eretti. Si mise subito alle pecorina sul letto di Flavia, mentre le altre due ragazze erano sedute, una nuda e l’altra in accappatoio, su quello di Silvia. Roberta si aprì oscenamente il culo con le mani e Francesco prese della vasellina e iniziò a lubrificare il buchetto, già largo di per sé per l’ampio uso che ne faceva la ragazza. Francesco si spogliò poi velocemente: nonostante il rapporto di poco prima con Flavia aveva già ritrovato l’erezione, eccitato dalla prospettiva di un rapporto anale con Roberta. Si lubrificò il pene e poi iniziò ad affondare fra i glutei della ragazza. Roberta emise soltanto un profondo sospiro, misto di piacere e di dolore per la penetrazione. Molto lentamente lui entrò completamente in lei e cominciò a muoversi. Roberta prese a gemere per il piacere, tenendo gli occhi chiusi. La posizione però non era fra le sue preferite: in campo sessuale era parecchio fantasiosa. Lo fece perciò girare sulla schiena con grande maestria, sempre tenendolo dentro di sé. Si sistemò poi come voleva: fece in modo di prendere la sua testa sotto il braccio sinistro, mettendosi un po’ di traverso. In questo modo la testa di lui appoggiava sulla sua spalla sinistra. Francesco incominciò a leccarla, prima sull’ascella, sul collo e infine fino al capezzolo, mentre continuava a muoversi in lei. Entrambi erano assorti nel rapporto e nel piacere che ne ricavavano, per cui presto si dimenticarono delle due ragazze che vi assistevano in silenzio, una soddisfatta dal fatto che non avrebbe dovuto masturbarsi per godere ancora, l’altra a bocca aperta perché, le immagini che spesso le vagavano per la mente, erano ora realtà di fronte ai suoi occhi. Roberta si mosse ancora: da distesa sopra il corpo di Francesco, volle mettersi a sedere sul bordo del letto. Lui la seguì ubbidiente nei suoi movimenti, eccitato dalla sua iniziativa continua. In questo frangente era solo lui a muovere il cazzo dentro di lei con ritmiche oscillazioni del bacino, mentre Roberta rimaneva seduta sul suo grembo. La ragazza aprì del tutto le gambe, mettendo in mostra il suo sesso appena velato dallo scuro pelo pubico che teneva tagliato corto e molto curato. Facendo ciò, il cazzo di Francesco fu stretto in una piacevole morsa che era diventato il suo ano: rallentò bruscamente le penetrazioni, che diventarono dolci, ma profonde. Alla vista dell’amica così oscenamente esposta ai loro occhi, Flavia capì che quella era una richiesta diretta esplicitamente a lei, per cui si alzò dal letto di Silvia e si inginocchiò di fronte alla bella milanese. Subito la sua testa bionda affondò fra le gambe della ragazza, che cominciò a mugolare mentre godeva per il cazzo che la penetrava in culo e per la lingua che le leccava la fighetta. Bastò che Flavia arrivasse a lambirle il clitoride un paio di volte con la punta della lingua per farla venire, emanando una copiosa quantità di miele che in parte finì nella bocca della bionda, in parte gocciolò per terra. Per Roberta, più che le stimolazioni delle sue zone erogene più sensibili, era stato il pensiero di soddisfare una piccante curiosità di Silvia, così riservata e “perbene” apparentemente, a eccitarla irrimediabilmente. Finché la ragazza veniva, non erano mancate le costanti penetrazioni nel suo culo, in quanto Francesco non si era mai fermato: quando Roberta venne, si limitò a lasciare la testa di Flavia che teneva fra le mani schiacciandola contro il sesso dell’altra ragazza. In questo caso fu lui a scegliere un’altra posizione : stavolta dovette però abbandonare la sua preda e ritrarsi da lei. Rialzandosi però, si voltò verso il letto e incrociando lo sguardo di Silvia che lo fissava proprio fra le gambe. “Nulla di particolare. Quello di Filippo è senz’altro più bello” pensò la ragazza in questione. Francesco notò che nel suo sguardo non c’era certo ammirazione, come invece in quello di Flavia, che di nuovo si era sistemata sul letto a gambe aperte. Pensò di lasciar rifiatare un attimo Roberta dopo l’orgasmo, come fosse stata un uomo e non potesse ricominciare subito, e di abbandonarsi un attimo fra le braccia, anzi le gambe, di quella che ormai considerava la sua ragazza. Si inginocchiò perciò di fronte al letto e avvicinò la bocca al folto triangolo biondo che aveva fra le gambe. Leccò profondamente la fessura della sua fighetta e la sua lingua arrivò a lambire qualche goccia del suo seme che ancora le colava giù. Roberta nel frattempo si era ripresa dagli spasmi e si era rialzata in piedi. Vedendolo, esclamò: «Ehi, ma sei venuto a inculare me o a slinguazzare Flavia?». Ne aveva di faccia tosta quella ragazza, completamente nuda, con il culo ancora aperto dal suo cazzo e la faccia in cui si leggevano ancora i segni dell’orgasmo! Lui si rialzò immediatamente, lasciando Flavia insoddisfatta dopo i primi segnali di piacere: costrinse la mora a inginocchiarsi alla fine del letto e a stendere il busto sul materasso. Lui, inginocchiato dietro di lei, le allargò di nuovo quel tanto le natiche per poter entrare in lei. Questa volta gli affondi furono più veloci e decisi, ma Roberta non dava altri mugolii e ansiti che di piacere. Quando però lui allungò le mani verso il suo seno schiacciato sul materasso, lei protestò: «Toccale a Flavia le tette, ce le ha molto più grandi delle mie!». Senza parlare, Flavia si alzò di nuovo e si sedette a cavalcioni sulla schiena di Roberta, allungando il seno verso la bocca del ragazzo. Presto le mani di lui avvilupparono i grossi seni turgidi della bionda, cingendole il capezzolo chiaro con le labbra. Ciò non bastava tuttavia a lei, che quasi subito si ritrovò a strofinare il sesso umido sulla schiena dell’altra ragazza. Nel frattempo Silvia era rimasta immobile sul letto, avvolta nel suo accappatoio, semidistesa con la testa appoggiata al muro. I suoi occhi si riempiva di quelle lussuriose immagine, le sue orecchie percepivano attente tutti quei gemiti, sussurri, mugolii e tutti i rumori dei corpi che si toccavano e si strofinavano. La bocca le si era seccata presto mentre l’aroma inconfondibile del sesso aveva riempito la stanza. Inebriata da tutto ciò, si era ritrovata bagnata fra le gambe e non certo a causa della doccia appena fatta. Era abituata alla reazione del suo corpo, che tendeva a lubrificarsi abbondantemente quando si eccitava, però quella volta era una cosa esagerata. Già da un po’ si era resa conto che aveva gocciolato sulla porzione di accappatoio su cui era seduta in modo così copioso che si augurava di non aver sporcato il copriletto. Furtivamente, mentre gli altri tre erano intenti nel complicato amplesso e la loro attenzione era totalmente accentrata sul piacere che davano e ricevevano, si fece scivolare una mano nel tessuto spugnoso dell’accappatoio fino a giungere al suo triangolo, non certo peloso come quello di Flavia, ma che non ritoccava con le forbicine come Roberta. Vi passò sopra la mano, sentendo i soffici riccioli carezzarle il palmo: erano umidi verso il basso, dove contornavano, più radi, la sua michetta madida di miele. Trovò rapidamente le grandi labbra, di cui lascivamente percorse il contorno con un dito, venendo scossa da un brivido di piacere. Allora agì come era solita fare quando l’eccitazione la sorprendeva in maniera irruenta e lei aveva bisogno di placarla: unì l’indice e il medio della mano destra ed entrò in profondità, per quanto le era possibile, molto lentamente, lambendo anche il clitoride divenuto sensibilissimo. Dentro di lei esplose un orgasmo che mai avrebbe pensato di provare solo masturbandosi e che, a dire la verità, forse non aveva mai provato nemmeno facendo l’amore. Socchiuse gli occhi, abbandonò la testa contro il muro e si abbandonò a quelle sensazioni fortissime che durarono parecchi secondi. Dell’altro miele le fluì copioso come non mai sulle dita e sulla mano intera, riversandosi però in gran parte sull’accappatoio. Senz’altro aveva sporcato il letto, ma in quel momento il pensiero non le attraversò il cervello e, se anche l’avesse fatto, non la avrebbe certo interessata. Data la posizione dei letti, i tre intenti a strusciarsi fra di loro non si accorsero di niente, ma continuarono imperterriti a scopare. Le due ragazze avrebbero potuto continuare a lungo in quella posizione, che era particolarmente gradita a entrambe, ma evidentemente Francesco ne ricavava più piacere di entrambe, senza contare il fatto che era già provato dal precedente amplesso con Flavia. Era, insomma, non lontano dall’orgasmo. Aveva deciso di venire così, col cazzo nel morbido ano di Roberta e le tette di Flavia fra le sue mani e nella sua bocca. Si premurò tuttavia di chiedere l’assenso a Roberta, staccandosi per un attimo dai capezzoli rigidi della sua ragazza: «Roberta, posso venirti dentro?». La sua partecipazione, per quanto minima e fatta per lo più di gemiti e incoraggiamenti, venne subito meno. «Non vorrai sborrarmi nel culo così, vero? Dobbiamo metterci in un’altra posizione, voglio godere anch’io!» esclamò contenta. Flavia si rialzò, con molto sollievo per la sua schiena che ormai iniziava a protestare per il peso dell’altra ragazza, e a malincuore Francesco dovette abbandonare entrambe. Silvia non fece in tempo a ritrarre la mano che ancora teneva dentro di lei: Roberta infatti si era girata verso di lei e colse un lampo malizioso nei suoi occhi, accompagnato dal sorriso ugualmente malizioso. «La nostra bella spettatrice si è stufata di rimanere a guardare e ha pensato a soddisfarsi da sola!» esclamò la mora. Notò intanto che la mano che era riapparsa da sotto l’accappatoio era lucida: si avvicinò e si portò alla bocca quelle due dita leccandole come un ghiacciolo. «Hai un sapore squisito. Sicura di non volerti unire a noi?» fece col solito tono amichevole. Le sedette accanto, completamente nuda. «Non c’è nulla di male si ti diverti un po’, non ti costringeremo a fare niente. Capisco che non è una decisione facile. Vedi tu!». Silvia le fu grata per quella comprensione, ma improvvisamente le era tornato alla mente Filippo. Non poteva negare a lui una cosa tanto intima com’era baciarla fra le sue gambe e poi buttare la stessa cosa in un’orgia come quella che aveva davanti. No, si sarebbe limitata a guardare ancora. «Grazie, ma preferisco guardare soltanto…» la sua voce era molto roca, a causa della gola secca per l’eccitazione. A dire la verità, tutta la cosa iniziò a disgustarla, per la prima volta da quando era rientrata quella sera, ma riguardava solo un angolo della sua mente. La maggior parte era ancora presa dall’eccitazione, nonostante l’orgasmo incredibile che aveva provato da poco. Questo pensiero non le venne, ma non poteva mandare tutti via a quel punto quando era stata lei a volere vedere Francesco che s’inculava Roberta ed era stata lei a dire a Flavia di chiamarli. La mora la guardò comprensiva. «Non importa, è giusto così. Un po’ mi dispiace di non poter assaggiare la tua fighetta, ha un gusto fantastico». Rifletté un attimo, poi continuò: «Scusami di quel gesto, è stato istintivo, non volevo forzarti». «Non importa, mi hai risolto un problema, non sapevo dove asciugarmi» scherzò Silvia allentando quel momento di tensione che si era improvvisamente creato. Ricominciò tutto così con la stessa atmosfera di gioco che aveva all’inizio. «Bene, Silvia, ora guardami bene perché prenderò una posizione che è molto favorevole al rapporto anale, soprattutto quando lo si fa per le prime volte. Sembrerà una cosa un po’ strana, ma ti assicuro che è uno dei modi migliori per essere penetrata senza provare troppo dolore». Silvia si stupì ancora di come Roberta le leggeva nel cervello. Aveva capito che anche lei desiderava avere un rapporto anale. Probabilmente, la richiesta così immediata di quella sera dopo il discorso del pomeriggio, le aveva fatto capire che il suo culo era allenato da tempo e che desiderava avvicinarsi in qualche modo al passo successivo. Nonostante l’avvertimento, Silvia rimase un attimo incuriosita da come Roberta si mise sul letto: distesa sulla schiena al centro di esso, raccogliendo le gambe contro il suo petto. Francesco non ebbe bisogno di consigli per fare la mossa successiva, ma capì al volo. Si inginocchiò sul materasso in modo che il suo pene puntasse verso l’ano della ragazza. Fu proprio lei, in un’abile mossa, a impalarsi per la terza volta su di lui, accogliendolo completamente in sé. Francesco cercò una posizione più comoda, avanzando un po’ con le ginocchia e sedendosi sui suoi talloni in modo che la schiena di lei aderisse un po’ meglio al letto. L’operazione fu laboriosa, ma svolta in non moltissimo tempo. Per completarla, Roberta lasciò andare un po’ le gambe e arrivò ad appoggiare le ginocchia sui fianchi di lui, che solo allora cominciò a muoversi. Flavia decise di inserirsi in modo da soddisfare finalmente il prurito che ancora sentiva fra le gambe: si inginocchiò sopra la testa della ragazza, appoggiando i palmi delle mani al muro per sostenersi meglio. Sotto di lei, Roberta iniziò a fare ciò che voleva in modo sublime, strappandole continuamente gemiti di piacere. Francesco poté finalmente ghermire le belle tette a pera di Roberta, che prima gli erano state negate. Le palpò a lungo, senza trascurare le grosse areole scure dal capezzolo eretto. Dopo essersi preso questa soddisfazione però, scese sulla sua fighetta che era aperta proprio sotto di lui. Ne carezzò il pelo ispido e curato, si chiese come fosse se non si depilasse. Probabilmente avrebbe avuto molto pelo lì, come del resto lasciava supporre la sua struttura fisica. Il pensiero gli indurì ulteriormente il pene: gli piacevano le ragazze pelose lì in mezzo, e si considerava fortunato per il fatto che Flavia, per quanto fosse una bionda naturale, aveva un triangolo molto folto di eccitantissimi peli biondi. La guardò: quel triangolo era a pochissimi centimetri dalla faccia di Roberta, che succhiava e leccava avidamente. Lui poteva vedere solo il culo della sua ragazza, un po’ abbondante ma molto piacevole da toccare. Sapeva, purtroppo, che molto probabilmente non gli sarebbe mai stato concesso di penetrarlo come stava facendo con Roberta. Lo fissò per un po’ rammaricandosi di ciò, poi si concentrò a stuzzicare la fighetta che aveva fra le sue dita. Non pensava di trovarla tanto bagnata, ma ne fu contento: le sue dita presto furono fradice dei suoi umori. Deciso a farla venire prima di scoppiare dentro di lei, cosa che ormai sentiva vicina, prese a solleticarle il clitoride con un dito, mentre con altri due la penetrava incessantemente. La sentì irrigidirsi e le labbra serrarsi sulle sue dita. Si fermò un attimo con la lingua mentre leccava Flavia, per godersi il suo meritato orgasmo, e poi riprese. Francesco gettò allora le sue mani su quei seni magnifici e invitanti, stringendoli forsennatamente. Le sue penetrazioni furono molto profonde, finché riversò tutto il suo liquido seminale nel favoloso ano di Roberta. Non si staccò subito, ma rimase a godersi gli ultimi spasmi di un orgasmo fantastico a contatto con la ragazza. Quando aprì gli occhi, vide che per le sue mani si erano finalmente stacca dal copriletto che stringevano strettamente mentre la sfotteva, ed erano balzate sulla sua fighetta. Francesco si unì ai movimenti di quelle mani, per regalare un altro orgasmo alla ragazza che le aveva offerto piaceri incredibili quella sera. Si dimenticò completamente di Flavia, che nel frattempo era in preda al suo orgasmo, tanto agognato. Lei scese subito dal letto, e si inginocchiò per terra vicino a esso. Baciò riconoscente Roberta sulle labbra, cogliendo anche il sapore della sua intimità su di lei, poi passò a un capezzolo. I due erano intenti a ricambiare il piacere che tanto generosamente aveva donato loro. Roberta, che finalmente aveva una parte solo passiva, si abbandonò completamente a quelle sensazioni e poté rilassarsi per ottenere un orgasmo più intenso del precedente. Se ne accorsero entrambi quando prese ad ansimare rumorosamente: probabilmente avrebbe gridato. Per evitare di svegliare tutto l’albergo, Flavia allungò la bocca sulle sue labbra e soffocò così le sue a di godimento, stringendole un capezzolo fra le dita. Quando si rialzarono la mora aveva il viso sconvolto da una smorfia di piacere e respirava molto affannosamente. Si girò verso la bionda ancora nuda e le sorrise: «Grazie, quando godo veramente non posso fare a meno di are, mi hai salvata» riuscì a dire con voce roca. Francesco si fece la doccia per primo e le tre ragazze le chiesero di andarsene subito. «Ho capito, dovete farvi le vostre confidenze» e se ne andò sorridendo, per niente offeso. Flavia guardò l’ora: era l’una. “Nemmeno tanto tardi” pensò. “Facciamo ancora in tempo a dormire un bel po’ di ore. Del resto erano le undici quando Silvia è tornata”. «Allora, hai visto il mio ragazzo di che pasta è fatto? Ti ha aperto il culo e ti ha lasciato senza fiato!» schezò Flavia con Roberta, ancora distesa che riprendeva fiato. «Sono stati questi due ultimi orgasmi ravvicinati, altrimenti potevo continuare tutta la notte. L’ultimo mi ha sconquassato completamente, altrimenti…». Flavia guardò interrogativa Silvia, che aveva un’espressione serena, ma non volle chiederle niente. Fu lei stessa a prendere l’iniziativa. «Grazie Roberta, sei stata squisita a venire qui e farti inculare per me. Sei stata fantastica! Prima ho goduto da matti, e non mi sono masturbata, mi sono solo messa due dita dentro. Sono venuta così, subito…». «Ora sei ancora eccitata?». Silvia abbassò un attimo lo sguardo, eccitata. «Sì» ammise. «Se ti masturbassi qui, ora, mi renderesti il favore, ma se non vuoi non importa» disse Roberta. Silvia si tolse l’accappatoio e rimase nuda. Aveva due seni perfetto, anche se non grandi come quelli delle altre due ragazze, con piccoli capezzoli rigidi. Con la mano sinistra se li toccò, mentre con la destra scendeva fra le sue gambe, sul pelo soffice di color castano chiaro. Si mise dentro due dita, e cominciò a penetrarsi, immaginando a occhi chiuse che fosse Filippo a farlo. In pochissimi secondi venne in profondi sospiri di piacere e si abbandonò sul letto ormai senza fiato. Roberta la guardò lascivamente, le sarebbe piaciuto toccarle la micietta, percorrere con la sua lingua quei meravigliosi anfratti, racchiudere fra le labbra il bocciolo duro che spuntava fra i suoi serici peli. “Peccato” pensò, le sarebbe rimasto il desiderio di giocare un po’ con lei. Una doccia l’avrebbe senz’altro rimessa in sesto e fatto sbollire i suoi impulsi verso Silvia. Perciò si alzò e si avvicinò alla ragazza, posandole un bacio sulla guancia. «Grazie, mi ha fatto molto piacere vederti godere. È stupendo pensare che ti sei eccitata guardandomi mentre facevo sesso…». Entrò poi in bagno e si concesse dieci minuti di acqua tiepida. Flavia nel frattempo rimaneva seduta sul bordo del suo letto, guardando il viso dell’amica. Quando ne incrociò lo sguardo le sorrise lievemente, cercando di captare quali pensieri le passassero per la mente. Fu proprio Silvia a esternarli senza alcuna richiesta: «Ma è più bravo Francesco o lei a leccare?» chiese incuriosita. «Direi proprio lei. Ha molta più esperienza, con entrambi i sessi. Poi con la bocca ci sa veramente fare, i ragazzi impazziscono per i suoi pompini». «Ma tu come fai a saperlo?» chiese Silvia stupita. «Confidenze femminili» e risero entrambe. «Dimmi la verità, ma tu hai intenzione di farti inculare da Filippo?» chiese poi seria Flavia. «Non lo so. Mi piacerebbe, certo, ma vediamo come si mettono le cose. Ora ho solo voglia di fare l’amore con lui anche se lo conosco da poco. Fra il petting di stasera e quest’orgia, la mia micietta vuole qualcosa di particolare con cui giocare…». In quel momento Roberta uscì completamente nuda dal bagno. Si era asciugata con un asciugamano e ora s’apprestava a rivestirsi. Flavia prese il suo posto sotto la doccia, chiudendo dietro di sé la porta. La mora nel frattempo si era rimessa il reggiseno e le mutandine e si stava infilando la vestaglia. «Ti fa male il culo?» le chiese un po’ preoccupata Silvia. «Un po’ mi brucia, ma è un sensazione strana, in parte piacevole» e si sedette sul suo letto, al suo fianco. «E te come va?». «Non lo so, sono un po’ confusa ora. Un sacco di emozioni forti, prima con Filippo, ora qui con voi. È stata una giornata molto intensa…». «Ora dimentica quello che è successo qui, è stato il piacere di qualche ora, e concentrati su Filippo. È un bravo ragazzo, un po’ timido. Secondo me è anche vergine…». «Vergine?» si stupì lei. Beh, poteva essere tranquillamente, pensò subito dopo. «Certo. Quando lo scoperai, mi raccomando!» tacque un secondo. «Prendi la pillola?». «No…» ammise. «Allora fatti una bella scorta di profilattici. Non mi sembra il tipo che gira pronto a ogni evenienza!». «L’avevo già pensato questo» sorrise. «Vi vedo proprio bene insieme voi due. Sono contentissima per voi…» si alzò e si avviò verso la porta, aprendola. Mentre stava sulla soglia, si girò ancora e le sussurrò: «Dimenticavo: e daglielo il culo!». Silvia si limitò ad annuire silenziosamente. Certo, l’avrebbe fatto! Il giorno seguente fu tutto una lunga attesa sia per Filippo che per Silvia fino a che l’oscurità aveva avvolto tutto da un pezzo. Nonostante il turno di Silvia fosse finito a mezzanotte, dovette attendere che anche Filippo staccasse, in quanto il bar funzionava solitamente fino all’una, perciò aveva tutto il tempo di salire in camera per prepararsi. Sia lei che la sua compagna di stanza dovevano prepararsi all’incontro con i loro uomini, cosa che richiese una mezz’ora di tempo, doccia compresa. Silvia non fu però molto audace, limitandosi a un completino intimo rosso con una maglietta nera aderente e un paio di jeans. Stava per uscire dalla stanza ed andare in quella di Filippo di cui aveva preso la chiave, quando le venne in mente un particolare ed esclamò: «I preservativi!». Flavia la guardò comprensiva e le chiese: «Te ne sei dimenticata? Non preoccuparti, te ne do qualcuno dei miei». Aprì il cassettino del suo comodino e tirò fuori una scatola da dodici. Dentro ce n’erano dieci. «Facciamo a metà, credo che te ne serviranno un buon numero stasera. E anche a me» e ammiccò. Silvia li mise in tasca, poi guardò l’amica. «Flavia, sono preoccupata. È un anno che non faccio l’amore e l’ho fatto solo poche volte con un ragazzo più esperto di me». «Ti devo spiegare come fare? No, dai, scherzo. Non preoccuparti, verrà tutto da sé, l’importante è che stai rilassata e non ti fai prendere dalla tensione». Un po’ rassicurata, fece per andarsene e, proprio quando aprì la porta, si trovò di fronte Francesco che stava per entrare. Il ragazzo sorrise e avanzò di qualche passo. Chiuse la porta e chiese: «Silvia, vuoi restare a guardarci?». Sperava di fare l’amore con due donne anche quella sera. «Ho già la fama di guardona! No, stasera no, vi lascio soli» e fece per andarsene. «Ciao!» esclamò Francesco. «Ciao e buon divertimento! Per domani siamo d’accordo, non stai molto bene…». «Grazie mille! Buona scopata anche a voi!» sorrise maliziosamente e uscì dalla stanza. Percorse rapidamente il tragitto che la separava dalla camera di Filippo e, quando vi arrivò vicino, si assicurò che non ci fosse nessuna a guardarla. Estrasse la chiave e aprì la porta in fretta, richiudendola subito dopo dietro di sé. Accese la luce e la esaminò in un’occhiata: era molto ordinata, il letto rifatto in maniera impeccabile, nulla fuori posto. Guardò l’ora, era l’una meno venti, c’era da aspettare ancora un bel po’. Si distese sul letto, sperando di riuscire a rilassarsi un po’: infatti, nonostante i consigli di Flavia, era tesissima. Sentì dei passi in corridoio e si irrigidì. “È ancora presto” pensò dentro di lei. Si avvicinavano sempre più e improvvisamente si fermarono. Un secondo dopo udì il rumore della chiave che entrava nella toppa e che apriva direttamente la porta. Silvia scattò in piedi e mosse un paio di passi verso la porta che si apriva e colse lo sguardo sorpreso di Filippo, che mai si sarebbe aspettato di trovare la porta aperta e lei dentro. Silvia gli sorrise e tutta la tensione accumulata, tutti i pensieri su quello che avrebbero fatto, tutte le sue preoccupazioni svanirono in un attimo. Si gettò fra le sue braccia, non lasciandogli nemmeno il tempo di richiudere la porta e lo baciò sulle labbra. Lui rispose al bacio, sempre più sorpreso dalla sua presenza lì, nella sua camera. «Filippo, scusami, non ho resistito, dovevo venire qui da te…». «Non importa, anzi, mi hai fatto una bellissima sorpresa… Immaginavo tu fossi già a letto. Ti va di uscire un po’?» chiese lui, riprendendosi lentamente. «No, no, voglio restare qui con te…». Lui fece un passo e indietro, ammirandola. «Sei stupenda! Non ti rendi nemmeno conto quanto bene ti sta quella maglia». «Si vede bene il seno?» chiese lei audace. «Sì, ti è praticamente incollata addosso…» ammise lui leggermente imbarazzato. «Sei più sexy stasera con questa maglia che ieri sera con il costume bagnato». «Sarà perché c’è più luce e puoi vedermi meglio». «Già» fece lui e si avvicinò prendendola fra le sue braccia e baciandola di nuovo. Nel bacio caddero insieme nel letto, ritrovandosi fianco a fianco. Filippo le carezzò dolcemente la guancia, fissandola negli occhi. Erano due sguardi innamorati che si perdevano l’uno nell’altro: in quel momento si dimenticarono di tutto, che era notte, che erano in un albergo. C’erano solamente loro due. Silvia non sapeva come fare per dirgli che voleva fare l’amore con lui, che non desiderava altro che una notte di passione. Lui era senz’altro troppo timido per chiederglielo, non poteva certo aspettarsi nulla di più di quello che era successo la sera prima, però… Fu lei a farsi avanti per un altro bacio e di nuovo le loro bocche si unirono. Nel frattempo Silvia allungò la mano sul suo sedere e lo carezzò piano, apprezzandone con la mano la consistenza e la forma. Subito fece lo stesso anche lui e il baciò si fece molto più appassionato. Lei prestò nodo un lieve rigonfio nei suoi pantaloni: «Ce l’hai duro?». «Non del tutto ancora». Senza aggiungere altro la sua mano corse fra le sue gambe e lo carezzò con il palmo. In pochissimi secondi tornò ad essere duro e grosso come quando l’aveva masturbato. Non resistette e sbottonò i pantaloni, abbassando le mutande: se lo ritrovò tra le mani, lungo e duro; rimase per qualche secondo di sasso, fissandolo. “Chissà come sarà prenderlo nel culo” fu il primo pensiero che le balenò per la testa mentre già sentiva l’umidità insinuarsi fra le sue gambe. Lo circondò con la mano e mosse il palmo due o tre volte, lentamente. Lui gemette piano, tentando inutilmente di trattenersi. «Dai, toccami anche tu» disse senza pensarci. Non riusciva più a credere a quello che diceva o faceva, era completamente presa dalla potenza di quelle sensazioni che si insinuavano prepotentemente dentro di lei. Filippo non si fece supplicare ulteriormente ma le sue dita sfiorarono un seno, cercarono il capezzolo attraverso la stoffa e lo titillarono. Silvia si fermò di colpo, immobilizzata dalla scossa elettrica che quel tocco le aveva regalato. Si riprese dopo pochi secondi, lasciò il suo pene eretto e lo fece spogliare: prima pantaloni e mutande, poi il gilet e la camicia. Si stesero di nuovo fianco a fianco e Silvia si dedicò al suo petto: lo tastò a lungo, sfiorando i capezzoli e arrivando a baciarli e a leccarli. A un certo punto lo fece girare sulla schiena e salì sopra di lui. Sentiva il cazzo premerle prepotentemente contro l’inguine e iniziò a strusciarsi con il bacino, stimolando provocatoriamente. Intanto lo bacia sulla bocca e le mani non smettevano mai di toccarlo sul petto. Anche Filippo allungò le mani sul suo corpo e arrivò al suo culo. Strinse le natiche fra le mani dopo averle carezzate a lungo e cominciò a impartire lui il ritmo con cui lei si strusciava. Silvia si rese preso conto che anche lui si muoveva e si chiese se la stoffa dura e la cerniera dei suoi jeans gli davano fastidio. «Aspetta» disse rialzandosi e guardando il pene lievemente arrossato: «mi tolgo i jeans, ti danno fastidio, vero?». «Un po’» confermò lui, che però era disposto a sopportare purché lei continuasse a muoversi su di lui. Lei cercò di essere più naturale possibile mentre sbottonava i pantaloni e se li sfilava, cercando nel contempo di fare il più veloce possibile. Quando apparvero gli slip rossi lui ebbe un colpo: era estremamente sexy. Silvia notò che aveva strabuzzato gli occhi e chiese sorridendo: «Ti piacciono le mie mutandine?». «Sei una bomba! Non ti facevo così spregiudicata…». «E non hai visto niente!» disse Silvia sempre più audace. Senza aggiungere altro e lasciandolo fantasticare si distese di nuovo su di lui ricominciando a strusciarsi. L’eccitazione prendeva sempre più tutti e due: se lui ce l’aveva duro come il marmo, lei aveva fra le gambe un fiume in piena, ormai la sentiva gocciolare sulle mutandine, ormai anche lui inziava a sentire l’umidità. Stavolta non fu necessario farsi pregare perché Filippo tornasse a toccarle il culo, lo fece a lungo, stringendolo e accarezzandolo fra le mani. Poi, lentamente, infilò le mani sotto le mutandine e si gustarono entrambi il contatto delle sue mani con la pelle morbida delle natiche. Quando sentì la sua mano cercare il buchetto dell’ano, Silvia credette di impazzire. Pian piano le sue dita arrivarono al suo buchetto e presero a carezzarlo, dopo un minuto sentì che lui cercava di metterle dentro un dito. «Sì, continua così, mettimelo dentro!» sussurrò sempre più eccitata. Lui obbedì eccitato e si fece lentamente strada dentro di lei, per poi iniziare un movimento avanti e indietro. Il suo buchetto non era per nulla stretto, Silvia lo teneva spesso allenato con i suoi giochi di masturbazione, godeva terribilmente infilandosi qualcosa nel culo più che nella micetta, forse perché c’era un sapore di proibito nel masturbarsi l’ano. Anche stavolta lo stimolo sull’ano fu per lei irresistibile, anche unitamente al suo cazzo che si strofinava sulle grandi labbra: era incredibilmente stimolata sia davanti che dietro, mai avrebbe potuto credere di arrivare a qualcosa del genere con un uomo solo. Le sue mutandine erano ormai fradice dei succhi colati dalla sua vagina, se ne rendeva conto ma non le interessava a fatto, neppure quando Filippo glielo disse: «Sei tutta bagnata. Sento le mutandine inzuppate contro di me». «Lo so, lo so. Togliemele per favore!» disse lei in preda al piacere, ormai era vicina all’orgasmo. Lui l’ascoltò e non senza difficoltà le sfilò lentamente. Lei si divincolava per il piacere, ma in qualche modo riuscì ad aiutarlo e dopo parecchi secondi finalmente caddero a terra. Ora lo sentiva duro direttamente sulle sua labbra: riprese a strofinarsi piano, non solo avanti e indietro ma con un movimento rotatorio del bacino. Lui capì che ormai stava per venire e tornò a metterle un dito nel culo e a muoverlo con lo stesso ritmo con cui muoveva i fianchi su di lui. Meno di trenta secondi dopo la sentì ansimare rocamente e venire contro di lui: si abbandonò allora sul suo corpo, col respiro affannoso. «Grazie, sei stato fantastico» disse mentre i loro sessi erano ancora a contatto. Si rialzò a cavalcioni sulle sue gambe, attirando immediatamente lo sguardo di Filippo. Il contrasto fra la parte superiore vestita e quella inferiore completamente nuda, col suo triangolo peloso di un bel color castano chiaro in vista, era molto eccitante. La sera prima non aveva avuto modo di osservarla così bene fra le gambe sotto il chiar di luna, era decisamente bella anche là. «Voglio darti anch’io delle sensazioni forti come hai fatto tu con me… Voglio farti venire, gemere di piacere» e si sedette più indietro sulle sue cosce per poter arrivare a toccare con le mani il pene congestionato. Quando le punte delle sue dita lo sfiorarono, lui ebbe un tremito di piacere, ma lei non ne fu soddisfatta, lo toccò ancora e con più decisione. Chiuse il palmo sull’asta e mosse la mano come aveva fatto poco prima e anche la sera precedente. Lui gemette proprio come lei sognava facesse. «Sì, Silvia, sei fantastica, hai un tocco meraviglioso…» mormorò con gli occhi socchiusi per il piacere. «Filippo, ti desidero tantissimo. Desidero che… che tu…» si fermò titubante: tutto d’un colpo le mancò il coraggio, era una cosa stranissima, un momento si sentiva audace come non mai, quello seguente non aveva più coraggio di dir niente. Lui si accorse del suo silenzio e si riprese un attimo, guardandola chiaramente in volto mentre il suo sguardo lo evitava. «Cosa desideri? Dimmelo, farò di tutto per esaudirti…» fece lui dolcemente. Lei, che lo teneva ancora nella mano ma senza muoverlo, si fece animo, lo guardò con occhi che brillavano per l’emozione e disse: «Ti desidero tantissimo, desidero fare l’amore con te, averti dentro di me… Voglio darmi completamente a te…». «Oh, Silvia!» disse solamente lui alzandosi a sedere e abbracciandola contro il suo petto. Quell’ultima frase l’aveva colpito, aveva il cuore che batteva a mille, ma non poteva permettersi di rimanere stupito perché lei sembrava così insicura e bisognosa d’affetto. La baciò sui capelli lisci, poi sulla fronte e fu lei a offrire la bocca al suo bacio. Si stesero di nuovo, lei sopra e lui sotto, continuando a baciarsi e a toccarsi. Lui alzò lentamente la maglietta sulla sua schiena fino ad arrivare le spalle. Fra un bacio e l’altro lui sussurrò: «Non sono molto bravo in queste cose, dovrai alzarti perché possa toglierti la maglietta». «Sì» annuì lei alzandosi a sedere e sfilandosela da sopra. Ora aveva solo il reggiseno rosso addosso e quando lui lo vide ne fu eccitato: com’era sexy così, a cavalcioni su di lui, con solamente quell’ultimo indumento intimo addosso! Poi si ricordò di un’altra cosa, staccata un attimo da lui poteva tornare ad avere un barlume di ragione: «Devo prendere il preservativo!» esclamò rialzandosi. Filippo fu pervaso da una sensazione di orrore: «Ma io non ne ho!». Lei frugò nelle tasche dei suoi pantaloni e tirò fuori i cinque preservativi mostrandoglieli. «Cinque addirittura? Hai intenzione di farmi morire di piacere?» chiese scherzando. «Sì, voglio fare l’amore con te per tutta la notte, finché non avremo più fiato» rispose Silvia seriamente. Desiderava come non mai una notte di sesso sfrenato. Filippo sorrise ed annuì. «L’hai mai fatto?» gli chiese per precauzione: si ricordava bene di cosa le aveva detto Flavia. «No» rispose lui sinceramente, vergognandosene un po. «E tu?». «Sì, ma poche volte, un anno fa. Non ha importanza…». «Sì, non ha importanza» confermò lui. «Siediti sul bordo» lo invitò lei mentre apriva la confezione del preservativo e lo prendeva in mano. Lui si sedette sul bordo del letto, l’erezione era sempre possente. Silvia si mise a cavalcioni sulle sue ginocchia, a pochi centimetri dal suo cazzo e vi srotolò sopra il profilattico. Carezzò il suo viso e lo baciò sulla bocca. Lui andò con le mani di nuovo sulla sua schiena e con qualche difficoltà le slacciò il reggiseno. Lei allora si rialzò per facilitargli le cose. Filippo abbassò le spalline e sfilò l’indumento, gettandolo sul pavimento insieme agli altri e si fermò ad ammirarle il seno. «Ieri sera non sembrava così bello» disse ghermendolo con le mani e stringendo leggermente. Il contatto con la pelle morbida dei seni sodi lo eccitò ancora, sfiorò i capezzoli che erano eretti e lei gemette. Passò una mano sulle sue labbra: era fradice di eccitazione. Lei avanzò col bacino sulle sue cosce in modo che il pene appoggiasse contro il suo grembo. Si baciarono di nuovo e durante quel bacio Silvia allungò una mano fra le sue gambe e si guidò il membro dentro di sé, nella sua fighetta fradicia di succhi. La penetrazione fu estremamente agevole, scivolò senza alcuna difficoltà dentro di lei. Filippo ebbe una fortissima scossa di eccitazione e il cuore gli batté a ritmo serrato nel petto. Stava facendo l’amore! Stettero per qualche secondo così, fermi ed abbracciati, con le bocche e le lingue che continuavano a frugarsi, poi fu Silvia a prendere l’iniziativa e a muovere i fianchi. Presto anche lui si mosse e iniziarono ad ansimare. «Mettiamoci sul letto» disse lei con voce roca, poi si rialzò da lui attenta che il preservativo rimanesse ben aderente al suo cazzo. Fece per stendersi, quando lui la fermò: «Fa stare sotto me». Annuì col capo: era quella la posizione giusta per farlo la prima volta, era lei la più esperta e quella che aveva preso l’iniziativa. Lui si distese e lei lo cavalcò: si sedette su di lui e si impalò sul suo cazzo. La sua fighetta lo avvolse piacevolmente di nuovo e di nuovo mossero il bacino. Lei lo cavalcava con maestria, quasi non avesse fatto nient’altro nella vita, al suono dei loro respiri e dei loro gemiti. Non parlavano, non ne avevano la forza, erano talmente eccitati che riuscivano solamente a scopare. Lui con gli occhi socchiusi ammirò lei che si divincolava sopra di lui con la testa all’indietro e gli occhi chiusi mentre i seni, anche se non grandissimi, sobbalzavano eccitanti. Filippo allungò le mani e cinse quelle tette leggermente appuntite e alte, lei lo guardò e sorrise, continuando a muoversi. Dopo un po’ che erano in quella posizione lui mormorò: «Sto per venire, non ce la faccio più, sei irresistibile!». Silvia allora si distese su di lui e prese a baciarlo sul viso e sulla bocca. Le mani di lui corsero ai suoi glutei e li strinse, poi cercò con un dito il suo ano, penetrandolo. Lei, che pur non era al limite come lui, non riuscì più trattenersi non tanto per il piacere, ma al pensiero che lo stavo facendo senza che glielo chiedesse, proprio per donarle godimento. Quando poi sentì il corpo di lui contrarsi e lo sperma riversarsi nel preservativo, venne, mentre lui continuava a sussultare e a spruzzare dentro di lei. Mai aveva immaginato fosse tanto bello fare l’amore… Dopo un paio di minuti fu lei la prima a muoversi, facendolo uscire da lei e alzandosi. Gli sfilò il profilattico ora gonfio di sperma e lo buttò nella spazzatura, poi tornò al suo fianco. Si abbracciarono dolcemente, lui solamente allora aprì gli occhi: «Grazie Silvia, è stato un momento indimenticabile. Non ti dimenticherò mai per quello che hai fatto a me…». Lei non disse nulla, lo baciò solamente. Restarono così a lungo, sussurrandosi qualche parola dolce ogni tanto, in un piacevolissimo dormiveglia. Si accarezzavano piano, senza malizia o libidine, finché lei arrivò a titillare il suo pene molle. In pochi secondi riprese consistenza, anche se era ancora ben lontano dalla piena erezione. «Ti riprendi in fretta» disse lei. «Sembra di sì. E tu, hai voglia di farlo di nuovo?». «Da quando sei venuto» rispose di botto. «Scusami se non ti ho soddisfatta…» disse lui, accigliandosi leggermente. «No, hai capito male. Prima mi hai soddisfatta, però io ho ancora voglia di te, ne ho una voglia matta! Se senti fra le mie gambe capirai quanta!» e guidò la sua mano alla sua fighetta. Lui insinuò un dito e la trovò ancora bagnata. La baciò e iniziò a farle un delizioso ditalino, muovendo il dito piano dentro di lei, esplorando con cura le pareti vaginali e stuzzicando il clitoride. Lei mugolò di piacere ed esclamò: «Davvero sei vergine? Sai dar piacere a una donna…». «No, non sono più vergine ora» disse Filippo divertito. «E comunque certe cose si imparano anche senza fare l’amore». Continuò a toccarla a lungo, mentre riprendava forze e l’eccitazione cresceva anche per lui. Presto ritrovò l’erezione. Quando Silvia se ne accorse, sorrise maliziosamente e lo sfiorò appena per qualche minuto: «Che ne dici di un’altra galoppata?». «Certo! Abbiamo ancora una buona scorta di profilattici e tutta la notte davanti!» accettò lui andando a infilarsi sul cazzo eretto un altro preservativo. Quando si girò nuovamente verso il letto lei era sdraiata supina con le gambe spalancate, le labbra che scintillavano d’umidità fra il suo soffice pelo chiaro. Filippo salì sul letto in ginocchio e scese lentamente su di lei, s’appoggiò con le mani al materasso al lato del suo corpo e poi cercò il centro della sua femminilità a tastoni. Fu un gioco eccitante per entrambi: il pene andò a strusciare sul suo ventre, sul pube, sulla parte interna delle cosce per trovare all’ennesimo tentativo la sua vulva che attendeva di accoglierlo. Entrò lentamente, ma sempre senza nessuna difficoltà, la sua lubrificazione era abbondante come all’inizio. Si mosse lentamente, godendosi ogni istante, negando ogni altro contatto col corpo di lei. Dopo qualche minuto di lenta penetrazione Silvia incominciò a dimenarsi per il piacere crescente che si irradiava dalla sua micetta e per il desiderio di essere baciata e toccata, anelava il contatto con tutto il corpo di lui. Filippo lo concesse solo dopo averla sentita venire e contrarre i suoi muscoli interni, allora si abbassò e si appoggiò a lei, strusciandosi contro e raggiungendo una lancinate erezione era dentro di lei ma la sentiva ancora gemere sembrava che il suo godimento fosse senza fine ,con un movimento repentino Silvia si giro’ e guardando negli occhi Filippo, delicatamente gli tolse il preservativo poi come se nulla fosse successo gli disse:”dai amore mio voglio sentire dentro di me la tua sborra e voglio sentire riscaldarmi il pancino da te!!Filippo a quel punto mosso da un indicibile eccitamento la penetro’ con un sol colpo e inizio’ prima lentamente poi sempre piu’ freneticamente a stantuffare la dolce fica di silvia la quale sentendo il cazzo a pelle godeva come non mai….finalmente Filippo erutto’ dentro tutto il suo godimento inondando Silvia con la sua sborra!!!Si accasciarono esausti e Silvia guardando negli occhi il suo Filippo ando’ a lambire con la lingua le ultime gocce di sborra rimaste!!Si abbracciarono e guardandosi languidamente e maliziosamente negli occhi si addormentarono sapendo che per loro quella notte sarebbe stata la prima di molte altre!!!!
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20 years ago
admin, 75
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lui era un cuckold
Questa e' la storia del mio incontro avvenuto in maniera casuale con una favolosa coppia lui cuckold, purtoppo a causa di un trasferimento e' finita.....
Ho conosciuto la Signora in questione in un bar aveva all' epoca 43 anni,
una donna carina non bellissima ma sicuramente simpatica e molto sensuale, dopo qualche incontro casuale nel bar la simpatia e l' amicizia
e' continuata e io ho iniziato a corteggiarla velatamente piu' per gioco che per convinzione di riuscire a scoparla, mi aveva detto che era sposatissima e che aveva un bimbo piccolo, pensavo di avere poche chanches....
Un giorno...sono seduto al tavolo e mangio il mio panino, la vedo entrare ci salutiamo, si siede con me e pranziamo assieme parlottando del piu' e del meno... la pausa pranzo sta' finendo e d' un tratto mi dice , sai Mauro, tu sei molto simpatico sabato pomeriggio ti andrebbe ti tenermi un po' di compagnia? Mio figlio dorme sino le 18 di solito e mio marito ha un' impegno hai voglia di venirmi a trovare?
io rispondo ma sei sicura?? e se tuo marito lo viene a sapere? lei mi risponde... e che male c'e'?? io lo tengo al corrente che viene un amico a trovarmi, bisogna dire la verita' e lui non e' geloso.....
cazzo penso io....va bene non essere gelosi ma insomma...
accetto anche se onestamente un po titubante....
bhe' per farla breve arriva il sabato arrivo seguendo le sue istruzioni a casa sua mi accoglie in tuta da ginnastica e mi fa' segno di parlare piano, il figlio si e' appena addormentato....era una casa in un condominio all' ultimo piano con la parte notte al piano di sopra...
mi fa accomodare e mi offre il caffe', mi sentivo anche un po' imbarazzato onestamente....
Lei e' bravissima a tranquillizzarmi e' veramente piacevole la sua compagnia ad un certo punto si allontana dicendo vado sopra vedere sei dal figlio e' tutto tranquillo....al suo ritorno noto la cerniera della tuta molto piu' abbassata e vedo che non ha piu' il reggiseno che segnava la tuta...mi si e' rizzato il cazzo in immediato e ricordo che ho pensato cazzo fa' la stronza o vuole scopare??? ero molto combattuto , la risposta e' arrivata da sola mi ha detto... mio figlio dorme come un angioletto non parlare che ho paura che si svegli intanto che mi parla si siede in terra davanti a me sul divano, mi abbassa la cerniera e mi tira fuori il cazzo mi trova impreparato e da duro che era mi si affloscia di colpo .... hei rilassati dice...e mi da' un bacino sul cazzo ancora molle...
mi fa segno di togliere i pantaloni....lo faccio....e penso sto' facendo una vera figura di merda .....lei riprende a darmi dei bacini sulla cappella, scende sino ai coglioni e inizia a leccarmeli, mi tira verso di lei facendomi allargare ancora di piu' le gambe e inizia a leccarmi sotto i coglioni dalla fine dei coglioni al buco del culo mi lecca e succhia
mi e' tornato duro in un' attimo i freni inibitori si erano sbloccati sentire la sua lingua sul mio buco del culo mi ha fatto partire il cervello...
l'ho presa per i capelli e l' ho guidata sul cazzo...lei subito ha preso la cappella in bocca e succhiava menandomelo una piccola pausa ci siamo spogliati e abbiamo iniziato un bel 69 , ero in tilt ...
gli ho detto che non resistevo e lei a posto di spostarsi mi teneva il culo
per non farmi spostare, gli ho sborrato in bocca anche l' anima. la troia non ha fatto una piega anzi....mi guardava sorridendomi.
intanto che riprendo le forze lei si scusa e torna di sopra con la scusa di guardare che tutto sia ok dal bambino, riscende si siede in parte a me e mi dice ti e' piaciuto? e io cazzo!! sei favolosa , ora ti voglio scopare penso e ....la bacio , ti fidi di me dice?? mi si rizzano le orecchie...perche' mi fai questa domanda?? ...voglio sapere se ti proponessi un gioco .....come reagiresti.
dipende dal gioco dico io ....lei risponde... senti mauro, giochiamo a carte scoperte tu mi piaci molto e mi sei simpatico...l' avevo capito ...rispondo...lei continua io amo molto mio marito....da cretino penso....si vede...lui prova piacere a vedermi scopare con altri uomini...
lui e' felice di essere cornuto, io sono felice di fare la tua troia, mi piaci
tu accetteresti questa situazione? io ero onestamente molto sbigottino,
non avrei mai pensato ...... ho farfugliato un non so' che dire.....mille pensieri in testa.....non parla piu'...si riabbassa con la bocca sul mio cazzo lo succhia lui torna duro....se lo caccia tutto in bocca sino ai coglioni ......io dico sei davvero una fantastica vacca, su e giu' con la bocca su tutta la lunghezza del mio cazzo un po' di volte poi si ferma
mi siedo meglio sul divano, lei si inginocchia su di me e si infila il cazzo nella figa , ci guardiamo in faccia, mi sussurra ....a lui piace quello che ti ho proposto....mi piace scoparti gli dico io, sei favolosa....sai cosa sono salita a fare prima? no e non me ne frega niente dico io , ferma il bacino col mio cazzo ben piantato dentro e vicino all' orecchio mi dice....stai tranquillo.....perche' ti fermi dico io??? ripete stai tranquillo .....mio marito e' di sopra ci sta' guardando dalle scale prima sono salita a baciarlo col sapore del tuo sperma in bocca....e riprende a scoparmi...
CAZZO....esclamo ma dai non e' vero......lei ride....capisco che e' vero ma stranamente a posto di incazzarmi mi eccito di piu' .....
la faccio scendere dal divano, la metto alla pecorina e comincio a pomparla con foga....sei una troia , sei una gran troia....la pompo con decisione lei viene, dai mi dice... non fermarti ...scopami ....continuo a pompare .... ha una figa fantastica...sente i miei sospiri piu' frequenti si sfila da me e si gira dicendomi scopami la bocca ....lo prende in bocca
in ginocchio, io sono in piedi mi abbraccia mettendomi le mani sul culo e guida il ritmo dei miei colpi nella sua bocca .....sborro nuovamente nella sua gola urlandogli troia....finito di venire mi guarda e mi dice...mi piaci tanto....chiama il marito....lui scende con un sorriso cordiale e lo bacia in bocca ..... suggellando l' amicizia nata....
La relazione e' durata 2 anni con la totale soddisfazione di tutti
io da quella volta ho capito che mi piace molto scoparmi le troie degli altri , usarle a mio piacimento sapendo che e' apprezzato da tutti...
Raggiungo degli orgasmi fantastici vedendo lui che mi guarda scopare sua moglie, sapere che lecchera' la sua figa sporca dei miei umori......
Godo ad andare a trovarla mentre lui e' al lavoro, telefonargli mentre varco la porta di casa sua, deve sapere che tra poci minuti sua moglie avra' il mio cazzo in bocca e lui ....in ufficio
col cazzo duro e con uno stato d' animo fra il geloso e l' eccitato sara' costretto magari a segarsi di nascosto.
Se qualche cuckold in lombardia e' interessato ad una persona affidabile mi scriva
[email protected]
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20 years ago
admin, 75
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l\'amico del mio amante
Sono sempre io la casalinga romana,che ha una storia di sesso con il suocero di 65anni.Devo dire che la mia avventura con mio suocero prosegue benissimo anche se ultimamente lui ha deciso di ravvivare il nostro rapporto sessuale. A mia insaputa infatti alcune sere fa' approfittando dell'assenza di mio marito per motivi di lavoro si e' presentato con un suo amico e siccome era quasi l'ora di cena lo ha invitato a rimanere.Questo uomo suo coetaneo non mi ha mai mollato gli occhi da dosso,ed io provavo un po' di imbarazzo,improvvisamente durante la cena mio suocero si alza per andare in bagno,ed il suo amico,mentre ero in piedi a rassettare il tavolo, mi si avvicina all'orecchio dicendomi che era a conoscenza della mia storia con il suocero.cosi' dicendo mi portava la sua bocca vicino al collo per baciarmi ma io con uno scatto mi allontanai da lui, che facendo finta di niente torno' a sedersi.In quel momento rientro in cucina mio suocero che noto' il mio turbamento e
mi chiese cosa fosse successo.Io gli raccontai delle avance del suo amico e lui sorridendo,mi rispose che era vero che sapeva tutto.Mi prese per mano e insieme al suo amico mi porto' in camera da letto dove con calma mentre mi spogliava della camicetta e della gonna ,rivolgendosi al suo amico disse "guarda che belle tette tornite e che belle cosce ha mia nuora!il suo amico inizio a spogliarmi e dopo pochi minuti li senti addosso tutti e due,mio suocero a leccarmi la fica ,ed il suo amico a baciarmi i seni ormai nudi.Era la prima volta che venivo scopata da due uomini insieme ,e non riusci a trattenermi nel mio godimento,cosi mentre mio suocero mi penetrava da dietro presi l'uccello del suo amico ed iniziai a succhiarlo voracemente.Dopo essersi scambiati di posto,mi vennero abbondantemente in bocca tutti e due.Che magnifica serata!
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20 years ago
admin, 75
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weekend a Venezia parte III
ci svegliamo ed il sole è già alto; è una bella domenica e ci prepariamo per uscire...mentre mi vesto ti vedo armeggiare nella valigia, raccogliere qualcosa fra le braccia e fuggire in bagno. Quando sto guardandomi nello specchio per controllare il nodo della cravatta sento aprire la porta del bagno e mi volto, vedendoti uscire...
...sei stupenda, in un tailleur nero dalla gonna stretta che sa molto di anni 50; porti scarpe nere col tacco alto e fra le mani tieni un largo cappello nero ornato con una fusciacca rosa fucsia. Fai scivolare lentamente la gonna sulle cosce per mostrarmi il capolavoro: le calze nere con la riga sono tenute su da un reggicalze in pizzo nero e le mutandine coordinate le hai indossate, come vogliono le leggi non scritte dell'erotismo, sopra ai tiranti in pizzo del reggicalze...
Ammetto che devo quasi fare violenza a me stesso per non...ritardare ulteriormente la nostra uscita dalla stanza!
Abbiamo poche ore, prima di lasciare l'albergo... facciamo un giro nelle parti più importanti della città, perlomeno quelle vicine all'albergo, e ne approfitto per scattarti quasi un rullino di foto per così dire "classiche". Poi la malizia, a vederti così bella, prende inevitabilmente il sopravvento... scatto una foto con la tua giacca semiaperta, che lascia intravedere il top sottostante, una a cui dai un tono da "lolita" succhiando un gelato, una dove fai risalire la gonna fino a mostrare il bordo delle calze.... e poi ci prende la voglia di osare di più... in un vicolo ti levi le mutandine e la foto dopo è con la tua gonna alzata, appoggiata alla spalletta di un ponte a mostrare all'obbiettivo le tue natiche rosee...
Torniamo all'albergo e tu ti incammini per le scale mentre io mi fermo dal portiere a regolare i conti. Ti raggiungo in un momento e ti dò una bella notizia: per oggi non arriverà nessuno per cui possiamo fare con calma per lasciare la stanza...
Saliamo in camera e finalmente possiamo sciogliere la tensione e l'eccitazione che ci è cresciuta dentro durante il servizio fotografico... ti spoglio mentre le bocche si cercano con furia, ti attiro a me mentre sei rimasta in calze, scarpe e reggicalze.
Ti porto sul letto e comincio a baciare, leccare, mordicchiare il tuo corpo in ogni dove, fino a che il nostro gioco prende una piega imprevista... raccolgo la sottile cintura della tua gonna da terra e te la arrotolo intorno ai polsi, mentre tu mi guardi con un viso fra il sorpreso e l'incuriosito...fisso la cintura alla testiera del letto, cosicchè tu ora sei inginocchiata sul letto con i polsi legati alla sua testiera. Sei stupenda, e ne approfitto per scattarti una foto in questa posizione, quando improvvisamente bussano alla porta. Vado ad aprire, visto che comunque dalla porta non si vede il letto. E' solo il tizio della reception che è venuto a portare la ricevuta di pagamento; torno da te e non riesco ad interpretare il tuo sguardo: paura di essere sorpresa da qualcuno in questa posizione...o un piccante desiderio di mostrarti a un estraneo così, nuda e legata...? Non lo so, e forse non lo saprò mai...ma ti accarezzo piano fra le gambe e ti sento bagnatissima di liquore d'amo
re e credo quindi che non ti sarebbe dispiaciuto se lui fosse entrato nella stanza e ti avesse vista così... te lo dico e tu mi rispondi solo con un sorriso malizioso che mi invita a continuare il gioco. incroci i polsi e ti giri a pancia in alto, e io porto il mio membro alle tue labbra. Lo fai scivolare nella tua bocca calda succhiandolo fino a che non lo senti arrivare in fondo alla tua gola. Inizi un dolce vai e vieni fino a che con gli occhi non mi chiedi qualcosa di più... vado io a darti il piacere con la mia bocca... la incollo alla tua rosa rossa e bevo come da un calice il fluido d'amore che la tua vulva secerne come la resina da una corteccia ferita e che la mia lingua raccoglie facendoti morire di piacere...
Sento che mi vuoi e allora scivolo sopra di te lentamente fino a che i nostri sessi sono vicini, mi impossesso delle tue labbra proprio mentre dolcemente inizio a scivolare in te. Non sento alcuna resistenza, entro lentamente centimetro dopo centimetro fino a che il mio pube è a contatto del tuo e io sono completamente in te. Sempre con le mani fissate alla testiera del letto inizi a muovere il tuo bacino con colpi di reni per sentirmi a fondo dentro di te, anche a costo di provare quel leggero dolore ogni volta che ti colpisco l'utero entrando troppo a fondo. Guardo i tuoi occhi e ci leggo mille cose...mille persone dentro di te...una donna disincantata che vive un piacere che vorrebbe farla gridare come un'invasata: "...sììì... scopamiii... scopami più forte, fammi male... voglio che mi prendi davanti e dietro... voglio godere mentre mi sfondiiiiii...." ...ma anche una ragazza che vuole qualcosa che forse nella vita non ha trovato, forse una fuga da una realtà che non le piace ma a
lla quale è incatenata come tutti noi, del resto. Un gesto d'affetto, un semplice atto d'amore che le dimostri che tutto ciò che lei ha sempre sognato nella vita in fondo ESISTE. Certo, Safy lo può toccare solo per un attimo, solo in questi giorni magici, ma sapere che da qualche parte del mondo il suo sogno esiste per davvero è molto meglio che svegliarsi e capire che sei stato tutta la vita a credere in qualcosa che forse non c'è... La vedo questa donna nei tuoi occhi, Safy, perchè è la gemella di un bambino che porto in me, che sogna un mondo migliore di quello che vede, dove passano di nuovo tutti i treni che nella vita ha perso; un bambino che vive anche se nascosto dentro ad un uomo disincantato, quell'uomo che ora si sfila da te e cerca sul tuo viso un cenno di assenso mentre appoggia le tue gambe sopra le sue spalle e punta il suo glande sul tuo fiore bruno...
Spingo lentamente e mi sento affondare in te, sento i muscoli del tuo sfintere che si rilassano e mi permettono di entrare e poi mi risucchiano al tuo interno come in una bocca calda e morbida...affondo ed entro in te fino in fondo, e ti sento trattenere il fiato: forse in questa posizione riesco a entrare più profondamente in te delle altre volte... inizio il mio vai e vieni dopo averti liberato le mani, e tu ne approfitti subito: con una mano prendi a stimolarti il clitoride, e le tue secrezioni abbondanti colano a lubrificare il tuo buchetto posteriore infiammato per le troppe penetrazioni subite in questi giorni; sto ormai scorrendo senza più freni dentro e fuori da te quando il tuo orgasmo arriva, e faccio fatica a resistere alle tue contrazioni. Non riesco però a resistere quando decidi di darmi il colpo di grazia: intingi due dita nella tua vulva fradicia e, guardandomi negli occhi, te le porti alla bocca gustando il tuo sapore come da un membro appena uscito dal tuo sesso.
E' troppo anche per me e allora esco dal tuo sfintere che rimane arrossato e dilatato, e, lasciandoti posare le gambe, vengo a cavalcioni del tuo viso... prendi in bocca il mio membro congestionato e ancora umido dei tuoi umori, lo vorresti forse succhiare ma non ce n'è tempo: in un attimo raggiungo il piacere con lunghi fiotti di seme caldo che ti riempiono la bocca e che ti vedo ingoiare come un nettare sublime...
Prima di lasciare la stanza c'è ancora tempo per una doccia , dove il sesso sfrenato lascia per un attimo il posto alle carezze, alle coccole e ad una promessa... rivederci al più presto!
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20 years ago
admin, 75
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Marina
Saranno stati almeno due anni che non lo sentivo e anche l’ultima volta che ci eravamo incontrati tutto si era consumato in un fugace scambio di saluti, peraltro molto affettuosi, durante un casuale incontro alla stazione, diretti verso opposte destinazioni. Max era stato per me sempre un buon amico, un confidente, una spalla su cui piangere, un compagno con cui ridere. Seguivamo gli stessi corsi all’ospedale, studiavamo spesso assieme per preparare gli esami più impegnativi. Poi avevamo continuato a vederci saltuariamente anche dopo aver ottenuto le nostre idoneita’ ai corsi
e benchè abitassimo in città diverse. La sua era diventata per me una di quelle amicizie che si danno per scontate, che sai di avere e non ci pensi più, finchè non ti servono o tu non servi loro. Tuttavia il nostro non era un discorso utilitaristico, ma semplicemente il sapere che cercarci non ci disturbava mai. Forse era per quello che ci cercavamo ormai abbastanza poco.
•
Le nostre strade, i percorsi della nostra vita, si erano poi fatalmente allontanati. Lui era andato a lavorare a Roma aveva intrapreso un nuovo lavoro e si era anche sposato. Io invece avevo continuato ad abitare a Milano, mi ero reso autonoma acquistando un appartamento, con non pochi sacrifici. mi ero sposata e…….separata.Non riuscivo a mantenere legami stabili, o forse non volevo. Amavo troppo la mia indipendenza, la mia libertà, e non mi importava assolutamente nulla né delle osservazioni della gente e tantomeno di quelle dei familiari. Sì, avevo anche avuto una lunga relazione con un uomo appena più giovane di me, avevamo anche fatto delle prove di convivenza, regolarmente fallite. Mi piace fare la casalinga e cucinare, ma per me stessa e per mia figlia (che e' la mia vita...), non per dovere nei confronti di una persona che ad un certo punto ho trovato invadente e che pretendeva di godersi la sua libertà a scapito della mia. Forse era una fuga dalle responsabilità, o forse la mancanza di una persona che potessi accettare come padre per mia figlia.
Rimeditando su me stessa, mi rendevo conto che a quasi 40 anni avevo tante conoscenze, ma pochissime amicizie, nessuna vicina, le mie conoscenze erano dovute gran parte al pc con cui chattavo regolarmente e dove per tutti ero………. L’amore andava e veniva; più che altro andava, mi sgusciava di mano, o forse ero io che facevo di tutto per levarmi di torno chi mi parlava d’amore e di legami. A qualcuno avevo anche fatto del male, inutilmente credo, nel tentativo di allontanarlo da me dopo un rapporto che avevo vissuto in maniera travolgente, anche sconvolgente per certi aspetti, ma che d’improvviso, da un giorno all’altro, avevo sentito pesante, come al solito.
Non mi sentivo l’età che avevo, né dentro né fuori, e fisicamente non mi trovavo affatto male: non alta ma longilinea, tutto al posto giusto e nel modo giusto. Poco seno, forse, ma stava su da solo e non mi dava problemi, al punto che potevo permettermi di limitare la mia biancheria agli slip e semmai a una canottiera. I miei occhi grigio – azzurri venivano considerati incantevoli, e lo sapevo. Così alle volte ne approfittavo fra le mie conoscenze maschili, guardando fisso negli occhi chi mi stava vicino. Lo facevo nella certezza che avrei strappato un complimento, come minimo. E spesso anche delle avances, che avevo sempre rifiutato, almeno fino a poco fa, ma che negli ultimi mesi avevo anche accettato volentieri più di qualche volta.
Si finiva a letto, con reciproca soddisfazione, certamente da parte mia perché avevo scoperto con gli anni la mia sessualità e anche le mie fantasie, che credevo di non avere. Ma tutto filava liscio solo se poi quel letto veniva lasciato libero per me stessa: non mi piaceva dormire in compagnia. La maggior parte dei miei partner,perche’ di questo si trattava, erano uomini sposati, anche più vecchi di me: i migliori, forse, perché prendevano sempre la strada del ritorno, si facevano risentire di rado e di fronte ad un "no grazie" non insistevano.
In definitiva mi scoprivo una donna libera, indipendente sotto tutti i punti di vista, matura, realizzata sotto il profilo professionale, abbastanza soddisfatta sessualmente. E se non avevo nessuno pazienza: avevo razionalizzato la bellezza dell’autoerotismo, che spesso poteva essere davvero appagante, anche se mi lasciava la nostalgia di una compagnia che non c’era. Soprattutto in quei momenti, combattuta tra il piacere che avevo saputo darmi e l’insoddisfazione di aver dovuto arrangiarmi, mi capitava di pensare che ero più sola di quanto non desiderassi realmente. E cominciavo a sentire questa solitudine con una certa angoscia, benchè poi riuscissi a scacciare con una certa facilità quei pensieri dalla mia mente. Almeno fino a che non vedevo conoscenze e colleghi che avevano rapporti di coppia invidiabili e avvincenti. Cosa avevo io di sbagliato? O forse era giusto il singolare modello di vita che mi ero costruita ed erano gli altri a fingere di stare bene all’interno di schemi considerati consueti?
Era proprio il primo pomeriggio di una domenica di solitudine e di pensieri di questo genere che Max mi telefonò. Mi fece un piacere immenso e tutte le mie preoccupazioni, vere o presunte, si volatilizzarono. "Ciao, come stai, sono felice di sentirti, quanto tempo", lo travolsi lasciandogli appena il tempo di dire "Pronto, sono Max". Fu l’inizio di una chiacchierata interminabile, fatta di ricordi giovanili e di richieste di informazioni sull’ultimo periodo di reciproca assenza. Andava tutto benissimo, bene la famiglia, bene il lavoro, bene le due figlie che aveva avuto dalla moglie. "Senti", mi bloccò all’improvviso, "ti chiamavo perché casualmente devo passare un paio di giorni a Milano per lavoro e pensavo che, se trovi il tempo, potremmo vederci". "Ma è ovvio, hai fatto bene a dirmelo, non ti avrei perdonato se avessi saputo che passavi da queste parti senza neppure farti sentire. Quando arrivi?". "Venerdì sera", spiegò lui, "al termine di un giro di incontri tra Roma e Milano. Arrivo in Treno, dovrei esserci per le 20, se non ci sono ritardi. Sarò un po’ stanco ma tu non farci caso, promettimelo". "Promesso, e non preoccuparti di nulla: passo a prenderti, ceniamo assieme". "Molto volentieri, anche se non sarò forse particolarmente presentabile a quell’ora". "Nessun problema, sei ospite a casa mia". "Non voglio disturbare". "E quando mai hai disturbato?".
Be’, mi aveva riempito di gioia risentirlo e ancor più sapere che ci saremmo rivisti e avremmo pure passato un po’ di tempo assieme. Mi tornarono alla mente un mucchio di bei ricordi di anni spensierati. Chissà perché non ci eravamo mai messi assieme. Forse troppa amicizia. Ma è possibile una amicizia normale tra un uomo e una donna? Per quel che avevo passato con lui sì, senza dubbio. Era anche un bel ragazzo, e poi si era fatto un bell’uomo: era anche una spanna abbondante più alto di me, insomma attraente anche esteticamente. Tuttavia non avevo mai avuto desideri nei suoi confronti né lui nei miei. O almeno non li aveva manifestati. E se lo avesse fatto l’incanto si sarebbe rotto, probabilmente: anche se a ragionarci con le disillusioni dell’età, forse una piccola trasgressione l’avrei pure accettata.
Le giornate passarono in fretta, quella settimana. Aspettavo il venerdì, non con ansia ma con un sentimento dolce, sorridente. Predisposi con cura tutto, una cena semplice: spaghetti e scampi, con un Mueller Turghau, meringhette fatte la sera prima con la panna montata al momento, verdura e frutta fresca. Insomma una cosa familiare, appetitosa, non pesante, non impegnativa. Ci sentimmo altre due volte per confermare dettagli e orari. Gli lasciai il mio numero di cellulare e lui mi diede il suo, per ogni evenienza.
Il venerdì sera andai a prenderlo alla stazione di Milano. Il treno ebbe una decina di minuti di ritardo, assolutamente normali per i convogli che arrivavano a Milano. Lo stavo aspettando al binario. Lo vidi subito, un po’ ingrassato, un po’ brizzolato, ma felice di rivedermi almeno quanto lo ero io. Venne verso di me, posò a terra la valigetta che aveva con se e ci abbracciammo parlandoci contemporaneamente addosso. Era stanco davvero, anche sudato: la sua doveva essere stata una giornata stressante. "Sai", mi disse, avrei potuto dormire a Roma e arrivare domattina, ma poi chissà se sarei riuscito a ritagliare un po’ di tempo per stare con te". "Ti ringrazio, non te ne pentirai". Salimmo in macchina e sempre chiacchierando delle nostre vite, del suo matrimonio e della mia condizione di libertà partimmo verso casa mia, dove giungemmo una mezz’ora dopo.
Lo feci salire. Il mio appartamento è piccolo, disposto su due piani: sotto la zona giorno e sopra quella per la notte. Gli aprii la porta, accesi le luci, gli presi la valigia e la posai in salotto, gli indicati dove appendere il soprabito. Mi misi anch’io in libertà. "E’ tutto quasi pronto, solo bisogna far bollire l’acqua e buttare la pasta, diciamo meno di una mezzoretta", gli dissi accendendo il fuoco sotto la pentola già predisposta.
Ci accomodammo, attorno alla tavola. "Sai", mi disse, "lavoro sempre di più, i ritmi sono aumentati, ma non mi lamento. Solo che mi trovo a trascurare la famiglia. Mia moglie poi, è adorabile, anche se insomma gli ardori di 10 anni fa non ci sono più, e forse è meglio così. E tu, sempre zitella?". "Scemo, quale zitella; va bene così; mi è bastato un matrimonio e una prova di convivenza per capire che non fa per me". Era sempre lo stesso, ma anche cambiato. Era …. una persona seria, dall’aria importante, anche se in quel momento non era al massimo della forma: un po’ di occhiaie da stanchezza, la barba che risentiva delle molte ore trascorse dall’ultima rasatura. Ma era diventato anche più interessante, con quell’aria vissuta; lo trovavo persino affascinante. Quasi mi metteva soggezione, pensai.
"Senti, posso chiederti un favore?". "Accordato". "Grazie, avevo proprio voglia di farmi una doccia, così mi rendo anche più presentabile. Ma soprattutto mi sento a disagio, sudaticcio e puzzolente: non mi meriti così". "Di nulla, e poi la mia doccia è un vanto: non ho voluto la vasca da bagno per poterci fare stare un impianto come volevo io, non il solito piatto con il solito tubo traforato sopra". L’accompagnai in bagno. Insomma era una doccia Jacuzzi, che mi era costata un patrimonio. Gli tirai fuori degli asciugamani puliti. "Non c’è la chiave, ma non preoccuparti", gli dissi, "a parte me non c’è nessuno che possa entrare all’improvviso, e mia figlia e' da una sua amichetta.....". "Puoi entrare quando vuoi", mi rimbeccò lui, "con te non ho mai avuto segreti, figuriamoci di questo tipo". Uscii lasciandolo solo e chiudendo la porta alle spalle.
La mia casa era silenziosissima, sentivo il mio respiro, il soffio del gas che stava scaldando l’acqua per la pasta. Gli scampi con i pomodorini freschi e l’olio d’oliva erano pronti; bastava spadellare gli spaghetti. Mentre trafficavo sentii rumoreggiare e armeggiare in bagno, poi l’acqua del lavandino. Poi di nuovo silenzio. Mi piaceva sapere che c’era. Mi dava serenità e sicurezza. Non mi era mai capitato con nessuno di provare una tale sensazione. Per un attimo mi balenò in mente che poteva essere lui, l’uomo adatto per essere il mio compagno. Ma no, cosa stavo immaginando, poi era sposato. E l’amicizia, che fine avrebbe fatto? Piuttosto, quella notte dove sarebbe andato a dormire. Mi venne in mente che poteva anche fermarsi, se non aveva già prenotato un albergo. Già, tra le tante chiacchiere, di quell’argomento non avevamo parlato. E dove lo avrei potuto mettere a dormire? Avevo solo il mio lettone matrimoniale ..... il lettino di mia figlia era troppo piccolo x lui e farlo accomodare sul divano mi sembrava poco carino.
A mano a mano che i secondi passavano, i miei pensieri si accavallarono e quel mio sentimento di amicizia divenne anche malizioso. Pensai a come doveva apparire quando era nudo. Lo avevo visto in mutande un giorno , ma questo era il massimo di intimità che avevamo avuto. Probabilmente si era spogliato, si stava preparando per l’abluzione. Ma guarda te, dopo anni, Max a casa mia, meditai, nel mio bagno a lavarsi. Fu una specie di flash. Provai ad immaginare come doveva essere ora, senza niente addosso, il corpo di un uomo maturo, la mente e lo sguardo amici, la sua simpatia, il suo tranquillizzante calore. Mi sarebbe piaciuto vedere com’era fatto, meditai tra me e me. E provai una sorta di solletico, una bella sensazione. Molto piacevole, che non potevo definire eccitazione, anche se un po’ ci assomigliava. Sentii la doccia scorrere. "Ti serve nulla?", gli chiesi ad alta voce per farmi sentire. Mi rispose la sua voce, giovanile, "bah, se vuoi lavarmi la schiena mi faresti un favore, faccio sempre fatica, ho le braccia corte".
Stava scherzando. O no?. Sentii che il rumore cambiava, scroscio e zampilli. Era sotto l’acqua, ormai. Vent’anni prima non lo avrei mai fatto, ma ora…. Mi prese un desiderio improvviso. Già, perché non lavargli la schiena. Cameratescamente, beninteso. Mi alzai. Mi avvicinai alla porta del bagno. Stavo per chiedergli se lo desiderava sul serio quando…. "Dai Marina, dammi una mano", la sua voce mi colpì come una martellata. Non poteva sapere che ero là dietro. E non mi pareva che stesse scherzando; la sua aveva l’aria di una richiesta "vera". "Se proprio vuoi…", risposi con voce piatta. Aprii la porta del bagno ed entrai mormorando, "eccomi qua". La portella della doccia non era chiusa del tutto e ne usciva un filo di vapore, che nascondeva alla vista il corpo di Max, del quale però distinguevo la presenza, il colore così chiaro, con le macchie più scure del pube, dei capelli, del petto. Lui non disse nulla, io rimasi ferma. Avevo rotto il ghiaccio, ma… ero imbarazzatissima. "Be’, non hai mai lavato la schiena ad un uomo", insistette lui con una noncuranza che mi apparve falsa.
No, non l’avevo mai fatto, nonostante che per la mia casa fosse passata una dozzina di compagni di viaggio più o meno duraturi e tantissimi altri che io definisco.......ombre. "No, non l’ho mai fatto", confermai a voce alta. "Non è difficile", replicò lui, "prendi il sapone o il bagnoschiuma e lo passi su tutta la schiena a larghe manate, delicatamente, come in un massaggio". "Rischio di bagnarmi tutta", osservai. "Puoi sempre spogliarti anche tu", fu la risposta. Avvertii che non era più un gioco, né uno scherzo, da parte di nessuno dei due. E che in fondo anch’io lo volevo, come se sentissi il bisogno di suggellare con quella intimità un’amicizia troppo a lungo trascurata. Ci misi meno di un minuto a togliermi tutto, ad aprire il vano della doccia, a sgusciarci dentro e a richiudere alle mie spalle la porta. C’era spazio abbondante per due. E io sembravo persino più piccola, e lui più alto. Mi dava la schiena. Aveva un sedere ben fatto, pensai. Afferrai il sapone e iniziai a insaponarlo: le spalle, il collo, la schiena. Lui alzò le mani e le appoggiò alla parete del box. Lo scroscio dell’acqua ormai aveva investito anche me, ma era caldo, piacevole, invitante.
Arrivai al dorso, poi ai fianchi, un po’ pieni, con un accenno di maniglie. "Mmmmmm", mugolò, "sei delicatissima". Ora veniva il difficile. La schiena era insaponata. "Non fermarti", disse a bassa voce. Gli insaponai le natiche, poi la fessura, passando le dita sul buchino peloso. Allargò le gambe. Gli passai in mezzo, insaponandogli lo scroto. Aveva un’erezione avvertibile. Non potei trattenermi. Gli insaponai il cazzo!!!! Era grosso, lungo, durissimo. Lo insaponai a lungo, molto a lungo. "Sei molto brava", commentò, "per essere la prima volta direi che hai delle doti naturali". Ci scherzava sopra, ma…. La sua eccitazione non parlava di scherzi.
Si girò. Avevo gli occhi sul suo ventre. Il suo cazzo era, be’, era degno di nota, ma soprattutto il suo stato mi eccitava, capivo che era un omaggio alla mia femminilità. Il cazzo svettava verso di me sbucando da una fitta selva di pelo scuro, che risaliva fino all’ombelico, dove si diradava per infittirsi ancora tra i pettorali. Lo insaponai anche lì.
Lui poi mi tolse il sapone dalle mani. "Aspetta, voglio renderti il favore", mormorò. Lo lasciai fare. Mi insaponò le spalle, le braccia, il seno, il ventre. Poi mi girai. Sapevo di avere un culo degno di lode. Lui però non fece commenti. Mi insaponò la schiena. Poi, con le mani piene di schiuma, ripose il sapone sulla mensola e mi massaggiò i glutei e in mezzo a loro, rendendomi i gesti che gli avevo regalato poco prima. Sentii le sue dita premere sul mio buchino, leggermente. D’istinto lo allargai. Ero ancora vergine, lì, ma il suo tocco era eccitante, invogliante. Però non volle insistere e passò al mio sesso, che accarezzo con l’intero palmo della mano, reso liscio dal sapone, lasciando che due dita scivolassero all’interno delle grandi labbra. Si posò quindi su di me, schiacciando il suo cazzo tra le mie natiche e abbracciandomi il ventre per continuare a lavare il mio sesso da davanti. Mi masturbò in maniera divina, come neppure io sapevo fare, mentre io dimenavo il culo per poter godere della pressione del suo cazzo. L’acqua intanto ci toglieva il sapone di dosso.
Lui accostò le sue labbra al mio collo, da dietro. Era delicato, non pungeva, si era appena rasato. "Sai Marina", mi bisbigliò sulle orecchie, "sono quasi vent’anni che sogno una doccia così, e non avevo mai avuto il coraggio di chiedertelo. Mi sembravi disinteressata all’argomento, distante, quasi scostante ". "Non dire nulla", gli risposi girandomi, "non voglio sapere: ieri era ieri, oggi è oggi". Ci abbracciammo, sentivo il suo cazzo sulla mia pancia ora, e le sue mani sui miei fianchi, mentre io lo tenevo per le spalle. L’acqua mi stava bagnando i capelli. Ma non aveva alcuna importanza. Gli toccai le labbra con le mie. Lui rispose al mio tocco. Ci sfiorammo ancora, ma fui io a fargli sgusciare la lingua dentro la sua bocca, fresca di dentifricio. Fu un bacio lungo, dolce, con le nostre lingue che si rincorrevano di continuo, avvinghiandosi a vicenda. Ora era lui a succhiare la mia, ora ero io a succhiare la sua.
Per la prima volta ero sotto la doccia con un uomo, anzi, con Max, e mi chiesi come mai non l’avessi mai fatto e come mai non avessi desiderato prima quell’uomo che ora volevo con tutta la mia mente e tutto il mio corpo. Le mie mani sentirono la sua pelle d’oca e anch’io non dovevo essere da meno. Lui, sempre baciandomi, chiuse il getto d’acqua. Poi si scostò da me, aprì la porta della doccia, afferrò il telo da bagno che avevo preparato per lui e cominciò ad asciugarmi, meticolosamente, minuziosamente, il viso, la testa, le braccia, il corpo. Mi sentivo una bambola tra le sue mani. Mi asciugò tutta. Poi toccò a me. Lo feci girare. Era grande, alto, enorme. Lo asciugai dietro, poi lo rigirai di fronte a me. Quella sua erezione non accennava a diminuire e mi affascinava. Lo asciugai anche da quel lato, poi mi strinsi a lui, prendendogli con delicatezza le palle in mano. Mi piaceva sentire i suoi testicoli coperti di peluria, mentre il mio polso strusciava sul suo sesso. Lo volevo dentro di me e sentivo il lui il desiderio di soddisfarmi. Lo trascinai fuori dal bagno.
Mio dio, l’acqua aveva continuato a bollire, ed era quasi consumata. Che scema. "Chiudi il gas, lascia perdere", mi disse sereno. Feci come aveva detto. Poi gli presi la mano. "Vieni", gli dissi, portandolo verso la scala che portava alla camera da letto. Gli feci strada, muovendomi in modo che sapevo provocante. Sentivo il suo sguardo che scrutava il mio corpo, soffermandosi sul mio sedere. "Hai un culo ancora più bello di quanto avessi mai immaginato, uno spettacolo infinito", commentò e dicendo questo sentii un dito perlustrare il mio buchino , penetrarlo dolcemente ,ebbi un sussulto di libido e per poco nn caddi dalle scale ma continuai imperterrita a percorrere le scale . Arrivata di sopra, entrai in camera e mi sdraiai bocconi sul grande letto matrimoniale, aspettando. Lui salì a sua volta, mettendosi carponi e stringendomi leggermente tra le sue ginocchia. Sentivo la punta del suo membro che mi accarezzava la schiena, mentre lui si chinava su di me per leccarmi la nuca e mordermela. Con la bocca scese lungo la colonna vertebrale, sfiorandola con le labbra e la lingua, fino ai lombi, per poi risalire e mordicchiarmi le orecchie. Quindi scese di nuovo, questa volta fino alle natiche, insinuando la lingua nella fessura e raggiungendo il buchetto del mio culo……..allargandolo. Inarcai il bacino per facilitargli il compito, era una sensazione piacevolissima, lievemente perversa e deliziosa, che mi fece godere ancor più della mia e della sua eccitazione.
Lo lasciai fare, a lungo. Poi mi girai, mettendomi in ginocchio. "Sdraiati", gli ordinai, e fu lui a obbedire. Gli baciai le cosce, che lui allargo’, sapendo quello che volevo. Leccarlo tra le gambe, leccargli le palle, prendere in bocca uno a uno i suoi testicoli, poi salire con le labbra lungo il cazzo che pareva ancora più gonfio di prima. Gli presi in bocca la punta della cappella, coprendola di saliva, con la lingua passai tutto attorno e sul buchino, quindi giù, di nuovo verso le palle, e infine ancora su risucchiandolo. Lo sentivo fino in gola quando affondavo il viso su di lui, e ogni affondo era come una staffilata di piacere. Lui godeva dei miei gesti, sorridendo, a occhi chiusi, ogni tanto contraendo il cazzo in uno spasmo di piacere più forte degli altri. Mi misi a cavalcioni su di lui, glielo presi in mano e cominciai a strofinarmelo tra le labbra della figa e sulla clitoride, piegando infine le gambe per accoglierlo dentro di me, lentamente, dapprima un po’ alla volta, poi tutto. Mi stava riempiendo la figa con il suo grosso uccello!!!! Cominciai ad andare su è giù, mentre accarezzava i miei seni, strizzando i capezzoli tra le dita aperte. Mi toccai la figa, poi la clitoride, mi piaceva sentire con le dita quel gran cazzo che entrava e usciva da me, quelle mani delicate e decise impegnate a darmi piacere.
Mi girava la testa, cominciai ad ansimare, poi a mugolare, poi a urlare il mio piacere mentre l’orgasmo mi travolgeva, continuo, a ondate. Mi fermai seduta su di lui, avvolgendo il suo meraviglioso cazzo con le pareti della mia figa che aveva contrazioni senza fine, mentre sentivo la mia sborra scivolare fuori. Mi rilassai, abbandonandomi su di lui. Che non era ancora venuto. Mi baciò, stringendomi a se. Mi sollevò, scivolò da sotto il mio corpo e mi fece sdraiare bocconi. Mi sfiorò la schiena con la punta delle dita, cercando i punti più sensibili. Quindi appoggiò il palmo di una mano su una natica e la strinse, come un mercante che dovesse giudicare la merce. Mi venne da ridere. "è di tuo gradimento?", gli chiesi. E lui ribadì: "hai un culo da favola". Con le dita mi frugò nella passera, poi si rimise in ginocchio e me la leccò ancora, forzando il buco del culo ad aprirsi. Di nuovo inarcai il bacino, allargando le gambe. Sentii il suo dito che mi penetrava, ma non provavo alcun fastidio, anzi...... Era un piacere diverso, diffuso, quello che mi stava dando. Spinsi, per accoglierlo meglio, e lui a quel punto fece entrare tutto il suo dito nel mio culo ormai ben predisposto dalla sua…..lingua. Infine lo estrasse, mi leccò di nuovo, a fondo, si mise in ginocchio tra le mie gambe aperte, quindi si stese su di me, tenendosi sollevato sulle braccia.
Il suo sesso cercava il mio culetto vergine. Spinsi, e con la mano aiutai la punta del suo cazzo a farsi strada. Spinsi ancora,lui delicatamente entrava dentro il mio culo.....delicatamente ma decisamente.........io nn urlavo x pudore ma il dolore era enorme come in quel momento...... enorme mi pareva il suo cazzo,stavo per farlo smettere quando improvvisamente iniziarono le prime contrazioni vaginali di goduria sentivo la mia sborra colarmi oscenamente fra le cosce e il mio culo era ormai aperto a quel meraviglioso ....pistone che aveva, lui accortosi di questo con un colpo secco penetro' con il suo cazzo interamente nelle mie viscere lo sentivo fino in gola,e mai come in quel momento avrei voluto gridare la mia troiagine.......si ero proprio una troia e il cazzo mi piaceva tanto.....da svenire.Max prese selvaggiamente ad andare su e giù e, d’istinto, io feci scivolare una mano sotto di me e cominciai a masturbarmi, mentre i suoi testicoli sbattevano sulle mie dita. Mi sentii travolgere di nuovo, e mentre l’orgasmo si impadroniva di me, facendomi urlare nuovamente, sentii il suo cazzo che si svuotava e mi riempiva il culo della sua sborra, contraendosi più e più volte. Si rilassò, un poco alla volta, mentre il mio gemito si affievoliva piano piano. Ma non smetteva di contrarsi e io lo ricambiavo. Ad una contrazione sua ne corrispondeva una da parte mia, cui lui rispondeva nella stessa maniera. Cercò la mia bocca, riuscimmo a baciarci pur in quella posizione.
Sentivo che si stava sgonfiando e che scivolava fuori, mentre lo volevo ancora dentro e cercavo di trattenerlo dentro di me: una sensazione di possesso come non avevo mai avuto e sconvolta e ormai partita mi gettai con la bocca sul suo cazzo e leccai voracemente fino a quando nn lo ripulii per benino della sua e della mia sborra e finalmente ci baciammo in bocca appassionatamente e mescolammo la nostra sborra con un furioso e vorticoso gioco di lingue. Ci vollero non so quanti minuti perché il nostro respiro tornasse normale e non appena ciò accadde, vidi che il suo cazzo che cominciava nuovamente ad indurirsi. "Posso dormire da te?", mi chiese all’improvviso. "Scemo", gli risposi pregustando la notte…………mmmmmmmmm!
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20 years ago
admin, 75
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PadronVale ed il cinema
La Padrona si era comprata un nuovo paio di scarpe con il tacco alto, delle decoltè nere molto eleganti, che aveva adocchiato dietro ad una vetrina in un negozio del centro.
Tornò a casa e le mostrò alla schiava -"Che te ne pare, leccapiedi? Sono o non sono belle?"-
-"Sono bellissime, Padrona"-
-"Me le vorresti vedere indosso?"-
-"Si Padrona"-
Vale si sedette comodamente sul divano ed Alex le si inginocchiò davanti. La dominatrice calzava un paio di stupendi sabot aperti sulla punta con il tacco alto che ne mettevano in evidenza i proporzionatissimi ed eleganti piedi sempre curati alla perfezione e con le unghie smaltate di un rosso acceso. Accavallò le splendide gambe dondolando mollemente un piede su cui il sabot, mezzo sfilato ed in bilico sulla punta dell'alluce, si reggeva per un pelo.
La schiava si arrestò a contemplare quell'immagine, gli occhi fissi ed i pensieri rivolti a quell'unica scarpetta oscillante sospesa a mezz'aria.
-"Bé, che hai? Ti sei addormentata?!- chiese Vale.
-"No, Padrona"- Alex era rossa in viso e balbettava come la scema del villaggio.
-"Prendi le scarpe nuove e provamele"-
-"Si Padrona"- disse la schiava, tenendo gli occhi bassi.
Con mani tremanti Alex sfilò delicatamente il sabot dal piede sollevato di Vale. Il piede della Principessa era ora nudo e libero, si mostrava in tutta la sua leggendaria bellezza e superbia, come un Dio irraggiungibile che pretende di essere adorato.
Vale mosse e stiracchiò le dita davanti al viso chinato di Alex.
-"Prendi le scarpe nuove"- ordinò la Padrona.
La schiava eseguì con gesti meccanici. Avrebbe voluto chinarsi e baciare quel piedino così bello, così morbido, ma sapeva che la Padrona, non avendo dato il permesso alla schiava, si sarebbe infuriata e l'avrebbe sicuramente punita.
La principessa tese il piede che attendeva di essere calzato; la serva ubbidì docilmente e le infilò la scarpetta. Vale mosse le dita del piede per abituarlo alla nuova calzatura.
-"Sono belle, no?"-
-"Si Padrona"-
-"Anche l'altro, ora"- poggiò il piede calzato nella nuova scarpetta sul pavimento e tese l'altra gamba sotto al mento di Alex.
La schiava prese fra le mani la caviglia della Dea in modo che ella non avesse da durare fatica per sostenere la gamba a mezz'aria, poi sfilò il sabot e infilò l'altra scarpetta.
-"Come Cenerentola"- ridacchiò Vale -"La scarpina calza perfettamente"-
Vale annuì alle parole della Padrona, anche se il paragone con la protagonista della celebre fiaba non le sembrò molto attinente. Vale non era mai stata la sguattera di nessuno, la sola idea di vedere la principessa sottomessa a qualche altra ragazza turbò i pensieri della serva. Strideva con tutto ciò che Alex conosceva.
Vale era la Padrona, punto e basta!
A quel punto la Dea si alzò in piedi, camminando un po' in lungo nella sala, per ammorbidire le nuove calzature e stabilirne la comodità.
Passò e ripassò davanti ad uno specchio per ammirarsi. Alex non riuscì a staccarle gli occhi di dosso per un solo istante, la seguì adorante ovunque andasse, a quattro zampe come una fedele cagnetta domestica.
Dopo un po' Vale si fermò: era al centro della stanza, in mezzo al tappeto.
-"Vacchetta, le nuove scarpe sono abbastanza comode, però trovo che siano un po' dure in punta. Bisogna ammorbidirle al più presto, non vorrei che i miei piedini ne risentissero più avanti"-
-"Si Padrona"-
-"Ho un'idea sul come fare! Sdraiati!"- ordinò.
La schiava le si prostrò di fronte e si sdraiò ai piedi della Dea, con la schiena rivolta verso il pavimento.
-"Brava, è proprio così che ti volevo"-
-"Grazie, Padrona"-
-"Ora stai ferma"- disse la Dea, andando ad accendere la radio. Una musica gradevole e piena di ritmo sciolse la silenziosa atmosfera della stanza.
Vale si avvicinò alla schiava, sollevò una gamba e andò a posare il piede sullo stomaco di Alex. Il tacco della nuova scarpa affondò nella morbida pelle della pancia della leccapiedi.
-"Oggi mi farai da tappetino per gli allenamenti"- disse Vale -"Vedi, ballare è il modo più rapido per ammorbidire un bel paio di scarpine nuove, ma per via dei tacchi alti ho paura di cadere. Così invece di ballare sul pavimento, che è duro, ballerò sulla tua flaccida pancia, che è bella soffice e ammortizzerà ogni mio affondo..sai, anche per le caviglie è molto meglio."-
Sollevò l'altra gamba e l'andò a posare di fianco alla prima. Il peso della Principessa era contenuto ma mise duramente alla prova la tolleranza al dolore della cagna. Specialmente i punti in cui i tacchi affondavano nella carne, causavano alla sottomessa un gran dolore.
Vale, seguendo a musica, mosse alcuni passi sull'addome di Alex. I suoi piedini guizzarono nell'aria come argento vivo, sollevandosi leggiadri e al contempo vigorosi. Ogni volta che ripiombavano sulla povera leccapiedi quest'ultima sentiva l'aria contenuta nei propri polmoni urlare al fine di scappare via. Alex irrigidì i muscoli addominali per contrastare i colpi inferti da Vale ma il suo stomaco cominciò a parergli sempre più una fornace di dolore.
Intanto la Padrona, incurante della pena sopportata dalla serva, ballava e rideva. Il suo portamento era meraviglioso ed elegante, come quello di una modella o di una grande attrice. Anche se straziata dal dolore Alex non poté fare a meno di ammirare la grazia con la quale la Padrona si muoveva.
-"Come va là sotto, serva?"- chiese Vale ad un certo punto.
-"B. bè.bene..P."-
Vale rise.
-"Non ti sciupare a rispondere, cagna"- e posò la suola di una delle due scarpette sul viso della serva, mentre l'altra andò a posarsi sul torace, fra i seni.
-"Ti faccio male?"-
-"N.no.Pad."-
-"La tua pancia è tutta rossa"- disse la Padrona -Ah ah.sembra un campo minato.."-
La schiava strinse i denti, sotto al piede di Vale.
-"Posso resistere, mia Padrona"-
-"Lo credo bene. E' a questo che servi"- rispose Vale.
Sollevò il piede che era sulla faccia della serva e andò a calpestare con la suola triangolare la labbra della sottomessa. -"Lecca, cagna"-
Alex dischiuse le labbra e leccò la suola. C'era un po' di polvere ma le scarpe, essendo nuove di negozio, erano pulitissime.
-"Le mie scarpe devono essere perfette"- disse Vale -"Ora l'altra, non dimenticarti di leccare l'altra"- e dicendo questo sbatté la punta della preziosa scarpa in bocca alla disgraziata. Alex ansimava per il dolore e perché la Padrona le stava con quasi tutto il suo peso sul petto e le impediva di riprendere fiato.
-"Sei proprio una bestia schifosa, lo sai? Succhia, cagna, da brava. Lecca i tacchi delle mie scarpe. Ormai sono molto più preziose di te"-
La Padrona attese che la serva terminasse di spolverare anche i tacchi e poi, con suprema manifestazione di superiorità le calpestò con entrambi i piedi la faccia, facendo ben attenzione a conficcare i tacchi sul mento e le punte sulle sopracciglia, in modo da non perdere l'equilibrio. Un solo inciampo, un solo movimento fuori posto avrebbe fatto si che Vale infilasse la punta della scarpa nell'occhio della serva, accecandola. Ma per fortuna la Dea aveva un eccellente senso dell'equilibrio e rimanere eretta sulla testa della serva per qualche secondo non le fu difficile.
-"Ah ah.ti promuovo a zerbino della Padrona"- disse -"Te lo sei proprio meritato. Lo sai fare meglio del cane e del cavallo"-
E detto questo scese da Alex. La serva era stremata.
-"Ti userò ancora come tappeto, ma non oggi.tutte le volte che avrò bisogno di ammorbidire un paio di scarpette nuove, oppure quando mi annoierò"-
Si sedette sul divano ed accavallò le gambe.
-"Ora striscia qui ai miei piedi, se ce la fai, e toglimi le scarpe nuove. Prendile e mettile nella loro scatola, poi leccami i piedi. Voglio che tu mi faccia proprio un bel massaggino con la lingua, sai ho i piedini stanchi."-
Alex cercò di rimettersi sulle quattro zampe, nella tipica posizione canina che aveva caratterizzato la sua vita dal giorno in cui conobbe Vale. Cadde, si rialzò e ricadde una seconda volta. La Padrona rise di ogni patetico tentativo andato a vuoto.
Quando la serva le fu vicina allungò la gamba e le sollevò il mento con la punta della scarpa.
-"Poverina sei proprio ridotta ai minimi termini.- la beffeggiò. Non appena tolse il piede il viso della schiava si chinò fin quasi al pavimento.
-"Ora però muoviti, ti riposerai dopo.lecca cagna.e lecca bene!-
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20 years ago
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PadronVale ed il cinema
La sala proiezioni del cinema in centro era un grande rettangolo dalla forma allungata e molto alto, dall'intonaco bianco ed arredato da oltre venti file di poltroncine dal sedile di velluto imbottito. C' erano tre entrate normali, che sbucavano alle spalle delle poltroncine ed un'unica uscita d'emergenza dalla porta gialla.
PadronVale giunse al cinema cinque minuti dopo Alex. La schiava si fece trovare con in mano i biglietti già comperati, in modo da non far attendere ulteriormente la giovane Sovrana. Entrarono in sala e, finché le luci non si furono spente, fra le due, sedute accanto, non passarono altro che poche parole mormorate. Il film era buono ma, essendo quella l'ultima settimana di programmazione, poca gente era intervenuta a vedere lo spettacolo. Vale ed Alex erano praticamente da sole, sedute ad una delle file più distanti dal grande schermo.
Le luci si spensero. Immediatamente la mano di Vale arpionò la chioma castana di Alex e la spinse con veemenza verso il basso. La schiava si prostrò di fianco alla dominatrice, incastrandosi alla meglio fra le gambe di Vale e la poltroncina di fronte a lei.
Era estate e la Dea indossava solo una T-shirt, un paio di pantaloni rosa leggeri e i sandali infradito.
-"Leccami i piedi fino alla conclusione del film!"- disse Vale.
Alex obbedì. Tolse delicatamente alla Padrona le nobili calzature, che posò con attenzione poco distante, sotto al sedile dove era seduta l'Eccelsa, poi pose le mani con le palme rivolte verso il pavimento sotto le piante dei piedi di Vale, si chinò maggiormente ed iniziò a leccare.
Cominciò dal collo del piede, dolcemente, con quella lentezza che sapeva piacere alla sua Padrona.
Per il fatto di avere tanto tempo a disposizione solo per leccare i piedini dell'amata dominatrice la serva procedette pian piano, lesinando su ogni centimetro di pelle di quelle bellissime estremità, godendo nel pulire da ogni particella di polvere i talloni forti e ben modellati e gli spazi fra ciascun dito.
Vale la lasciò fare per una ventina di minuti, senza muoversi, cambiando posizione solo quel tanto che bastava per non porre i piedi al di fuori della portata dalla lingua di Alex, ma dopo un po' la Padrona si cominciò a stancare.
Mise allora un piede sul collo della sguattera e lo schiacciò sul pavimento mentre infilò l'alluce dell'altro piede fra le labbra della schiava. Il suo scopo era quello di divertirsi nel vedere la serva sofferente e quasi soffocata sotto il suo tallone che non osava ribellarsi e che tuttavia proseguiva caparbiamente nella sua opera di pulizia mulinando la lingua in bocca attorno alle dita del piedino della Dea.
Poi, nel silenzio, una voce mormorò alle spalle della Padrona.
-"Vale, ma sei proprio tu?"- chiese la voce.
La Padrona si voltò e nella penombra riuscì a distinguere il viso di una bella ragazza dai capelli castani raccolti in una lunga coda che le pendeva sulle spalle. Gli occhi della fanciulla erano marroni e brillavano, riflettendo la luce emessa dallo schermo cinematografico.
-"Ciao, Silvia!"- esclamò Vale -"Nn credevo di trovarti qui! Che cosa sei venuta a fare?"-
-"Bè, che domande! Sono venuta a vedere il film, no? Perché, tu cosa sei venuta a fare?"-
Vale rise. In occasioni normali avrebbe nascosta la parodia umana che in quel momento era accucciata sul pavimento a leccarle i piedi, sbattendola sotto alla poltroncine. Ma con Silvia non ve ne era bisogno. Silvia era, come Vale, una dominatrice. La Dea non sapeva se anche la ragazza avesse già una schiava, o uno schiavo (o se ne avesse mai avuto uno), ma la conosceva già da qualche tempo e alcuni suoi comportamenti molto particolari le avevano dato la prova della sua vocazione.
-"Certo, questo film mi piace, Harrison Ford è grande, ma più che altro sono venuta a farmi leccare i piedi in pace e tranquillità..sai, a casa ci sono i miei. Una vera seccatura."- disse Vale.
Silvia aggrottò le sopracciglia -"Leccarti i piedi?"-
-"Si"- rispose Vale -"Guarda sotto di me!"-
Silvia si sporse sopra lo schienale della poltroncina di Vale e vide Alex, schiacciata sotto ad un piede ed intenta a leccarne un altro.
-"Chi è?"- chiese Silvia.
-"La mia schiava personale"-
-"E ti lecca i piedi?"-
-"Ed il sedere, e si fa cavalcare, frustare, prendere a calci e a schiaffi. Mi lucida le scarpe e mi lava la biancheria, e mi pulisce anche la camera. Ultimamente ho preso gusto nell'usarla come cesso!"-
-"Questa poi! Come si chiama?"-
-"Alex. Ma io la chiamo semplicemente schiava, o cagna, o leccapiedi.insomma, hai capito, no?"-
-"Ma lo fa di sua spontanea volontà oppure."-
Vale rise -"Certo che si, è una vera serva. Se vuoi te la presto. Ti piacerebbe farti leccare un po' i piedi? Sai, con quest'afa è un piacere avere una lingua morbida che ti rinfreschi proprio lì!"-
-"Come hai ragione!"-
-"Dai, te la cedo volentieri!"-
-"Sei un'amica!"-
-"Ma mica a gratis!"-
-"S'intende! Ma non posso privarmi di più di venti euro, al momento. Sai com'è, sono sulle spese!"-
-"Venti euro soltanto? Mmmm.sono giusti solo per arrivare fino alla fine del primo tempo. Vieni davanti, al mio fianco"-
Silvia arrivò di corsa accanto alla Padrona, si sedette sulla poltrona alla sua destra, mentre Alex era alla sua sinistra.
-"Ora, sguattera, lecca i piedi alla mia amica, muoviti e fallo per bene!"- ordinò Vale.
-"Si Padrona"- rispose la sottomessa, ma nella sua voce non c'era gioia. Era evidente che quell'ordine non le dava soddisfazione. Leccare i piedi di un'altra ragazza.puah! Ma alla Padrona i pareri di Alex non interessavano, contavano solo i soldi che l'altra miss aveva promesso.
Alex si sporse fino ai piedi di Silvia che si lasciò togliere le scarpe da ginnastica e le calze. La schiava mise le mani sotto ai piedi della sua nuova dominatrice e leccò. Le estremità di Silvia erano bellissime e morbide ma non come quelle di Vale ed inoltre erano molto sudate. Ma la serva non vi badò. Con la consueta maestria leccò il dorso e la pianta dei piedini di Silvia e asportò ogni residuo dalla base delle dita.
Nel frattempo Silvia rideva e strusciava i piedi sulle mani di Alex e sul suo viso. Vale, al centro fra le due, intanto usava la schiava come un pratico poggiapiedi.
-"I soldi!"- disse la Padrona ad un certo punto.
Silvia glieli porse -"Eccoli"-
La leccatura andò avanti ancora per un po'. Silvia era al colmo dell'eccitazione quando terminò il primo tempo.
-"Schiava, basta, riprendi a leccare i miei piedi!"- ordinò Vale, sbattendo le sue preziose estremità sotto al naso di Alex.
-"Si Padrona"- disse la schiava con entusiasmo. Silvia poteva avere anche dei bei piedini ma quelli di PadronVale, per Alex, restavano i più belli, avvenenti, leggiadri, armoniosi, affascinanti, squisiti, aggraziati del creato.
-"No, aspetta.un altro pochino, dai!- esclamò Silvia.
-"Mi spiace, il patto era solo fino alla conclusione del primo tempo!"- disse Vale. Alex era già al lavoro: si era gettata letteralmente sulle estremità della Dea con voracità, leccando con un ardore che persino Vale aveva veduto raramente.
Silvia tirò fuori altre trenta euro dal portafoglio -"Fino alla fine del film"-
Vale la guardò, rifletté fra se per un momento.
-"No.no, non accetti, Padrona"- pregò mentalmente Alex senza tuttavia pronunciarsi. La prospettiva di trascorrere altro tempo ai piedi di una dominatrice che non fosse Vale la inorridiva.
-"OK, affare fatto, Silvia!"- disse invece la Padrona, con grande dispiacere di Alex.
-"La mia leccapiedi è tua fino ai titoli di coda"-
-"Grazie"- disse Silvia -"Ora lecca, cagna schifosa, che mi sei già costata abbastanza. Leccami i piedi come facevi con la tua Padrona"-
Alex obbedì.
Vale la usò per il resto della proiezione come semplice poggiapiedi, pensando al nuovo inaspettato utilizzo della schiava. Leccapiedi a prestito. Cinquanta euro l'ora. Non male, pensò. Si godette la visione del film, comodamente seduta accanto all'amica che ridacchiava del solletico alle piante dei piedi provocatole dalla lingua della sottomessa. Vale fece progetti sul futuro della schiava, quella parodia di essere umano accovacciato lì, sotto ai suoi piedi.
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20 years ago
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Solo una volta
Era un giorno come tanti, mi trovavo solo con i mie pensieri, cercavo di trovare la soluzione ad un problema che mi assillava da tempo, certo starmene li seduto sul molo in una splendida giornata di sole con la gente che passava davanti a me parlando e ridendo, non era certo il modo migliore di poter venire a capo del mio dilemma, ma era ormai più di una settimana che continuavo a tormentare la mia mente con la stessa ed incessante domanda senza venirne a capo , quindi anche se il problema continuava ad esistere, decisi che per un giorno avrei cercato di dare alla mia testa un attimo di tregua.
Così con lo sguardo che fuggiva ora su un onda che veniva ad infrangersi contro gli scogli, ora su un gabbiano, che con il suo volo agile e silenzioso dava prova di tutta la sua energia e bravura, cercando di volare controvento, una parte di me poteva godersi questo spettacolo.
Non so da quanto mi trovavo li, come se fossi stato catturato da chi sa quale forza invisibile, ma improvvisamente sento che qualcosa è cambiato, sento che vicino a me c'è una nuova energia, un energia che da forza, come se un terremoto fosse venuto a scuotermi, vedo accanto a me qualcosa che nessun spettacolo potrebbe esibire con tanta grazia e bellezza, era li, seduta di fianco a me, una ragazza bellissima ,era vestita con un paio di jeans che mostravano le sue forme dolci ma allo stesso tempo forti e solide, come se fosse stata scolpita nel più bel marmo che la natura potesse concedere, i suoi seni sotto ad una maglietta viola pallido, sembravano essere due piccole colline che potevano sfidare in bellezza ed in pericolosità anche le più alte vette del mondo , i suoi capelli corti, neri, neri, color corvino, emanavano un profumo che ancora oggi non saprei descrivere, contornavano dolcemente il suo viso come se volessero assecondarla in ogni suo movimento, il suo viso era stupendo,
semplice e con un tocco di malizia, che, con la frangetta che gli cadeva sopra gli occhi le donava quell'aria di bambolina, una stupenda bambolina.
Così mi ritrovai ha fissare quello spettacolo senza più accorgermi di nulla, più la guardavo e più mi risucchiava in un vortice, come se fossi in mezzo al mare su una zattera ed all'improvviso vedere un isola di salvezza, dovevo conoscerla, dovevo sapere il suo nome, sapere tutto di lei, ma sapevo, che ogni attimo che passava, era un attimo rubato dal tempo per non farci conoscere , così con il cuore che mi batteva ad una velocità incredibile, mi rivolsi a lei: " è davvero bello questo posto " - per un attimo il silenzio, quel silenzio che ti colpisce con tutte le sue forme più basse di paura, come se solo dopo aver fatto qualcosa, ti accorgi che è tutta sbagliata e ti penti di averla fatta, poi una voce, bellissima, con un timbro caldo e dolce, mi riporta vicino all'isola: " si, davvero bello " - incominciammo a raccontarci attimi di vita vissuta, i nostri attimi di vita , ricordi di un passato che restano lì, chiusi nella nostra mente anche per anni senza mai essere presi, poi a
ll'improvviso lì riprendiamo e ci ritroviamo a raccontarli a persone che fino a pochi attimi prima non conoscevamo. Chissà per quale ragione a me piace pensarla come disse quel tale - "Una volta sulla terra esistevano piccoli villaggi, dove tutti conoscevano tutti e tutti aiutavano tutti, poi il mondo si è allargato ed i villaggi sono diventati paesi i paesi città e le città metropoli, dove nessuno conosce nessuno e tutti pensano a se stessi , però in questo mondo di individualisti per qualche strano gioco del destino capita di trovarsi per strada e con lo sguardo incontrare una persona che prima di allora non si era mai vista, ma con l'assoluta certezza di conoscerla e di avere una grande fiducia in essa , la spiegazione è che quella persona faceva parte del tuo stesso villaggio e anche se sono passati secoli, una forza lega gli uni agli altri, solo che non tutti hanno la possibilità di poter incontrarsi o parlarsi e quindi quel attimo sfugge e si dimentica"
Per me no, avevo preso l'attimo e adesso ero li a parlare con quella bellissima ragazza.
Ormai si era fatto tardi, così ci salutammo , solo allora mi resi conto che non sapevo il suo nome, restammo per un attimo a fissarci negli occhi, chi sa che pensava, così prima di separarci le chiesi se ci saremmo rivisti , mi disse che veniva spesso qui a guardare il mare.
Andai per cinque giorni a sedermi nello stesso punto, alla stessa ora, senza più rivederla , ormai lei era il mio pensiero, sentivo che se non l'avessi rivista, sarei impazzito, finalmente il giorno seguente la vidi, seduta come quel giorno a guardare il mare, bella come non mai , mi avvicinai a le la salutai, però questa volta nel suo sguardo c'era una linea di tristezza , le chiesi come stava e se tutto andava bene, mi rispose che fra tre giorni sarebbe partita, queste poche parole mi fecero soffrire con una tale forza, che nemmeno una lama che lacera la carni sa fare, sapevo che questo voleva dire che non l'avrei più rivista, sapevo che non ci sarebbe stato più quel bellissimo sguardo a farmi dimenticare ogni disgusto della vita , così ci ritrovammo ancora una volta a parlare di ricordi, ma questa volta con una parola triste alla fine dei suoi, " chissà quando potrò rivedere questi posti ", non potevo più restarmene li ad ascoltare, il mio cuore non avrebbero resistito, così mi
alzai, la salutai con una scusa e me ne andai.
Passai un giorno davvero infernale cercando di dimenticarla , sapevo che non dovevo tornare in quel posto ne ora ne mai, però la forza che mi attirava in quel posto dove ci eravamo incontrati, era troppo forte, così il giorno seguente mi ritrovai a camminare verso quel luogo, con la speranza nel cuore di poterla rivedere, anche per un solo istante, ed il destino volle che lei era là, questa volta in piedi, era stupenda, ci ritrovammo l'uno di fronte all'altra, un breve silenzio, uno scambio di sguardi e con le mani strette la baciai, sentivo le sue morbide labbra sulle mie, sentivo tutto il calore che la sua bocca trasmetteva alla mia e la strinsi forte a me, lei mi abbraccio e mise la testa sulla spalla, sentivo il suo pianto silenzioso , gli accarezzai i capelli e le dissi di passare insieme la serata, mi rispose di si.
Restammo li abbracciati in silenzio, come se solo così, tutto quello che ci circondava avesse senso, ci baciammo ancora e ci separammo per rivederci più tardi.
Mangiammo in un bel ristorante a lume di candela in riva al mare, la luna si rispecchiava nelle acque calme, il cielo e le stelle sembravano voler sigillare per sempre quegli attimi che ci ritrovavano insieme , mangiammo senza quasi mai parlare come se le parole potessero in qualche modo interrompere il discorso dei nostri sguardi , uscimmo dal ristorante, la sera si era fatta più fresca e delle nuvole minacciavano quello stupendo cielo che fino a poche ore prima era stato un manto trapuntato di stelle e quel freddo serale mise in mostra sotto alla sua maglietta due piccoli capezzoli che si mettevano in mostra e creavano quel gioco di vedo non vedo mettendo ancora più in risalto due seni di una rotondità perfetta , camminammo come due nomadi che cercano una meta, ma in realtà nemmeno loro sanno cosa cercare, così come se una mano ci avesse guidato, ci ritrovammo nel posto dove ci eravamo incontrati, ci sedemmo in quel luogo testimone del nostro incontro e ci stringemmo baciandoci, la
sua lingua giocava con la mia come se danzassero un ballo invisibile al resto del mondo , poi un tuono annuncio l'arrivo di un temporale, uno di quei temporali estivi che arrivano con una tale forza da voler spazzare via tutto ciò che incontra, ma con la stessa forza se ne va, lasciando solo qualche piccola goccia di ricordo del suo passaggio.
Così la pioggia ci sorprese, eravamo ancora li a baciarci, non c'era nulla che potesse fermare la nostra passione, cominciai ad accarezzargli i capelli che cominciavano a bagnarsi, poi infilai la mia mano sotto alla sua maglietta accarezzandogli il ventre e salendo fino al suo seno, potevo sentire la dolce curva che separa un seno dal altro, sentivo il calore che il suo corpo emanava mentre accarezzai con le dita il capezzolo turgido e duro e mentre facevo questo, anche le sue mani passavano da un punto ad un altro del mio corpo , si stacco da me e si tolse la maglietta potevo vedere quei bellissimi seni in tutto il loro splendore , si avvicino e cominciai a baciarla prima sul collo poi sui seni, leccandoli, i sui capezzoli eccitati e duri, con la mano le accarezzavo il corpo , sentii una mano slacciarmi i bottoni dei jeans e infilarsi dentro i miei slip accarezzandomi il sesso portandomi ad un piacere davvero assoluto , la baciai ancora con tutta la passione che il mio corpo poteva
darle, la pioggia cadeva incessante e noi eravamo li, stretti in una danza sensuale, senza pensare ad altro che al piacere di quell'attimo, si stacco da me, si alzo, si tolse le mutandine tenendosi la gonna, alzandola fin sopra le cosce lisce e modellate, sembrava fare una danza sotto la pioggia, come accadeva secoli fa in qualche villaggio di questa terra, resto per un attimo in quella posizione con lo sguardo rivolto al cielo, lasciando il suo corpo nudo hai mie sguardi, abbasso la testa e mi guardò, mi trovò rapito da quel corpo stupendo, rapito dalla sua forza e dal suo calore, sulle sue labbra si disegno un dolce e intrigante sorriso ,come se avesse letto il mio pensiero, comincio ad ancheggiare, con le mani mi invito ad avvicinarmi, andai da lei, mi inginocchia, la guardai negli occhi e poi cominciai a baciarle le cosce, erano sode e lisce, la sentivo fremere, con le sue mani guido la mia testa al suo sesso, assaporai il suo sapore, come un uomo che disperso nel deserto, trova
un'oasi dove appagare la sua sete, sentivo il suo corpo abbandonarsi hai movimenti della mia lingua, come se non volesse perdersi un solo attimo di quel piacere, poi mi alzai e la strinsi forte a me baciandola, ci stendemmo sulla spiaggia, mi abbasso i pantaloni e mi bacio il sesso, portando la mia eccitazione ad un punto che non aveva più confini, dove non esiste più la realtà, ma tutto è passione e sogni, sentivo le sue mani prendere il mio sesso e portarlo nel suo, sentivo il suo ventre muoversi a piccoli colpi, prima regolari poi cambiando ritmo e anch'io mi muovevo, cercando di assecondare i suoi movimenti, mi bacio il petto e poi torno a baciarmi, giocando ancora con la mia lingua, sentivo i suoi seni premere sulla mia pelle, accarezzavo il suo sedere, quella curva dolce e armoniosa del suo fondo schiena, la sentivo sempre più mia, lei mi cavalcava come una valchiria cavalca il suo destriero, ormai eravamo al culmine del piacere, la sentivo ansimare, tutta la sua passione si s
cioglieva su di me mischiando i suoi umori alla pioggia, cercammo di allungare il più possibile il nostro godimento, ma ogni cosa a una fine, così ci ritrovammo abbracciati stretti l'uno all' altra con lo sguardo perso in quel vuoto che non a confini ne parole , anche la pioggia aveva finito di cadere, come se volesse ricordarci che ormai il nostro tempo era scaduto, ci lasciammo come le atre volte, solo che questa volta avevamo un bel ricordo da condividere, da portare con noi sulla strada del nostro vagare.
Tornai ancora in quel posto, un paio di volte da quella notte, senza più rivedere quella bellezza che la natura volle farmi incontrare solo per avere un attimo di vita da questa misera realtà, ma senza quel temporale estivo di "non so come si chiama", nulla può sfuggire alla realtà e quel posto vivrà nella mia mente, come "non so come si chiama" resta viva nel mio cuore .
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Il panino imbottito
Accidenti.....fuori pioveva a dirotto il mio unico giorno libero e fuori.....pioveva.Stavo appiccicata con il naso contro il vetro della mia finestra scrutando il cielo e sperando che un miracolo lo facesse aprire e tornasse terso, che la pioggia smettesse di colpo e mi permettesse cosi' di uscire ma ...era una vana attesa fuori pioveva .....pioveva......piovevaaaaaaa e io maledivo quel giorno che avevo deciso fra tanti di prendere le ferie proprio oggi....tornai stancamente e annoiata verso il salone e mi buttai di peso sul divano accesi la tele , iniziai nervosamente a girare x tutti i canali con il telecomando nn riuscivo a concentrarmi ne a guardare veramente cio' che trasmettevano cosi' spensi la tele e mi sdraiai sul divano, mi sentivo depressa e impossibilitata ad essere presente all'appuntamento.....Non avevo mai detto a Max che ero priva di macchina e per farmi vedere autonoma nn avevo nemmeno ceduto alle sue
proposte gentili per altro di venire a prendermi a casa e ora ero pentita' della mia stupidita'.
Mi assopii pensando che nn lo avrei mai piu' rivisto.......il trillo di una cosa assordante e antipatica mi sveglio' e mi riporto' spiacevolmente alla realta'...era il telefono:....pronto........Ciao Cinzia sono Max,senti ho avuto dei problemi con la macchina e nn posso essere presente all'appuntamento mi dispiace molto ed ho voluto avvertirti;.....rimasi zitta x un attimo senza sapere se dirgli che anchio a causa del nubifragio avevo avuto dei problemi oppure accettare la sua scusa e rimanere per lui una persona libera ed autonoma comunque optai per la seconda versione e gli dissi che nn importava che avevamo tanto tempo per noi e che ci sarebbero state altre opportunita'....un debole ciao forse un po deluso mi saluto' dall'altra parte della cornetta io aggancia e tornai sempre piu' depressa e sola sul mio divano che ora per il mio nervosismo trovavo scomodissimo......mi alzai incazzatissima e andai verso la cucina x bere un bicchiere di acqua e dato che c'ero mi feci un bel panino imbottito tanto valeva rilassarsi e godersi questa giornata di ferie che mi ero preso.avevo appena finito di preparare il panino e stavo per dare il primo morso che di nuovo un trillo antipatico mi fece sobbalzare questa volta era il campanello di casa.....nn aspettavo nessuno chi poteva essere ? Curiosa di scoprirlo poggiai il panino sul tavolo della cucina e andai ad aprire.....TU????????Ma....come hai fatto a sapere il mio indirizzo????Be' facile dal tuo numero sono risalito all'indirizzo.....ma.....nn mi fai entrare???? Lo guardavo inebetita era fradicio...zuppo fino al midollo ,ma....cosa ti e' successo??? Non volevo mancare al nostro appuntamento per colpa mia e sono venuto a piedi da casa sai in fondo nn e' molto appena 4 km ma..dato che pioveva a dirotto.........allora mi fai entrare????Anche se a malincuore nn potevo lasciarlo cosi' conciato sulla porta in fondo aveva fatto un bel gesto sfidando quel nubifragio pur di vedermi e lo feci entrare......Non sapevo cosa fare mi stava bagnando tutta la casa e anche lui era molto imbarazzato da quella assurda situazione,cosi' mi feci coraggio e gli dissi:Senti fai una cosa fatti una doccia che io nel frattempo cerco di asciugarti i panni .....lui annui' in silenzio e con gli occhipieni di gratidudine (visto che io nn mi decidevo a muovermi...)mi disse:se mi indichi dove' il bagno cerchero' di fare il piu' in fretta possibile......mi diressi verso il bagno e lui dietro come un cagnolino bastonato,entro' lasciando la porta socchiusa poiche' doveva passarmi i suoi vestiti,io molto nervosamente aspettavo ......mentre chiedevo se aveva fatto i miei occhi si posarono sullo specchio del bagno...ne intravedevo appena un angolino ma abbastanza per vedere cosa succedesse all'interno.....lui si era quasi del tutto spogliato era in slip e vedevo una bella figura maschile alta imponente con un filo di ciccetta ai fianchi che lo rendevano ancora piu' affascinante vedevo i peli del pube fuoriscire dagli slip e andare ad incontrarsi con quelli del petto nn era villoso ma aveva una peluria giusta pensai proprio come piace a me e mentre pensavo questo lui si tolse gli slip, l'eccitazione per quella situazione e quella visione mi colse all'improvviso nn potevo fare a meno di distogliere lo sguardo da quel.....quel......cazzo magnifico,era in posizione di relax ma dalle dimensioni si poteva intuire tutta la sua potenzialita';ne avevo visti di cazzi ma quello era veramente imponente e mentre stavo fantasticandoci sopra la porta si schiuse e il suo braccio mi porse con dolcezza i vestiti io nel prenderli sfiorai la sua mano ed ebbi un brivido lungo la schiena di vollottuosa eccitazione cazzo......mi stavo bagnando!
Sentii lo scroscio dell'acqua aprirsi e mi avviai come promesso verso la cucina per asciugare i suoi abiti,meccanicamente poggiai i suoi vestiti sul tavolo e presi il suo golf lo strizzai perbenino e iniziai una accurata asciugatura con il phon quando finii era passato un buon quarto d'ora e lui forse estasiato dall'acqua calda era ancora dentro la doccia sentivo nitidamente l'acqua scorrere cosi' presi i pantaloni nel prenderli cadde qualcosa mi inchinai a prenderla e con stupore vidi i suoi slip li raccolsi e mentre li tenevo stretti in mano ripensai con eccitazione a cio' che avevo visto poco prima quel meraviglioso cazzo,mi stavo eccitando e bagnando........con aria furtiva cercai di sentire cosa Max stava facendo e rilassandomi capii che stava ancora sotto l'acqua allora ormai presa da una eccitazione irrefrenabile portai la mano verso la mia passerina e iniziai a carezzarmela da sopra la gonna e piu' lo facevo e piu' sentivo bagnarmi.....le mie labbra si aprivano sempre piu' e io presa da una irresistibile voglia misi la mano sotto la gonna e poi sotto gli slip mi infilai subito un dito dentro nn volevo perdere tempo "LUI" sarebbe uscito da un momento all'altro......ma un dito nn bastava tanto era la voglia di quel cazzo bellissimo cosi' ci infilai fino a quasi tutta la mano e iniziai un frenetico masturbamento stavo x raggiungere l'orgasmo lo sentivo violento, squassante,
e mentre mi mordevo un labbro x nn urlare tutto il mio godimento mi portai con vollutta' i suoi slip sulla faccia iniziai ad odorarli a leccarli dalla mia fica uscivano fiotti di sperma stavo avendo un orgasmo come mai mi era capitato emisi un lungo e incontrollato mugolio e sempre con i suoi slip sulla faccia venni............come ripresi il controllo di me stessa mi ricomposi e mi sedetti un attimo sulla sedia mi tremavano le gambe ma.....nel farlo mi accorsi che doveva essere passato molto tempo poiche' "LUI" era liiiiiiiiiiiiiii stava davanti alla porta della cucina con il solo asciugamano legato ai fianchi che mi guardava con un espressione sorniona ma eccitata,io per la vergogna ero avvampata da rossori ma allo stesso tempo ero consapevole che l'eccitazione per il momento trasgressivo che stavo vivendo contribuiva molto alle di cui sopra "VAMPATE"......lui senza dire nulla e con l' espressione di chi ha visto tutto e ne e' stato compiaciuto tolse con naturalezza l'asciugamano intorno alla vita e mi si mostro' in tutta la sua virilita'.....era.....ENORME .....ora lo vedevo in tutta la sua esuberanza......dritto,grosso e lungo ;rimasi senza fiato ipnotizzata da quella stupenda visione ed eccitatissima per il fatto che quello stato era dovuto a me..........si avvicino' e chinandosi mi bacio' con dolcezza prima poi il nostro bacio si trasformo' in passione e iniziammo ad accarezzarci freneticamente lui mi fece alzare e mi spoglio completamente...avevo 37 anni e una figlia ma sapevo benissimo che il mio corpo era ancora sodo e desiderabile infatti lui si soffermo un attimo a guardare la mia provocante nudita' e con lo sguardo eccitato mi disse:sei bellissima......iniziammo di nuovo a baciarci lui era come se con la bocca volesse perlustrare ogli centimetro del mio corpo mi fece sedere di nuovo sulla sedia e inizio a leccarmi i seni li teneva con il palmo della mano stringendoli delicatamente e intanto succhiava leccava e mordicchiava i capezzoli che erano nel frattempo diventati tanto turgidi da sembrare che volessero scoppiare.....prese lentamente a scendere con la lingua si intufolo' nel mio ombelico ....era stupendo sentire sulle mie carni trepidanti di eccitazione quella lingua cosi' intraprendente e abile.....mentre la lingua cercava i miei punti deboli la sua mano si insinuo' fra le mie cosce che io allargai subito per rendere il suo compito piu' facile....ero ormai un lago e lui accortosi di questo indugio' molto con la mano intorno alle mie labbra prima di infilarci 1 2 3 dita........ora anche la sua lingua era a contatto della mia figa e stava sapientemente succhiando e mordicchiando il mio clitoride mentre le sue dita in maniera costante e decisa nn smettevano il loro andirivieni......ogni tanto la sua lingua si insinuava fra il solco delle mie natiche e solleticava il buchino del mio culetto.....avevo avuti pochissimi rapporti anali perche' la ritenevo una pratica dolorosa e pocco eccitante ma il suo dolce modo e l'eccitazione mi fecero rilassare e aprire completamente forse anche lui dovvette accorgersene perche' subito dopo sentii la sua lingua intrufolarsi nel mio buchetto e inizio a......incularmi con la lingua andava avanti e indietro nel mio culo senza fermare le dita che mi stavano trapanando la fica grondande di umori.......ero ormai sdraiata col le mani che mi tenevo le gambe verso l'alto e questa posizione cosi' eccitante........mi permetteva di vedere tutto cio' che lui mi stava facendo.....leccava il mio culo ci infilava la lingua dentro e io ormai impazzita per la libidine emisi un urlo di godimento profondo lui passo le dita nel mio culo e si mise a leccare come un forsennato i miei fiotti di umore caldo che colavano lungo le labbra io stremata a quel punto mi distesi sulla sedia e lui mi venne sopra e mi bacio con foga aveva ancora in bocca la mia sborra e me la verso con la lingua nella mia io daprima stavo x ritrarmi ma poi invasa da una nuova e piu' profonda eccitazione inizia a slinguare nella sua bocca raccogliendo con la lingua ogni stilla dei miei umori mi alzai di scatto e mi inginocchiai davanti a lui il momento che avevo fantasticato ora era reale avevo il suo magnifico cazzo davanti al mio viso.....iniziai a tintillargli i testicoli con la lingua fino a mettermene in bocca prima uno e poi l'altro succhiandoli dolcemente poi iniziai a leccargli l'asta dalla base fino alla punta era scappellato davanti a me e io senza fretta volendomi gustare ogni attimo continuavo a leccargli l'asta su e giu' senza toccarla con le mani lui era estasiato e mi diceva....si ti ho visto mentre leccavi e odoravi le mie mutande ...sei una porca .....la mia porca .....e io sempre piu' presa dalla libidine gli dicevo:si sono una porca la tua porca e stasera voglio che mi infili il tuo bel cazzo nella fica e nel culo e che mi fai godere come una puttana ......la tua puttana.a quel punto lo presi tutto in bocca stavo x soffocare per quanto era grosso ma VOLEVO ASSAPORARLO IN TUTTA LA SUA LUNGHEZZA ....iniziai un lento su e giu' sul suo cazzo aveva un buon sapore e io ne ero quasi ipnotizzata umettevo con la lingua la mia saliva per lubbrificare lo scorrimento ,lo succhiavo con libidine e ogni mio movimento ne fuorisciva un erotico risucchio che nn faceva altro che aumentare la mia e la sua eccitazione mi fermai appena in tempo prima che venisse lui quasi grato di questa cosa mi prese quasi di peso e mi giro' alla pecorina io stavo con le mani sopra la sedia e inarcando bene il mio culetto all'insu' favorii ancora di piu' la sua penetrazione nella mia fica che fu dolce ma decisa quando mi sentii piena del suo cazzo lui si fermo x un attimo io ormai partita cominciai a muovermi verso di lui ma lui mi fermo' e inizio un lento andirivieni facendo crescere ancora piu' forte in me la voglia di essere trafitta con violenza da quel magnifico bastone di carne quando ormai ero quasi in preda ad una crisi di libidine lui prese a stantuffarmi con energia sembrava che il suo cazzo mi arrivasse in gola ero in preda ad orgasmi continui e sempre piu' lunghi interminabili che mi stavano portando allo svenimentolui allora si fermo' e pianissimo si sfilo' dalla mia figa ...io ebbi quasi un singhiozzo di pianto ma nn feci in tempo a chiedergli perche' che sentiii il calore della sua cappella contro il buchino del mio culo presa da un attimo di lucidita' feci x fermarlo ma le mie parole furono strozzate dal dolore un dolore pero' misto ad eccitazione ...la sua cappella era ormai entrata nel mio culo a questo punto lui si fermo' e aspetto' che io mi rilassassi quando si accorse che il mio buchetto perse di contrazione rilassandosi e aprendosi al suo grosso cazzo inizio di nuovo ad entrare sempre lentamente e dolcemente nn so come fece ma ormai era tutto dentro fino alle palle a questo punto inizio un dolce andirivieni e io con mio stupore nn sentivo piu' dolore anzi...ero piu' eccitata e infoiata di prima inarcai ancora di piu' la schiena favorendo l'entrata e insieme a lui iniziai a muovermi x sentirlo tutto dentro nn capivo piu' nulla ormai il suo cazzo scorreva nel mio culo fradicio di umori senza piu' ostacoli e io gli dicevo:si dai.....inculami,sfondami ma nn venire che dopo voglio leccare tutta la tua sborra e pulirti x bene con la lingua venni ancora in un rantolo prendendo con le mani le sue natiche e spingendolo verso di me per sentire tutto il suo cazzo nel mio culo avrei voluto dentro anche le palle in quel momento......mi accasciai sulla sedia e lui delicatamente come era entrato usci' dal mio culo e venne con il suo cazzo verso la mia bocca e io avida lo iniziai a leccarlo era intriso di umori ma io leccavo lo succhiavo voracemente e con la mano lo masturbavo velocemente volevo ormai assaporare la sua sborra sentire il suo sapore il primo schizzo mi colse di sorpresa ma subito ci misi una mano sotto x nn perderne nemmeno una goccia e lui sborro copiosamente sulla mia mano e nella mia bocca sembrava nn volesse finire mai....quando ormai esausto mi guardo' io con occhi maliziosi mi portai la mano piena della sua sborra verso la mia lingua e inizia a deglutire anche quella lui allora mi prese e mi bacio' le nostre lingue si intrecciarono e anche la sua sborra come la mia prima fu assaporata da tutte e due..........ci guardammo senza parlare con occhi dolci e complici lui disse:cavolo ora ho fame .......e senza chiedermi nulla prese il mio panino imbottito che avevo lasciato sul tavolo e con due morsi lo fini'......io pensai cazzo ricomicia la sfiga......ma sbagliavo da quel giorno e ormai sono dieci anni che io e Max viviamo insieme e siamo........felici ma......quando faccio un panino ormai ho imparato a nn lasciarlo piu' sul tavolo
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PadronVale: l\'addestramento continua
Nei giorni successivi il tirocinio da schiava di Alex s'intensificò. La Padrona fece in modo da costringere la ragazza a prestarle servizio ventiquattr'ore su ventiquattro e sette giorni su sette. Da prima perfezionò il modo di cavalcare di Alex perché a quattro zampe la schiava camminava spedita, si, ma aveva ancora poca resistenza. La Padrona la costrinse allora a galoppare per un'ora tutti i giorni, seduta sulla sua schiena, incitandola con un corto frustino da fantino. Alex imparò velocemente, più che altro per il terrore di ricevere nuove frustate.
Poi venne la settimana della schiava- gabinetto, nella quale Vale volle che Alex si perfezionasse per imparare a bere l'orina della Padrona. Tutte le volte che la schiava mostrava tentennamenti o esitazioni la Dea la prendeva per i capelli, la faceva mettere in ginocchio e le infilava la testa in un secchio pieno d'acqua sporca, trattenendole la testa sott'acqua con un piede e lasciandola riemergere proprio al limite del soffocamento. La Padrona si divertiva anche a sedersi sulla testa della serva quando essa era immersa nell'acqua fino alla gola. Alex resisteva finché poteva poi iniziava a gemere e cercava di riemergere. Implacabile la Padrona si lasciava andare di peso sulla testa della povera sguattera, spingendo il suo sedere perfetto sulla nuca di lei. Dopo ogni punizione, per gratitudine, la serva trascorreva non meno di un'ora di tempo a leccare le natiche della Sovrana che, comodamente sdraiata su morbidi cuscini, attendeva e rideva.
Alex prese a dormire tutte le notti dalla Padrona, ai piedi del suo letto. Quando Vale si andava a coricare la serva trascorreva un buon quarto d'ora con la testa affondata sotto le coperte a leccarle i piedi. La Dea si divertiva un mondo nel sentire la lingua di un'altra ragazza fra le dita dei piedi, mentre essa cercava di rimuovere lo sporco ed il sudore dalla pianta e dal tallone. Quando la Padrona si stufava di sentire una lingua sulle sue estremità scalciava in viso la sguattera, allontanandola. Alex usciva con la testa da sotto le coperte della Dea e si rannicchiava ai piedi del letto, priva di coperte e cuscino, indipendentemente dal freddo e dalla stagione.
Se la Sovrana aveva bisogno di alzarsi durante la notte lo faceva scendendo con i piedi sul petto o sulla faccia della schiava. Quest'ultima doveva rapidamente prendere la pantofole di Vale da sotto il comodino e calzarle ai piedi della Padrona. La stessa cosa avveniva la mattina, quando Vale si svegliava per recarsi all'università. Spesso era la schiava a svegliare la Dea all'ora desiderata da quest'ultima. Alex scostava un lembo delle lenzuola e leccava generosamente i piedi della sua Proprietaria finché essa non si svegliava.
Alex trascorreva molto tempo a leccare i piedi di Vale anche la sera dopo cena. La schiava, una volta terminato di lavare i piatti in cui la Dea aveva mangiato si recava in salotto dove la Padrona si stava rilassando guardando un po' di televisione. Lei naturalmente mangiava unicamente gli avanzi dei pasti della Dea raccolti in una ciotola oppure direttamente sul pavimento da sotto le suole delle scarpe della Dominatrice
Dopo un po' era fatta mettere a quattro zampe ed usata come poggiapiedi, oppure come cuscino da tenere sotto al sedere. Più di una volta Vale si era addormentata sul divano, rilassandosi completamene grazie alle dolcissime carezze della lingua di Alex e si era svegliata nel cuore della notte con un piede infilato fino alla base delle dita nella bocca della schiava, anch'essa addormentata. La schiavitù dell'inferiore era giunta ad un livello tale che se la Padrona muoveva impercettibilmente le dita nella sua bocca, anche da addormentata Alex prendeva a leccarle i piedi e a massaggiarglieli labialmente. Ciò faceva molto piacere alla Padrona, che sentiva di aver preso possesso completamente di un'altra persona. Così dopo essersi fatta leccare i piedi svegliava bruscamente la schiava e le pisciava in bocca, tanto per ribadire il proprio potere e la propria superiorità.
Una volta Alex giunse in salotto e trovò Vale languidamente sdraiata con la pancia appoggiata su morbidi cuscini del divano. Si avvicinò ed iniziò a leccarle i talloni. Vale la calciò in volto.
-"Chi ti ha detto di leccarmi i piedi?"-
-"Scusi Padrona ma."-
-"Zitta!"- esclamò Vale affondando una seconda pedata nel viso della serva.
La schiava cadde a sedere, massaggiandosi una guancia.
-"Abbassami le mutandine e leccami il culo"- ordinò la Padrona
-"Si Padrona"-
Alex eseguì, infilò le dita sotto l'elastico degli slip e tirò verso le cosce della Dea. Vale si voltò e le tirò uno schiaffo.
-"Fallo delicatamente! La mia pelle è di seta, non tollera maniere da animale come le tue!"-
-"Scusi mia Padrona"-
-"Lecca schiava. Fammi sentire la tua lingua"-
-"Si Padrona"-
Alex si tuffò con la bocca verso il sedere della Dea e prese a leccarle la natica destra. La Padrona non aveva torto a dire che la sua pelle era di seta. La lingua della schiava la trovò liscia e perfetta, appena imperlata da un velo di sudore che era la tensione accumulata durante la giornata.
-"Ti ho detto li? Lecca nel mezzo!"- disse Vale.
-"Si Padrona"-
Alex si spostò sul solco fra le natiche. Si rifece dall'alto e scese giù fino alle cosce. Ad un certo punto sentì la mano di Vale che l'artigliava ai capelli sulla nuca, strattonandola fino a farla risalire di un palmo. La bocca della schiava era proprio al centro delle natiche della Sovrana quando quest'ultima scorreggiò.
Alex, istintivamente, si fece indietro. La mano della Dea, ancora stretta alla sua chioma, strappò ciocche di capelli.
-"Che fai, stronza!?"- esclamò Vale -"Scappi?"-
-"Ma.Padrona"-
-"Ma un accidenti! Ti ho forse consentito di indietreggiare?"-
-"No Padrona"-
-"Allora ritorna con la bocca sul mio sedere. E aprila bene. Voglio scorreggiarti fino in gola"-
Alex obbedì. Vale scorreggiò e rise.
-"Allora, non ti piace?"- chiese sarcasticamente la Padrona.
-"Mmmmmghh."-
-"Spalanca e taci!"-
Ancora una volta.
-"Basta, togliti dal culo"-
Alex esitò, socchiuse soltanto le labbra. La Dea inarcò il dorso in modo da avvicinarsi a lei, le afferrò i capelli e la trascinò a fianco del divano, poi la schiaffeggiò due volte e la costrinse a quattro zampe.
-"Apri bocca"- ordinò -"E guarda in alto"-
La schiava obbedì e Vale, raccolto un grumo di saliva nel palato, le sputò in bocca. Poi la schiaffeggiò e le schiacciò una mano sotto al tallone.
-"Ringraziami"-
-"Grazie Padrona"- disse la schiava e le baciò i piedi.
-"Bene, la mia cura ha fatto bene alla tua voce, forse la ripeteremo quando avrò ancora bisogno di scaricarmi"-
-"Si Padrona"-
-"Apri bocca"-
Alex obbedì e Vale vi sputò dentro, poi sputò tre volte per terra, prese il frustino da fantino e ordinò alla schiava di leccare la saliva per terra. Le schiacciò la testa sotto ad un piede e la sferzò con il frustino sui fianchi e sul sedere. Alex leccò. Vale sputò altre due volte per terra e fece avanzare la schiava.
Infine la fece mettere distesa sulla schiena, le infilò l'imbuto in bocca e le pisciò in gola. Si fece pulire per bene dalla lingua della schiava.
-"Sei una serva inferiore e non meriti altro"- le disse.
-"Si Padrona"-
-"Ringraziami per averti usato come cesso"-
-"Grazie Signora. Non merito altro che essere il suo gabinetto"-
-"Ho sonno, vado a letto. Sciacquati la bocca, che saprà di piscio ora, e poi raggiungimi in camera. Stanotte dormirai con la testa sotto alle coperte ed un mio piede in bocca"-
-"Si Padrona"-
-"Però oggi mi sento buona. Potrai scegliere quale dei miei piedini vorrai tenere in bocca"- rise la Dea -"Non sono una Padrona gentile?"-
-"Si Padrona, grazie"-
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20 years ago
admin, 75
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PadronVale ed il regalo della schiava
Nei giorni successivi la Padrona trascorse molto tempo ad addomesticare la sua nuova schiava. Alex era fedele ed ubbidiente e si sforzava di imparare a fare tutto ciò che la Dominatrice pretendeva da lei, ed a sopportare i suoi capricci ed ogni genere di punizione. Spesso la Padrona la cavalcava in giardino. Alex aveva ginocchia e palme delle mani a contatto con la ghiaia e spesso, dopo una seduta di equitazione, si ritrovava con ferite ed escoriazioni sanguinanti. La splendida e giovane cavallerizza si divertiva molto invece ad incitare la cavalcatura con colpi di frustino sulle cosce e sulle natiche oppure a suon di calci con la punta ed i tacchi sui fianchi e sotto le ascelle.
Una volta Alex fu costretta a gattonare con la Padrona sulla schiena per due ore consecutive senza potersi fermare, sempre su sassi aguzzi e duri mattoni. Implacabili giungevano gli affondi con i tacchi degli stivali ogni volta che la schiava cercava di rallentare o peggio ancora di fermarsi. Al termine, quando Vale si fu annoiata, la cavallina crollò sul pavimento, esausta. Si sporse con la faccia sugli stivali della Dea e li baciò con devozione, sperando che quel gesto fosse sufficiente ad accontentare la Dominatrice. Invece Vale la prese a frustate sulla schiena, calpestandola sulla testa con i tacchi alti, poi la costrinse a strisciare dietro di se. Di tanto in tanto la Padrona sputava per terra sulle mattonelle ed Alex aveva il compito di leccare la saliva fino a lucidare il pavimento. Non doveva lasciare tracce. Mentre la serva leccava, Vale le teneva un piede premuto sulla nuca e la colpiva con la frusta sulla schiena o sulle natiche. Talvolta mentre Alex leccava gli sputi la
Padrona si accontentava semplicemente di calpestarla o di sederle addosso.
Questo gioco andò avanti circa un'ora.
Alex mangiava gli avanzi della Dea, una volta al giorno, freddi e mescolati tutti assieme e con le mani, senza posate. Dopo che la Dea aveva pranzato e cenato la schiava prendeva gli avanzi e li metteva in una ciotola per cani (perché Vale aveva detto che più che la cavalla la sguattera era brava a fare la cagna), poi sciacquava i piatti sporchi della Padrona ed andava a mangiare ella stessa, sempre che la Proprietaria non avesse nel frattempo stabilito un altro incarico per la troia. Vale invece consumava i suoi pasti cucinati dalla serva, comodamente seduta a tavola, con Alex che le serviva le pietanze e da bere e, all'occorrenza, le leccava i piedi ed il sedere.
Ogni giorno la schiava era tenuta a rifare il letto della Padrona, ad occuparsi della pulizia della sua cameretta ed alla lucidatura delle preziose calzature della Dea. Doveva lavarle i panni sporchi, stirarli e riporli.
La Dea non si lavava più i piedi: la cura e l'igiene delle sue estremità era affidata interamente alla serva. Alex leccava i piedi di Vale ogni volta che la Padrona stava per uscire e ogni volta che ella tornava. Stessa sorte toccava alle scarpe, molto spesso. Altre volte la sera dopo cena la Dea si stendeva sul divano guardando un film o leggendo un libro e la serva si prostrava di fronte a lei, poggiava le piante dei piedi divini sulle mani e leccava fra le dita e sul dorso delle bellissime estremità fino a rimuovere ogni traccia di sudore, polvere e stanchezza accumulati durante la giornata.
La Padrona gradiva molto questo trattamento e manifestava il suo piacere con risatine di scherno e calcetti in faccia alla serva, che si lasciava fare praticamente ogni cosa dalla sua superba Dominatrice.
Spesso la Dea si faceva la doccia con Alex al suo fianco: la schiava aiutava la Padrona ad insaponarsi inginocchiata di fronte ad essa poi, mentre Vale si sciacquava, la serva si metteva a quattro zampe sul fondo del box lasciandosi usare prima come poggiapiedi (Vale appoggiava prima una gamba e poi l'altra per togliere il sapone dalla pelle) e poi come sgabello.
Al suo risveglio, tutte le mattine, Vale trovava la colazione a letto già bell'e pronta e la consumava prima di alzarsi mentre la serva le leccava i piedi. Mangiava saporitamente latte e caffè con fette biscottate e marmellata mentre la sguattera gustava la vellutata pelle delle piante e dei talloni.
Certi giorni Alex non andava a casa della Padrona. La schiava aveva trovato un lavoro part- time in un ristorante. Faceva la cameriera. Quello che guadagnava, aveva pensato da principio, lo avrebbe messo in banca, risparmiandolo in previsione dell'università. Ma da quando aveva conosciuto Vale, Alex si era gradualmente dimenticata della sua vita e dei suoi progetti per il futuro. L'unica cosa che contava era soddisfare la Padrona. Così, man a mano che Alex guadagnava qualche spicciolo la prima cosa a cui pensava era acquistare un regalo per la sua magnifica Dominatrice.
Una volta la schiava risparmiò trecento euro per un braccialetto in oro da portare alla caviglia.
Lo incartò in un elegante pacchetto con tanto di carta colorata, nastro e fiocco.
Lo diede alla Dea un sabato sera.
-"Brava la mia schiavetta. Hai un regalino per me?"- chiese Vale.
-"E' poca cosa, Padrona. Ma la prego di accettarlo"-
Vale scartò il pacchetto, prese il braccialetto e lo studiò con attenzione. Era molto bello e si vedeva a colpo d'occhio che non si trattava di bigiotteria. Alex era inginocchiata davanti a lei.
-"E questa che roba è?"-
-"E' un braccialetto da mettere alla caviglia. E' d'oro"-
-"D'oro, eh? Per impreziosire i miei piedini?"-
-"Si Padrona"-
-"Perché? Non trovi che siano già abbastanza belli e preziosi così come sono?"- chiese la Dea.
-"No Padrona. I suoi piedi sono bel."-
Non fece in tempo a rispondere che Vale le affibbiò un calcio in faccia, facendola cadere all'indietro.
-"Sfilami le scarpe"-
-"Si Padrona"- mugugnò l'inferiore rimettendosi in ginocchio.
-"Con delicatezza, altrimenti ti buschi un altro calcio nel viso"-
-"No, Padrona, la prego. I suoi calci sono."-
-"Zitta e muoviti"-
Alex tolse gli stivali alla Dea.
-"Ora mettimi il tuo regalo"-
La schiava eseguì. Vale sollevò la gamba rimirando il bracciale. Le donava.
-"Niente male, a qualcosa servi anche tu"-
-"Grazie Padrona"-
-"Taci"-
-"Scusi Padrona"-
-"Adesso ho io qualcosa per te"- disse la Padrona. Prese un pacchetto da un cassetto e lo diede alla serva. Era un foglio di carta avvolto attorno a qualcosa, senza né spago né nastro adesivo a chiuderlo.
-"Aprilo. E' il mio regalo per te"-
La schiava aprì il pacchetto e con sorpresa ne estrasse un collare ed un guinzaglio. Rigirò fra le dita delle mani il collare, che era di ferro ed aveva una forma assai inquietante ed austera.
-"E' un collare a strangolo"- disse Vale -"Sai cos'è, vero?"-
-"No Padrona"-
-"Una volta che l'hai messo al collo del cane se tiri il guinzaglio esso si stringerà come una morsa. Lo usano gli addestratori per far diventare ubbidienti i loro cani. Io lo userò con te. Allora, che ne dici del mio regalo?"-
-"Grazie Padrona"- disse la schiava, anche se il suo volto denotava preoccupazione.
-"Indossa il collare"-
Alex si mise il collare al collo e vi applicò subito di sua iniziativa il guinzaglio. Porse l'altra estremità del guinzaglio alla Dominatrice. Ella, senza la minima esitazione, appoggiò il piede al quale la serva aveva messo il braccialetto sulla spalla della schiava stessa.
-"Ti piace il mio piedino?"-
-"Si Padrona, tanto"-
-"Ancor di più con il braccialetto?"-
-"La preziosità dell'oro sparisce di fronte alla sua bellezza, Padrona"-
Vale rise.
-"Bacialo e leccalo"-
La schiava dischiuse le labbra per obbedire all'ordine della Dea, ma un attimo prima di poter appoggiare la bocca sulla delicata estremità della Padrona un dolore lancinante al collo le tolse il fiato.
La Dominatrice aveva provveduto a battezzare il regalo della schiava, stirando il guinzaglio fino a toglierle il respiro. Con la mano teneva in tensione il guinzaglio e con il piedino impediva che la sguattera potesse liberarsi.
La tenne senza respirare per qualche decina di secondi, poi la lasciò.
Alex stramazzò a terra, boccheggiante, a pochi centimetri dai piedi di Vale che intanto era comodamente seduta sulla poltrona.
-"Allora funziona"- disse la Dea.
Alex non poteva rispondere.
-"Bene, sono soddisfatta del mio regalo. Ora però, come ti sarai accorta, per indossare il braccialetto d'oro mi sono dovuta togliere gli stivaletti e ho appoggiato sul pavimento pieno di polvere i piedini"-
-"Si Padrona"- ansimò la serva.
-"Leccami i piedi fino a rimuovere la polvere e rimettimi gli stivali"-
La serva obbedì. Ogni tanto Vale le dava qualche strizzatina al collo con il guinzaglio, obbligandola ad andare più veloce o più lenta, a cambiare piede, a leccare più in profondità fra le dita.
-"Sei una troia, leccapiedi. Che pena mi fai"-
-"Si Padrona"- rispose Alex mentre infilava gli stivali alla sua Dea.
-"Ora apri la bocca, che ti aiuto a inghiottire la polvere"- si chinò e le sputò in bocca -"Ingoia"-
-"Grazie Padrona"-
-"Va a fare da mangiare e chiamami quando tutto è pronto. Oggi mentre sono a cena voglio che tu stia sotto al tavolo e che mi lecchi gli stivali. Voglio che ti consumi la lingua sui miei divini tacchi"-
-"Si Padrona"-
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20 years ago
admin, 75
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la schiava di PadronVale
Alex aveva sempre avuto il desiderio di farsi sottomettere da un'altra ragazza. Era una bella venticinquenne alta e filiforme, con lunghi capelli nerissimi e occhi grigio scuro. Una "strafica" come la chiamavano i ragazzi più volgarotti che le correvan dietro. Ed Alex, Alessandra il suo vero nome, li rifuggeva come l'acqua dall'olio. Mise un'inserzione su di un sito di annunci sadomaso e attese. L'annuncio diceva "Sono una giovane schiavetta in cerca di una Padrona. Prego astenersi uomini o coppie. Cerco unicamente una donna, forte di carattere, autoritaria, convinta della propria posizione di dominatrice. Dicono che io sia molto carina. A presto..". Dopo non molti giorni giunse una risposta via e-mail.
La lettera diceva semplicemente "Ho letto la tua inserzione. Sono una giovane Padrona e cerco una serva pronta a tutto. Voglio conoscerti." La risposta conteneva anche un indirizzo e un orario.
Il loro primo incontro sarebbe avvenuto là dove aveva stabilito che fosse la fantomatica Padrona. Alex si fece trovare nel luogo concordato dieci minuti prima dell'ora dell'appuntamento: si trattava di una panchina della stazione ferroviaria di Genova, posta a fianco di un binario laterale, un po' appartata rispetto al via vai della folla. Alex fremeva ed era tesissima. Attese un'ora buona poi, quando si fu convinta del fatto che la Signora non sarebbe venuta si decise ad andarsene. Dentro di lei prevaleva lo sconforto per essere stata presa in giro e un tantino di risentimento verso la Padrona.
Ad un tratto, era ancora sulla banchina della stazione, una voce dal tono autoritario alle sue spalle la fece voltare.
"Sei tu Alex?"- chiese.
La schiava annuì con un si. Le si era parata di fronte una ragazza bellissima, elegantemente vestita con una minigonna di jeans e stivaletti dal tacco alto a mezzo polpaccio, un maglioncino scollato ed i capelli castani sciolti sulle spalle.
-"Si risponde 'Si, Padrona', prego"- disse la ragazza.
-"Scusami"- disse Alex- "Ma sai, era l'emozione"- Si avvicinò alla Padrona e le porse la mano -"Piacere"-
La Padrona non rispose. Guardò che nessuna delle persone presenti le stesse osservando poi agguantò Alex per i capelli e la fece piegare sulle ginocchia.
-"Che è questo tono confidenziale, serva?"-
-"Io.io."-
-"A me devi dare del 'Lei', hai capito?"-
-"Si"-
-"No, vedo che non hai capito"- rispose la Dea, torcendo il collo di Alex in modo che la schiava la guardasse in viso, dalla posizione umiliante nella quale era stata costretta.
-"Si, Padrona.mi scusi, Padrona"-balbettò Alex.
L'altra mollò la presa -"Mi chiamo Vale. Per te Padrona Vale"-
-Si, Padrona"-
Alex non si era attesa un primo incontro già così duro. Pensava che fosse meglio troncare lì la conoscenza. Eppure quella ragazza l'aveva colpita nel profondo. In un certo senso era quello che aveva sempre desiderato, quello che si era aspettata di trovare dall'inserzione.
-"Ora seguimi"- le ordinò Vale.
La portò al parcheggio della stazione ferroviaria, la fece salire su di un automobile, al posto di guida e le consegnò le chiavi. La Padrona si accomodò dietro.
-"Ti dico io dove andare. Metti in moto, mi farai da autista"-
-"Ma."-
-"Questa è la mia macchina. Graffiamela e ti assicuro che te ne pentirai per il resto dei tuoi giorni"-
Alex obbedì. Fece molta attenzione, guidò con la massima prudenza, seguendo alla lettera tutte le indicazioni della sua Signora. Vale attese che l'auto fosse uscita dalla zona più frequentata della città, poi sollevò le belle gambe e mise i piedi ai lati del viso di Alex. La schiava doveva guidare facendo attenzione anche agli stivali della Padrona perché se si fosse voltata di scatto un tacco avrebbe potuto colpirla in un occhio ed accecarla.
La destinazione era una casa vicino al mare, alla periferia della città, un po' fuori mano. L'abitazione aveva un ampio e verde giardino tutto attorno.
Vale ordinò alla schiava di scendere.
-"In ginocchio"- disse.
Alex obbedì
-"Oggi non c'è nessuno in casa, per fortuna, così potrò farti quello che mi pare"- Vale prese dal cassettino dell'auto un collare ed un guinzaglio, poi uno strano nastro con due anelli di corda alle estremità. -"Indossa questo"- le disse e le lanciò il collare. Alex se lo pose al collo. Le era un poco stretto ma non protestò. La Padrona le mise il guinzaglio poi le appoggio il nastro sul collo in modo che gli anelli le penzolassero sulle spalle. Alex capì immediatamente cosa le sarebbe successo e tremò.
-Mettiti a quattro zampe, schiava"-
-"Si, Padrona"- Non appena Alex ebbe appoggiato le palme delle mani per terra Vale si sedette sulla sua schiena. Mise la punta degli stivali negli anelli e tirò a se il guinzaglio con forza. Alex si sentì mancare il fiato.
-"Corri, bestia!"- urlò Vale. La cavalcò in lungo ed in largo per il giardino, forzandola ad andare velocemente grazie a calci nei fianchi menati con i tacchi aguzzi degli stivaletti e schiaffoni sul sedere.
Infine Alex, stremata, s'accasciò sul prato. Vale s'alzò in piedi un attimo prima del tonfo, salvandosi dalla caduta ma la schiava si tuffò col viso in mezzo all'erba.
-"Stronza! Cosa fai?! Volevi farmi cadere?!"-
-"N.no! Mi scusi, mia Padrona. E' che non sono."-
-"SILENZIO! E resisti, stupida cavalla!"- rimontò sulla schiena di Alex e la costrinse con cattiveria ad aumentare gradualmente l'andatura.
Dopo qualche minuto la Padrona s'annoiò. Si fece allora portare verso casa, però seduta sulle spalle della serva, quest'ultima in piedi.
Giunti sulla porta Vale scese, aprì e fece entrare la schiava, ancora stiracchiandola per il guinzaglio.
La condusse in un ampio salone con poltrone e divano e si stese comodamente su quest'ultimo. Alex le rimase accanto, in piedi.
-"Bè?"- chiesa Vale.
Alex non comprese -"Cosa devo fare, Padrona? Non capisco!"-
A quel punto la giusta collera della Dea esplose. Alex non aveva mai visto due gambe muoversi con tale velocità ed armonia. Le suole degli stivali di Vale scomparvero nella sua pancia, spezzandole il fiato e piegandola in due, boccheggiante.
Crollò sul freddo pavimento, tenendosi le mani sullo stomaco e ansimando proprio ai piedi della Padrona. Vale sollevò una gamba e le mise il piede davanti al viso.
-"Toglimi gli stivali"- disse, mentre si rilassava sul comodo divano.
Alex si sforzò d'ignorare il dolore. Mentre toglieva il primo stivale Vale le parlò -"Davanti alla Padrona si sta sempre in ginocchio. Non bisogna mai e dico mai avere la testa più in alto della mia. Il tuo viso deve essere sempre quanto più possibile vicino ai miei piedi"-
-"Si, Padrona"-
-"Vedi quanto sono belli i miei piedi?"-
-"Sì, Padrona"-
-"Sono un pochino sudati, però! Ho dovuto camminare un sacco, oggi, prima di venire a prenderti. Perché non me li lecchi, sguattera?"-
Alex si chinò, prese uno dei piedi di Vale fra le mani e tenendolo a qualche centimetro sopra al pavimento vi avvicinò le labbra.
Cominciò con il dare piccoli timidi bacetti sulle dita e sul dorso, poi scese sul tallone e sulla pianta, stando ben attenta a non muovere a caviglia e a scomodare il meno possibile la sua dominatrice.
Le pelle del piedino era un poco sudata, si, ma era tuttavia morbida e delicata come quella di un bambino. Alex tirò fuori la lingua e leccò. Lente lappate dal tallone all'alluce, lungo tutta la pianta. Poi le dita. Una per una le prese in bocca e le succhiò, asportando con una doverosa opera di pulizia orale le tracce di sporco e sudore rimaste fra dito e dito. Passò all'altro piede, sostenendolo con una sola mano e usando l'altra per poggiarvi il primo piedino ben pulito. Ripeté l'operazione, alla fine le divine estremità della giovane Dea erano linde e perfette.
A quel punto Vale s'alzò in piedi, gravando con tutto il suo peso sulle mani di Alex.
-"Brava. Come cavalla non sei granché ma a leccare piedi ti dai da fare!"- le disse, strattonando il guinzaglio.
-"Grazie mia Signora. Grazie. Grazie davvero"- disse Alex con tono devoto e si prostrò maggiormente per poter baciare ancora una volta i piedi di Vale, che in quel momento si stava divertendo a schiacciare le sue falangi, così, senza nemmeno un motivo.
-"Ed ora, dopo cavalla e leccapiedi voglio testare le tue capacità di cagna!"- esclamò Vale. Si sdraiò sul divano -"Vammi a prendere le pantofole"-
Alex capì che avrebbe dovuto andarvi a quattro zampe, come un vero cane. Non si sarebbe fatta più riprendere dalla Padrona per una stupida mancanza. La Padrona l'aveva appena elogiata.
Tornò dopo pochi secondi, pantofole in bocca. Le depose davanti al divano, dove la sua dominatrice avrebbe potuto raggiungerle comodamente con i suoi piedi.
-"Ecco, Padrona"- disse Alex.
Vale sollevò una gamba e la calò pesantemente sulla nuca di Alex, che era prostrata di fronte a lei. La schiava si ritrovò con il viso schiacciato contro il pavimento e per un attimo vide le stelle. Che cosa aveva fatto? Forse la divina Padrona voleva che le pantofole le fossero calzate direttamente ai piedi?
-"Da quando in qua un cane parla?"- domandò Vale.
Alex s'alzò traballante e rimase in ginocchio -"Mi.mi perdoni"-
Ancora un calcio, questa volta inferto con il dorso del piede la raggiunse su una gota, facendola rossa fuoco.
-"Non sei molto veloce a capire, vero?"- la beffeggiò Vale.
Alex si alzò ancora, più stordita di prima, ma questa volta fece attenzione a frenare la lingua. Non aprì bocca.
-"Vieni più vicina, devo darti un calcio ancora"- disse Vale.
-"Ma."-
-"Ah! Adesso sono diventati due! Anzi tre! Il primo perché prima hai chiesto perdono senza chiamarmi Padrona, il secondo perché hai parlato, il terzo perché ti sei opposta alla punizione! Io ti punisco quando ne ho voglia e nella maniera che preferisco! Sei la mia schiava, renditene conto. Ora solleva il mento!"-
Alex sollevò la testa e Vale la colpì con il tallone sulla guancia già arrossata di prima. Alex cadde sulla schiena, ad un metro di distanza dal divano.
-"Vieni subito qui che non ho finito!"- le ricordò la Padrona -"E alza di nuovo la testa!"-
Il secondo calcio fu vibrato con entrambe le punte dei piedi, che colpirono Alex in piena gola, due dita al di sotto del mento. La schiava si sentì mancare il respiro, stramazzò sul pavimento, contorcendosi dal dolore per il divertimento della sua sempre più splendida dominatrice.
Trascorsero alcuni secondi d'agonia ed Alex era ancora stesa per terra, incapace di rialzarsi. Vale, annoiata, la schiacciò in basso salendole con i piedi sulla testa e sulla schiena.
-"Ti ho detto di rialzarti! Ti manca una sola punizione! Vuoi che diventino due?"-
-"No..no..Padrona"-
-"Bene, allora taci e seguimi"- disse Vale. Calzò le pantofole e si diresse fuori dalla stanza.
-"Non doveva tirarmi ancora un calcio?"- pensò Alex. Seguì Vale e si ritrovò in bagno.
-"Metti la tua testa nel cesso e rivolgi in viso in alto"- ordinò la Padrona.
Alex eseguì. Era in ginocchio, con la nuca appoggiata al bordo del water ed il capo reclinato verso il basso. Guardava il soffitto ed il viso sorridente della giovane Dea sopra di se.
-"Questa è la punizione"- disse Vale, prendendo un imbuto e mettendolo in bocca alla schiava. -"Non per forza un ammenda per un errore dev'essere fatta a suon di calci in facci, non credi?"-
Si tirò giù la gonna e si sedette sull'imbuto. La punta di plastica affondò fin in gola alla schiava che si ritrovò bloccata sotto il bacino e fra le gambe della Padrona. Vale lasciò trascorrere alcuni attimi, giusto per rilassare la vescica e poi, ad un tratto, un fiotto di calda orina si riversò nell'imbuto. Sentì il corpo di Alex irrigidirsi sotto di se, lo sentì fremere, poi i vagiti disperati della serva diventarono un unico indistinto gorgoglìo soffocato.
Alex bevve tutto. Il liquido caldo della sua Dea le scivolò nell'esofago come un caldo nettare, non ne perse neppure una stilla.
Quella era la prima volta che qualcuno le imponeva di bere la pipì. Padrona Vale aveva impiegato ben poco per ridurla ai minimi termini, a farne una schiava assoluta e perfetta. Quando si alzò Alex tossì e l'imbuto le cadde di bocca, finendo sul fondo del water.
-"Allora, come ti senti?"- chiese divertita Vale.
-"Bene, Padrona"-
-"Non mi ringrazi?"-
-"Grazie, Padrona"-
-"Hai avuto l'onore di ricevere uno dei miei frutti. Non trovi che sia un peccato disfarsene semplicemente in un cesso come fossero scarti fisiologici di qualunque altra persona?"-
-"Si, Padrona"-
-"Ti ho usata come gabinetto. E come gabinetto sei stata brava"-
-"Grazie, Padrona"-
-"Quindi bene come leccapiedi e cesso ma male come cavalla e molto male come cagna. Devi migliorare, schiava!"-
-"Lo farò, Padrona"-
-"Comunque non è andata poi tanto male per essere stata la prima volta. Ti terrò"-
-"Grazie, Padrona"- disse Alex e si prostrò col viso a terra per baciare i piedi di Vale, ma quest'ultima indietreggiò fulmineamente, poi sollevò una gamba e calò pesantemente il tacco della pantofola sulla testa di Alex.
-"Stronza! Vuoi baciarmi i piedi con la lingua pisciosa che ti ritrovi?"-
-"Mi..mi dispiace, Padrona. Non l'ho fatto apposta. Non ho pensato!"-
-"Cagna! Per questo meriti d'essere punita almeno cinque volte!"-
La fedeltà di Alex superò a quel punto anche la paura del dolore -"Si, Padrona"-
Vale le diede due forti calci nello stomaco, poi la calpestò lungo la schiena e sul petto facendo ben attenzione ad affondare i tacchi ed infine rimase a pensare a quale potesse essere l'ultima punizione.
-"Dunque dunque ne rimane un'altra.ma si, perché no!"-
Si trovava in piedi sulla faccia di Alex. Spiccò un alto balzo in aria e ricadde con tutti e due i piedi sulla testa della schiava. L'urto fu tremendo per la sottomessa. Vale scese dalla serva quasi svenuta ma viva e ritornò in salotto, attendendo che Alex si riprendesse.
La vide arrivare con la faccia pesta pochi minuti dopo. Alex avanzava a quattro zampe.
Si avvicinò ai piedi di Vale.
-"Mi sono lavata la bocca, Padrona"-
Vale rise
-"Adesso allora puoi baciarli"- disse.
Alex mostrò tutta la sua devozione per l'ennesima volta.
-"E' tardi"- disse infine Vale -"I miei stanno per tornare. Vedi di andartene e alla svelta. La macchina serve a me, stasera. Ti toccherà andare a piedi"-
-"Non ha importanza, Padrona"-
-"Ti mando una mail per quando voglio che tu ritorni. Controlla la posta ogni giorno, mi raccomando!"-
-"Si Padrona, lo farò"-
Se ne andò mesta e dolorante ma al tempo stesso dominata da una profonda eccitazione. Cribbio, era appena diventata la schiava della migliore Padrona del Mondo!
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20 years ago
admin, 75
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weekend a Venezia (parte seconda)
...mi sveglio ed è buio... ti vedo vicina alla finestra, quasi nuda e debolmente illuminata dalla luna... non so a cosa tu stia pensando, resto un lungo minuto a guardarti scorrendo con lo sguardo lungo le ombre che sottolineano le tue forme armoniose appena coperte da un asciugamano... forse hai fatto una doccia dopo le "follie" di ieri sera...
Mi alzo in silenzio e mi avvicino a te, ti abbraccio da dietro e bacio il tuo collo; sento che rabbrividisci e mormori il mio nome... è una supplica di smettere? Una richiesta di continuare? Non lo so, non dici altro se non un lieve mugolio quando la mia bocca inizia a correre lungo la tua schiena...
...ora sono in ginocchio davanti a te, fra le tue gambe ed il muro sotto la finestra: bacio le tue gambe e gioco come il gatto col topo fino a che arrivo dove voglio, dove tu vuoi... bacio la tua rosa rossa che profuma di sapone e del tuo dolce liquore di passione, sento il tuo respiro farsi affannato quando succhio il tuo clitoride e quando infilo la lingua tra le tue labbra intime...una tua mano mi spinge a continuare premendomi la nuca verso il tuo ventre fino a che soffochi un urlo; le tue gocce d'amore mi colano in bocca e sul viso, ti sento fremere nel culmine del piacere...
Mi rialzo e vengo alle tue spalle... il mio pene ritto trova alloggio nel solco fra le tue natiche perfette... lo lascio scorrere dolcemente su e giù mentre con le dita raccolgo il tuo succo d'amore e lo porto alla tua stessa bocca...lecchi avida le mie dita, e non posso fare a meno di pensare se ti è mai successo prima di gustare il sapore di una donna... magari di un'altra donna... mi perdo solo un attimo in questo pensiero, in questa visione da sogno per poi correre con le mie dita che stavolta sono umide della tua saliva verso il tuo garofano bruno... lo trovo ancora rilassato dopo le dolci fatiche che ha subito qualche ora fa... trovarmi ad appoggiarvi il glande e spingere dolcemente è più veloce a farsi che anche solo a pensarlo, per poi trovarmi immerso nel tuo vellutato cunicolo... stavolta non c'è traccia di dolore o fastidio, i tuoi muscoli mi accolgono e mi avvolgono come un caldo guanto di velluto che sento sciogliere intorno a me... inizio a muovermi sempre più a fondo e
più velocemente mentra con le dita torturo dolcemente il tuo clitoride ingrossato... sento che perdi ogni inibizione e con gli occhi chiusi mi inviti a continuare con maggiore forza, quasi con violenza...la tua non è una voce, è quasi il soffio di una gatta inferocita...
Urti una, due volte il vetro della finestra e il rumore si diffonde nella notte silenziosa di Venezia... per fortuna che è notte fonda e tutto è deserto...no, c'è un uomo che cammina lungo il canale, forse un metronotte, e il rumore richiama la sua attenzione. Alza gli occhi e ti vede nuda e bellissima contro il vetro della finestra, con me alle tue spalle; ovviamente ci vede solo dalla vita in su, ma non c'è bisogno di molta fantasia per immaginare ciò che avviene più in basso. Lo vedo, vedo che strabuzza gli occhi incredulo e poi resta lì a vedere quello che forse gli sembra una visione dovuta alla fatica o a un bicchiere di troppo... ti avviso sottovoce, in un orecchio, dello spettatore imprevisto, ma tu non reagisci... forse non mi hai capito perchè sei già in viaggio verso il piacere, o forse quel briciolo di esibizionista che c'è in ogni donna ha preso il sopravvento... ti sento dirmi cose quasi insensate fra un invito e l'altro a non avere nessun ritegno, a continuare così, an
zi, di più, di più...
la mia mano è fradicia dei tuoi umori che colano giù lungo le tue gambe e macchiano il pavimento sotto di te... allungo una mano e afferro un oggetto alla cieca da sopra il comodino vicino... è una tua boccetta di profumo dalla forma affusolata; sempre entrando e uscendo dal tuo fiore segreto che ormai ha perso ogni resistenza la faccio scorrere sulle tue labbra intime e poi inizio ad affondarla lentamente nella tua vagina bollente... ti sento quasi ruggire qualcosa che non capisco e poi raggiungo il punto di non ritorno... vengo dentro di te lanciando tre, quattro, cinque fiotti di sperma bollente, ed improvviso sento che per te è troppo: ti mordi le labbra quasi a sangue per non urlare al cielo mentre il piacere ti travolge, ti inarchi all'indietro contro di me e poi sento che mi cadi tra le braccia quasi priva di sensi, come un grottesco pupazzo inanimato tenuto su dalle mie braccia e dal mio membro ancora infisso in te...
Il metronotte se ne va velocemente, mentre io resto lì a guardarti fra le mie braccia... ti bacio dolcemente le labbra come nel bacio di due ragazzini e poi ti sollevo fra le braccia per portarti a letto... buonanotte fatina mia....
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20 years ago
admin, 75
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LA SEXYCENA DI JESSYCA
Era l'anniversario del nostro matrimonio e decidemmo di festeggiarlo in modo speciale,una cenetta a lume di candela nel ristorante più chich ed alla moda della nostra città,il famoso Open Gate.La sua particolarità era il servizio,per gli uomini i piatti erano serviti da delle splendide ragazze, le donne erano servite da degli aitanti giovanotti....la cosa mi interessava molto proprio per questo....
Mio marito indossava un elegante doppiopetto blu,mentre io dopo una lunga preparazione uscìi dal bagno con un elegantissimo abito da sera con abbondante scollatura,mentre il dietro dell'abito mi lasciava la schiena scoperta fino quasi al sedere.Ero splendida,truccata in modo giusto,non volgare,pettinata in modo perfetto...insomma una splendida e giovane femmina.Comunque mio marito non se la cavava poi male,fisico asciutto,abbronzato,dimostrava meno dei suoi 60 anni.....l'avevo sposato per il suo denaro...era davvero ricco e questo in parte compensava la non + giovane età.
Uscimmo per recarci al ristorante,eravamo elettrizzati sia dal gusto di festeggiare i nostri 10 anni di nozze sia dal sapere di andare in un locale davvero esclusivo,di cui tutti parlavano nel bene e nel male,sia per i piatti che si diceva erano squisiti sia per quello che raccontavano.Si diceva infatti che ogni tanto tra clienti e personale del ristorante si creava quell'atmosfera particolare che permetteva e che dava il via a rapporti proibiti e qualche volta a vere e propri piccoli festini per mogli o mariti compiacenti.Naturalmente c'era chi ci credeva e chi no...ma la fama e la simpatia del locale faceva si che nessuno desse più di tanto peso a tali chiacchere,l'importante era mangiare bene e divertirsi e noi ci andavamo proprio per quello.
Arrivammo verso le 21,tavolo prenotato,macchina nel parcheggio riservato,tutto filava liscio come l'olio.
Ci sedemmo,il posto era davvero carino,arredato con gusto style Old England tavoli di noce, luci delicate,poltrone comode,servizio di porcellana insomma tutto delizioso.E poi c'erano loro....la cameriera di mio marito era davvero carina.Una morettina sul metro e 70,capelli mossi,viso e nasino delicato,due labbra carnose ed un seno prorompente,almeno una 4a.Due belle gambe ed un culetto alto,sodo e ben fatto,insomma una gran bella ragazza.D'altronde per lavorare lì non poteva essere altrimenti,la direzione del locale le pretendeva belle,ben fatte e sexy...erano loro ed i camerieri la vera attrazzione del locale.
Anch'io non mi potevo lamentare,il mio cameriere era un ragazzo sul metro e 80 biondo muscoloso con un viso intrigante e scanzonato,serviva a torso nudo con pantaloni neri lunghi ed una cravattina a farfallina al collo.Si chiamava FRANCESCO,ed io vidi che mi guardava con interesse,subito gli lanciaI 3 o 4 occhiate provocanti.
Ordinammo l'antipasto,decidemmo per una cena a base di pesce,e azzeccammo la scelta.Portarono i primi,io più che mangiare mi divertivo a vedere sia la cameriera di mio marito,che tra una portata e l'altra gli sbatteva le tette in faccia,sia i clienti del locale...non ce n'era uno che non cercasse di rimorchiarsi la sua cameriera,o quantomeno che non ci facesse il cascamorto.Ero divertita ed iniziavo ad eccitarmi...la micina mi dava segni di eccitazione.....mi sentivo sempre + elettrizzata.intanto il mio cameriere si dava da fare....eccome.
Ad ogni portata oppure ogni volta che mi serviva da bere non mancava occasione per guardare nella mia scollatura,il mio seno che faceva capolino dagli spacchi laterali ormai per lui non aveva più segreti.Mi piaceva da morire quel ragazzo.....decisi che la cosa doveva andare avanti...eccome...allora invece di tenerlo a bada,ci comincia a scherzare,gli sorridevo appena ne avevo occasione,e non solo.Un pò l'atmosfera,un pò l'ottimo vino bianco,un pò perchè mi piaceva...insomma accettai le sue smancerie e contraccambiai gli sguardi in modo anche troppo esplicito.Doveva capire che mi piaceva...volevo solo che si facesse avanti...avevo voglia di vedere com'era fatto....insomma ero eccitata come una troietta in calore....
Mangiammo i secondi,mio marito faceva finta di niente,io continuai sia a bere il vino che il cameriere mi versava senza sosta,che a fare la troia,guardandolo con voglia....Ogni tanto mi passavo la lingua sulle labbra....da vera zoccola...ed ogni volta lui mi lanciava occhiate di fuoco......La cameriera di mio marito si era resa conto della cosa e cercava con lo sguardo di far capire al suo collega che era il caso di smettere quel gioco che si stava facendo troppo insistente.Niente.Tutti e due continuavamo nel nostro intrigante rapporto fatto di sguardi,di mezze parole,addirittura ad un certo punto con la scusa del tovagliolo gli sfioro con una mano la patta dei clazoni...con noncuranza faccio finta di niente...In realtà avevo sentito che il mio dolce maschietto era ben dotato...e la cosa mi aveva messo ancora + voglia addosso.
Poi improvvisamente mio marito ad un certo punto si alzò...per andare alla toilette...Era quello che volevo....Guardando il mio giovanotto gli sussurro...:"ho voglia di te...portami da qualche parte...dai...che aspetti...."
lui mi dice in un attimo:"Ok dai seguimi......." A quel punto mi alzai anch'io....mentre il cameriere FRANCESCO mi diceva di seguirlo....In breve scomparimmo dietro ad una porta di legno,coperta da un tendone,poi mi portò lungo un corridoio.....
Appena soli il cameriere si stampò un bacio con ardore.Mi mise subito le mani addosso...in un attimo mi calò alla vita il vestito,io gli appoggiai i seni nudi al petto....,ed ebbi una scossa di piacere.Pochi attimi e lui mi aveva messo anche una mano sul sedere.Iniziammo a baciarci con passione,io lo stringevo forte,lui con le mani mi frugava in mezzo alle cosce e sul sedere,mi aveva scostato il vestito ed attraverso lo spacco ormai mi era dappertutto.Ci scambiavano effusioni sempre più spinte.
Un attimo dopo mi aveva messo le mani sulla micina attraverso le mutandine,io con una voglia terribile gli avevo aperto la cerniera dei calzoni e la mano mi si era intrufolata nei suoi boxer.Di lì a poco glielo tirai fuori.Con un gridolino eloquiente di sorpresa gli tirai fuori l'arnese...un cazzo davvero enorme...almeno 20 cm....lungo e largo come un paletto stradale...
Lui mi guarda un attimo,poi mi mette una mano tra i capelli,poi mi mette l'altra sulla spalla e comincia a spingermi verso il basso,mi inzia a fare abbassare lentamente verso i suoi piedi, facendomi capire quello che voleva io gli facessi.Non vedevo l'ora....un attimo e mi inginocchio ai suoi piedi...davanti al suo cazzone meraviglioso.....
mi sembrava di sognare...ero in ginocchio con il vestito calato....le tette di fuori...e davanti a me un ragazzo bellissimo mi aveva sbattutto un cazzone da sogno....e mi stava chiedendo di fargli un pompino...ero stupendamente eccitata.
A quel punto avvoltolo la parte finale dell'abito da sera creando in quel modo un cuscino dove appoggiare le ginocchia,in quel modo avevo il viso all'altezza giusta del cazzone.Volevo gustarmelo con tutta calma,e volevo stare anche comoda....da vera troia!!
Mi misi a guardarlo mentre ero inginocchiata,quasi stregata da quel grosso affare,poi gli dico :"dio hai un cazzo stupendo...mmmhh...guarda che meraviglia....ti voglio fare un pompino da favola...ti voglio far svenire dal godimento..."
Apro le labbrà,ed inizio con dolcezza lentamente a leccargli il pube,gli passo la punta della lingua ben insalivata sul pube e sull'inguine,con delicatezza e dolcezza mi assaporo cm. dopo cm. la pelle del maschio che eccitatissimo mi sventolava quel grosso cazzone duro e dritto davanti agli occhi.Avevo deciso che volevo farlo davvero eccitare al punto estremo,e ci stavo riuscendo molto bene!Continuo a leccargli il pube ancora un pò,poi passandogli la lingua tra i peli all'attaccatura del membro inizio finalmente a leccarglielo.Gli passo delicatamente la lingua lungo l'asta,lasciandogli una scia di saliva,impugnando con una mano la base dell'asta,mentre il resto me lo leccavo dolcemente cm. dopo cm. con raffinatezza,mi gustavo quel grosso coso come una vera troia affamata di cazzo e con la bravura di una vera professionista dell'amore.
Dopo averci giocato un pò con la lingua,gli slaccio i calzoni facendoli scivolare fino ai piedi,poi prima gli sfilo i boxer e poi finalmente comincio ad aprire per bene le labbra.....ed inizio ad ingoiare quel grosso membro.Volevo godermelo senza l'impedimento dei boxer,così avevo accesso a tutta la virilità dello splendido ragazzo che mi stava davanti.Avevo la bocca spalancata ma era talmente largo che non riuscivo a gustarmelo tutto,ne avevo preso in bocca solo poco più della metà.La lingua l'avevo appoggiata alla parte di sotto del grosso cazzo,le labbra lo sostenevano delicatamente,ed io con un delicato e dolce su e giù con la testa avevo cominciato a farmelo scorrere lentamente tra le labbra,mugolando per il piacere che provavo nel fare quello stupendo pompino.L'asta era lucida,venosa,turgida,e tremendamente ingrossata da quel massaggio strepitoso.La saliva lubrificava il cazzone...che mi scorreva con dolcezza tra le labbra...io le stringevo appena un pò...per darle piacere e p
er fargli sentire la mia calda bocca intorno alla cappella....godeva si vedeva...ed io da morire insieme a lui...In quei momenti mi sentivo proprio una gran troia..una vera professionista del pompino mi avrebbe dato della maestra..e lo ero davvero..Mi ero prefissata di fare il + bel pompino della mia vita..e con un cazzo così ci volevo riuscire....
Il ragazzo stava immobile,si era appoggiato alla parete della camera,gli occhi semichiusi,ansimava e si lasciava sfuggire qualche parola di tanto in tanto,ma il godimento che provava era talmente grande che sembrava quasi un drogato in overdose.La mano destra era appoggiata tra i miei capelli,mi dava il tempo muovendomi la testa su e giù sempre con lo stesso ritmo.Il seno mi ballava dolcemente,le mie tette andavano a tempo con la testa,creando un effetto tremendamente erotico.Godevo come una pazza....stavo facendo un pompino divino ad un cazzone da favola.....
FRANCESCO,il cameriere,ad un certo punto iniziò a respirare più forte,a muovere il bacino per affondare il più possibile nella mia bocca,era prossimo all'orgasmo.Io me ne accorgo ed immediatamente termino di spompinarlo,e me lo faccio scivolare fuori dalle labbra.Guardandolo negli occhi gli dico :"amore non voglio assolutamente farti venire.....voglio godermi ancora il tuo stupendo cazzone....voglio farti impazzire...Gli dissi che un cazzo così me lo volevo gustare per bene ed iniziai a dargli piccoli colpetti di lingua alla base della cappella,un filo di saliva gli scivolava lungo l'asta mentre lui lentamente riprendeva a respirare normalmente.Allora per smorzargli l'orgasmo gli faccio scorrere la lingua lungo il cazzone gonfio da morire,ogni tanto gli dò 2 o 3 affondi con le labbra,ma non ricomincio il dolce su e giù...lo voglio far sbollire ed allontanare l'orgasmo....ma voglio tenerlo sempre in tiro...sempre duro e teso allo spasimo.
Vado così qualche minuto,poi quando vedo che l'orgasmo si era allontanato e lui non aveva più il respiro corto sintomo della venuta imminente,con un sommesso mugolare riapro le labbra e ricomincio a spompinarlo con dolcezza,delicatamente...lui mi rimette la mano nei capelli e mi ricomincia a guidare verso il piacere.
Andai avanti ancora...decisa a finire il + tardi possibile quel favoloso pompino.Andavo su e giù con una classe da vera troia,le labbra chiuse sul grosso affare con delicatezza,quasi come un guanto di velluto ,la lingua appoggiata al sotto dell'asta,la saliva abbondantemente stesa per lubrificare e far scorrere il cazzone stupendo per bene tra le labbra.Ogni tanto provavo a prenderne un pò di più,qualche cm. di quell'enorme cazzone....affondavo le labbra mugolando e lui si lasciava sfuggire dei versi sommessi che il godimento di quell'affondo gli procurava...Le tette avevano ripreso a sobbalzare,mosse dagli affondi del pompino come in una danza ritmica, e lui con un mano aveva iniziato a toccarmele ed a stringerne con delicatezza prima una e poi l'altra.Dopo poco ricominciò a sbuffare ed ad aumentare il ritmo della mano sulla mia testa...stava per avvicinarsi a godere di nuovo.
Capii che era vicino...allora prima gli scosto la mano,poi per la seconda volta mi faccio uscire quel meraviglioso cazzone dalla bocca.Ero fradicia...la micina mi si era bagnata ed attraverso lo slip sentivo gli umori che mi colavano....Godevo come una pazza....e gli stavo facendo un pompino da sballo....A quel punto...con la voce roca dal desiderio gli dico che volevo ancora farlo godere,che godevo come una pazza a spompinarlo,e gli chiedo se lui godeva.Mi risponde che lo stava facendo impazzire,e mi prega di farlo venire perchè non ne poteva più,aveva delle fitte alle palle da tanto lo stavo facendo godere.Allora io per rismorzare di nuovo l'orgasmo inizio a leccargli le palle....prima una e poi l'altra....gli passo la punta della lingua delicatamente sopra,facendola scorrere con dolcezza dai peli del pube alle palle,arrivata alle palle gli davo dei colpettini leggeri,prima ad una poi all'altra ,poi inizio ad appoggiarmerle sulla lingua e le lecco più dolcemente,quasi a massaggi
arle,facendolo così godere da morire....Ma se sapesse lui io come godevo...La mia micina era un lago...ansimavo..mugolavo...travolta dalla passione che mettevo a fare quel pompino da sogno.....Avrei solo voluto che un altro cameriere...giunto da dietro...mi sbattesse alla pecorina e mi fottesse come una vacca....Uno in bocca ed uno nella micina...penso che sarei svenuta dal piacere.....Lui aveva le palle gonfie e dure come grosse noci,l'avevo portato davvero al limite,aveva il viso contratto dal piacere,gli occhi chiusi,le gambe quasi piegate da quanto lo stavo facendo godere.Il mio pompino era uno spettacolo...erd io ne ero la splendida puttana protagonista.
E per la seconda volta l'orgasmo si allontanò.A quel punto poi ripresi a spompinarlo con più decisione,le mie labbra andavano su e giù con maggior velocità,e lui mi teneva la mano nei capelli con meno decisione...sapeva che io lo avrei fatto venire tra pochi attimi.
Capii che era vicino.....allora mentre lo spompinavo in modo stupendo,in un piccolissima pausa gli chiedo di avvisarmi quando stava per venire....perchè lo volevo far godere talmente tanto da farlo svenire.Gli dico allora...:"amore fammi un segno quando schizzi....ti voglio godere mentre mi schizzi in gola...."
Lui annuì ed io ripresi a spompinarlo con arte,chiunque mi avesse visto avrebbe visto che godevo da morire a fargli quello stupendo ed irripetibile pompino.Mentre gli chiedevo di avvisarmi mi era venuta una faccia da vera troia,godevo e facevo godere quel maschio in modo davvero stupendo....era uno spettacolo vedere come mi lavoravo tutta di labbra e di lingua quel grosso cazzone,inginocchiata quasi in segno di venerazione verso quel pilone di carne.
I miei mugolii aumentarono e lui riprese a respirare con forza...era vicino.Allora come una vera troia da strada...ogni tanto lo guardavo negli occhi,volevo vedere come e quanto lo facevo godere,mi godevo così il piacere del maschio,ero in calore...quel cazzone divino mi aveva eccitata in un modo terribile.....Lui mi guardava come stregato,gli occhi velati dal piacere,mentre io spompinandolo e guardandolo mi accertavo di farlo godere il più possibile,volevo vedere come e quanto ero brava a farlo sborrare.
Dopo pochi secondi lui mi gridò che stava per venire,io mugolando me lo faccio uscire dalla bocca,arretro appena un poco la testa e mi appoggio la cappella alla punta della lingua,poi iniziò a dare velocissimi piccoli colpetti alla base della cappella...Lui gode come un pazzo...poi inizia ad insultarmi...a gridarmi :"troia....puttana......pompinara....vengo...vengo.....",allora io come una zoccola in calore gli urlo :"siii...dai sborra...amore schizzami in gola...riempimi la bocca....dai...."
Poi guizzando solo la punta della lingua in modo sublime sulla punta del cazzone lo porto all'orgasmo...lui inizia a godere in modo tremendo...ansimando ed urlando inizia a sborrare.Caldi fiotti mi arrivano sulla lingua.....allora io metto la punta della lingua appoggiata alla punta della grossa cappella,così facendo la mia lingua sembrava quasi come un cucchiaio di carne,e poi mi preparo a ricevere i getti di sperma....mi ero messa con la bocca aperta a pochi cm. dal cazzone ed ora assaporavo i densi e copiosi getti che lui con decisione mi schizzava dentro.In pochi attimi avevo la lingua coperta di densi getti di sborra calda e vischiosa,a quel punto ingoio e deglutìsco lo sperma caldo e copioso una prima volta.Alcuni schizzi mi colano sul seno,altri sul viso e sulle guance.
Seguirono altri schizzi di sborra che si posavano sulla mia lingua,ad arte l'avevo di nuovo appoggiata alla base della cappella del cazzone teso.Altri schizzi....ancora una volta ingoio e deglutìsco una seconda volta.Dopo diversi secondi lui smette di sborrare,la cappella gocciolava le ultime stille di sperma,ed io me la rimetto in bocca per succhiarmi gli ultimi istanti di piacere,poi riprendo a spompinarlo...lui con un :"aahhhh...siii...." piega le gambe..provato dall'orgasmo in modo tremendo...
Ora stava con le gambe semiflesse,gli occhi chiusi ed il respiro leggero,mentre io gemevo e mugolavo ancora,ero eccitata da morire,avevo la fica fradicia di umori e di piacere.
Continuai ancora a spompinarlo un pò...poi lui mi dice: "amore ti prego basta...non ce la faccio più...."
Me lo tiro fuori dlala bocca...lecco per bene tutta l'asta...le palle...la cappella...poi lo lascio moscio e penzolante....Le palle ora erano leggere...sgonfie...si era svuotato nella mia gola e nel mio pancino...avevo ingoiato tutta la sua sborra...ed era veramente tanta...mi sentivo addirittura sazia....mi aveva levato la fame con la sua densa e copiosa sborrata....
Mi rialzo,mi rivesto....lo bacio con amore e gli sussurro...:"amore...poi appena ti senti ripreso ti voglio sentire dentro di me...voglio gustarmi il tuo cazzone meraviglioso tutto fino in fondo nel mio culetto....capitooo??"
Lui sorridendo mi dice...:"si certo...lo voglio anch'io..."
Lo bacio con passione...mi rivesto...gli lascio il mio numero di cellulare....dicendogli:"chiamami...capito?"
Lui mi risponde...:"certo...stai sicura...ti voglio sbattere per bene...ti voglio inculare come quella troia che sei"
Io sorridendo gli dico...:"non vedo l'ora...amore..."
Esco...mi rimetto a posto e torno al tavolo.Mio marito mi domanda:"Jessyca tutto OK?Io gli rispondo:"si amore..ero in toilette..sai un pò di mal di pancia..." ma ora stò meglio....L'unica cosa...ehm...mi è passata la fame sai....?
Finiamo così in fretta la cena...io sazia dello sperma del mio maschio,lui del pranzetto mangiato,paga e usciamo....Che bell'anniversario di matrimonio...l'ho festeggiato con un pompino da sogno...ed una ingozzata di sborra memorabile.......
Da vera troia quale sono....come sempre.
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20 years ago
admin, 75
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Sogno
E' notte.
Sono nel mio letto e vengo svegliato da un piacevole solletico sul mio petto. Aprendo gli occhi intravedo nel buio la sagoma di un corpo vicino al mio sotto le lenzuola, e capisco che il solletico è, in realtà, causato da un paio di labbra che percorrono il mio torace lasciandovi sopra dolci e veloci baci.
Scosto piano le lenzuola e, nell'oscurità, mi accorgo che la sagoma che si disegna non è quella che mi aspetto. resto lì stupito, quasi inebetito e la mia faccia deve essere quella di un autentico idiota, dal momento che la mia bella visitatrice notturna alza gli occhi verso di me, mi guarda e scoppia a ridere.
Il volto che compare lì a pochi centimetri dal mio è in realtà. no, non quello di una sconosciuta (che sarebbe già abbastanza sorprendente) ma di una persona che conosco solo attraverso delle foto che mi ha spedito, e che in questo momento dovrebbe essere a chilometri di distanza da camera mia. camera mia. non mi sono ancora ripreso dalla prima, che arriva la seconda "botta": le ombre dei mobili non sono quelle a cui sono abituato... non sono neppure a casa mia!
Pur rendendomi conto del fatto che si tratta di una classica battuta da fumetto, l'unica cosa che riesco a dire è:" . ma. Safy. dove sono? Dove siamo qui?"
Mi sorridi e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mi dici: "Non lo so. neanch'io ho mai visto questo posto; so solo che mi sono svegliata e mi sono trovata qui, in questo posto, vicino a te. ma di che ti importa? Probabilmente è la nostra fantasia, la nostra voglia di incontrarci, quello che proviamo l'uno per l'altro che ha creato tutto questo. "
Ok, ho capito tutto: è un sogno, e come direbbe uno psicologo, ciò che vedo è stato tutto originato dal mio inconscio partendo da tutte le volte che ho immaginato un nostro incontro reale. quello che però nessuno psicologo mi saprebbe spiegare è perché in questo sogno SENTO la tua bocca indugiare sul mio addome, SENTO una tua mano giocare con l'elastico dei miei boxer e farlo scivolare verso il basso, SENTO le tue labbra che baciano il mio membro non ancora eretto, mentre mi guardi con i tuoi occhi di velluto e di fuoco fissi dentro ai miei. No, neanche Sigmund Freud in persona saprebbe spiegarmi perché, se si tratta di un sogno, io ora sento la tua bocca che avvolge il mio membro col suo calore umido.
Come per lo scatto di un interruttore, smetto di colpo di farmi domande, di avere dubbi. In un solo istante, l'unica cosa di cui m'importa è che tu ora sei qui, con me. vedo il tuo corpo debolmente illuminato dalla poca luce lunare che entra dalla finestra, sento la tua bocca che nel mentre ha iniziato il suo movimento diabolico e paradisiaco insieme sul mio membro. allungo una mano quasi timidamente, come se avessi paura di spezzare un incantesimo, e accarezzo il tuo corpo nudo, la tua pelle liscia, morbida e profumata. Ti sposti quasi impercettibilmente per permettermi, pur continuando la tua suzione, di avere accesso con le mie dita alle tue intimità.
Accarezzo con le dita il tuo sesso, scoprendolo già eccitato perlomeno quanto il mio tra le tue labbra, e vi introduco dolcemente il mio indice. Sembra piacerti, e così inizio a masturbarti mentre con il medio, ad ogni andirivieni, friziono leggermente il tuo clitoride.
La tua unica risposta è un lieve mugolio di piacere mentre continui a tenere il mio membro fra le labbra, che io interpreto come un cenno di assenso. Sento le tue secrezioni aumentare, i tuoi lievi gemiti farsi più insistenti man mano che il mio dito continua la sua corsa dentro di te, e così decido di osare di più. Sfilo il mio dito madido di umori dal tuo sesso e inizio a massaggiarvi leggermente l'anello bruno della tua intimità proibita. Non noto alcun cenno di protesta da parte tua e perciò inizio a spingere piano il mio indice nel tuo sfintere, mentre il mio dito medio va ad occupare il posto lasciato vuoto nel tuo sesso.
Ben presto le mie dita scorrono libere dentro i tuoi orifizi, riesco a percepirle appena separate da un sottile velo.
Il tuo e il mio piacere crescono rapidamente, fino a che tu decidi che è giunto il momento di andare oltre: lasci il mio membro, io sfilo le mie dita da te e tu, muovendoti come una gatta, vieni sopra di me. Il tuo viso è vicino al mio viso, la tua bocca cattura la mia in un bacio lungo e sensuale.
Il tuo corpo è sopra il mio, e senza bisogno di aiuti il mio membro incontra il tuo sesso, dolcemente aperto e bagnato come un fiore rosso colmo di rugiada.
Ti muovi leggermente ed io entro in te, poco alla volta fino a che il mio pube tocca il tuo... sono completamente dentro di te, che inizi una specie di sensuale danza del ventre che ben presto moltiplica ed esaspera le mie e le tue sensazioni.
Non resisti, ti alzi a sedere sul mio ventre e, tenendo il mio sesso profondamente dentro di te, inizi a torturarti il clitoride con le dita.
I tuoi ed i miei gemiti sembrano diventare un rumore assordante nel silenzio della stanza; sento distintamente tutte le contrazioni della tua vagina, sento il tuo nettare d'amore colare abbondantemente su di me, fino a che di colpo ti abbandoni... più che venire verso di me mi cadi quasi addosso, incontrando le mie labbra e soffocando nella mia bocca un urlo strozzato per l'orgasmo raggiunto... subito anch'io mi arrendo ed esplodo dentro di te con lunghi getti di seme che tu senti come lievi frustate liquide contro il tuo utero...
Ci addormentiamo così, abbracciati, tu sopra di me con i nostri sessi ancora uniti, e le nostre bocche incatenate in un ultimo bacio...
...
...
...il trillo elettronico della radiosveglia mi fa aprire gli occhi come ogni maledetta mattina; quasi come un automa allungo la mano per zittirlo e con un occhio semiaperto verifico che effettivamente sono le 6.00 del mattino.
La camera è quella che ben conosco da anni, e mentre mi alzo penso con profondo rimpianto al sogno erotico che ho fatto, le cui tracce - ahimè - sono ben visibili sul mio pigiama...
Durante la mattinata il mio pensiero vola più e più volte a quella camera creata dal mio inconscio in cui ho sognato di incontrarti e di fare sesso... no, non è vero... di FARE L'AMORE con te. E' una cosa diversa, e vale molto di più.
"Chissà se potrà mai capitare..." è la frase che, con un sospiro, accompagna ogni volta l'uscita da questi pensieri ed il ritorno alla realtà.
La mattinata termina, e torno a casa per la pausa pranzo... mentre l'acqua scalda sul fuoco vado come ogni giorno a collegare il mio computer a Internet, ed a connettermi a YM quando i due computerini in basso a destra mi dicono che il collegamento è riuscito.
Subito mi si apre la finestrina dei messaggi off-line, ma oggi noto qualcosa di diverso: non c'è il consueto tuo messaggio di saluto accompagnato da una rosa... o meglio, c'è, ma è la seconda riga quella che attira la mia attenzione:
"STANOTTE E' STATO BELLISSIMO, VERO? TUA SAFY"...
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20 years ago
admin, 75
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Sesso e Metafora
Ci sono dei giorni che non hanno un inizio, come se l’alba non si fosse mai rischiarata e la notte che l’ha preceduta fosse rimasta a dormire dall’altra parte del mondo. Ci sono dei giorni che rimangono scompagnati perché non hanno bisogno di ieri o domani, perché soli bastano a giustificare interi anni di giorni che passano anonimi senza sussulto. E spezzano a metà esistenze, come reti da pesca dividono mari, dove il prima s’affoga in un solo ricordo e subito dopo ricominci a contare.
Ci sono dei giorni che ti chiudi la porta alle spalle e ti rendi conto d’essere sola, avvolta da un odore di umido e muffa che sale verdastro sui muri da ogni angolo di casa. Perché oggi è un anno che hai accompagnato tuo marito nell’ultimo viaggio, spinta a forza da una campana che gonfiava le pene e scandiva senza distrarsi gli ultimi passi strascicati sulla ghiaia. E l’hai visto dentro una bara, trasportata a spalla come un quarto di bue, e poi incassata dentro un loculo al quinto piano ripugnante, quanto un qualsiasi cassonetto che raccoglie immondizie. Perché proprio oggi ci sei tornata e la tristezza t’avvolto identica come se un anno non fosse passato, come se quel rumore di ghiaia fosse ancora dentro le orecchie.
Ci sono dei giorni, forse gli stessi di prima, che ad ogni costo non vuoi rimanere da sola, e trascini ed allunghi i tuoi impegni per paura che il tuo cervello svuotato sia costretto a pensare. E tralasci per ogni evenienza un bottone da attaccare, l’elastico di quelle mutande appoggiate da giorni sul bracciolo del divano. Lungo le ore del giorno ti trascini tra facce che non hanno consistenza, tra vuoti che pieni ed inquietanti ti fanno rumore, per poi finire dentro un cinema al riparo di sguardi di maschi che fissano il tuo lutto oltre l’orlo del vestito, oltre lo spacco a malapena cucito per chissà quale rispetto.
Ci sono dei giorni che non vuoi ascoltare nessuno, tranne quella maga che ti legge le carte, sapendo benissimo che ti sta imbrogliando, che il tuo futuro non è scritto in nessuna parte del cielo, o dell’inferno, che se esistesse davvero smetteresti di pregare all’istante. Ma t’affidi e t’attacchi a qualsiasi pensiero incredibile che ti passa involontario, che per un attimo solo diventa reale e ti lava di dentro tutto il dolore che soffri, che ti mangia quel misero pezzetto di fegato che ancora ti resta. Ci sono dei giorni come questo che t’abbandoni sulla poltrona e segui per centinaia di volte il percorso della crepa sul muro che muore ed ogni volta rinasce sopra il pavimento, e sei pronta a giurare che, nel mentre, ha cambiato percorso fino a sdoppiarsi ed ingrandirsi, fino a quando, tra poco, sentirai il frastuono di una casa che crolla. E per puro caso, tra le pareti che cadono a pezzi, ti sembra di sentire parole come dette nell’acqua, rimbombi di suoni incomprensibili che t’illudi che sia un campanello, un qualcuno che stasera ha deciso di venirti a trovare. Ti desti, ma è solo silenzio, ti concentri, ma sono solo gemiti di qualcuno dall’altra parte del muro che si procura piacere. Lungo le ore della notte s’aggrovigliano le tue smanie, le facce di chi in tempi lontani t’ha reso felice, ma che ora sarebbe ridicolo soltanto parlarci, incontrarli per caso dentro una stazione di metro o cercarli con un paio d’occhiali tra i nomi che scendono sotto il tuo dito sull’elenco del telefono. E ti accorgi che ti sei trascurata, che quest’unghia che scorre pare quella di un uomo, che questa mano arida e venosa ha bisogno di crema, che questo seno che cala ha bisogno di voglia. Corri davanti allo specchio e ti rendi conto che un anno di sofferenze ha annientato il tuo uomo come ha sfiancato il tuo bel viso, ora gonfiato da borse e solcato da rughe che sinuose s’allungano senza nessuna discrezione.
Ci sono dei giorni che vorresti reagire ed indossi in segreto un vestito di fiori, che t’illudi che il lutto lo porti comunque di dentro, che lui sopra una nuvola ti vede e t’apprezza per tutto l’amore che gli hai saputo donare. E durante la notte ci parli e t’approva, lo sogni e ti convince che quel letto è troppo grande per rifarlo al mattino, che quel fascio di luna che filtra deciso è troppo incalzante per non rimanerne aggrappata. E allora sì che ti curi e ti vesti e torni a risplendere, sperando che ai tuoi figli non gli salti l’idea di venirti a trovare proprio in questo momento, quando ti rivedi per un attimo bella, per un attimo padrona dei tuoi pensieri che si sfilacciano nelle tante occasioni che hai lasciato cadere. Ma una di quelle t’è rimasta incastrata dentro la tasca della borsa, con tanto di numero che poco prima, tra fiatone e disinvoltura, hai chiamato sfacciata.
Ed ora sul bordo della vasca giace rosa e turchese la tua ribellione di seta, la tua nuova sensibilità che t’attraversa la schiena fino a sfiorarti le gambe, fino ad adagiarsi piena di malizia sul nylon che non hai ancora indossato. E speri che questo momento non abbia una fine, che sia uno di quei giorni che, come reti da pesca dividono i mari, trancino netti un’esistenza, lasciandoti dietro quelli più amari, quelli dove la tua felicità era solo un peccato mortale. Ti guardi e ti vedi bella di nuovo, pronta ad offrirti come quando bambina misuravi la tua bellezza nell’intensità degli sguardi di qualche tuo coetaneo, nell’impaccio delle mani che toccandoti il seno ti facevano dolore. Ti volti e ti rivolti per assomigliarle ancora una volta, per provare ad esserlo nonostante una vita che ha inaridito cuore e pelle, cosce e ragione. E tra il rumore dell’acqua che scorre ascolti le mille incertezze che ti fanno ridicola, come questi fiocchetti oramai inadatti e sconvenienti, oramai distanti da quello che cerchi veramente, da questo rossetto che s’è fermato ad un palmo dalle tue labbra. E lasci cadere la mano proprio mentre segui l’alone incandescente dei tuoi capelli di rame, il contorno dei tuoi seni ravvivati da pizzo e ferretti, e ti vedi indecente come una suora in reggicalze o un prete che ti assolve guardandoti le gambe. Ma ormai è tardi, è maledettamente tardi! Tra poco qualcuno suonerà alla porta e tu non sei ancora pronta! Vorresti che tutto fosse solo un sogno, che l’uomo che aspetta svanisca al mattino, dentro quel letto che ti ritrova soddisfatta e sicuramente da sola. Vorresti sentirti libera di metterti ai piedi un paio di ciabatte, di indossare questa camicia da notte che appesa alla porta odora di casa e ti fa sentire serena. Vorresti che quell’uomo sopra la nuvola ti parlasse, ora nel bagno, fino a convincerti che non è ancora il momento, il giorno, che quell’uomo fuori la porta bussi invano per tutta la notte.
Ma sai che non sarà come credi, che ti lascerai trasportare in un ristorante, come in uno di quei tanti discorsi che non servono a niente, che il fine è tra le tue cosce perché altrimenti chissà per quale altra strana ragione state parlando, state guardandovi negli occhi cercando di non far trasparire l’unico motivo che stasera vi ha fatto incontrare. E sarà luce e sarà buio, momenti dove ti convinci che non stai facendo nulla di male ed altri dove speri che non ti proponga di salire un “minutino su da me”. E poi si lascerà prendere dalla commozione, e tu ti domanderai quanto sia vera, perché di sicuro te lo chiederai, perché di sicuro scivolerai a parlare del tuo povero marito.
Ma durerà solo il tempo necessario che tu ti convinca che hai davanti una persona sensibile, perché un momento dopo ti troverai sorpresa ad annusare il vapore delle sue parole che hanno cambiato forma e contenuto. E lo bacerai giurando che per questa sera non si andrà più oltre, proprio nell’instante che la sua mano spartisce i tuoi seni, e ne sceglie uno qualunque per cercarti la voglia. Ti desti e ti fingi di nuovo sorpresa, ma ormai non puoi più illuderti e non cerchi più pretesti quando maledettamente scomoda affondi scomposta sui cuscini del divano. E lui ti preme la voglia fino a trovarti senza barriere dove per mesi hai accolto solo assorbenti e le tue dita insaponate, solo ragioni e mutande di nero di lutto. E ti sembra di impazzire come tutte le volte quando hai pensato che nessuna mai è stata così intensa e mai ce ne sarà un’altra. Lo giureresti davvero! Lo giureresti sicura quando i tuoi gemiti vergognosi diventano urla, quando le visioni degli ultimi anni, quelli oltre la rete nei mari più persi, diventano opache senza più un senso. Perché l’unico senso è questo uomo che suda e ti fotte, quest’uomo che preme e concentra tutto sé stesso nel caldo bollente di queste tue cosce. E ti domandi dove mai troverà tutta questa carica, perché mai s’ostina a cercarti oltre la vertigine di qualsiasi precipizio, quale sarà la ragione che lo muove e lo indurisce, visto che non ha figli, non ha moglie e non ha perso un marito strada facendo. E ti rivolta, sicuro che lo farà, cercandoti ancora, fino a smantellare le ultime remore, quelle più ostiche che s’annidano in alto, oltre le pareti di qualsiasi donna, oltre la mente di qualsiasi femmina. E ti sentirai svuotata, questa volta davvero, quando l’urlo del maschio ti bagna di dentro e di fuori, quando da molto lontano senti cadere una stupida pioggia che pian piano vicina diventa tempesta e poi uragano. E ti sentirai nuova davvero, perché ci sono dei giorni che non hanno bisogno di ieri o domani, come se l’alba non dovesse più venire e questa notte che l’ha preceduta fosse rimasta a dormire dall’altra parte del mondo.
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20 years ago
admin, 75
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Lo confesso!
Lo confesso: ho sempre avuto pensieri e fantasie piccanti. Essendo però cresciuta in un ambiente alto borghese nel quale non è facile parlare di certi argomenti, ho sempre tenuto per me i miei sogni.
Solo nell’ultimo anno, con le mie due amiche Eva e Vanessa, ho iniziato ad aprirmi un po’ scoprendo che anche loro vivevano la mia stessa situazione. Un nostro desiderio ricorrente è stato quello di riuscire a mettere in scena un’orgia, come quelle che si vedono in tanti film.
L’occasione arrivò in occasione del mio compleanno.
«Giulia – mi dice al telefono Eva –preparati che sabato ti abbiamo preparato una bella festa di compleanno. Vestiti elegante che alle nove ti passo a prendere e raggiungiamo Vanessa al negozio di sigari del padre. Ah, mi raccomando, avverti casa che dormirai fuori… ciao».
Adesso, prima di continuare con il mio racconto, è il momento di descrivere un po’ le mie amiche e me. Siamo tre ragazze di 35 anni, quasi la metà dei quali passati nella stessa classe. Eva è una bionda naturale con un fisico veramente atletico ed un seno piccolo ma delizioso al quale fa compagnia un sedere veramente spettacolare. Vanessa è la più alta di noi; capelli neri su una pelle chiara ed un sedere che, n alcuni rari momenti di intimità, non ho potuto fare a meno di carezzare. Io, Giulia, ho decisamente il seno più bello del gruppo. Una terza coppa C che riscuote sempre il suo successo, tanto in discoteca quanto al mare in topless.
Il sabato del mio compleanno finalmente arriva e, dopo una giornata non particolarmente entusiasmante, mi infilo sotto la doccia poco fiduciosa nella serata a venire. «Sarà il solito aperitivo a base di Negroni e apertura dei regali (sempre bellissimi, devo dire) nel negozio di Vanessa, una cenetta elegante ed una nottata in discoteca, magari all’ Hollywood. Arriva il momento della vestizione e, sorseggiando una birra gelata, opto per calze autoreggenti nere, scarpe con tacco a spillo e un abito da sera nero dall’ampia scollatura sotto il quale è assolutamente vietato mettere il reggiseno. Finisco la birra aspettando che Eva mi citofoni. Quando mi chiama corro all’ascensore e mentre sto arrivando al piano terra, chissà perché (ah il sesto senso…) mi sfilo il perizoma di pizzo e lo ripongo nella borsa.
Finalmente arriviamo a destinazione. Un vero paradiso per gli amanti del sigaro, con divanetti e tavolini ove sedersi a degustare un Montecristo sorseggiando del buon Whisky. Entrando noto che tutte tre siamo vestite in modo molto simile. Dopo il primo giro di Negroni vedo Eva guardarmi con insistenza nella profonda scollatura e mi dice, mugugnando come una bambina:
«Uffa, voglio anch’io due tette così! Grandi belle e sfidano anche la gravità»
«Cosa ti lamenti che io farei carte false per avere un sedere così muscoloso» e dicendo ciò le appioppo una sonora pacca. Da qui parte una serie di complimenti reciproci fra tutte noi, accompagnati da palpatine e bacetti sulla bocca. Verso mezzanotte sentiamo bussare alla porta del negozio. La cosa mi sorprende, ma noto che Eva e Vanessa non battono ciglio e la padrona di casa va ad aprire. Entrano tre ragazzi che io non ho mai visto, ma che salutano affettuosamente con baci sulle guance le mie due amiche. Sono uno più bello dell’altro, sono colti e sciolti nel parlare e sembrano proprio a loro agio. Però proprio non capisco perché Vanessa li abbia invitati ad una serata che credevo per sole donne.
Mentre continuiamo a parlare, come se nulla fosse, Fabio si alza e si mette in piedi dietro lo schienale di Eva ed inizia a massaggiale il collo e le spalle. Rimango perplessa, ma anche un po’ invidiosa dell’amica che, impassibile per cinque minuti, ad un certo punto alza la testa porta la punta della sua lingua sulla punta della lingua di lui che nel frattempo si è chinato in avanti. Non so cosa dire; non so cosa fare; do la colpa agli aperitivi. Le sorprese non finiscono qui. Imitando Fabio, Vanessa si porta alle spalle di Luca, ma prima di iniziare il massaggio si siede sullo schienale, si alza la lunga gonna e mette le gambe a destra e a sinistra del ragazzo. Subito lui reclina la testa finché viene a contatto con le mutandine di lei (credevo le avesse) e la accarezza con la nuca mentre lei gli massaggia i pettorali prima da sopra e poi da sotto la camicia. A questo punto la mia testa sembra in una lavatrice. Non capisco più cosa stia succedendo alle mie amiche che credevo, per dirla con mia nonna, così a modo e non capisco cosa stia succedendo a me che mi sento sempre più eccitata, ma spaesata. Giacomo sembra non rendersi conto di nulla e continua a parlare senza dare a vedere alcuna eccitazione o voglia di imitare gli amici. Ad un certo punto succede. Le due, vedendo il mio rossore attribuibile più all’eccitazione che alla vergogna e forti del fatto che non abbia manifestato segni di disaccordo, mi si avvicinano una per lato e, all’unisono, mi sfiorano con le labbra i lobi delle orecchie ed Eva sussurra un “Buon Compleanno”. Detto questo mi trovo con le loro mani che scendono lungo il mio viso e poi giù fino al seno. Iniziano a toccarmi in un modo al quale è impossibile sottrarsi ed io inizio ad ansimare a occhi chiusi. In un attimo e senza accorgermi, mi trovo con i seni scoperti dal vestito che mi è stato slacciato e calato fino in vita. Mi leccano i capezzoli, me li succhiano e me li strizzano. Io abbandono ogni freno e, sentendomi una ninfomane impenitente, mi sfilo del tutto il vestito dimenticandomi di essere senza mutande e dimenticandomi dei tre ragazzi.
«Ma allora fiutavi qualcosa» mi dice Vanessa sfiorandomi il ciuffo di peli tra le gambe. Apro gli occhi e la bacio in bocca con la lingua come mai avevo fatto e, visto che tra amiche si divide tutto in parti uguali, do un profondo bacio anche a Eva. Lei, per reazione, avvicina la mano a quella di Vanessa che si trova ancora tra le mie gambe e infila un dito dentro di me. Lo estrae già tutto bagnato e lo porta vicino alla mia bocca dove viene leccato dalla lingua di Vanessa e dalla mia.
Scopro che i tre maschi sono già tutti nudi e i loro uccelli sono già duri e di ragguardevoli dimensioni. Non sono la sola ad accorgersene, visto che Eva stacca la bocca dal mio seno per accogliervi il membro di Giacomo, mentre Fabio affonda la testa tra le sue gambe e la lecca con un vigore ed una maestria mai visti. Anche Vanessa è ormai completamente nuda, fatta eccezione per le autoreggenti e le scarpe nere, e, seduta alla mia sinistra, inizia a masturbarmi con la sua mano destra. Mi ritrovo a gemere e sospirare di piacere finchè non apro gli occhi a la guardo. Il suo sorriso è più che esplicito: mi invita a fare lo stesso a lei. Non mi faccio pregare e comincio col mio indice sinistro a massaggiarle le grandi labbra; ad immergere il diti dentro di lei e a giocare col suo clitoride. Vanessa esplode in un gemito che è un misto tra un intenso piacere e una preghiera perché possa godere sempre più.
Eva è una vera scatenata. Ormai sembra che i due stalloni non le bastino più. Vuole qualcosa di nuovo ed estremamente perverso. Lascia che il grosso membro di Giacomo esca dalla sua bocca e si dirige verso le mie labbra. Dopo un lungo bacio lesbico si mette a gattoni sul divano e avanza nella mia direzione fino al momento in cui la sua lingua incontra le dita di Vanessa, ancora intente a penetrarmi, e vi si sostituisce. E’ il massimo, non resisto, devo assolutamente ricambiare le superbe leccate che ricevo. Così inizio anch’io a scopare Eva con la lingua dando così il via ad un 69 che mi fa sentire tanto una vera pornodiva. E’ in questa posizione, mentre urlo quasi per un violento orgasmo che mi ha travolto, che noto che i ragazzi non sono certo stati a guardare. Giacomo, approfittando del fatto che si trova davanti il culetto di Eva, infila senza complimenti il suo pene nella passerina ormai inondata. E’ uno spettacolo incredibile avere a due centimetri dal naso una così superba penetrazione ed avere la possibilità di assestare delle grandi leccate ad entrambi gli amanti. Sono stordita, ma non tanto da non accorgermi che la lingua di Fabio si è unita a quella di Eva sulla mia passera, mentre sento Vanessa urlare dal piacere che Luca le sta facendo provare.
Non resisto più, voglio anch’io la mia dose di maschio. Mi sciolgo da Eva e mi siedo sul bordo del divano proprio davanti a Fabio iniziando a somministrargli un pompino come mai avevo fatto prima. Fabio stringe ogni volta che può le mie grosse tette e noto che è davvero attratto da loro. Decido di offrirgli una Spagnola. Impugno i miei seni e intrappolo tra di loro la virtù di Fabio masturbandolo e leccandolo fin quasi a farlo scoppiare. Luca si è seduto dietro di me cingendomi con le sue gambe muscolose. In questa posizione sento il suo duro e grosso uccello appoggiato alla mia schiena, mentre lui sostituisce le sue mani alle mie baciandomi il collo e le orecchie. Avendo le mani libere, le infilo dietro la mia schiena e sfioro con tutta la delicatezza di cui sono capace il glande di Luca.
«Lo voglio in bocca!!» quasi urlo e faccio stendere Luca sul divano per il lungo, mi metto a culo all’aria davanti a lui ed inizio a spompinarlo come fossi un aspirapolvere. Fabio, messosi in ginocchio dietro di me comincia a penetrarmi con sempre maggior energia. Le mie succhiate vanno a ritmo coi colpi che ricevo da Fabio dietro di me. E’ troppo. Godo come una pazza per la seconda volta. Mi devo alzare, devo prendere un attimo di fiato. Rimango un attimo in disparte mentre osservo cosa fanno gli altri cinque. Eva e Vanessa sono a novanta sul divano una di fronte all’altra mentre Giacomo e Fabio le prendono da dietro. Luca è seduto tra le ragazze che si contendono il suo pisello a suon di leccate, non disdegnando di scambiarsi qualche bacio anche tra di loro. Sono in uno stato di relax misto a grande appagamento. Sono seduta a gambe aperte sul bracciolo di una poltroncina e noto sul tavolino uno dei grossi sigari del padre di Vanessa. Mentre lo soppeso, valutando se sia il caso di farne qualche boccata, mi si avvicina Luca che, quasi di sorpresa, appoggia il suo grosso cazzo alla mia fessura ancora calda e, quasi chiedendo “Posso?” con gli occhi, mi penetra. Non avendo ancora sbollito l’eccitazione (e come potrei, con lo spettacolo che mi offrono le due amiche?) lo accolgo con molta gioia e mi ritrovo a gemere mentre anche il sigaro si avvicina e solletica la mia passera. in un attimo mi ritrovo nel mazzo del campo di battaglia, in ginocchio sul divano, appoggiata allo schienale mentre uno dei ragazzi si impossessa del mio sedere. Dopo i primi attimi di dolore provo un piacere mai avuto ed inizio a baciare con passione Eva che è, dietro il divano, in piedi e china verso di me mentre le stanno riservando lo stesso mio trattamento. Vanessa sta ricevendo la sua dose di piacere seduta al mio fianco con Giacomo in ginocchio davanti a lei che la penetra mentre con le mani le tiene le gambe alzate e divaricate.
Da questo momento i miei ricordi sono vaghi e non continui. Eva che mi morde il clitoride mentre vengo penetrata da dietro e mentre ho in bocca un uccello che quasi mi soffoca. Eva che, a testa in giù sul divano mentre io e Vanessa la lecchiamo scambiandoci baci e toccamenti reciproci, masturba contemporaneamente due ragazzi.
Quello che ricordo bene è il finale di questa serata, con noi tre ragazze sedute sul divano ancora nude e sporche di sperma, esauste, ma non abbastanza per non scambiarci ancora qualche bacio e qualche carezza.
«Grazie ragazze. E’ stato il più bel regalo che abbia mai ricevuto. Vi amo.»
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20 years ago
admin, 75
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il mio amante segreto
Sono una giovane casalinga di Roma sposata con due figli,fino a due anni fa',conducevo una vita normale e felice (cosi' credevo ) ma improvvisamente nella mia casa e' arrivatio mio suocero,di 65 anni ben portati con un fisico ancora giovanile.Per problemi logistici mio marito ha deciso di far vivere suo padre nella nostra casa ,che e' grande ed accogliente.All'inizio i rapporti con mio suocero sono stati buonissimi, ma in seguito appena la mattina mio marito usciva per andare a lavoro , mio suocero iniziava una corte spietata, prima scherzandoci sopra ma con il passare del tempo sempre piu' asfissiante,fino al giorno che fingendo un malore mi chiamo' con un lamento di dolore dalla sua stanza,io che ero appena uscita dalla doccia,mi precipitai nella sua stanza per soccorrerlo, ma appena mi chinai su di lui,mi afferro per l'accappatoio,e girandosi rapidamente sopra di me mi penetro' notai allora che era completamente nudo,lottai allora per cercare di sfuggire aquella v
iolenza ,ma lui era troppo forte per me ,dopo essere riuscito a penetrarmi inizio' cvon dolcezza a baciarmi dappertutto ed io non riuscivo piu' a resistergli ,dopo circa mezz'ora di quei baci cosi caldi e appassionati cedetti completamente alle sue voglie ,provando ripetuti orgasmi mai avuti prima.!!!!Ricordo che quel giorno lo facemmo per diverse ore ,facendomi penetrare in tutti i canali possibili.Da quel giorno il nostro rapporto si e'molto sviluppato con altre storie sempre piu' eccitanti,che un giorno vi raccontero'.
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20 years ago
admin, 75
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La Confessione
- Allora?
- Allora cosa.
- Non parli?
Siamo seduti in macchina. In un parcheggio buio. Vicino a noi stanno
scopando. Ma non riesco ad essere felice per loro. C'è una cappa di
piombo su di me. Su di lui.
Mi guardo le mani abbandonate in grembo. Non riesco a guardarlo negli
occhi, non ci riuscirò per tutta la serata.
- Cosa vuoi sapere?-
- Cazzo Fra!!! Mi hai appena distrutto il cuore...non so se te ne
rendi conto!
- Si...
La voce non riesce quasi ad uscire. Il piombo sta entrando in me, lo
sento. Sono pesante, pesante...
- E non hai niente da dirmi!
- ....
Il silenzio fa più male di molte parole.
- Te l'ho detto...io...non so perché l'ho fatto. Vorrei
morire...credimi... Sto uno schifo.
- Cazzo...troppo comodo... Quando... quando è cominciato?
- ....
- Be' lo sai...ci vedevamo ogni tanto...ci parlavo...
- L'hai baciato subito vero?
- No...all'inizio non era niente, lui era gentile...oddio, perché devi
farmi dire queste cose...
- Quando ci hai scopato?
Un pugnale che entra nel cervello. Trova la mia anima. La fa a pezzi.
- ....
- Ti prego...
- Quando ci hai scopato!!!???
- Un...un mesetto fa, credo....
- Un mese fa????? Ti odio...
- Lo so...anche io mi odio, sapessi quanto.
-....
- Perché l'hai fatto?
-....
- Era... bello, e...mi faceva un sacco di complimenti...non lo so...ti
giuro non lo so perché...
Sento che la nausea mi assale. Non sono mai stata tanto male in tutta
la mia vita.
- Esco un attimo, non ce la faccio a stare qua dentro...cazzo,
cazzo!!!!
Rimango sola. Non riesco a sollevare la testa neanche di un
centimetro. Dentro di me gira solo una domanda, spietata: perché... e
me lo chiedo. Cento, mille volte. Dio, come vorrei tornare
indietro...di un mese, di un anno.
Lui torna.
- Adesso voglio sapere.
- Cosa?
- Dove, quando, cosa ti ha fatto...
- No...non puoi chiedermi questo...
- Cazzo!! Tu me lo devi dire!! Io non...non riesco neanche più a
toccarti...mi fa schifo pensare che...che lui ti ha toccato e poi
..dio mio....non mi ci far pensare...
Non avrei mai creduto di poter soffrire così. Ogni parola. Uno
stiletto nel cuore. Posso sentire le gocce di sangue cadere a terra. E
la cappa mi schiaccia sempre di più. La testa mi pesa. Le mani mi
pesano. La vita mi pesa.
- Allora??
- Cosa...
- Dove l'avete fatto?
- A casa sua...
- Dove?
- Sul suo letto...
- Cristo... Gliel'hai preso in bocca?
So che lo sta facendo per farmi male. O per farsi male. Come se il
dolore potesse servire a qualcosa.
- Allora?
Inspira con forza. Non sa neanche lui se è pronto a questo, ma ormai
vuole arrivare fino in fondo.
- S...si...
- ...
- Dove?
- Sulla poltrona.
- Come sulla poltrona???
- Io...ero seduta...lui...- dio mio, non ce la faccio...- lui era in
piedi.
- Glie l'hai fatto altre volte?
E' un incubo...non è la vita reale...è un incubo...
- ...Si.
Sento che sbatte la testa contro il poggiatesta. I miei occhi sono
fissi sulle mie mani, come inchiodati. Mi fanno male.
- E poi? Siete andati in camera da letto?
- Si...
- E te l'ha messo dentro...
- No...non subito...io...ti prego, facciamola finita...mi fa troppo
male...
- E chi se ne frega...sono io quello che sta male qui, tu sei quella
che ti sei fatta scopare, cazzo!!!
E' vero. Ma perché anche io sto male? Forse perché non me ne sono resa
conto...ero stupida, non lo so. Credevo che si potesse fare...ma che
mi diceva il cervello...
- Insomma, vai avanti, cazzo!!! Devo sapere tutto, capisci???
- Ci siamo...accarezzati, prima.
- Accarezzati dove?
- ...ti prego...
- VAI AVANTI!
- Dappertutto!!! Lui mi ha toccato...
- La fica??
- ..si...
- Che schifo! Continua...
- le solite cose...lo sai...
- NO! Un cazzo che lo so! Voglio sapere ho detto...
Sento la prima lacrima scendere piano.
- L'ho toccato un po' anche io, ci siamo baciati...
- Che schifo, che schifo...pensa quante volte ti ho baciato dopo che
tu...cristo!
-....
- Ti è piaciuto?
- Cosa...
- Come cosa!!! Farti fottere come una puttana! Allora, ti è piaciuto??
- ...non mi va di risponderti...
Le lacrime ormai mi bagnano le mani. Vorrei che lui le vedesse, e che
mi dicesse di non preoccuparmi, di non piangere...ma lui non dice una
parola. Forse è felice di vedermi piangere.
- Te la sei fatta leccare?
-...si...un po'
- Cazzo.... Sei venuta??
- No...
- Almeno questo...
-....
I minuti passano, non riesco neanche a singhiozzare. Il pianto
represso mi ha irrigidito il collo, la gola. Sento che tutto mi fa
male. La mia vita si sta sgretolando sotto di me e io non ho nemmeno
la forza di emettere un singhiozzo.
- E quante volte l'hai fatto?
- ...l'amore?
- Si, si!! Cazzo, quante volte ti sei fatta scopare da quello
stronzo??
- Non me lo ricordo...
- Si che te lo ricordi...allora?
- Non lo so... cinque, sei...
Il dolore è immenso. Non riesco a capacitarmi di essere stata io a
fare tutto questo...l'ho preso come un grande gioco, forse perché non
ci eravamo mai detti che stavamo insieme...credevo di poter fare
quello che volevo?? Che cazzo mi credevo!
Ma non ho mai pensato che potesse fargli male...come cazzo ho fatto???
Ora me ne rendo conto. Ora che è troppo tardi.
- Andiamo a casa.
- No, aspetta...parliamone, ti prego
- Non c'è niente di cui parlare. Niente.
Rimette in moto la macchina e parte.
- Scendi, siamo arrivati.
Non ci riesco. Non riesco ad alzare lo sguardo, non riesco ad
andarmene. I muscoli non mi ubbidiscono... Sento che se me ne vado
sarà tutto finito. Ho l'assurda speranza che restando lì qualcosa
possa cambiare.
- Vai via. E' tardi.
Sono le quattro. Siamo stati quattro ore in macchina. Io a guardarmi
le mani bagnate a darmi della stronza e a volermi suicidare. Lui a
cercare di ferirmi il più possibile e a pensare... a che cosa? Non lo
saprò mai.
Ci siamo detti poche cose, e decine di minuti di silenzio hanno
riempito i vuoti.
Sono stanca. Stanca di guardare fisso nello stesso punto, stanca di
non muovermi, stanca di non piangere
- Allora? Vai...?
- Ci...ci sentiamo domani?
- Non lo so.
Ha ragione, perfettamente ragione...ma io mi sento morire. Ancora di
più se è possibile.
Scendo dalla macchina, lui riparte senza un saluto.
Chissà se riuscirà a piangere stanotte...
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20 years ago
admin, 75
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Rossana
Tutto era pronto per la serata. Le luci delle candele, strategicamente collocate, creavano giochi d'ombra sulle pareti e sui mobili. Ero praticamente sdraiato sul divano e stavo ascoltando l'ultimo CD dei Groove Armada.
Non era proprio il tipo di musica che crea atmosfera, ma era da un po' che ne rimandavo sempre l'ascolto e visto che avevo un po' di tempo per farlo ne approfittavo.
La mia fantasia vagava libera mentre aspettavo che Rossana arrivasse. Pensavo a qualche nuovo gioco da realizzare con lei.
Il suono del citofono mi riporto' alla realta'. Mi alzai dal divano in cui ero sprofondato ed andai ad aprire.
Schiacciai il bottoncino per l'apertura del portoncino ed andai ad aprire la porta d'ingresso. Senza aspettare che lei entrasse me ne ritornai sul sofa'. Pochi secondi dopo la sentii entrare nell'appartamento.
"Sai gia' cosa fare" - le dissi dopo aver sentito il suono della porta che si richiudeva.
Lei non rispose, cosi' come le avevo insegnato. Lei aveva imparato che al di fuori del nostro gioco eravamo due carissimi amici, ma quando si iniziava a giocare, lei diventava la mia schiava e che doveva parlare solo per rispondere ad una mia domanda.
Si sposto' in camera da letto. Sentivo i suoi movimenti mentre si spogliava e poi si rivestiva con i nuovi indumenti, piu' consoni al suo ruolo.
Io spensi lo stereo, diedi una rapida occhiata in giro per la stanza e poi mi accomodai di nuovo sul sofa' ad aspettarla.
Rossana usci' dalla camera da letto e ando' in bagno.
Si trucco' come le avevo imposto di fare e poi venne da me.
Si fermo' a circa due metri, con la testa bassa e gli occhi ben rivolti verso terra, braccia e mani tese lungo i fianchi.
"Girati" - le ordinai.
Lei giro' su se stessa, mostrandomi cosi' anche il suo lato posteriore.
Aveva un vestitino scuro cortissimo e molto aderente. Non portava mai vestiti aderenti fuori di casa mia. Vestiva sempre con abiti larghi e sformati perche' aveva una caratteristica fisica che non le piaceva. Io le avevo ordinato di modificarlo, in modo da aumentare la scollatura e da mostrare bene le sue gambe.
Rossana e' senz'altro carina. Il suo viso e' tondeggiante, molto dolce. Il naso e' piccolino e gli occhi sono scuri. La bocca e le labbra sono bellissime. E' alta circa un metro e sessanta ed e' parecchio rotondetta, come piacciono a me. Ma cio' che mi aveva fatto impazzire era stato il suo seno procacissimo.
Rossana, per mia delizia, porta la nona di reggiseno. Varie volte mi era capitato di comprarle un reggiseno e quindi sono piu' che sicuro della taglia. Nona taglia, coppa D. Ha queste due mongolfiere sul davanti che mi facevano impazzire. E che per lei sono una croce da sopportare a causa degli sguardi di tutti gli uomini che la incrociavano per strada.
Per questo vestiva sempre con abiti larghi.
Ma quando entrava in casa mia ed io ero l'unico ad ammirarla allora tutto cambiava.
Aveva la carnagione chiarissima e mi piaceva molto farle indossare indumenti intimi neri che risaltavano sul suo biancore.
Sotto il vestito le avevo fatto indossare calze nere, con dei ricami floreali che le salivano lungo le gambe, il reggicalze ed il perizoma , sempre neri. Niente reggiseno ovviamente.
Quando si muoveva le sue tette sembravano avere una vitalita' propria.
In quel momento era li', girata di spalle, davanti a me, in attesa di un mio ordine.
"Chinati in avanti" - le dissi.
Lei ubbidiente, divarico' le gambe e si piego' in avanti, mettendosi a novanta gradi.
Il vestito era cosi' corto che ora le si vedeva il perizoma sotto.
Presi una bacchetta di legno sottile e gliela strofinai sulle gambe, lentamente, dirigendo la punta verso la sua fica. Lei restava ferma.
Mi alzai e continuai ad accarezzarla con la bacchetta. Lei sembrava impassibile ma sentivo che dentro era uno stravolgimento unico, in attesa di sapere quale sarebbe stata la mia mossa successiva.
Mi spostai in modo da vederla di profilo. Le sue tette sembravano tirarla giu' come due macigni. La bacchetta si muoveva su e giu' sulle sue natiche. Poi la feci scivolare in basso sulle gambe e all'improvviso le diedi un colpo dietro le ginocchia.
Ogni volta che davo a qualcuna un colpo di bacchetta alle ginocchia mi tornavano spontaneamente alla mente quelle volte in cui, alle elementari, ero io a subirli. Quando per qualsiasi futile motivo la mia maestra mi prendeva a bacchettate dietro alle ginocchia, mentre io cercavo di sfuggirle e lei mi teneva fermo. Tutti noi bambini eravamo terrorizzati da lei e stavamo attentissimi a non dire o fare qualcosa che le avrebbe dato il pretesto per punirci.
Pero', in quel momento, ero io ad avere la bacchetta in pugno. Ed era Rossana che subiva i colpi.
Lei sussulto'. Sentii un gemito uscirle dalle labbra e vidi che quasi perdeva l'equilibrio.
"Forse non mi sono spiegato bene" - dissi e le diedi un altro colpo un po' piu' forte.
Lei non si mosse. Riusci' a immobilizzarsi ed a zittirsi.
"Bene" - dissi - "vedo che poi pero' ti torna bene in mente cio' che ti ho insegnato".
Le sfiorai le natiche con la mano. Iniziai ad accarezzarla, poi le sollevai del tutto il vestito e le scostai il perizoma. Col pollice le solleticavo l'ano mentre con le altre dita unite le strofinavo rudemente la fica.
"A quanto pare a bagnarti sei un lampo.. che troia che sei.." - la insultai.
Mi pulii la mano sul suo vestito e tornai a sedermi sul divano.
"Vieni qui ed inginocchiati" - le ordinai.
Lei immediatamente si rialzo' e venne ad inginocchiarsi tra le mie gambe, poggiandomi la testa sul cazzo.
"Brava" - le dissi - "allora non ti sei dimenticata tutto.. qualcosa lo ricordi ancora".
Le misi una mano tra i capelli e l'accarezzai lentamente. Le spostai la testa e la faccia in modo da strofinargliela sul pene.
"Spogliati" - le ordinai poi. Lei si alzo' e comincio' a spogliarsi. Mentre si muoveva le sue tettone ballonzolavano ovunque. Rimase completamente nuda li' davanti a me.
"Vai a prendere la maschera" - ordinai.
Lei si avvicino' al tavolo e prese la maschera che usavo per bendarle gli occhi.
Torno' verso' di me e resto' in attesa di altri ordini.
"Ora prendi il tuo sedile" - dissi.
Si giro' e ando' verso l'armadio a muro e tiro' fuori uno sgabellino piccolo, molto basso.
Lo sistemo' a terra davanti a me e vi si sedette.
Mi alzai, presi la maschera dalle sue mani e le bendai gli occhi.
Poi presi le corde dal tavolo e le legai mani e piedi alle gambette dello sgabello.
Era scomodissima in quella posizione. Le caviglie legate alle gambe anteriori dello sgabello le imponevano di restare a gambe aperte e i polsi legati alle gambe posteriori la costringevano a tenere la schiena arcuata in modo da esibire bene le tette.
Mi risiedetti sul divano e con i piedi cominciai a toccarla. Glieli passavo dapertutto.
Sulle cosce, risalendo verso la fica aperta e umida, infilandole le dita dentro.
Poi glieli passavo sulle tette, giocando con i suoi capezzoloni, cercando di stringerli tra le dita.
Mi alzai, avvicinandomi e cominciai ad accarezzarla con le mani.
Le presi le tettone tra le mani e le strinsi, le strizzai i capezzoli. Sentirla ansimare mi faceva eccitare. Presi le mollette dal tavolo e cominciai a giocare con i seni, creando dei disegni tutto intorno ai suoi capezzoli. Poi presi due pinzette molto forti e gliele applicai direttamente ai capezzoli. Il suo respiro divento' affannoso ora.
A quel punto cominciai a giocare con la sua fica. Le titillavo il clitoride. Le accarezzavo le labbra della fica. Sentivo che godeva.
Presi il vibratore dal tavolo e glielo infilai lentamente. Ora era in estasi.
Avvicinai il mio cazzo alle sue labbra, strofinandoci la punta. Rossana allargo' le labbra e io glielo spinsi in bocca. Comincio' a succhiarlo ed a giocarci con la lingua.
Lasciai che mi facesse godere per un po' e poi mi spostai, togliendoglielo dalla bocca.
Lo passai un po' sul suo viso. Poi andai a prendere la bacchetta di legno.
"E adesso togliamo queste mollettine.." - le dissi.
Avvicinai la bacchetta ad una delle mollette e con un colpo secco la feci saltare.
Di nuovo lei sussulto' e caccio' un piccolo strillo.
"Eh no.. " - dissi - " non ci siamo proprio.. ".
E giu' un altro colpo per farne saltare un'altra. Sussulto' ancora ma riusci' a restare in silenzio.
"Ecco.. ora va molto meglio".
Ne feci saltare un altro paio. Rossana cercava di non farsi sfuggire nemmeno un suono.
Presi una molletta e iniziai a tirarla lentamente.
La pelle scivolava piano, assottigliandosi sempre piu' e facendo aumentare il dolore.
Vedevo Rossana che si tendeva, che cercava di trovare le energie per non gemere.
Quanto mi eccitava vederla cosi'. Quanta voglia di godere del suo corpo che avevo.
Le feci saltare tutte le mollette ma le lasciai le pinze attaccate ai capezzoli.
Poi le slegai polsi e caviglie. Le tolsi il vibratore dalla fica e la benda dagli occhi.
"Puliscilo bene e poi rimettilo al suo posto" - le ordinai, infilandole il giocattolo tra le labbra. Rossana lo ripuli' bene dopodiche' lo rimise sul tavolo al suo posto.
In quel momento avevo voglia di godere di lei.
"Vai in camera e stenditi sul letto" - le ordinai.
La raggiunsi subito dopo, presi le corde fissate al letto e le legai braccia e gambe, formando una X con il suo corpo.
Presi una candela blu e l'accesi. Iniziai a far colare la cera sul suo panciotto rotondo.
Le sfioravo la pelle con la fiamma e lei si contorceva.
"Cosi' peggiorerai le cose" - le dissi.
Presi a farle cadere le gocce di cera intorno ai capezzoli. Sembrava non si riempissero mai da quanto erano grossi.
Le infilai le dita nella fica e la trovai fradicia. Sentivo il mio cazzo che pulsava dalla voglia di godere di quel corpo inerme, legato, pronto a subire tutto cio' che mi potesse passare per la testa. Spensi la candela soffiando la cera sul corpo di Rossana.
Mi misi tra le sue gambe e le infilai il cazzo tutto di un colpo.
Lei si inarco' dal piacere. Agguantai i suoi fianchi fra le mani e strinsi forte lasciandole dei segni sulle carni. Mi misi sopra di lei, coprendola completamente e gravando su di lei con tutto il mio peso. Quasi la schiacciavo.
Poi mi sollevai, restando sempre dentro di lei. Le presi i seni tra le mani e strinsi forte mentre col bacino le davo dei violenti colpi alla fica. Stavo quasi per venire e spostai le dita dai seni ai capezzoli.
Afferrai le pinzette e le strinsi ancor di piu'. Lei urlo'. Non riusci' piu' a trattenersi e urlo' il suo dolore misto al piacere. Lacrime le correvano per il viso.
E guardando il suo viso rigato dalle lacrime, il suo dolore, il suo godimento, non riuscii piu' a trattenermi e venni dentro di lei, godendo di un orgasmo lungo, intenso.
E provocando in lei lo stesso orgasmo.
I muscoli delle gambe, delle braccia, del collo si tendevano per gli spasmi provocati.
Le mani si serrarono forti intorno ai suoi seni facendola sobbalzare ancora e regalandomi e regalandole un altro spasmo di piacere.
Restammo cosi' finche' non sentii che tutto si stava riequilibrando.
Mi staccai da lei. La guardai. Il viso bagnato dalle lacrime.
Mi accostai e cominciai a sfiorarle le guance con le labbra.
Le baciai gli occhi, succhiando le sue lacrime, assaporando il loro sale.
Baciai le sue gambe mentre le scioglievo le corde alle caviglie.
Baciai le braccia sciogliendo quelle ai polsi.
Sfioravo piano i suoi seni con le labbra, li accarezzavo delicatamente con le mani, mentre staccavo le pinze dai capezzoli martoriati. Lei si volto' su un fianco.
Si raccolse in posizione fetale ed io mi raccolsi intorno a lei, proteggendola.
Lei mi si appiccico' quanto piu' pote' .
Sentii la sua voce ancora roca dall' emozione e dalle forti sensazioni.
"Grazie" - mi disse.
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20 years ago
admin, 75
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weekend a Venezia
Un fine settimana a Venezia, tu ed io....
Il venerdì sera tu parti da Torino e vai a Venezia, prenoti una stanza matrimoniale in un alberghetto in una Calle molto tranquilla e caratteristica, aspettando il sabato mattina quando io arriverò alla stazione. La mattina dopo alla stazione io scendo dal treno e tu sei li ad aspettarmi. L'emozione è grande quasi non riusciamo a parlare, tu mi abbracci e le nostre bocche si uniscono in un vero bacio appassionato.
Poi presa la mia valigia, andiamo in un piccolo bar...per conoscerci un po' e per bere una bibita. Scambiato quattro chiacchiere e finita la bibita, ci dirigiamo verso l'alberghetto dove hai prenotato, io desidero fare una doccia e restare con te in piena intimità.Entriamo nella stanza in penombra, un profumo delicato aleggia nell'aria...un' incenso stà bruciando lentamente, e alcune candele spandono la loro luce soffusa.
Mi aiuti a spogliarmi lentamente ed io aiuto te, poi andiamo assieme sotto la doccia. L'acqua è calda e scende sui nostri corpi accendendo ancor di più il nostro desiderio. Ci insaponiamo a vicenda toccando tutte le parti dei nostri corpi, poi ci risciacquiamo e tu mi prendi in braccio, mentre io ti cingo la vita con le mie gambe. Le nostre bocche si uniscono, le lingue si intrecciano e tu piano, piano mi fai scendere giù verso il tuo pene che si erge pieno di desiderio e la mia vagina umida e gonfia, lo sente entrare senza nessuno sforzo. Ora tu mi fai salire e scendere con un ritmo uguale...lento...ma deciso e io impazzisco dal gusto, mentre le nostre bocche continuano a restare unite in un lunghissimo bacio. Ora il mio respiro si è fatto piu affannoso la bocca si apre in un urlo soffocato e io vengo tra le tue braccia. Tu mi tiene abbracciata per qualche secondo, poi mi adagi sul letto, la testa che scende un pò dalla sponda e tu in piedi dietro mi infili il tuo pene in bocca che
lo inghiotte con avidità. Tu ansimi, cerchi di resistere, ma la mia bocca e le mie mani non ti danno tregua e dopo poco sento il tuo seme caldo che mi riempie la bocca e scende in gola, e solo quando ha finito di uscire completamente, ti lascio libero. Ma tu non sei ancora sazio... ora mi hai messo alla pecorina e la tua lingua mi stà penetrando nel buchetto del sedere, facendomi mugolare di piacere, la tua saliva mi stà bagnando tutta e presto il buchetto si è dilatato e rilassato come non mai, allora tu mi vieni sopra e dopo avermi fatto bagnare bene il pene
me lo appoggi al buchetto e piano piano, lo infili tutto fino in fondo.
Ora io urlo il mio piacere mentre tu mi stai pompando lentamente, ma dopo poco aumenti il ritmo quasi con furia facendomi venire e riempendomi il culetto del tuo piacere. Poi rimaniamo così abbracciati, stanchi ma felici e si è fatto buio quando ci rendiamo conto di dove siamo. Ma questa è un'altra storia che ti racconterò un'altra volta......
Ciao amore
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20 years ago
admin, 75
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Esperienze estreme
Perversioni estreme di un marito cornuto guardone succube bsx
Vi racconto in sintesi la mia esperienza che invito a commentare informandomi anche se avete mai avuto esperienze o sentito storie simili perchè mi piacerebbe scambiare opinioni con qualc'uno che abbia una esperienza simile.
Non è una bufala e anche se è molto tempo da che la mia storia è finita e non posso godere piu di queste porcate me le ricordo e le racconto sempre con piacere e rimpianto.
La mia ex che chiamerò S era una porca ninfomane portata al sesso come non ne ho piu conosciuto. Era stata pervertita fin da ragazza prima dal vecchio padrino gran porco vizioso che l'aveva sverginata in ogni buco e fatta anche montare da suoi amici piu porci e viziosi a pagamento e infine addestrata da me che sapevo delle sue oscene voglie ma l'avevo voluta sposare proprio attratto dalla sua viziosità e fama di puttana. Dopo sposata scoprii presto che la porca affamata di cazzi mi cornificava spesso e volentieri e mi successe di spiarla strafottuta arrapandomi in modo incredibile e scoprendo così oltre alle corna anche la mia perversione di guardone. Tormentato da quella doppia scoperta cominciai a favorire i suoi incontri clandestini in casa nostra per poter godere di quegli spettacoli osceni di monta. Essendo insaziabile la fame di cazzoni sborrosi di S aumentava sempre piu e a forza di cercarne sempre piu grossi e poderosi alla fine colla complicità di un'amica puttana la mia sig
nora incontrò il mandrillo della sua vita dotato di una nerchia mostruosa e di coglioni taurini che dopo averle brutalmente risverginato la figa le ruppe il culo senza pietà con il suo nerbo smisurato sgarrandole il buco del culo come un animale. Anche se S se lo faceva mettere nel sedere fin da ragazzina spesso e volentieri e quindi aveva il foro posteriore bello capiente e abituato a grosse ceppe il gigantesco bigolo di quel porco le sfasciò lo sfintere in modo bestiale spaccandolo a fondo e sbriillentandolo come una caverna. Io che spiavo l'inchiappata selvaggia che il porco dava a mia moglie ero spaventato dalle urla della troia che a culo aperto si dibbateva sotto le botte profonde del montone cazzuto che la massacrava stantuffandola come un bruto ma stupito la vedevo anche godere da gran vacca pisciando libidine dalla sorca larga mentre il porco le svangava furiosamente le chiappe facendole raggiungere un'orgasmo masochista incredibile come non l'avevo mai vista spurgare. Ripe
nso con orgoglio alle gran corna che sentivo di portare ammirando la furibbonda inculata che subiva la mia moglie troia e all'arrapamento che mi procuravano i suoi urli deliranti e le parolacce sconce che ansimava invitando il suo mandrillo a schiattarle le chiappe a fondo e a farle il mazzo alla faccia mia fino a crepare di minchia. Quella non fu che la prima di una serie incredibile di inculate bestiali che il bastardo cazzuto somministrò a mia moglie nei giorni e mesi successivi trombandosela di continuo in ogni modo e che sventrarono a fondo la maiala riducendola la piu gran troia rottinculo del mondo. Il suo masochismo perverso la faceva godere di quelle ingroppate furibbonde che avrebbero massacrato e sbudellato anche la piu vacca delle bagascie da monta e venirsene come una fontana urlando a perdifiato di dolore e di piacere sotto le botte feroci di quella mazza spropositata che le massacravano il retto e le budella mentre dal mio nascondiglio la spiavo sparandomi seghe vergog
nose e godendo di quegli spettacoli di violenza atroce e bestiale e delle monte furibonde con cui il suo montone le schiattava il culo sadicamente e le insifonava la panza di sborra a pressione quotidianamente. A forza di spiare la mia signora puttana sotto cazzo del suo mandrillo alla fine sono stato anche scoperto dai due depravati che hanno goduto ad infliggermi ogni umiliante esperienza facendomi subire anche i loro sfottimenti mentre li aiutavo a trombare. Ho avuto il privilegio di poter impugnare la mostruosa nerchia del montone di mia moglie aiutandolo a ingropparsi la mia vacca e l'onore di tenergli la maiala ben spalancata mentre le imbottiva la panza a cazzo teso. Ero orgoglioso di poterli aiutare a fottersi facendo le porcate che mi ordinavano e godendo di quelle sconce incombenze per tutto il periodo in cui la storia è andata avanti fino ad arrivare a depravazioni estreme assistendo mia moglie messa anche a battere dal suo pappone cazzuto che oltre a montarsela lui quotid
ianamente la faceva anche coprire da clienti puttanieri in casa mia facendo i soldi con i buchi slabbrati della gran mignotta.
Ho subito in quel periodo ogni perversa umiliazione facendo e vedendo porcate incredibili che oggi rimpiango e da succube cornuto ho anche subito il cazzo oltre che in mano anche in bocca e poi in culo diventando un porco recchione bsx bocchinaro e rottinculo emulo della mia moglie troia sfondata.
Se volete sapere piu in dettaglio la mia storia mettetevi in contatto mail e vi racconterò tutto dal principio.
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20 years ago
admin, 75
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VACANZA (terza parte)
Una gioia irrefrenabile ti avvolge, penetra in ogni poro della tua pelle, in ogni singolo neurone della tua mente. Lo rivedrai, sarai ancora sua. Una certezza assoluta in te: non lo deluderai di nuovo, NO, MAI, MAI PIU'.
Senza distogliere lo sguardo dall'abito che ha scelto per te, sciogli lentamente il pareo, lo lasci cadere a terra; devi prepararti per lui, essere come sai che lui ti vuole, splendida, fiera, sottomessa, Sua.
Ti dirigi verso il bagno, la grande vasca idromassaggio sembra osservarti, invitante, apri i rubinetti, lasci che l'acqua scivoli tra le tue dita, aspetti che raggiunga la giusta temperatura, lasci cadere poche gocce del tuo profumo nell'acqua e ti adagi mollemente, chiudendo gli occhi, premi un pulsante, i getti dell'idromassaggio accarezzano il tuo corpo, rilassano i tuoi muscoli, vuoti la mente, ti abbandoni ai tuoi pensieri, alle tue fantasie, a Lui, a ciò che ti chiederà ed a ciò che farai, per lui, con gioia.
Minuti, lunghi minuti che si trasformano in ore, mollemente adagiata, persa nel tuo io. Poi decidi di riscuoterti ti sollevi, il corpo grondante solo un velo di rimpianto sapendo che quell'acqua ha lavato dal tuo corpo anche i segni del tuo e suo piacere, ma la consapevolezza che presto la sua pelle sarà ancora sulla tua, i tuoi umori ancora scivoleranno sulla tua pelle, mescolandosi al tuo sudore, al suo. Un fremito scuote il tuo corpo, i capezzoli si induriscono di colpo. Mio Dio chi è quest'uomo, chi è, come può il solo pensiero di lui portarti ad una tale eccitazione, ad un desiderio così spasmodico, come ha potuto annullarti in lui, capire che questo era ciò che desideravi, da sempre. Non importa, no, nulla importa, solo tu e lui, VOI.
Ti sdrai sul letto, un occhiata all'orologio, le 17, manca ancora molto, troppo tempo al momento in cui lo rivedrai, il tempo sembra essersi fermato, vorresti poterti perdere in un abisso di nulla e risvegliarti alle 20, pronta per lui.
Ti sdrai sul letto, nuda, lasci che la dolce brezza che muove le tende della finestra accarezzi il tuo corpo, la tua mano, inconsciamente, prende le palline, quelle palline che.., le sue palline. Le muovi piano sul tuo corpo, lasci che accarezzino la tua pelle, il tuo viso, senti ancora acuto, su di loro, l'odore del tuo piacere, che rinfocola il tuo desiderio. A malincuore le lasci cadere accanto a te, non puoi, non ora, non riusciresti a resistere al desiderio di accarezzarti, ti portarti, da sola, verso quel piacere che lui ti ha negato, giustamente negato.
Oblio, sensazioni, fantasie, il tempo scorre, le 18, le 18,30, le 19.
Basta ti alzi, devi prepararti per lui, nulla deve essere lasciato al caso, devi essere esattamente come lui ti vuole.
Davanti allo specchio inizi a truccarti con cura, studi attentamente il tuo viso, lasci che rimmel, matita, rossetto ti rendano ancora più bella. Si, sei soddisfatta di te, il tuo sguardo scivola sul tuo seno, vedi i capezzoli ancora turgidi, senti spasimi improvvisi al tuo ventre, l'eccitazione che da ore cerchi di contenere non ti abbandona e preme in te, tenendoti sospesa in un limbo ovattato di piacere continuo, inimmaginabile.
Prendi con cura l'abito che lui ha scelto per te, la seta scivola tra le tue dita, immagini la carezza del tessuto sulla tua pelle eccitata, immagini le sua mani sfilare quell'abito, scoprire la tua pelle, stringere i tuoi seni. Lo posi di nuovo, accanto a te, guardi i collant, poi il tuo sguardo corre alle palline, ancora appoggiate sul tuo letto. Ricordi bene i suoi ordini, quasi impressi a fuoco nelle tua mente; ti siedi sul bordo del letto, le palline tra le tue dita, accarezzi il seno trattenendo un gemito, poi le lasci scivolare sulle cosce, sulla pelle profumata, risali lentamente sfiorando la tua peluria che scopri umida, che senti fremere al contatto di quell'oggetto, soprattutto immaginando che, ancora una volta, siano le sue dita a guidarlo su te, in te. Ti apri lentamente, le tue dita sulle grandi labbra, gonfie di desiderio, un dito si bagna in te, lo muovi piano, come sai che lui farebbe, sul clitoride, girandoci attorno, piano, premendolo leggermente, per poi lasciarlo
scivolare di nuovo tra le labbra, ad aprirti, a prepararti. Ecco, senti la pressione della prima pallina, ti aspetti di trovare una lieve resistenza in te, ma...il desiderio e l'eccitazione sono tali che inaspettatamente la senti scivolare in te, il tuo corpo la inghiotte quasi, strappandoti un lungo gemito roco, facendoti sussultare, subito la seconda la segue, non puoi aspettare, vuoi riprovare quella sensazione di pienezza in te, spingi, le dita contratte, il busto un poco chinato, spingi, suoni inarticolati dalle tue labbra, ondate di piacere che partono dal tuo ventre, scoppiando nel cervello, le tue dita che indugiano su te, sulle labbra, sul clitoride. Basta Giorgia, basta, non devi, lui non vuole. A fatica cerchi di ritrovare un poco di lucidità, strappandoti da quell'oblio di piacere in cui stavi affondando, afferri i collant, sfiorano le dita dei tuoi piedi. Mio Dio, anche solo quel contatto ti da i brividi; lasci che scivolino sulle tue gambe, tendendole con cura, ammiran
done i delicati ricami, poi ti alzi in piedi, per un attimo la testa si svuota, la mente si annebbia, non ti aspettavi che ad ogni movimento le palline sapessero darti tanto piacere. Cerchi di concentrarti sul collant, lo tendi tirandolo verso l'alto, senti le sottili cuciture sulla pelle, sul tuo sesso ipereccitato, ti chiedi come potrai resistere, nascondere ciò che stai provando. Non sai come, ma sai che lo farai, per lui.
Riprendi l'abito, lo infili con cura, lasciando che la seta dia mille sensazioni al tuo corpo, lo lisci accuratamente con le mani, osservandoti, ti piaci, molto e sai, speri, di piacere anche a lui. Ora i sandali, pelle morbida, odore ci cuoio, ti chini ad infilarli, e.. chinandoti...le palline ti procurano nuove contrazioni di piacere, quasi una scarica elettrica. Respirando a fondo allacci il primo, poi il secondo, la bocca aperta, il respiro roco, affannoso, la mente che sembra svuotarsi per lasciar posto solo al piacere, tanto, troppo....e finalmente ti rialzi, lentamente, sai che devi imparare a dosare i tuoi movimenti, sai bene che lui ti ha imposto questo come prova, che lui vuole che tutto ciò ti dia piacere ma..solo lui deciderà se e quando potrai giungere all'orgasmo, e non puoi e non vuoi deluderlo.
L'orologio, le 19,40, basta, non resisti più, un ultimo sguardo allo specchio che ti rimanda la tua immagine, l'immagine di una bella donna, l'immagine di un viso ansioso, l'immagine di due occhi persi nell'attesa e nel desiderio; l'abito modella splendidamente il tuo corpo, si appoggia sui seni, quasi sorretto dai capezzoli turgidi, per poi scivolare morbidamente lungo il tuo corpo, fino ai fianchi, disegnandoli sfacciatamente, fasciandoli, rientrando appena in corrispondenza del tuo pube e poi scendere graziosamente fino ai piedi. Ti avvii verso la porta, il collant accarezza il tuo sesso, il tuo clitoride, le palline ondeggiano in te, senti le gambe cedere, un'ondata di calore al viso, No Giorgia, non devi, resisti, per lui. Con un immane sforzo ti neghi il piacere, scacci l'orgasmo, mai avresti immaginato di fare ciò, eppure una fierezza ed un orgoglio inaspettato ti colgono, si fiera di essere sua, di obbedirgli. Chiudi la porta alle tue spalle, scendi lentamente con l'ascensore
, scopri con piacere che il tuo corpo si sta adattando a questa nuova situazione, imparando come muoversi per trarre piacere pur..controllandosi, a perdersi e cullarsi in una lenta marea di piacere che aumenta piano, per poi lasciarsi controllare se resti immobile, defluire, per poi riprendere. Attraversi la hall come in un sogno, scendi due gradini, il bar, ti guardi attorno, lui non c'è. Sciocca, è evidente, sono solo le 19,48, ha detto alle 20. Un tavolino d'angolo, vuoto, ti siedi, accavallando le gambe, senti gli sguardi degli altri ospiti su te, sai che gli uomini ti desiderano, che le donne ti invidiano, è una sensazione esaltante, e la devi a lui, solo a lui. Certo tu sei sempre tu, ma lui ha saputo aprire la tua mente, spingerti a mostrare il tuo charme, a vivere la tua vera te stessa.
Mentre ti guardi attorno, aspettandolo, inconsciamente i tuoi muscoli iniziano a contrarsi lentamente, per poi rilassarsi e contrarsi di nuovo. Sfidi con lo sguardo le altre persone, non sanno cosa stai facendo, non sanno cosa stai provando, ti stai masturbando, si masturbando con la mente, con il corpo, li, tra la gente ignara, e... ti piace. Alzi lo sguardo, LUI, una involontaria contrazione al ventre, quasi un orgasmo, i seni che si tendono, li senti premere l'abito, sai che i capezzoli spingono, provocanti, eccitati, visibilissimi, ma non importa, nulla importa, lui è li, Abbassi lo sguardo, ... Aspettando.
Si china su te, sorridendo, senti il suo sguardo scorrerti sulla pelle, il suo profumo avvolgerti, le sue labbra accanto al tuo viso, un leggero bacio sulla guancia, poche parole sussurrate "sei splendida", un moto d'orgoglio, di gioia; si siede accanto a te senza smettere di osservarti. Un cameriere si avvicina silenzioso, posa davanti a voi due flute, osservi i bicchieri, sempre più stupita: Kir royale, come, come sapeva anche questo, come poteva sapere che è il tuo aperitivo preferito? Non importa, nulla importa, vedi la sua mano afferrare un bicchiere, porgertelo lentamente, cercando i tuoi occhi, sollevi lo sguardo nel suo, vi leggi dolcezza, prendi il flute, sfiorando le sue dita, senti un brivido; la sua mano indugia per un attimo sulla tua, poi prende il suo bicchiere, lo solleva, dedicandoti un silenzioso brindisi, lo segui con gli occhi, copiando ogni suo gesto, i bicchieri che si avvicinano alle labbra, l'effervescente frizzare dello champagne, il dolce sapore della crema
di cassis, fusi mirabilmente a creare quel gusto aspro e dolce, fruttato, scivola tra le tue labbra, riempie il tuo palato, scorre in gola, rinfrescandola, allontanando per un attimo quella arsura che ti ha colto da quando è arrivato, dovuta ad eccitazione, attesa, desiderio, paura forse, non di ciò che ti attende, ma paura di deluderlo, di non essere all'altezza.
Bevete in silenzio, senza distogliere lo sguardo l'uno dall'altra, i vostri corpi, le vostre menti parlano per voi.
Poi lentamente si alza, prende dolcemente la tua mano, "posso avere l'onore di averti a cena con me Giorgia?" un tuffo al cuore, la mente in subbuglio, odiandoti per non riuscire neppure a dire un semplice si, ti alzi, accennando ad un sorriso, prendi il braccio che ti offre, lo segui, attraversando la sala, fiere di essere al suo fianco. Uscite senti il suo braccio sfiorare il tuo corpo, muovere leggermente la seta dell'abito che ti fascia, accarezzare la tua pelle; un auto in attesa, ti apre la portiera, ti invita a salire. Ti sembra di vivere un sogno, colmata di attenzioni, lui che si dedica a te, facendoti sentire importante, una Regina, e soprattutto cogli, inequivocabilmente, che per lui ora sei importante, una Regina.
L'auto si avvia, nessuno parla, forse nel timore di rompere quell'atmosfera, guida sicuro, attento, tra vicoli sconosciuti e suggestivi, poi la campagna, filari di alberi al tramonto e finalmente un cascinale in lontananza, si ferma, scende aprendoti lo sportello, restate immobili per un attimo, rapiti dalla suggestione del luogo.
Si un vecchio cascinale, ma elegantemente ristrutturato, ti guida verso l'ingresso, un cameriere vi fa strada verso una saletta, una tavola apparecchiata, candele, fiori. Con un cenno congeda il cameriere, scosta una sedia, ti fa accomodare; sei deliziata e turbata da queste attenzioni, sfila da un vaso una rosa rossa, te la porge, ne annusi il profumo penetrante, fissandolo negli occhi, uno spasimo improvviso ti ricorda le palline in te, una eccitazione incontrollabile ti assale, vorresti che ti baciasse, che ti stringesse, che ti spogliasse lentamente lasciando che le sue mani scoprano ogni segreto del tuo corpo per poi farti sua, lì, su quella tavola elegante, tra candele e fiori, con dolcezza, decisione, sua, fino in fondo.
Sai che legge in te, eppure sembra ignorare i tuoi pensieri, si siede di fronte a te, inizia a chiacchierare, ad ascoltarti, mentre silenziosi camerieri servono la cena, perfetta sotto ogni aspetta, dalla scelta dei cibi ai vini, ai digestivi. Ti sembra di vivere i un mondo parallelo, di essere protagonista di uno dei tuoi sogni di bimba, il principe azzurro che ti trasporta nel suo mondo di favola, ti lasci cullare da tutto ciò, ma, spesso, sempre più spesso, un banale movimento del tuo corpo, un innocente accavallare di gambe, ti procurano stimoli, sensazioni, desideri che non sono da bimba, non sono da favola, ma da donna, femmina, consapevole, desiderosa.
La cena finisce, l'aria fresca della notte vi accoglie, salite in auto, Il buio della notte intorno a voi nella campagna sembra ancora più buio, guardi fissa davanti a te, senti il tuo respiro accelerare, chiudi gli occhi, ti lasci cullare dai tuoi pensieri, le mani in grembo, che premono sul tuo ventre, il bacino che ondeggia piano, le labbra dischiuse, persa nella tua voglia, risvegliata dall'attesa, forse dal vino, certamente da lui e dalle sue attenzioni. Le palline, il collant che accarezza le tue nudità, che sfiora i tuoi punti più sensibili.
La sua mano, oddio la sua mano, finalmente sulle tue gambe, le sfiora leggera, muovendo la seta del tuo abito sulle cosce, sui collant, spasmi improvvisi, desideri violenti. Non osi muoverti, temi che un tuo movimento, un tuo gesto, un sospiro troppo forte faccia scomparire tutto ciò. Ma...la sua mano ti abbandona, NO, che hai fatto ora, perché? Perché? Improvvisamente qualcosa sul tuo viso, seta, una benda, la senti stringere, sugli occhi chiusi, dietro la nuca, stringere e costringerti al buio, al nulla. Ora la sua mano accarezza le tue braccia nude, scende verso le tue mani, ancora abbandonate in grembo, sui tuoi polsi, uno scatto improvviso, qualcosa di freddo ti imprigiona, ... MANETTE. Un sussulto, ora hai paura, si paura. Ti sei forse spinta troppo oltre? Troppo avanti? Ti sei fidata di lui, ma chi è lui, cosa sai di lui? NULLA. Ed invece lui sembra sapere tutto, troppo dite.
Ora il tuo respiro è affannoso, tremi, eppure, dentro te sei sicura di poterti fidare di lui, Vuoi fidarti di lui, ed essere sua. Questo pensiero ti tranquillizza un poco, cerchi di scacciare i pensieri più terrificanti dalla mente, di vuotarla, pronta ad accoglierlo. L'auto si avvia..verso...l'ignoto.
Il lieve ondeggiare dell'auto provoca stimoli crescenti, un mare di desiderio ti sommerge, ora scordi tutto, paura, ansia, ora vuoi essere sua, qualunque cosa egli voglia da te.
Senti i tuoi umori impregnare il collant, ti sembra di cogliere il tuo odore penetrante pervadere l'auto, vorresti chiedere la sua mano, portarla su te. Ma devi restare in silenzio.
Ora il rollio dell'auto è più regolare, traffico intorno a voi, forse una autostrada, mio Dio dove ti sta portando?
Non importa, ovunque ma con lui
L'auto si ferma, sei colta alla sprovvista, senti la sua portiera aprirsi, poi la tua, la sua mano sul tuo braccio, decisa, ti fa scendere. La benda sul viso ti trasporta in un nulla fatto di sensazioni, odori, rumori; cogli rumori d'auto, puzza di benzina, parole ovattate e lontane. Ti lasci guidare; improvvisamente la sensazione di un ambiente chiuso, in contrasto con la brezza notturna di poco prima, uno strano odore che non sai definire, una porta si apre, vieni spinta avanti, con decisione e dolcezza, percepisci un ambiente stretto, i tuoi sandali posano su...un graticcio in metallo? Ma dove sei? Dove ti ha portata? Non importa, lui è con te.
Senti il suo corpo contro il tuo ora, le sue braccia stringerti, ti lasci andare, appoggiandoti ad una parete.
Le sue mani calde, abili, che ben ricordi, accarezzano il tuo corpo attraverso l'abito, la seta accarezza la tua pelle guidata da lui, suoni inarticolati dalla tua gola, soffocati, sai, senza che lui debba dirtelo, che devi stare in silenzio, ma è difficile, troppo a lungo hai negato al tuo corpo il piacere, ora lo senti crescere in te, come una marea, ti avvolge la mente, sfiora il tuo corpo, come una calda guaina ti copre, ansimi a bocca aperta ora, le sue labbra sul collo, mentre la sua mano..siiiiii, finalmente la sua mano preme tra le tue gambe, ti spingi contro lui, ondeggiando il bacino in gesti convulsi, sempre più rapidi, cercando piacere, cercandolo, lo senti frugarti con decisione, l'abito si bagna di te attraverso i collant ormai fradìci, le gambe piegate il busto proteso, sua, sua come non mai.
Solleva il vestito, con gesto brusco strappa il collant, hai un fremito, assurdamente di piacere, pronta a lui, la sua mano si bagna in te, lo senti afferrare l'anello delle palline, muoverle con abilità, con sapienza, tirarle un poco, spingerle in te, di nuovo tirarle, temi che una volta ancora le strappi da te negandole, ma sai che stavolta non fiaterai, accetterai. Le sue mani sulle spalle, ti fa voltare appoggi le mani alla parete, senti il freddo di piastrelle velate di umidità sotto le dita, leggermente scivolose, non importa, nulla importa: l'abito sollevato in vita, il sedere proteso indietro, le sue mani ora sulle natiche, le aprono piano, poi le stringono e di nuovo le aprono, in una sfinente carezza, accentuata dalle maledette, benedette palline in te. Sei in un mondo tutto tuo, fatto solo di sensazioni ormai, pronta a cogliere ogni fremito della pelle, ogni tocco delle sue dita.
Qualcosa di caldo, di umido scorre nel solco tra le tue natiche, intuisci che è la sua saliva, un dito la raccoglie, la muove su te, sul tuo buchino, preme piano, forzandolo, oddio no, oddio SIIII, si, tutto, tutto
Spingi con decisione il bacino contro quel dito, lo senti aprirti, forzarti, entrare in te, muoversi in te accarezzando le palline, dandoti spasmi di piacere inauditi, un secondo dito, preme la tua apertura, scivola in te. Li senti aprirsi, a forbice, muoversi, allargarti, senti il tuo buchino dilatarsi cercando...si, cercando il suo sesso, lo vuole, lo vuoi.
Eccolo, ne senti il glande premere sull'ano lasciato aperto e vuoto dalle dita, i tuoi muscoli contrarsi, poi piano rilassarsi, la sua mano sul tuo clitoride, lo accarezza abilmente, spingendo, i tuoi muscoli cedono, ti senti aprire, di più, lo senti scivolare in te, mordi le labbra per trattenere un gemito e spingi contro lui, ti impali da sola su li, lo vuoi, disperatamente.
Le sue mani sui tuoi fianchi ora, decise, ti afferrano, ti guidano in una furiosa cavalcata, gambe molli, la mente vuota e tanto tanto piacere.
Le sue dita tra i tuoi capelli strappano di colpo la fascia, i tuoi occhi velati di piacere mettono a fuoco a fatica, colpi sempre più rapidi e possenti in te, l'orgasmo che sale, un groppo alla gola, arsa, secca, la lingua che si muove su quelle piastrelle, il viso che ci si appoggia, girando scompostamente a destra e sinistra. Il piacere, eccolo eccolo, lo senti, intenso, partire dal tuo ventre, scorrere nel tuo corpo, scaldarlo, pur facendolo rabbrividire. Il fiato mozzo, una lunga apnea, mentre di colpo le gambe cedono, ti lasci andare, quasi sostenuta solo dal suo sesso, il piacere che cola tra le gambe come mai ti è successo, come mai avresti pensato, sperato, un lungo, lunghissimo orgasmo, che pian piano sui affievolisce mentre lui continua a spingere in te, ed ecco che riprende il piacere, la sua mano muove le palline mentre il suo sesso spinge ancora, ed ancora, la mente si svuota di colpo, non è possibile no, ma un nuovo orgasmo ti coglie, più dolce del precedente, più appr
ezzato, più dirompente forse, che ti lascia ansante, senza forza, contro quella parete, quasi rannicchiata sul suo sesso ancora in te, ancora duro.
Ora i suoi movimenti si fanno più lenti, ma più profondi, cogli ogni movimento in te.
Lentamente tira le palline, le senti avvicinarsi alla vulva, scivolare fuori, la prima, con un sordo plop, muove un poco la seconda, ed ecco anche questa esce, un sussulto, le sue mani sulle tue spalle, esce da te, ti fa voltare, ti spinge in ginocchio.
Il suo sesso svettante davanti a te, al tuo viso, lo guardi negli occhi, una muta preghiera, lo vuoi ora, tra le labbra, in bocca. Ed eccolo, ecco il suo odore, così desiderato, così amato,si posa sulle labbra, scivola in te, la sua mano ti guida, colpi decisi, ti scopa in bocca ora, sua completamente sua, si completamente. Colpi che senti in gola, sapore acre, piacevole, eccitante, lo senti gonfiarsi in te, di più, ancora più veloce, ed eccolo esplodere, il suo seme caldo in gola ti fa sussultare ed improvvisamente senti un altro orgasmo sconvolgerti un orgasmo della tua mente, diverso dai precedenti, nuovo, inaspettato, vieni con lui, insieme, uniti, bevendolo.
Lunghi attimi, solo i vostri respiri che rallentano, il cuore che batte meno rapido, i sensi che faticosamente riprendono contatto con la realtà. Una carezza sfiora i tuoi capelli, sollevi lo sguardo aprendo gli occhi che avevi chiuso nell'estasi, vedi il suo sorriso, leggi il suo orgoglio per te, si, è orgoglioso di te e tu lo sei per te stessa, per come ti sei data a lui, per come sei sua.
Volgi attorno lo sguardo, riconosci il locale, uno squallido bagno d'autogrill, lurido, puzzolente, solo ora cogli queste sensazioni che prima erano coperte da ben altre. Sai cosa ha voluto fare, dimostrarti che ovunque, se sei con lui, ci siete solo voi, e non ti infastidisce essere in ginocchio su un graticcio umido, bagnato da umori estranei, lo fai per lui e ne sei fiera.
Ti aiuta a rialzarti, ti stringe a se, hai le calze strappate, il vestito umido e macchiato, ma non importa, sei tra le sue braccia, felice.
Uscite assieme, abbracciati, dirigendovi verso l'auto, non importa se qualcuno ti ha visto, se qualcuno pensa chissà che di te, sei tra le sue braccia.
Il ritorno in hotel è come un sogno, accoccolata sul sedile ma stretta a lui, che guidando accarezza i tuoi capelli. La hall, il portiere, la chiave, l'ascensore, lui preme il bottone del secondo piano, il tuo piano, si ferma, le porte si aprono, ti sorride, buonanotte Giorgia, un leggero bacio a fior di labbra e.le porte si chiudono. Ti dirigi barcollando verso la tua camera ebbra di gioia, di piacere, ti lasci cadere sul letto, addormentandoti con lui nella mente.
Uno squillo improvviso, a tentoni afferri il telefono, sarà lui? No, la voce professionale del portiere, "mi scusi signora ma oggi è prevista la sua partenza e dovrebbe liberare la camera entro le 12". Un tuffo al cuore, lo avevi scordato, oggi parti, torni a casa, guardi l'orologio, le 12, ti alzi a fatica, cercando di snebbiare la mente, solo lui nel cervello, non puoi perderlo. Afferri il telefono, 322, la sua camera, lunghi squilli, nessuno Dio mio, no, no, ti prego, rispondi, rispondiiiiiii. Nulla.
Con il vuoto nella mente raccogli in fretta i tuoi abiti, ti cambi, le valige, butti tutto alla rinfusa, scendi come un automa, chiedi il conto, il viso ancora segnato dalla notte passata, dal sogno divenuto realtà. Ancora un tentativo, guardi il portiere," scusi potrei lasciare un messaggio al signore della 322?" ti guarda con lo sguardo di chi ha capito tutto, un sorrisetto d'intesa, "mi spiace signora, il signore è partito 2 ore fa" le gambe ti cedono, il cuore sembra fermarsi, lo hai perso, senti le lacrime colmarti gli occhi, giri il capo, non vuoi dare anche questa soddisfazione al portiere.
Il facchino ti porta i bagagli nell'auto, sali, accendi il motore e parti, sola, ora puoi lasciare che le lacrime solchino il tuo viso, ora puoi lasciare che il mondo scorra attraverso una patina umida davanti a te, ora nulla ti importa, autostrada, autogrill, molti, troppi ricordi, e ancora conservi nella valigia un collant strappato e pregno di te, almeno quello, un ultimo ricordo di una vacanza inaspettata e trascorsa troppo in fretta.
Ecco, luoghi familiari, la tua via, la tua villetta, il giardino ben curato, parcheggi l'auto, tuo marito ti aspetta, un bacio tiepido, sei lontana da lui, come mai lo sei stata.
Poche parole, scambi banali raccontando false giornate oziose, una scusa, sali in camera, ti chiudi in bagno, piangendo. Accendi una sigaretta, affacciandoti alla finestra, lasci che lo sguardo scorra su luoghi noti, abituali, cercando di riappropriartene, di rifarli tuoi, ben sapendo che non sarà mai più così. Rumori conosciuti, rumori nuovi, un camion di traslochi nella villa vicino, accidenti anche la tua amica del cuore si è trasferita, chissà chi arriverà.
Guardi senza interesse gli operai che scaricano mobili di buon gusto, tappeti, quadri, ma tutto è lontano, ovattato.
Un auto entra nel cortiletto della villa a fianco, il cuore si ferma, la portiera si apre, LUI.. scende dall'auto, con passo sicuro, si avvia verso la villa.
Lui, il tuo nuovo vicino, apre la porta di casa sua, sta per entrare, vorresti chiamarlo, farti notare dirgli che sei li, SUA.
Si volta lentamente, il suo sguardo scorre lungo i muri di casa tua, la tua finestra, i suoi occhi nei tuoi, porta lentamente la mano alla bocca, un bacio in punta di dita che vola fino a te, che fa volare lontano la tua mente, fremere il tuo corpo, che riempie il tuo cuore di gioia, mentre lui entra, ma ora è li, vicino a te, e tu sei SUA.
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20 years ago
admin, 75
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VACANZA (seconda parte)
Ancora stordita, in preda alle mille emozioni e sensazioni appena vissute chiudi quella porta alle tue spalle, ti avvii verso la tua stanza, il nulla intorno a te, il vuoto nella testa, una sensazione di appagamento totale mai provata. Ecco..la tua camera, entri, la penombra, la finestra semichiusa, il letto vuoto, ti sdrai come un automa. La tua mente rivive i momenti passati, tu in piscina, lo sciocco gioco con te stessa, l'eccitazione improvvisa che ti coglieva, le sue mani su te, la tua vergogna ed il tuo desiderio; poi la trasformazione, la liberazione quasi, il sentirti improvvisamente libera da tutto, solo il tuo corpo, le tue voglie, le tue fantasie ed il desiderio di una guida.
Pensi, razionalmente, che dovresti provare vergogna, rimorso per ciò che è stato, per ciò che hai provato, ma non è così, finalmente, forse per la prima volta nella tua vita, ti senti semplicemente te stessa, libera, felice, e tutto questo grazie a.. solo ora ti rendi conto che non sai neppure il suo nome, nulla di lui, solo il numero della sua camera . 322 . e forse ora sta facendo i bagagli, sta lasciando l'hotel, lo stai perdendo, per sempre. Una fitta al petto, il cuore in gola, scioccamente ti alzi, ti avvicini alla finestra, con la speranza di vederlo, una assurda paura, un senso di vuoto. La piscina sotto di te ormai affollata, risate, giochi..lui non c'é. Cerchi di tranquillizzarti, "sarà nella sua camera, magari facendosi una doccia pensando a me, magari rivivendo i momenti vissuti insieme"; l'ansia non ti abbandona, vaghi nella stanza vuota, la mente in subbuglio. Solo ora realizzi che indossi solo il pareo, che null'altro copre il tuo corpo, il tuo costume è rimasto nella
sua stanza, testimone dei vostri amplessi, del tuo essere sua, i tuoi umori, i vostri umori stanno ancora asciugandosi lentamente sulla tua pelle, il tuo odore, il suo aleggiano ancora su te.
Una assurda eccitazione ti coglie, ti lasci cadere su una poltroncina, la tua mano sfiora le gambe, quasi fosse la sua. "Giorgia smettila, che fai, non devi" pensieri razionali cercano di farsi strada tra nuvole di irrazionalità, di istinto; la tua mano continua a muoversi, sfiora il tuo sesso, lo scopri bagnato, mai avresti pensato di poter vivere in un tale stato di eccitazione. Sollevi lo sguardo e cogli la tua immagine riflessa in uno specchio, sensazioni già vissute, desideri riscoperti, ti sembra di sentire ancora il suo sguardo su di te, accarezzarti la pelle, sfiorarti sfacciatamente, e la tua mente gioirne.
Ti abbandoni, ora vuoi solo essere ciò che sei, basta vergogne, basta tabù. La tua mano ora ti accarezza decisa, consapevole di ciò che il corpo desidera; le tue dita ti sfiorano riscoprendo sensazioni scordate, abili come non avresti pensato, impudiche come non avresti osato immaginare.
Il telefono della camera che trilla improvviso, imperioso, un tuffo al cuore mentre ti sollevi scostando rapidamente la mano, vergognandotene ora quasi fossi stata sorpresa da qualcuno. Sollevi la cornetta, con voce strozzata, che stenti a riconoscere come tua, rispondi ... ".pronto", una scarica nel tuo corpo, la sua voce dura, decisa "GIORGIA" a stento rispondi ".ssi?" "NON VOGLIO CHE TU TI DIA PIACERE DA SOLA, NON ORA, NON VOGLIO CHE SOLO LE TUE MANI POSSANO GODERE DEL TUO CORPO, CHE SOLO LE TUE NARICI POSSANO APPREZZARE IL TUO ODORE DI DONNA, CHE SOLO UNO SPECCHIO POSSA VEDERE I TUOI OCCHI PIENI DI DESIDERIO .... TI SPETTO IN PISCINA, ORA, SUBITO, COSì COME SEI"! riesci a sussurrare un "...mma." ed al tuo orecchio arriva secco, improvviso, lo scatto della comunicazione interrotta.
Stupore ora in te;
come poteva sapere ciò che stavi facendo? Ciò che stavi provando? Come sapeva che il desiderio stava prendendo ancora il sopravvento su te?
Rabbia ora in te;
come si permette di decidere cosa tu puoi fare o non fare? Provare o non provare? Come si permette di ordinarti di raggiungerlo? Senza neppure ascoltarti?
Ansia ora in te;
"così come sei" le sue parole ti risuonano nella mente, "così come sei" si, non sai come ma lui sa, sa che ancora indossi solo il pareo, sa che il tuo corpo sta bruciando, sa che la tua mente era con lui, che eri libera, libera di provare e vivere ciò che troppo spesso ti eri negata.
Gioia e felicità ora in te;
assurdamente, scacci i tuoi sciocchi pensieri di poco prima, lui non parte, lui è qui, lui ti ha cercata, ti vuole.
Eccitazione ora in te;
folle desiderio di vederlo, stringerlo, baciarlo, essere sua, completamente sua.
Con la mente colma di tutto ciò esci dalla tua stanza, non ti poni domande, non importa, no non importa come lui sapeva il numero della tua stanza, come lui sapeva ciò che provavi, come lui sapeva che gli avresti obbedito.
L'ascensore, premi un pulsante, piano terra, sembra lento, troppo lento, stridente contrasto con quanto provato poche ore prima, mentre salivi da lui, eccitata ed impaurita, e l'ascensore sembrava volare, troppo rapido per la tua mente, per i tuoi pensieri, per le tue paure.
L'atrio, la piscina, il pareo che svolazza attorno a te, la tua nudità appena velata, ti guardi attorno, lo vedi, un lieve sorriso dipinge il tuo volto, una sensazione di dolcezza, .. Ti aspetta sdraiato sul lettino del vostro primo incontro, un gesto romantico che ti stupisce quasi commuovendoti. Lo raggiungi lentamente. Cosa gli dirai? Come ti comporterai? Scacci i pensieri dalla tua mente "vivi Giorgia, lascia che le situazioni ti trasportino, non programmare". Ecco, sei accanto a lui, in piedi, immobile. Si volta pigramente, ti guarda sorridente sollevandosi su un gomito, la pelle abbronzata e lucida al sole, gli occhi profondi e ridenti, eppure decisi e severi, la sua bocca, Dio mio la sua bocca, quanto vorresti sentirla posarsi tra le tue gambe, succhiare il tuo clitoride, bere i tuoi umori. Arrossisci a questo pensiero e, non sai come, sei certa che lui lo abbia colto, che lui sappia, si sappia tutto di te, prima ancora che i pensieri giungano alla tua coscienza, prima ancora
che si formino
Ti porge una mano, la voce dolce, suadente "siediti, qui, accanto a me, sei splendida e radiosa".
Un complimento che ti tocca il cuore, sai che non è detto per piaggeria, sai che è sentito. Ti senti felice come una bimba, coccolata, colmata di attenzioni, fiera, importante.
Lasci che la sua mano stringa la tua, la sua stretta forte e dolce, rassicurante, ti siedi accanto a lui, felice.
Ti guardi attorno, la piscina è ormai affollata ma l'angolo dove siete, quello che avevi scelto poche ore fa per te, è leggermente appartato, sembra un piccolo angolo per voi pur essendo tra molti. Un glicine abbarbicato su un piccolo gazebo, l'odore dolciastro e penetrante dei fiori, un filo di brezza a calmare la calura, seduta accanto a lui, guardandolo, le spalle a tutto il resto, le spalle al mondo, persa in lui.
Vedi che sul tavolino accanto a voi ci sono due bicchieri colmi, riconosci il tuo cocktail preferito .. come sa tutto ciò di te? Non importa, nulla importa, solo tu e lui.
Ti porge il bicchiere, afferra il suo, i tuoi occhi indugiano su di lui, il suo volto, le sue dita che stringono il bicchiere, forti e delicate insieme, quelle mani che hai imparato a conoscere, quelle mani che sanno darti gioia, piacere, dolore anche, ma che ti portano ad emozioni sconosciute. Avvicina il bicchiere al tuo, il cristallo tintinna, sorseggiate la bevanda ghiacciata guardandovi negli occhi. Posa il bicchiere, ti sfiora la guancia con le dita, leggere, sempre guardandoti negli occhi; ti senti morire dalla felicità. Solo per un attimo ti dai della sciocca, poi l'istinto, il desiderio, la gioia, la vera te stessa prendono il sopravvento e ti abbandoni, al suo sguardo, alle sue mani, a lui.
Quasi cogliesse il tuo abbandono il suo atteggiamento cambia, improvvisamente, il viso si indurisce appena, gli occhi si stringono un poco, più duri ora, la mano scende sul collo, sul pareo sfiorando il tuo seno, sentendo i tuoi capezzoli già tesi, eccitati, la sua voce .. quasi un sussurro eppure così ipnotica, parla di te, di come ti vede, di ciò che vuole tu sia.
Ti parla, come spesso nei tuoi sogni segreti hai desiderato ti si parlasse, ti dice di abbandonarti, di escludere dalla tua mente il mondo, racchiudendo solo voi, di ascoltare il tuo corpo, assecondarlo. La sua mano sul tuo seno, sfiora i capezzoli attraverso il pareo, non riesci a staccare lo sguardo dal suo, leggi in lui ciò che vuole da te, senza necessità di ascoltarlo. Apri un poco le gambe, un invito sfacciato, che non ti saresti mai aspettata da te, eppure voluto. Quasi implori con lo sguardo le sua mani sulla tua pelle, sulle gambe, sentire le sue dita risalire sulle cosce, senti i tuoi umori bagnarti, sempre di più. I rumori intorno a voi ovattati, lontani, assenti. Dai le spalle al mondo, come lui vuole, sai che chi vi guardasse attentamente potrebbe capire, ma non importa, anzi tutto ciò fa parte di ciò che lui vuole.
Ecco, le sue dita finalmente sulle tue gambe, leggere, solo a sfiorarti, e la sua voce, che entra in te, ti prende.
Inarchi il busto, protendendo il seno verso lui, verso la sua bocca. I capezzoli disegnano areole scure sul leggero tessuto del pareo, che ti fascia, ti accarezza, ti eccita. Il tuo respiro aumenta, sempre più, la sguardo acquoso, perso in lui, in attesa, le mani strette a pugno, le unghie conficcate nel palmo, immobile. Goccioline di sudore sopra il tuo labbro superiore, non è il caldo, non è il sole, tu lo sai, lui lo sa. Macchinalmente passi la lingua sulle labbra, raccogli quel sudore, stai scoprendo il gusto inatteso dei tuoi sapori, dei tuoi odori. Lo fissi ininterrottamente, deglutisci a vuoto. "Dio mio perché non mi trascina nella sua camera, non mi butta sul letto, strappandomi questo misero pezzetto di stoffa ormai pregno di ogni mio odore? Perché non mi fa aprire le gambe davanti a lui, oscenamente, voglio essere sua, la sua puttana, la sua schiava, sua, sua, sua."
Quasi intuendo i tuoi pensieri, in una distorta legge del contrappasso allontana di scatto la mano da te, te la nega. "..nno", non puoi trattenere un rantolo biascicato di disappunto "...no, ti prego, ti prego". Sorride, "mi preghi per...cosa?". Deglutisci ancora, la mente vuota, solo il tuo corpo, le tue sensazioni in te, che ti portano a rinnegare ogni razionalità, a perdere ogni vergogna "..ti prego, accarezzami, toccami,...io...ho voglia di te". Senti il tuo volto in fiamme nel sentire la tua voce dire quelle parole, eppure è giusto, è ciò che senti, è ciò che vuoi, essere sua.
Sorride accarezzando piano il tuo braccio, quasi a rimarcare una casta carezza, innocente, ben diversa da quella che vorresti.
Poi vedi la sua mano muoversi, la segui come ipnotizzata, si avvicina al tavolino, scorgi solo ora, dietro i bicchieri, un oggetto strano, non capisci cosa sia, sembra un gioco per bambini, uno di quei giochi rumorosi che affollano le estati e scompaiono nel volgere di una stagione. Vedi le sue dita afferrarlo, giocarci. Cerchi di capire cosa sia, una, no due palline bianche, che riflettono violentemente i raggi del sole, avorio pensi, levigate, lucide, unite da una cordicella sottile che le trapassa terminando con un anellino; le vedi scorrere tra le sue dita, quasi puoi cogliere la levigatezza dell'avorio, la sensazione di calore che trasmettono. Le vedi scomparire e riapparire tra le sue dita mentre sai che il suo sguardo non abbandona un attimo il tuo volto, scrutando ogni sfumatura del viso. "cosa sono, che centrano ora, cosa vorrà fare?" mille domande nella tua mente, domande senza risposta, domande che non cercano una risposta, che hanno già una risposta: qualsiasi cosa egli v
oglia da te. l'avrà. Avvicina piano la mano al tuo volto, alle tue labbra, celando quello strano oggetto tra le dita, facendolo riapparire improvvisamente davanti alle tue labbra, senti la liscia superficie disegnarti la bocca, sai che vuole che tu sporga la lingua, lo fai, docilmente, felice della tua obbedienza, fiera di aver colto in lui uno sguardo di approvazione. Quasi in trance lecchi quell'oggetto che ti porge, per un attimo l'ansia ed il timore di essere vista ti paralizza, ma è solo un attimo, volgi le spalle a tutti, al mondo, e poi che importa, sei solo tu, lui, voi. Muovi la lingua più velocemente ora, la salivazione che aumenta, pur sentendo una inaspettata secchezza alla gola, ti perdi nei suoi occhi, nei suoi desideri, in lui.
Lascia scorrere quelle palline sul tuo collo, la tua saliva sulla pelle; scende sul pareo premendo un pò più forte sui tuoi capezzoli; scende ancora, sulle tue gambe.
Sai, credi di sapere cosa vuole, temi di saperlo, eppure lo vuoi, con tutta te stessa.
Ora guardi con fermezza nei suoi occhi, vuoi che lui sappia che sei pronta a tutto per lui, dischiudi le gambe, ti sembra ti cogliere violentemente l'odore che sale dal tuo sesso ormai pronto, la sua mano lascia scivolare le palline sulle tue cosce, le muove lenta all'interno delle tue gambe, il tuo respiro sempre più rapido, a tratti sospeso in un limbo d'attesa, la mano scivola sotto il pareo, scostandolo, senti una pallina sfiorare i tuoi peli umidi, muoversi lentamente sulle grandi labbra gonfie di desiderio, non puoi trattenere soffocati gemiti di piacere, di desiderio. Sai che lo fa di proposito, sai che capisce i tuoi sforzi per restare immobile, pur offrendoti, restare in silenzio, pur tra la folla rumorosa, pur desiderando urlare la tua voglia, il tuo piacere, il tuo desiderio di lui. Preme un po' più forte, proprio sul clitoride, "ahhhh" non puoi trattenere un lungo gemito di piacere, mentre incurvi un poco le spalle spingendo in avanti impercettibilmente il bacino, ma..
Lui toglie la mano, le palline scompaiono nel suo pugno, la sua voce carezzevole ora "no Giorgia, no piccola, così non va, così non devi, sttttttt, in silenzio, nessun gemito, nessun suono, lo puoi fare per me?" sorride leggermente mentre parla, ma sai che non è una richiesta, è un ordine, e la tua voce in un soffio "si..Padrone, si, per te, per me".
PADRONE? Come ti è uscita quella parola, come hai potuto pronunciarla, tu, donna indipendente, orgogliosa. "Si, si cazzo si Padrone, lui ora è il mio Padrone e sono felice, fiera di essere la sua schiava, la sua cagna, di obbedirgli, in tutto, purchè sia orgoglioso di me."
Raddrizzi il busto, con fierezza, apri un po' più le gambe spingendo il bacino verso lui, stingendo con forza le labbra, pronta a dimostrargli che sai obbedire, che sei pronta a lui.
Sorride, la mano ancora sotto il pareo, ti sembra più decisa ora, senti subito la pallina sfiorare le labbra, il clitoride, con insistenza, abilmente, ondeggi il bacino, assecondando i suoi movimenti, gli occhi negli occhi, una muta sfida, ma nel contempo una sottomissione totale. Il piacere aumenta, ad ondate inarrestabili, ogni muscolo del tuo corpo è teso nell'attesa del piacere, teso nello sforzo di restare immobile, in silenzio, come ti è stato ordinato.
Le sue dita scorrono tra le grandi labbra, le schiudono, si inumidiscono in te, del tuo piacere, senti la pallina farsi strada, premere, lentamente, la muove piano, trova una leggera resistenza, vorresti spingerti in avanti, farla entrare in te, ma non devi e lo sai. La pressione aumenta, e.finalmente, con un movimento sinuoso, scivola in te. Ti pieghi su te stessa, mordendoti violentemente le labbra per trattenere ogni suono, per cercare di celare il piacere sconvolgente che ti ha colto.
Lì, tra la gente, tra rumori e risa, straordinario come abbia saputo farti scordare tutto ciò, come ti abbia portata ad abbandonarti, ad essere te stessa, come abbia saputo "usare" il resto del mondo per umiliarti, eccitarti, portarti verso vette di piacere impensabile.
Muove piano la pallina in te ora, la sospinge, più in fondo, la senti premere sull'utero. L'altra pallina ora, batte piano sul clitoride, scende tra le labbra, preme e. di colpo eccola in te. Ancora un sussulto violento, ancora uno spasimo, senti sulla lingua il dolciastro sapore del tuo sangue, ti sei morsicata le labbra ma. hai obbedito, sei stata in silenzio, e sai che lui ne è fiero.
Le sue dita sulla cordicella ora, la muovono piano, lentamente, ma bastano movimenti millimetrici per darti spasimi e contrazioni, piacere. Assecondi ogni suo movimento, senza mai abbandonare i suoi occhi, sorride, ma vedi che è orgoglioso di te e tu lo sei di te stesa, di come ti stai donando.
Il piacere aumenta, violento, come una mareggiata invernale, ad ondate sempre più forti, incalzanti. Per un attimo pensi a come potrai nascondere l'orgasmo, poi tutto sfuma, si annebbia, un mondo ovattato in cui esiste solo piacere, sensazioni. La sua mano tira un poco la cordicella, senti le palline quasi scivolare fuori da te, aprirti, contrai i muscoli per trattenerle, poi le sue dita le spingono nuovamente in te, le fanno girare, lo guardi con riconoscenza, avevi temuto che ti negasse il piacere. Ancora tira, ancora stanno per uscire, e di nuovo spinte in te.
Questa volta una ondata più forte, chiudi gli occhi per un attimo, un rumore gorgogliante dalla tua gola, serri più forte le labbra, il piacere, eccolo, l'orgasmo agognato, eccolo. Il tuo respiro che soffia violentemente dalle narici, a scatti, accompagnando i suoi movimenti, il tuo corpo teso, pronto ad esplodere.
Odori, sapori, rumori, tutto si fonde nella tua mente, tutto porta piacere, eccitazione, aggiunge desiderio al desiderio. Una lunga apnea, infinita, l'agognata attesa di ciò che sai sta per giungere, travolgerti.
Ecco ancora le tira, lentamente, aspetti le sue dita che spingano nuovamente, ma..
Uno strappo violento, inatteso, senti le palline schizzare da te, strappate con forza, violenza, un senso di vuoto improvviso, un senso di rabbia, privazione, dolore, tutto in uno, e dalle tue labbra una parola, un singulto ..."noooooo". Deglutisci a vuoto, offesa quasi, furiosa "noooooo, non ora, ti prego".
Guardi i suoi occhi, li vedi cupi, arrabbiati, allontana la mano da te, "avevo chiesto silenzio Giorgia, silenzio, sempre"
Lascia cadere sul tavolino le palline, vedi i tuoi umori coprirle, le vorresti annusare, leccare, le vorresti in te, ma non è questo che ti turba ora, è lui, lui che si adagia sul lettino, beve lentamente, guardando oltre te, quasi tu non esistessi più, quasi fossi trasparente.
Senti le lacrime colmarti gli occhi, "no Dio mio, no, ti prego, che non sia arrabbiato con me, che non sia deluso da me, che non mi abbandoni ora, ora che so cosa sono, cosa voglio, e so che solo con lui posso esserlo, ora che so che lui è il mio Padrone".
Non smetti di guardarlo, cercando, sperando, desiderando di attirare la sua attenzione, vorresti un insulto, uno schiaffo, uno sputo in viso, ma non questa indifferenza, questo nulla verso te, quasi ti avesse, di colpo, cancellato dalla sua vita.
Provi una delusione cocente, non per l'orgasmo negato, non per il piacere interrotto, ma per non esserti dimostrata ciò che lui voleva, non essere stata all'altezza dei suoi desideri, dei suoi ordini.
Lentamente le lacrime scavano il tuo volto, scendendo lungo i solchi del tuo viso, le senti inumidirti le labbra, cogli il sapore salato, come salata, inutile, vuota ti sembra ora la tua vita.
Lui continua ad ignorarti, e ciò che più fa male è che le fa senza pose, con assoluta naturalezza, quasi tu realmente non esistessi.
Ora piangi senza ritegno, non per impietosirlo certo, sai, per come credi ormai di conoscerlo, che non sarà la pietà a smuoverlo; piangi per ciò che temi di aver perso, per ciò che avevi conosciuto e sai che nessun altro potrà ridarti, piangi per la rabbia verso te, la rabbia di non aver saputo essere, fino in fondo, ciò che sai di essere.
Non smetti di fissarlo, la sua mano si muove, verso il tavolino, posa il bicchiere, afferra per un attimo le palline "mio Dio, fa che mi guardi, fa che mi presti la sua attenzione, che si dedichi a me, che mi schiaffeggi magari, ma che si dedichi a me".
Si alza, sempre guardando oltre te, resta un attimo in piedi, immobile, le braccia abbandonate lungo il corpo, le palline nella mano, poi, con un gesto impercettibile, le lascia cadere in grembo a te e si allontana senza degnarti di uno sguardo. Riprendi a singhiozzare, le spalle scosse da tremiti, la tua mano che lentamente raccoglie le palline, ancora umide dei tuoi umori, le accarezzi con devozione, sono state tra le sue mani, le ha guidate in te, ed ora...
Singhiozzi più forte, ora le risate della piscina ti infastidiscono, perché, perché la gente ride e scherza, lui se ne è andato, lo hai deluso, lo hai perso.
Resti li a lungo, persa nel tuo dolore, poi lentamente ti alzi, le palline ancora nella tua mano, non puoi, non potrai mai separartene, unico ricordo di ciò che è stato, di ciò che ancora avrebbe potuto essere.
Attraversi l'atrio, chiusa nei tuoi pensieri, il portiere ti guarda, chiedi la chiave, te la porge, l'ascensore, secondo piano, la tua camera, le mani tramanti faticano ad infilare la chiave, vorresti salire ancora, raggiungere la sua camera, bussare buttandoti in ginocchio davanti a lui, chiedendogli scusa, chiedendogli di farti sua, ancora ed ancora ed ancora, ma sai bene che non servirebbe a nulla, a nulla.
Apri la porta, entri, qualcosa a terra, ti chini, una busta bianca, la mano ti trema, il cuore in gola, un biglietto d'addio? L'ultimo saluto? La raccogli
La apri con gesti frenetici, riconosci la sua calligrafia, la stessa che aveva vergato su un foglietto poche parole ed un numero di camera, da cui tutto era iniziato. Gli occhi velati di lacrime faticano a mettere a fuoco le parole, li asciughi con il dorso della mano, leggi, leggi ed il cuore sembra fermarsi "stasera, alle 20 in punto, al bar dell'Hotel, indossando ciò che ho preparato per te e null'altro e ovviamente...con le nostre palline in te, non deludermi". Il cuore fa balzi di gioia, ancora lacrime, ma di felicità ora, sarai ancora sua, ancora una possibilità, no, non lo deluderai, avanzi lentamente nella stanza ed improvviso un dubbio, "ciò che ho preparato per te?" Che significa, oddio, non capisci, cosa vorrà che tu indossi? Come capire ciò che intende? Non puoi permetterti di sbagliare, di deluderlo. Alzi lo sguardo e, sul letto, elegantemente adagiato, vedi uno splendido abito da sera, nero, dei collant, splendidi sandali in tinta.
Hai un brivido, lui è stato li, nella tua stanza, lui ha preparato questo per te. Paura, gioia, eccitazione, brividi.
Chi è quest'uomo, come sa tutto, troppo di te? Come può prevenire i tuoi desideri e stupirti così?
Non importa, è ciò che vuoi, e lui lo sa, e non lo deluderai no, non deluderai il tuo Padrone, non più, stasera alle 20, al bar dell'Hotel.
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VACANZA (prima parte)
Sprazzi di vita, di vita vissuta, che a volte porta ad immedesimarsi, a rincorrere i propri sogni, stanchi di nasconderli e negarli. Sentendo il bisogno di viverli.
In vacanza, finalmente, e finalmente sola, senza marito, senza lavoro, una settimana tutta per te.
Esci dall'Hotel e lentamente ti dirigi verso la piscina, guardandoti attorno. Non c'è ancora nessuno, in fondo sono solo le 9, prestissimo per chi è in vacanza.
Scegli il lettino, studiando attentamente la zona in cui pensi ci sarà più sole durante la giornata, togli il pareo che ti serve da copricostume e ti adagi mollemente cominciando a gustarti la calda carezza del sole sul tuo corpo, sentendola scaldare la tua pelle.
Una rivista di enigmistica tra le mani e la mente che si vuota gustandosi quel nulla che sola una vacanza solitaria può dare.
Tra dormiveglia e lenti anagrammi il tempo scorre, senti voci attorno a te, persone che, come te, vengono a farsi scaldare la pelle, illudendosi che scaldi anche i loro cuori. Poca gente, in fondo è periodo di bassa stagione.
Il caldo sole comincia a velare di piccole gocce di sudore il tuo corpo, piacevolmente, e la tua mente si vuota di ogni dovere. Tu, sola, null'altro e nessun altro a cui pensare, finalmente.
Ti senti osservata, giri lentamente il capo e lo vedi seduto su un lettino non lontano dal tuo, il corpo già abbronzato, occhiali da sole a coprirgli parzialmente il volto ed un sorriso enigmatico sul viso.
Distogli lo sguardo, ti disinteressi immergendoti nuovamente nell'enigmistica; ma continui a sentire, insistente, quello sguardo su di te, o forse è il tuo desiderio di sentirlo che te lo fa immaginare. Volgi lentamente il capo e. ecco, quasi immobile, ancora li, a fissarti; ti volti di scatto con un gesto di insofferenza, ma è vera insofferenza? O forse quello sguardo continuo su di te stuzzica la tua vanità? Da quanto non ti sentivi desiderata? Da quanto non sentivi la carezza di uno sguardo maschile, sfacciata ed invadente, impudica quasi?
Desiderata?
Ridi tra te e te. Desiderata? Ma è solo uno sconosciuto che ti ha guardata, nulla più, la tua fantasia sta volando troppo, probabilmente è solo un uomo che si guarda attorno e, casualmente, per due volte, il suo sguardo coperto da occhiali scuri, ha incrociato il tuo, o forse guardava oltre te, cercava la ragazza bionda seduta un pò più in là.
I tuoi pensieri volano lontano, da quanto tempo non senti il brivido che dà l'essere desiderata da un uomo, da quanto tempo sei relegata al ruolo di moglie e madre?
Da quanto solo il tuo lavoro assorbe tutta te stessa?
Dove tutto è scontato, dovuto, NOIOSO?
Da quanto il tuo cuore non accellera i battiti incrociando lo sguardo di un uomo e rubandone i pensieri?
Sciocchezze, solo la tua sciocca fantasia che ti fa immaginare ciò che non c'è.
Si, pensi ridendo, è certamente così, ora mi volterò, ti dici, e lui sarà immerso nella lettura di un quotidiano, o starà avvicinandosi pian piano alla biondina accanto.
Sorridi con te stessa a quel nuovo gioco, ecco ora mi volto: uno, due e .. tre.
Il respiro ti si blocca di colpo e resti immobile sentendoti avvampare; lui è lì, sorridente, davanti a te, un bicchiere tra le mani, il vetro appannato dalla gelida bibita colorata, senti la gola secca; si china porgendotelo "buongiorno, con questo caldo bisogna reintegrare i liquidi, posso?" ti porge il bicchiere che afferri lentamente insultandoti per la figura da idiota che stai facendo; non riesci a spiccicare parola, sei rossa, quasi lui potesse leggere i tuoi sciocchi pensieri e le tue illazioni di poco prima.
Finalmente sussurri un "grazie" e porti il bicchiere alle labbra. Ora non hai dubbi, senti il suo sguardo su te, non sono fantasie, lo senti, insistente e caldo, che brucia più del sole, ed assurdamente ogni tuo gesto assume significati nuovi; ti scopri a pensare a come stai sorseggiando la bevanda, a come le tue labbra si posano sul bordo del bicchiere, a come le vede lui, senti il freddo e dolce liquido scivolare in te, procurandoti un brivido; e sempre, sopra tutto, il suo sguardo.
Le sue parole scorrono nella tua mente, una conversazione banale, ma non sono le sue parole a turbarti, ma il suo sguardo attraverso le lenti oscurate.
Lo senti scivolare piano sulle tue spalle, scendere lentamente lungo la schiena, seguire le morbide curve delle tue natiche. Ti accorgi che, inconsciamente a tale pensiero contrai i muscoli, quasi a proteggerti, difenderti, ma realizzando subito che quell'improvviso contrarsi dei tuoi glutei sodi potrebbe far pensare ad altro.
Sei paonazza ormai, la mente in subbuglio, arrabbiata con te stessa perché ti stai comportando come una sciocca quattordicenne; cerchi di ritrovare il tuo autocontrollo, di dire qualche frase simpatica, di circostanza. Lui è seduto sul bordo del lettino, le tue braccia sfiorano involontariamente le sue gambe, devi sollevare il capo per guardarlo e questo ti mette a disagio, in soggezione; Vorresti alzarti, sederti, ma.. hai slacciato il reggiseno del costume per evitare quelle odiose righe bianche sull'abbronzatura e non hai il coraggio di allacciarlo con lui così vicino a te.
"ha una pelle molto delicata" sussurra "dovrebbe proteggerla meglio dal sole"
A queste parole si alza, lo senti muoversi dietro te e improvvisamente senti cadere sulla tua schiena cotta dal sole gelide gocce di crema, rabbrividisci ma subito le sue morbide mani si muovono su te, una lunga carezza, che parte dalle spalle, sciogliendo i tuoi muscoli contratti, scende lenta lungo la schiena, si muove sui fianchi.
Hai un moto di ribellione, "ma come si permette questo stronzo? Ora gli do uno schiaffo". Ma senti questi pensieri scorrere in te lontani, quasi non fossero tuoi, perché le sue mani su di te, le mani di quello sconosciuto, ti danno sensazioni scordate, desiderate da troppo tempo.
Sei immobile, gustandoti quell'inaspettato massaggio e nel contempo temendolo per ciò che suscita in te.
Non hai più controllo sul tuo corpo, ti senti razionalmente troppo sfacciata, non vorresti permettergli di fare ciò che sta facendo, ma non puoi impedirglielo.
Si, vuoi le sue mani, vuoi le sue carezze, vuoi i brividi che ti procura, anche se ciò ti fa sentire una donna facile e ti fa infuriare perché intuisci che lui sa bene ciò che stai provando.
Abbassi il capo sul lettino, scostando i capelli dal collo, offrendoglielo, e subito le sue mani lo avvolgono, lente, abili, sensuali; sembrano sapere, da sempre, dove e come accarezzarti.
Si accarezzarti, perché ormai quelle mani non stanno più semplicemente spalmando della crema, né massaggiandoti, stanno accarezzandoti, e ti accorgi di desiderare quelle carezze, sempre di più.
Le mani lentamente abbandonano il tuo collo, scorrono ancora sulla tua schiena, scivolando lentamente vicino ai tuoi seni.
Resti immobile, tesa, VUOI CHE LI ACCAREZZI, CHE LI TOCCHI. Questa certezza esplode nella tua mente, improvvisa, si vuoi che quello sconosciuto ti accarezzi il seno, ti muovi piano, cercando di avvicinarlo alla sua mano, inarchi un poco il busto, sollevandolo.
Ma lui allontana la mano, la riporta sulla schiena, lenta, sicura.
Ti mordi le labbra, perché? Non può non aver capito cosa desideravi, sei stata sfacciatamente chiara, perché?
Ma il tuo corpo si lascia nuovamente trasportare dalle emozioni che le sue mani ti donano, ora quelle mani sono sulle tue gambe, lentamente sfiorano i tuoi polpacci, salgono, piano, sulle cosce.
Vorresti urlare, senti i tuoi capezzoli premere contro il lettino, eccitarsi ancor più ad ogni tuo minimo movimento, e sai che, inconsciamente, ti stai muovendo proprio per quello.
Senti il tuo bacino ondeggiare piano, quasi chiedere alle sue mani...ti spaventa ciò che pensi, tu, una donna rispettata, uno sconosciuto alle tue spalle che ti accarezza, no, basta, reagisci, razionalizza.
Ora gli dirai di smettere
Ma ecco che le sue dita sfiorano l'interno delle tue cosce, dolci, eccitanti, ti accorgi che dischiudi un poco le gambe
REAGISCI. DIGLI DI SMETTERE
Ma il tuo corpo non può obbedire a ciò che realmente la tua mente non vuole, la tua mente non può più obbedirti, quasi non fosse più tua.
Le sue dita sfiorano...inavvertitamente... il tuo slip, ti sfugge un gemito e....
Le sue mani ti abbandonano
Si staccano da te
No, resta qui, accarezzami ancora
Vorresti chiederglielo, implorarlo quasi
Lo senti alzarsi, passare accanto a te, posa lentamente davanti al tuo viso un bigliettino e si allontana senza voltarsi.
Sei turbata, frastornata, con fatica la tua mente ti riporta alla realtà mentre i tuoi occhi non smettono di seguire la figura che si allontana, come un sogno che svanisce al mattino e che vorresti afferrare ma non puoi.
Vedi il bigliettino, cerchi di mettere a fuoco le parole vergate con calligrafia sicura.
Solo dei numeri e poche parole
Stanza 322, terzo piano, ti aspetto, ORA!
Hai un improvviso moto di rabbia, sei furiosa con lui; ti aspetto ora? Ma chi si crede di essere, e chi crede che tu sia? Una sciocca ragazzina pronta a correre da lui per due carezze?
Strappi il bigliettino, la lasci cadere a terra
STRONZO PRESUNTUOSO!
No, non mentirti, sei furiosa con te stessa non con lui, si furiosa perché ti accorgi che lo desideri, che vuoi correre da lui, furiosa perché lui lo ha capito, perché ha letto in te ciò che tu vuoi, ciò che desideri.
Senza neppure rendertene conto ti alzi, allacciando il reggiseno, avvolgi il pareo attorno al corpo, fremendo al contatto con la stoffa, e, quasi in trance, ti avvii verso l'hotel, entri, l'ascensore, la gente intorno a te, rumori, profumi, tutto è ovattato nella tua mente, tutto lontano ed indistinto, quasi come se fossi trascinata da una forza invisibile in un mare di nebbia, anelando di raggiungere.....
Raggiungere cosa?
Sciocca, sei una sciocca. Fermati, torna in piscina, dimostragli che non sei ciò che lui crede
L'ascensore,
stampata nella tua mente l'immagine di quel bigliettino, poche parole:
Stanza 322, terzo piano, ti aspetto, ORA!
una mano preme il pulsante del terzo piano, la tua mano
Si, sei ciò che crede lui, vuoi ciò che lui sa che tu vuoi, disperatamente.
L'ascensore si ferma, le porte si aprono, il corridoio vuoto, il tuo sguardo scorre i numeri sulle porte
312, 318, ...322
E' socchiusa, resti immobile, una silenziosa lotta in te, vorresti spalancare quella porta, buttarti tra le sue braccia, chiedergli di accarezzarti, di farti sua, di darti piacere, ma nel contempo lo temi, sei una donna adulta, intelligente, razionale; già razionale: voltati, vattene, dimostra ciò che sei.
Una voce da dietro la porta, improvvisa, inaspettata, bassa e decisa
"Entra, ti aspettavo"
Una vampata di calore sul tuo viso, spingi la porta, entri lentamente, quasi barcollando, inebetita dai tuoi pensieri.
Eccolo
In piedi, nell'intimo salottino della suite
Una elegante camicia, pantaloni di lino, scioccamente hai un moto di delusione "ma come, si è rivestito?"
Arrossisci ancor più a questo pensiero indecente. Lui chiude la porta, è dietro te, vicino, molto vicino, troppo. Senti il calore del suo corpo contro il tuo, il tuo respiro ansimante rompe l'assoluto silenzio, il suo viso accanto al tuo, la sua voce, suadente e dolce, al tuo orecchio. "come ti chiami?" rispondi in un soffio "Giorgia".
Sai di essere in sua balia, no, non è così e lo sai bene, sei in balia di te stessa, del tuo corpo, dei tuoi desideri troppo a lungo nascosti, repressi.
Le sue mani si muovono su di te, lente, decise, possessive. Senti la stoffa del pareo accarezzarti la pelle, lo slaccia lentamente, cade a terra. Finalmente le sue dita sulla tua pelle, ancora, ancora. Sollevi piano lo sguardo e . ti vedi riflessa in un grande specchio davanti a te, il minuscolo costume che ti copre, lui dietro di te, le sue braccia, le sue mani che si muovono abili sul tuo corpo, un sorriso enigmatico sul volto affascinante. Non puoi distogliere la sguardo, vuoi vederti, vederlo, mentre ti accarezza, mentre ti fa sua, vederti spudorata e pronta a tutto, Donna, Femmina.
Queste parole nella tua mente ti spaventano, "pronta a tutto? donna? femmina?"
Ti spaventano ma aumentano la tua eccitazione "Si PRONTA A TUTTO, DONNA FEMMINA, LO VUOI, CON TUTTA TE STESSA"
Vedi riflesso il tuo corpo, eccitato, il tuo seno gonfio di desiderio, i tuoi capezzoli che sembrano forare la stoffa, che quasi fanno male, ma è un dolce dolore.
Incroci il suo sguardo nello specchio, deciso ora, mentre le sue mani salgono sul tuo corpo, sfiorano appena i seni, facendoti gemere ed inarcare il busto, salgono ancora, sul collo, sul viso, sulle labbra. Stai premendo contro lui, il tuo bacino lo cerca, lo vuole, ora, subito.
Le sue mani sulle spalle, sulla schiena, le senti sciogliere il reggiseno, lo sfila, con un gesto aggraziato. Hai lo sguardo febbrile, il vederti così, abbandonata ad un uomo, implorante di lui, ti provoca emozioni sconosciute. Afferra le tue mani, le guida lentamente, le posa sui tuoi seni, stringendole.
"mio Dio lo voglio, ora": Senti i tuoi capezzoli fremere tra le tue dita, guidate dalle sue, indurirsi ancor più, senti il tuo piacere bagnarti tra le gambe, inumidendo lo slip, vorresti urlare "PRENDIMI, ORA" ma non riesci a parlare, tutta te stessa sta nelle sue mani, nella sua mente.
Guida le tue mani, le tue dita, sul tuo corpo, alternando dolcezza e decisione, quasi sapesse esattamente ciò che vuoi.
Poi improvvisamente, si allontana da te; resti immobile, inebetita, le mani ancora sui seni, le dita che si muovono guidate dall'istinto, dal desiderio
Passa davanti a te, fissandoti, si siede su una poltroncina.
La tua bocca aperta, fissandoti nello specchio mentre le tue dita stringono i tuoi seni sotto il suo sguardo. Impudica ed eccitata, invitandolo, pregandolo, chiamandolo con i movimenti del tuo corpo che vedi riflesso davanti a te.
Lo vedi afferrare il telefono, poche parole e riappende, non capisci, ma non importa, non puoi più smettere ora, non ora che è il tuo corpo a guidarti.
Lasci che la tua mano scivoli tra le tue gambe, ti sfiori mentre il tuo corpo freme percorso da mille brividi di piacere, ti guardi allo specchio, vedi una donna eccitata, il viso contratto dal desiderio e dal piacere, la bocca aperta, ansante.
Le tue dita scostano lo slip, sentono il tuoi umori bagnarti le dita. Senti la sua voce:
"continua" , non hai bisogno di stimoli, non più ora, ti apri, mostrandoti, umida, calda. Vedi il tuo sesso riflesso, le tue dita impadronirsene, sei stordita dal desiderio; ti appoggi alla parete, le gambe un poco piegate, aperte, le dita sul clitoride, premendolo, muovendolo, roteandolo, di più, più veloce. Un rauco mugolio continuo dalle labbra. Si la donna che vedi nello specchio è ciò che avresti sempre voluto essere. Un pò puttana, un pò schiava, ma libera di essere come si sente, felice di provare ciò che prova, che stai provando.
Bussano alla porta, lui dice avanti, si apre. Sfili la mano dallo slip, ti volti sconvolta dal terrore e dal piacere. Il tuo viso, il tuo corpo non possono celare ciò che stavi facendo, ciò che stavi provando. Entra un cameriere con un carrello, ti guarda, cerchi di coprirti il seno, abbassando gli occhi. Lui firma il conto, esce, e siete ancora soli.
Stai ansimando, dalla rabbia dalla delusione, dall'umiliazione. Perché? Perché ha voluto umiliarti così? Mostrarti ad altri?
Lo guardi con uno sguardo che vorrebbe incenerirlo, il tuo braccio a coprire il seno, ti chini senza una parola, afferri il pareo furiosa. Basta, lurido stronzo, ti aveva ed ha rovinato tutto, porco pervertito. Lo guardi, ancora seduto ti osserva indossare il pareo, sorridendo. Non parla, non parli, ti volti per andartene, non merita neppure un insulto. Apri a porta e..lo senti dietro te, le sue mani delicate sulle spalle nude, un fremito, un gemito. No, non ora, non ricominciare Giorgia, esci, vattene. Le sue mani sul collo, le sue labbra, dolci, morbide, ti fa voltare, lentamente. Ecco, ancora l'oblio, il desiderio, il nulla. Sei tra le sue braccia, la sua bocca cerca la tua, dimentica di tutto, senti il suo sapore. Le sue labbra sulle tue, la sua lingua che le forza leggermente, le schiudi, lo accogli in te, le vostre lingue si scambiano sensazioni, giochi, mentre ti stringe a se, con forza. Ti abbandoni completamente, dimentica di tutto, di ciò che sei, dell'umiliazione appena vi
ssuta, di tutto; solo tu e lui e pronta a tutto.
Le sue mani sul tuo collo, sulle spalle, premono con decisione, sai cosa vuole, ti lasci scivolare a terra, in ginocchio, davanti a lui. Mille volte nelle tue fantasie ti sei vista così, ma mai hai osato farlo.
Ora si, ora lo vuoi, vorresti implorarlo di permetterti di avere il suo sesso, di lasciartelo adorare, gustare.
I pantaloni di lino mostrano inequivocabilmente la sua eccitazione, il suo sesso eccitato, prorompente, esigente. Senti la mente acquosa, ormai irrazionale, vivere solo di sensazioni violente, immediate, brucianti. Vorresti slacciare quei pantaloni, liberare quel desiderato simbolo di piacere, annusarne la fragranza, gustarne il sapore; sentirlo forzare prepotentemente le tue labbra pronte ad accoglierlo, sentirlo gonfiarsi in te, premere in te, violare la tua bocca con colpi possenti, imperiosi, umilianti forse ma tanto, troppo desiderati ormai.
Ma ancora una volta si allontana da te, lasciandoti immobile, fremente; si muove attorno a te, una benda nera copre il tuo volto, il buio ed il nulla.
Silenzio, immobilità, il tempo scorre lento, infinito, NULLA.
Lo vuoi, lo vuoi come non mai, come mai nessuno prima, ma lui dov'è ora?
Finalmente la sua mano sul tuo capo, tra i tuoi capelli, decisa ora; li afferra e quella stretta sicura ti porta ormai al più totale abbandono; muove il tuo capo, ti costringe ad alzarlo verso lui, pur non vedendolo, le labbra dischiuse, pronte ad essere oscenamente sue. Cogli un tintinnare di vetro, intuisci qualcosa che si avvicina a te, al tuo viso ormai stravolto dal desiderio, poche gocce bagnano le tue labbra, poi di più, un attimo di smarrimento prima di intuire che si tratta di champagne ghiacciato, apri la bocca, lasci che scorra in te, impetuoso; il ribollire delle bollicine si gonfia nella tua bocca, tracima dalle tue labbra, colando sul collo, sul seno eccitato che freme a quel gelido contatto. La tua mente ti immagina come lui ti vede, hai scoperto il piacere di vederti così, succube, libera, disposta a tutto, in ginocchio davanti ad uno sconosciuto, nuda ad eccezione di un minuscolo triangolino di stoffa tra le gambe, ormai fradicio di te, il viso sollevato, offerto a l
ui, bagnato di liquido che come una laida carezza scorre dalle tue labbra sul tuo corpo dandoti sensazioni inaspettate.
Ancora la sua mano, ancora decisa sui capelli, ti solleva, imperiosa, forte, ti lasci guidare felice, si assurdamente felice, ti fa muovere nella stanza, fermandoti poi improvvisamente. E' dietro te, lo senti contro te, il suo corpo finalmente nudo contro il tuo, pelle su pelle; il suo sesso finalmente sfregarti le natiche, ti muovi ondeggiando, lasciando che si muova su te, sentendolo scivolare tra le tue gambe, premere quel minuscolo triangolo di stoffa umido, eccitare il tuo sesso già spasmodicamente eccitato. Solo il tuo respiro affannoso rompe il silenzio, sempre più rapido, sempre più voglioso. La sua pelle sulla tua, il suo petto contro la tua schiena inarcata, alla ricerca di contatto, sensazioni, piacere.
Improvvisa la sua mano strappa la benda. Resti accecata dalla luce per un attimo, una luce abbacinante, violenta, come violente sono le sensazioni che stai provando. Lentamente riapri gli occhi, una grande vetrata davanti a te, e fuori, sotto di voi, la piscina dove tutto è iniziato, ormai affollata di gente. Lo senti dietro te, ti spinge avanti, più avanti, ormai contro il vetro, sai che basterebbe che qualcuno dalla piscina sollevasse lo sguardo per vederti, nuda, eccitata, libera e soprattutto sua. Non ti importa, nulla importa, anzi tutto ciò non fa che aumentare il tuo desiderio, lo vuoi, ora, subito. Lacrime calde colmano i tuoi occhi, non di paura, non di sofferenza, ma assurdamente lacrime di desiderio. Mai hai provato tutto ciò, una così completa sensazione di abbandono, una ricchezza così totale di sensazioni: cogli il vago sentore del suo profumo, il dolce calore della sua pelle contro la tua, il leggero velo di sudore che sta coprendo i vostri corpi, mescolandosi, voci lo
ntane di gente ignara, musica in sottofondo e spasmi incontrollati ed incontrollabili al tuo ventre, quasi un continuo stato di preorgasmo, che vorrebbe disperatamente sfociare nel piacere assoluto, ma assurdamente vorresti che durasse ancora ed ancora ed ancora; tutto ciò meravigliosamente fuso insieme, in un'unica, insospettabile, inaspettata sensazione di appartenenza.
Afferra le tue mani, le solleva sopra di te, appoggiandole al vetro; i seni schiacciati, esibiti, eccitati. Preme il tuo capo, la bocca si deforma contro quella fredda lastra trasparente, che vi isola pur mostrandovi a chiunque, le labbra dischiuse, la saliva che scivola ad inumidire quel vetro ormai parte di voi. Senti le sue dita afferrare il bordo del tuo slip. finalmente pensi, finalmente lo strapperà, finalmente mi farà sua, ed il solo pensiero ti porta ad un orgasmo inaspettato, pieghi le gambe per un attimo, la mente che si svuota di tutto, il cuore che pulsa in ogni parte del tuo corpo. Le sue mani tirano ora con forza il tuo slip, verso l'alto, di più, quasi a sollevarti da terra, senti l'umido pezzetto di stoffa farsi strada in te, aprire a forza le grandi labbra, gonfie di desiderio, premere il clitoride esageratamente gonfio, ti muovi, ondeggi, cerchi il piacere gemendo, mugolando, si mugolando, così ormai ti senti, una piccola cagnetta in calore pronta ad ogni cosa pur d
i avere piacere, ma assurdamente capisci che il tuo vero piacere è nel cogliere la sua approvazione; vuoi che ti apprezzi, che sia fiero di te, della sua nuova cagnetta.
Pensieri affannosi, assurdi, affollano confusamente la tua mente, e tutto ciò ti porta ancora più lontano, ad uno stato di eccitazione che mai avresti immaginato.
La sua voce, la sua voce decisa, da quanto non la senti, ed ora ti accorgi di desiderare quel tono severo, sicuro, che ti guida, " apriti cagnetta, mostrati a me", le tue mani abbandonano il vetro, si posano sulle tue natiche, le afferrano con presa sicura, sai cosa vuoi ora, essere sua, completamente. Allarghi le tue natiche, oscenamente, il leggero tessuto separa il tuo sesso eccitandolo; ecco, improvvisa la desiderata mossa della sua mano, un colpo secco, il tuo slip tra le sue mani, il tuo sesso dischiuso a lui, rorido di umori, pronto a lui.
Adori aprirti a lui, sentire le tue mani che ti aprono, spostare un poco le gambe per meglio mostrarti, leggermente chinata in avanti, la schiena arcuata, il viso schiacciato su quel mondo esterno che ora non ti appartiene più.
Ecco, finalmente, la punta gonfia del suo sesso accarezza il tuo, si sofferma leggero a sfiorare i tuoi peli curati, cerca il clitoride, solleticandolo, non resisti, un gemito ininterrotto sfugge roco dalla tua gola, ecco lo senti, tra le grandi labbra, si bagna in te, di te, spinge, lentamente, aprendoti di più.
Ogni fibra de tuo corpo ormai coglie la sua presenza, sembra che tutto in te si sia trasformato; il tuo sesso ormai è il centro di tutto. Spinge, ancora, lentamente, lo senti riempirti, colmarti di lui, la sensazione di appartenere, di essere sua ora è totale; più a fondo, di più, a toccare dolcemente il tuo utero, fermandosi un poco e poi, lentamente, uscire da te, vorresti trattenerlo in te, stringi i tuoi muscoli, avvolgendolo, traendo sensazioni quasi trascendentali; esce piano, ancora un poco, solo il suo glande ora in te....ma ecco che il movimento si inverte, le tue dita allargano ancor più le tue natiche mentre torna in te, lentamente, un languido movimento sfinente, in fondo a te, piena di lui. Ecco si ferma, resta immobile in te, solo inapprezzabili movimenti dei vostri corpi, dettati dal respiro, muovono i vostri sessi, stimolazioni appena percettibili eppure così intense.
Un brusco movimento, secco, deciso, ora violento; si muove in te ora, con forza, decisione, ti prende, SI, TI PRENDE ORA, finalmente sua, completamente sua.
Colpi possenti, sempre più affondati, mentre il tuo corpo sussulta in movimenti incontrollati, scomposti; il capo sempre schiacciato contro la finestra, la lingua che disegna oscene greche di saliva sul vetro appannato dal tuo desiderio, rivoli di piacere che ti scorrono tra le gambe, sulle cosce.
Ormai non sai più distinguere l'orgasmo, è un susseguirsi ininterrotto di orgasmi, senza tregua, sempre più violenti, sempre piò intensi che ti portano sempre oltre, dove non pensavi fosse possibile arrivare, eppure in ogni istante il piacere supera il piacere, parloe senza senso escono dalle tue labbra, mescolate a gemiti, urla, sospiri, nulla più importa, vuoi che lui ti veda come realmente sei.
Le tue mani sul tuo capo, afferrano i tuoi capelli, ti costringono a voltarti verso lui, a guardarlo, gli occhi appannati, il viso distorto nel piacere, l'ansimare scomposto di tutta te stessa, l'inaspettato piacere di quella presa sicura, forte, perdendoti in lui.
Più veloce, più a fondo, colpi sempre più decisi, fondendosi in te. Le tue mani che aprono ancor più le tue natiche, mostrandogli ogni tua intimità, impudicamente; senti il tuo sfintere aprirsi piano sotto le spinte del piacere, quella parte del tuo corpo che hai sempre negato a chiunque e che ora, assurdamente, vorresti sentire violata.
I tuoi occhi nei suoi, una muta richiesta di...tutto. La sua mano sul tuo viso ora, tra le tue labbra, biascichi parole senza senso, coprendola di saliva, di parole, di desiderio, la allontana da te, la senti scivolare sulla tua schiena mentre incessanti i suoi colpi ti scuotono, eccola, le sue dita sullo sfintere, bagnandolo di saliva, ti mordi le labbra, guardandolo preme piano, sei pronta ad aprirti a lui.
Un colpo più deciso, a fondo, senti il tuo sesso riempirti completamente "ora piccola cagna, ora sei mia, ora puoi godere" quasi aspettassi quelle parole un orgasmo totale ti coglie, un lungo urlo, le gambe cedono, trattieni il respiro quasi a prolungare quell'infinito piacere mentre non distingui più nulla, occhi vacui guardano il vuoto, pensieri annebbiati si fondono, confondono, svaniscono per riapparire, solo piacere, piacere assoluto ed abbandono totale.
Percepisci appena il suo muoversi in te, gli ultimi colpi, la vischiosa presenza del suo seme sulle tue natiche, sullo sfintere offerto e rifiutato, aperto, alcune gocce scivolano in te. Lentamente il respiro riprende, la mente ancora ovattata dal piacere, muovi la tua mano, raccogli sulle dita il suo sperma, lo porti verso te, spargendolo sul vetro, mai avresti immaginato di fare ciò che fai..eppure lo vuoi, ora si, la tua lingua sporge, lo lecca, lo gusta. Assurdamente vorresti quasi che qualcuno dalla piscina alzasse lo sguardo, ti vedesse, impudica, un pò puttana, femmina, come ora ti senti, come hai desiderato da sempre, felice ed orgogliosa di fare questo per lui, della approvazione che vedi in lui.
Il suo corpo ora stretto al tuo, in un abbraccio dolce, appagante, rincuorante. Restate immobili a lungo ascoltando i vostri cuori riprendere il ritmo normale, acquietarsi dopo l'estasi, in quel meraviglioso limbo dopo il piacere.
Ore, minuti, secondi, il tempo non esiste, solo tu, lui, voi. Si stacca da te, lentamente, un improvviso gesto di pudicizia ti porta a coprirti con le mani, voltandoti verso lui, il volto in fiamme, appagata, felice, sua come mai di nessun altro. Raccoglie il tuo pareo, lo avvolge attorno al tuo corpo ancora coperto del vostro sudore, tra le tue gambe ancora i vostri umori mescolati tra loro, sollevi lo sguardo, sorride, un leggero sfiorarsi di labbra, e la sua voce, dolce ora, "a presto Giorgia, a presto" si volta verso la finestra che ancora porta i segni del vostro piacere, ti volti lentamente, esci..."a presto".
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20 years ago
admin, 75
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Scacco alla Regina
Ilaria guardava le nuvole che oscuravano il cielo e la sua città le appariva splendida anche così: immersa in questo grigio antico che sembrava permeare ogni cosa.
L’asfalto bagnato coperto di foglie autunnali si distendeva per chilometri sotto il suo sguardo, chilometri di strade percorse giorno dopo giorno, ora dopo ora, da persone come lei: madri sempre di corsa, mariti disonesti o felici, lavoratori stanchi, professionisti sempre in cerca dell’ultimo affare, impiegati annoiati, persone contente, persone tristi, persone ubriache di vino e d’amore.
A quale categoria apparteneva lei?
A 30 anni ancora non riusciva a capire che posto le riservava il destino.
Tutto apparentemente normale, tutto in ordine, “ogni cosa al suo posto” - avrebbe detto sua madre – eppure, eppure…..un tassello, un incastro riuscito male, un dolce poco lievitato, a volte la sua vita sembrava prendere una piega totalmente estranea al suo modo di essere e di pensare.
Giorgio, compagno esemplare, architetto lanciato sulla via del successo, uomo dotato di fantasia e di ardore, era l’invidia di tutte le sue conoscenti e la gioia della sua “saggia” mamma.
“Dove l’hai pescato un uomo così?” le chiedevano tutte le amiche e colleghe di lavoro, “non fartelo scappare” le diceva al telefono sua madre , e quei 300 Km che le separavano correvano sul filo veloci fino a diventare nulla, e Ilaria si sentiva come da bambina quando quella donna perfetta e profumata la abbracciava e le diceva “Ilaria, devi diventare qualcuno nella vita, ricorda che ogni cosa ha un suo ordine logico, ricorda che ogni cosa ha un suo posto”.
Era questo che le stava sfuggendo di mano, questo incastro perfetto, questo domino costruito in trent’anni, aveva adesso una pedina vacillante, una pedina che poteva compromettere il lavoro minuzioso di una vita.
Accendendo una sigaretta ripensa a Vera, a quei capelli rossi come fiamme, a quel corpo perfetto nella sua imperfezione, a quel naso importante, che lei indossava e portava con la disinvoltura della donna che sa di essere bella.
Vera era così: abiti sgargianti, gioielli vistosi, scarpe alte, borse fuori moda, velluti, broccati, sete cinesi, bigiotteria falsa.
Vera, con la sua allegria, con il suo spirito mordace, con i suoi cappelli all’inglese, con il suo portamento da regina, con la sua falsa noncuranza, Vera leale come il suo nome, attaccata a vecchie ideologie, comunista, anarchica, fascista, retrograda e progressista, cangiante come un diamante, solida come una quercia.
Vera che le ha rubato il cuore, Vera che una notte d’estate le ha detto “ti amo” mentre tra una birra annacquata e salatini stantii parlavano dell’ultimo libro letto, dell’ultimo film visto, dell’ultima volta che Ilaria aveva fatto l’amore con Giorgio.
E poi il buio di una corsa in macchina, il desiderio impacciato di Ilaria, la dolcezza e la capacità di seduzione di Vera, la libreria in noce, il gatto sul divano, il letto morbido e immenso, le candele accese, la luce tenue e soffusa: Vera le ha tolto i vestiti con la delicatezza di un amante sapiente, le ha sfilato le scarpe e massaggiato i piedi, le ha sciolto i capelli bruni legati da un nastro e l’ ha accarezzata per ore prima di possederla con la foga e il desiderio che Ilaria aveva conosciuto solo negli gli uomini.
E la baciava e le diceva ti amo, e le infilava la lingua ovunque e le diceva ti amo, e l’ha fatta venire con un’intensità mai provata prima e le diceva ti amo.
E le diceva ti amo anche mentre le insegnava come gode una donna, mentre con destrezza e fermezza le trasportava le mani nei punti più profondi del suo piacere e le diceva come accarezare, leccare, sfiorare, premere i punti proibiti di un universo infinito.
E Ilaria assaporava, con il gusto di una bambina che succhia caramelle alla fragola, i sapori di Vera, ed annusava gli odori di Vera e rispondeva ti amo alle parole di Vera.
Una notte durata un’eternità tra le braccia voluttuose della sapiente Maestra, tra capelli rossi di fuoco e bocche brucianti, tra un bicchiere di Chianti bevuto a coppa tra le cosce di Vera e dolci ciliegie assaporate intatte tra le gambe di Ilaria.
Una notte di passione, una notte di odio e di amore, una notte in cui Giorgio lontano la chiamava da Parigi per dirle Ti amo e Vera all’orecchio le sussurrava anch’io.
Ilaria guarda la pioggia che ha iniziato a pulire l’asfalto, e pensa a sua madre e al suo ordine logico e cosmico, e pensa a Giorgio e al suo mondo fatto di carte e di voli aerei e pensa a Vera, alle sue telefonate notturne e sconclusionate, al suo profumo di viola ai suoi teatrini di periferia, ai suoi autori sconosciuti.
Pensa alle grandi mani di Giorgio che le percorrono il corpo e la manovrano con la sapienza dell’uomo che la conosce e ama da sempre, e pensa a Vera, alle sue bianche dita che la toccano con l’onniscenza e l’esperienza , con il piacere e la voglia che solo una donna può regalare ad un’altra.
Ieri ha parlato con l’uomo che ama della donna che ama, ieri ha parlato con lui e gli ha detto con le lacrime agli occhi che non può più vivere senza di lei, che i suoi capelli e il suo profumo sono una droga troppo inebriante.
Giorgio, il timido e perfetto architetto ha spalancato i suoi occhi di cielo, ha aperto la bocca da cui non è uscito alcun suono, le ha stretto i fianchi e le ha detto solo tre parole -non mi lasciare- .
Dopo mesi di altalene, di serate insonni, di week end alterni, dopo giorni di pianto e notti di fuoco, Ilaria ha preso l’ultima assurda decisione.
Giorgio la ama troppo per imperdirle di vivere la sua vita, e Vera è inebriata dall’idea di averla sempre con sé.
Suonano alla porta di casa, Ilaria, dà un ultimo sguardo alla strada deserta e si avvia alla porta con le gambe ferme.
Giorgio efficiente e dolcissimo porta due immense valigie, ed una massa capelli di fuoco avanzano dietro di lui.
Le camere sono pronte, quella di Vera e di Ilaria si affacciano sul giardino interno, quella di Giorgio e di Ilaria anche.
Stanze comunicanti, armadi condivisi, un unico bagno per fare la doccia e l’amore…..Il caffè nero e fragrante li aspetta in cucina: infondo ogni cosa ha un suo ordine logico, ogni cosa ha un suo posto nel mondo.
Di sicuro mia madre sarebbe fiera di vedere come ho messo ordine nella mia vita - Ilaria sorride mentre bacia Giorgio sulle scale di casa e conduce i suoi timori fuori dalla stanza da letto, e l’ultima tessera del suo puzzle perfetto torna ad incastrarsi con gli altri tasselli
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20 years ago
desiderya, 40/42
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Le Vacanze di Renè - Parte V
Percorremmo praticamente tutti in silenzio il resto della strada che conduceva alla rada nella quale era ormeggiata la nostra barca. Ma era evidente che si trattava di un silenzio carico di significati. L’eccitamento di tutto il gruppo era palpabile e serpeggiava tra noi come archi voltaici creati da quei fenomeni di elettricità statica che a scuola avevo più volte sperimentato, in quelle sfere di vetro attraversate dalla corrente. Quando uno di noi avvicinava un dito, la saetta
formata dall’elettricità si dirigeva verso il dito ed aumentava di intensità.
Un fenomeno analogo stava verificandosi nel gruppo: presumo che se fossimo stati meno conformisti, e meno abituati ad utilizzare i freni inibitori che l’educazione e la morale ci avevano imposto di adottare, ci saremmo gettati l’uno sull’altra e viceversa, a casaccio, pur di sfogare gli stessi istinti primordiali che avevamo osservato nelle danzatrici e nei danzatori. Camminavamo quindi quasi a distanza, donne da uomini, come se avessimo paura di ricreare, con un eventuale contatto, gli archi voltaici segno dell’erompere dell’eccitazione.
Giungemmo alla barca, tutta illuminata, e attraversato il pontile vi salimmo sopra. Con un certo imbarazzo e senza aggiungere altri commenti sulla serata, ci salutammo, e ci augurammo a vicenda la buona notte, nella rispettiva consapevolezza che per ognuno di noi sarebbe stata una notte speciale.
Baciai mia madre con una tenerezza speciale, diversa dal solito ed un brivido mi attraversò tutta la schiena: non era la prima volta nella vita che la desideravo realmente e fisicamente. Era ormai un fenomeno ricorrente, divenuto quasi quotidiano, che mi poneva in una condizione di estremo disagio. Come poteva un figlio desiderare in quel modo la propria madre? Mi feci coraggio e cercai di contrastare lo sconvolgimento, dicendomi che ero davvero uno stupido a pensare certe cose e scesi nella mia cabina con l’intenzione di farmi una doccia, sia per eliminare il sudore dalla pelle, sia per tentare di spegnere il fuoco che mi bruciava dentro.
Una volta dentro la cabina, mi spogliai completamente e mi cacciai sotto la doccia, prima bollente e poi più fredda. Mentre mi insaponavo, vidi scostare la tenda dalla quale fece capolino il visetto allegro di Annette:
“Posso lavarti la schiena?” mi chiese con voce sensuale ed un sorriso molto significativo.
“E me lo chiedi?” risposi io girandomi e volgendole la schiena “non aspettavo altro. Vieni dentro”.
“Però devo fare così, altrimenti mi bagnerò tutti i vestiti”. Devo fare così significava togliersi i vestiti, cosa che fece in un lampo e, completamente nuda, mi raggiunse sotto la doccia. Mi prese di mano la spugna insaponata e cominciò a lavarmi la schiena, lentamente, proprio come una geisha giapponese, senza fretta, con metodo: collo, schiena, gambe; con mano leggera mi allargò le cosce ed infilò la spugna prima fra le mie natiche e poi sotto, per lavarmi le palle. Indugiò a lungo in questa operazione: il suo tocco leggero sulle palle mi mandava in visibilio. Io stavo con le braccia appoggiate al muro della doccia e le gambe divaricate. L’acqua tiepida continuava a scorrere sul mio corpo e su quello di Annette. Ad un tratto cominciai ad avvertire una sensazione dolcissima e, ovviamente, nuova per me: Annette si era accoccolata, mi aveva allargato le natiche e stava leccandomi il culo.
Alternava movimenti veloci su e giù e poi inseriva la punta direttamente nel mio buchino, regalandomi un’altra sensazione sconosciuta, ma intensa. Mi sporsi in avanti, proprio come avevano fatto le danzatrici del villaggio, per lasciare più spazio di manovra alla lingua di Annette, che in realtà, pur procurandomi un effetto molto particolare, non pensavo potesse accrescere ulteriormente l’eccitazione che già mi attraversava come quella corrente elettrostatica del laboratorio di fisica.
Annette si rigirò sotto di me e smise per un attimo di tormentarmi il buchino per passare a leccarmi la zona compresa tra il culo e le palle. Un altro brivido nuovo scosse il mio corpo. L’acqua continuava a scorrere sul mio corpo e poi sul viso di Annette, che si trovava sotto di me e mi passava freneticamente la lingua su e giù tra le cosce.
Annette sfogava così la sua eccitazione, era completamente infoiata e ciò che stava accadendo dotto la doccia contribuiva ad aumentare in modo parossistico la sua eccitazione...ed anche la mia.
Ora era sotto le mie palle e ci giocava con la bocca, succhiandole e sputandole fuori delicatamente, senza farmi male.
“Mmmmm, René, sono arrapatissima, non capisco più nulla, mi farei fare tutto, stanotte, soprattutto vorrei che quel cazzone nero stupendo mi squartasse la fica, ma anche il tuo non è da meno, ora ci divertiamo”.
Mi prese il pisello in mano, fece scendere giù la pelle del prepuzio e mi scoprì la punta, completamente bagnata per l’eccitazione provocata dalla festa della fertilità e dai giochi della sua lingua nel mio culo.
Con aria affamata, come se fosse da lungo tempo digiuna, Annette si impadronì del mio pisello e cominciò a leccarlo come un gelato. Dava lunghe slappate sulla punta, poi vi girava la lingua intorno, infine lo ingoiò come se avesse fretta di farlo scomparire tutto nella sua gola. Esattamente come in “Gola Profonda”, quel famoso film americano degli anni ’70, ormai un cult tra noi studenti, nel quale furoreggiava Linda Lovelace, una attrice non bravissima, ma molto sexy che aveva una capacità unica, sviluppata ovviamente prima della nascita di Annette, di ingoiare completamente un cazzo, fino alle palle, in modo tale da toccare con il naso i peli del pube del suo partner. Inimitabile !
Vedere il mio pisello che lentamente ed inesorabilmente scompariva completamente nella sua bocca mi dava un’eccitazione pari a quella provata durante la festa nel villaggio. Sentire poi la punta che toccava la gola di Annette mi scatenava dei brividi che mi attraversavano la schiena e scendevano fin giù nelle gambe. Mi dissi che non mi sarebbe bastata tutta la vita per imparare quali emozioni nuove poteva riservare il sesso.
Ma proprio quella sera ne avrei imparate di cose…
Tutto quell’impegno, unito all’eccitazione che mi pervadeva, non poteva lasciarmi indifferente; dopo solo alcuni minuti di quel massaggio intimo con la lingua, con la bocca e soprattutto con la gola, il mio pisello iniziò a dare segni di un fremito incontenibile: un fiume di lava cominciò a ribollire all’interno del mio ventre e a cercare una strada per scaricare fiumi di liquido bianco direttamente nella gola di Annette.
Ebbi appena il tempo di avvertire Annette: “Tesoro, sto venendo”. Non riuscii a pronunciare altre parole, fu un orgasmo estremamente silenzioso, per entrambi, per me che ero rimasto senza parole e per Annette che aveva la bocca completamente riempita del mio cazzo.
Lei, infatti, spinse ancora più in fondo il mio pisello nella sua gola ed iniziò ad ingoiare fiotti di sperma che dalla punta del mio pisello le si riversavano direttamente in gola. Non faceva in tempo ad ingoiare il primo fiotto che altri due le avevano riempito nuovamente la bocca. Ingoiava in continuazione, anche per evitare di soffocare. Finalmente l’eruzione ebbe termine. Le mie gambe ebbero un ultimo fremito e per un attimo le forze mi abbandonarono, tanto da costringermi a sostenermi al muro della doccia.
Annette, come al solito, non aveva perso nemmeno una goccia del mio sperma ed aveva un’aria deliziata: ad occhi chiusi si godeva gli ultimi attimi del mio orgasmo, che trasmetteva al pisello ancora alcune sporadiche contrazioni. Quindi estrasse il pisello dalla gola e dette un’ultima leccata ad una goccia di sperma che, isolata, era rimasta sulla punta. Mentre allontanava la lingua, un filo sottile di sperma, come un ponte stilizzato, unì la punta della sua lingua a quella del mio pisello, ma anche quell’ultimo ponte fu aspirato dalla sua bocca vorace.
“Ah, René, che amante meraviglioso sei” languidamente Annette, inginocchiata com’era, mi si avvinghiò alle cosce “tu mi fai perdere il senno, completamente. E quanto mi piace la tua sbora. Ma ora devi farmi una cosa che ho visto fare, ma che non ho mai provato direttamente. A vederla però sembra molto eccitante”.
“Cos’è” domandai io, incuriosito. Annette non finiva mai di stupirmi,
“Pisciami addosso, sul viso, in bocca, dai, muoio dalla voglia” mi implorò Annette, impazzita per l’eccitazione: gli occhi le brillavano di desiderio.
Indugiai un attimo perché ascoltare la sua richiesta fu per me come ricevere un pugno nello stomaco: non avrei mai creduto che le varianti del sesso potessero comprendere anche delle prestazioni come quella propostami da Annette.
Ma ormai la mia voglia di imparare non conosceva limiti e la mia curiosità in campo sessuale mi avrebbe spinto oltre ogni immaginazione.
Volli provare.
Il mio pisello era ancora turgido come se non avesse avuto alcuna eiaculazione e quindi non fu molto facile ordinargli di fare pipì; poi non l’avevo mai fatto se non da solo e già il doverlo fare in presenza di Annette mi procurava un certo imbarazzo. Ma il latte di cocco offertomi al villaggio era ancora tutto dentro di me e non mi parve vero di potermi liberare.
Un fiotto di liquido, questa volta non più cremoso come prima, cominciò ad uscire dalla punta del mio pisello e a colpire il corpo di Annette, le tette il ventre, le gambe. Annette, con un grido di eccitazione avvicinò il viso a quello zampillo caldo e dorato, si fece inondare prima il viso, poi aprì la bocca. Il fiotto le entrò direttamente in gola, ma poiché era tanto abbondante, una parte la ingoiava, mentre una parte le scorreva fuori dalla bocca e le scivolava sul mento e sul seno. Dopo tanto tempo che mi sembrò un secolo realizzai che mio zampillo ormai si confondeva con l’acqua della doccia, che scorreva ancora sui nostri corpi. Annette aveva la bocca aperta e si lasciava riempire la bocca dall’acqua della doccia, per rimuovere le ultime tracce della mia doccia personale.
“Mmmmm, René, è stato fantastico, non pensavo che avrei goduto tanto nel ricevere il tuo zampillo sulla mia faccia e nella mia bocca. Sai che sono arrivata? La mia fica è tutta fradicia. Tu sei davvero stupendo. Grazie. Sei un amore”.
Brividi di passione mi attraversavano il corpo. Ogni volta Annette era una fonte inesauribile di sorprese, era davvero la mia maestra di sesso. Chissà quante cose ancora aveva da insegnarmi. Io ero un bravo studente e mi sarei applicato intensamente...
Chiusi il rubinetto della doccia e porsi ad Annette un telo da bagno per farla asciugare, poi mi asciugai a mia volta.
“Ora devo andare” mi disse Annette “stanotte c’è una festa nella cabina di Marcel ed io sono stata inviata. Ma ci vado solo se a te non dispiace”.
Compresi ed apprezzai la delicatezza di Annette e le risposi sinceramente che non avrei avuto alcun motivo per dispiacermi, anzi sarei stato contento perché immaginavo che lei si sarebbe divertita molto. Mi resi anche conto che la mancanza di Edith dalla mia stanza significava che anche lei era stata invitata a quella che probabilmente si sarebbe trasformata un orgia dopo l’orgia, data la fama di zio Marcel. Annette mi salutò con un dolcissimo bacio e scappò via.
Fui tentato, in un primo momento, di andare a vedere cosa stessero combinando, poi ci ripensai e mi distesi sul mio lettino.
Non riuscivo a prendere sonno: le emozioni intense della serata, ma soprattutto la consapevolezza di aver rivolto quel pensiero a mia madre, mi avevano sottratto la mia consueta serenità.
E poi quel pensiero della mamma mi si attorcigliava nella mente, ma senza ricevere una degna soluzione. Io volevo a mia madre un bene pazzo, ma questo amore presentava molteplici aspetti, non ultimo quello di un intenso desiderio sessuale rivolto nei suoi confronti: come era possibile questo?
Mi crogiolavo nel sogno di possedere un giorno mia madre, ma il contrasto tra questo desiderio impossibile e la realtà mi toglieva il senno.
Decisi allora di andare a vedere come se la spassavano nelle altre cabine. Provai ad aprire la paratia tra la mia e la cabina della mia sorelle, ma era ermeticamente chiusa. Pensai allora che, scartato zio Marcel, che non pensavo avesse l’audacia di invitarle, stessero godendosela tra di loro, come mi aveva detto Virginie.
Proseguendo lungo il corridoio inferiore, fui attratto da inequivocabili mugoli che provenivano dalla cabina dei miei genitori. Ecco, mi dissi, anche questo, stanotte: non bastava il mio desiderio, devo anche assistere allo spettacolo di mia madre che scopa, ma non con me…
Un ansimare di una voce dolcissima, che riconobbi essere di mamma, mi rivelò inequivocabilmente che in quella cabina i miei se la stavano spassando e anche con gusto. Certi slop, splash erano indice di una fervida attività sessuale, testimoniata anche dai respiri affannosi e dai gemiti che si udivano al di là della porta. Non ebbi il coraggio di aprire e guardare, ma appoggiai l’orecchio alla porta e mi godetti un altro spettacolo, solo uditivo, stavolta.
Dopo un gran finale la cabina piombò nel silenzio. Allora decisi di ritornare a dormire, ma dalle luci che entravano attraverso gli oblò compresi che ormai era spuntato il sole.
Udii nuovamente dei movimenti nella cabina dei miei e feci appena in tempo ad imboccare il corridoio verso la mia cabina che la porta si aprì e mio padre ne uscì per andare verso le scale che portavano in coperta: andava a riprendere le sue funzioni di capitano.
Un’idea scellerata mi attraversò la mente come un fulmine e mi esplose dentro, lasciandomi come inebetito. Il cuore cominciò a battermi nel petto all’impazzata.
Scivolai piano nella cabina dei miei genitori; mia madre, distesa nel suo letto, si stava godendo ancora il languore dell’amore appena fatto con mio padre. Ancora in leggero dormiveglia, mamma si sistemò il cuscino sotto la testa, si girò sul lato destro, volgendo quindi le spalle all’ingresso della cabina e stiracchiandosi come se fosse una bambina e non una donna sposata da tanti anni, scivolò nuovamente in un sonno profondo: troppe e troppo intense erano state le emozioni della sera precedente.
Mamma era completamente nuda e l’interno delle sue cosce era lucido del seme di mio padre, colato fuori dalla vagina dopo il coito. Era bellissima, il suo corpo stupendo, abbronzato, risaltava sul candore delle lenzuola, aveva le curve sinuose di uno strumento musicale costruito da un grandioso Stradivari.
Con il cuore che mi batteva ancora nel petto come se volesse uscire fuori e vivere una vita per suo conto, mi distesi nel letto accanto a mia madre, profondamente addormentata e mi strinsi contro il suo corpo caldo e nudo.
Il mio pisello era durissimo e non incontrai alcuna difficoltà ad avvicinarlo alla sua vagina, che si trovava nella giusta posizione per essere penetrata, in quanto lei teneva le gambe ripiegate.
Ci misi del tempo prima di avvicinare il mio pisello alla sua fica: ci ripensai almeno cento volte, perché mi sembrava una cosa troppo proibita e troppo folle da tentare e perché avrei potuto perdere l’affetto di mia madre definitivamente, se lei non avesse gradito questa “iniziativa” da parte mia. Ma ormai mi ero spinto già troppo oltre e soprattutto non resistevo più: la desideravo da morire.
Puntai il pisello contro le sue labbra bagnate dello sperma di mio padre e di liquido lubrificante uscito da lei e non incontrai alcuna difficoltà: la vulva si spalancò sotto la spinta del mio cazzo, che vi entrò dentro per una buona metà.
“Uhmmmmmm” mormorò mia madre, sospirando in mezzo ai cuscini, le mie mani accarezzarono delicatamente le rotondità del suo culo, poi mentre una mano continuava ad accarezzare una natica, con l’altra risalii lungo i fianchi e raggiunsi il seno, fino a stringere una tetta nel mio palmo. Era talmente grande che la mia mano non riusciva a prenderla tutta. Strinsi tra il pollice ed il medio un capezzolo, che era già eretto e finalmente alla mia portata, dopo aver tanto immaginato la sua forma sotto gli indumenti. Però sentire sotto le mani proprio quelle tette che avevo per anni visto con la mente e talvolta intravisto davvero era un sogno finalmente realizzato!
“Uhmmmmmm” gemette nuovamente mia madre e mosse leggermente il bacino, in modo da consentire più facilmente la penetrazione del mio pisello. Improvvisamente, grazie a questo movimento, le fui dentro, completamente. Mamma spingeva il culo verso di me fino a quando i miei testicoli non le toccarono le cosce. Allora lentamente, per non farla svegliare, cominciai a muovermi dentro di lei. Era una esperienza meravigliosa, mai provata prima: la fica di mia madre era dolce, morbida, caldissima come non lo erano quelle di Annette di Edith e di Virginie, ed era tanto bagnata che il mio cazzo scivolava dentro completamente, sentivo che batteva contro qualcosa di caldo e resistente, come un morbido muro bollente all’interno della vagina, segno che oltre non poteva andare.
Mamma si lamentava, con la testa nei cuscini, che attutivano molto i rumori, cosicché i suoi gemiti non potevano essere ascoltati da nessuno. Avevo il terrore, però, che mamma, conoscendo perfettamente il modo di far l’amore di mio padre, peraltro l’unico uomo nella sua vita, che lei aveva incontrato quando aveva sedici anni e non aveva lasciato mai, con il quale aveva fatto l’amore migliaia di volte, del quale conosceva perfettamente la forma del suo cazzo, la lunghezza, la consistenza, la maniera di scoparla, potesse accorgersi che c’era qualcosa di strano in quella penetrazione.
Ma lei continuava ad accettare quel movimento di va e vieni del mio cazzo nella sua fica. Pur essendo alle sue spalle potevo vedere i suoi occhi ancora chiusi e temevo che improvvisamente potesse aprirli, ma ero troppo eccitato, non potevo più fermarmi, ormai. Mi rendevo conto che stava svegliandosi, ma continuai nel mio movimento: mi fermavo, poi estraevo il pisello e lo riaffondavo completamente nella sua fica. Alitavo sul suo collo, che i capelli avevano lasciato scoperto, il mio respiro caldo e affannoso e le tenevo saldamente le mani sul ventre e sulle tette.
Il mio stomaco urtava contro il suo culo freneticamente, come per affondare il più possibile il mio cazzo dentro di lei, nella sua fessura bollentissima.
“Julien ? sussurrò mia madre “come mai sei tornato indietro, non ti basta ancora? Sei davvero incontentabile!”
Mi aveva scambiato per mio padre! Io mi guardai bene dal rispondere e, ricordandomi una delle tante lezioni di Annette, spostai la mano dal suo culo al clitoride e cominciai ad accarezzarlo. Come tutto il resto era bagnato fradicio e le mie manipolazioni ebbero l’istantaneo effetto di farlo ingrossare tra le mie dita.
“Mmmmm” continuava a mugolare mia madre e spostando il sedere infilò una mano tra le cosce, oltre la mia che le stava accarezzando il clitoride, e raggiunse le mie palle, che prese nella sua mano e strinse mentre il mio cazzo era profondamente infilato dentro di lei.
Ma la mano che mi stava dando un godimento speciale, toccando le mie palle, improvvisamente si irrigidì: mia madre si era accorta che non erano le palle di suo marito, mio padre. Ma forse le spinte ormai apertamente possenti del mio pisello nella sua fica, che ormai rispondeva con inequivocabili contrazioni e forse si stava bagnando ancora più di prima, o forse le mie manipolazioni sul suo clitoride stavano portando mia madre vicino ad un nuovo orgasmo.
“Sto venendo” la sua voce leggera sembrava provenisse dall’interno del cuscino.
Io non ce la feci più: l’emozione di scopare mia madre era troppo per me. Scaricai tutta la mia tensione, ed insieme tutta la quantità di sperma che avevo riservato per lei, nella sua fica: “Oh, ohhhhhhh, vengo, vengooooo!” l’orgasmo mi travolgeva come un’ondata alla quale nessuno può resistere, e per me era il più dolce di tutta la mia vita.
“Ma tu…tu ….. sei René, cosa fai, cosa, ma…ma..che vorresti…?” mormorava la mamma, quasi in stato confusionale.
“Shhhh” risposi io, appena ripresomi da quell’uragano “papà è su in plancia, non gridare, ti prego”.
“Ma…ma….ma” tentò ancora di replicare mia madre, non trovando le parole. Poi si riprese un pochino e ricominciò: “Ma…sono qui, nel mio letto, nel letto che divido con mio marito e mio figlio mi ha appena scopata”.
“Mamma” tentai di calmarla.
“Mio figlio” continuò lei, come se parlasse a se stessa “mio figlio è strisciato nel mio letto e ha infilato il suo uccello nella mia fica e mentre ero semiaddormentata! Ed io pensavo che fosse Julien, era Julien!”
“René…tu…io” sembrava che balbettasse “sento il tuo sperma che scivola fuori dalla mia vagina e mi cola sulle cosce. E incredibile!”
“Shhhh” insistevo io “shhhh. mamma, ti prego, non farti sentire da papà”
“Oh, no” lei disse come stordita “è impossibile, una cosa inimmaginabile. Hai messo il tuo membro dentro di me, mi hai inondata di sperma! La cosa più tremenda è che mi è piaciuto tanto, ma non quando sapevo che eri tu; non lo sapevo, no, pensavo fosse Julien, era Julien, non tu. Oh mio Dio”.
“Mamma, ti prego” le sussurravo in un orecchio, mentre il mio pisello ormai microscopico scivolava via fuori da lei “per favore, non arrabbiarti, ascoltami, ascoltami, per favore”.
Mia madre non poteva gridare: se lo avesse fatto, mio padre sarebbe accorso e ci avrebbe trovati lì e io non avrei nemmeno immaginato che reazione avrebbe potuto avere. Anche Virginie aveva accennato ad una ovvia reazione negativa se avesse saputo qualcosa che fosse accaduto tra la mamma e zio Marcel.
“Sto zitta, va bene” acconsentì mia madre “ma non mento se dico che mi sta colando tra le cosce il seme di mio figlio. Oh madonna e si anche è mescolato allo sperma di tuo padre!”
“Mamma” mi giustificai “mamma, non sai quanto mi dispiaccia aver far fatto questo e poi di nascosto, ma devo confessarti una cosa: sono anni, anni che lo desidero, che quando ti guardo non posso controllare le mie erezioni, che mi faccio un mare di seghe per te. Oggi, dopo lo spettacolo di ieri sera, non ho resistito più. Mamma, io ti amo, capisci, ti amo!”
“Tu non puoi, René” rispose lei, molto più calma “non puoi amarmi in questo modo; puoi farlo solo come un figlio ama una mamma, ma non così.”
“No, mamma” replicai “io ti ho amata sempre in questo modo, desiderandoti pazzamente, ho amato il tuo corpo stupendo, il tuo sedere, le tue tette grosse e meravigliose”.
Mentre pronunciavo questa parole ricominciai a massaggiarle dolcemente il clitoride: “Mamma” continuai “la tua fica è stretta come quella di una ragazzina ed è più calda di qualsiasi altra io abbia provato in tutta la mia vita, i tuoi peli sono così folti…le tue tette mi fanno impazzire!”
“No, non posso permettere che accada di nuovo” reagì mia madre, ma sempre parlando sotto voce “prima non avevo capito cosa mi stesse accadendo, ma non deve succedere più. E’ proibito ed è così peccaminoso che non ho il coraggio di parlarne ad alta voce. E’ stato terribile ed anche così…così eccitante. Si, lo confesso, sei così giovane e così dotato, così bello e dolce ed hai usato il tuo arnese come se fosse un pennello di un grande artista ed hai creato un capolavoro nella mia vagina.Ma è impossibile, impossibile…”
Si udirono dei rumori lungo la scala e dei passi che scendevano lungo gli scalini che portavano sottocoperta. I nostri respiri ci restarono sospesi in gola. Stava scendendo mio padre.
“Svelto, giù” sibilò mia madre, indicandomi di infilarmi sotto la cuccetta “sta arrivando tuo padre!”
Non me lo feci dire un’altra volta e sparii in un baleno, rannicchiandomi contro la paratia.
“Ehi, sei sveglia?” udii la voce allegra di mio padre “allora non ti ho fatta stancare abbastanza! Dai torna a letto e riposati ancora un po’, sono venuto a prendere gli occhiali da sole, è una giornata stupenda e il sole è già alto”. Quindi le si avvicinò e le depose un bacio sulle labbra “Io torno su, ci vediamo più tardi, fai con comodo”.
“D’accordo” rispose calma mia madre “a dopo.”
Quando il rumore dei passi di mio padre che ritornava su in coperta si spense del tutto riemersi dal mio nascondiglio e risalii nel letto di mia madre.
“Ora fila via da questo letto in questo preciso istante, René” ordinò mia madre. “Madonna, se lo sapesse tuo padre…!” la sua voce tremava.
“Mamma” replicai “è stato talmente eccitante nascondermi e tu che mi hai aiutato a farlo. Mi ha eccitato ancor più di prima. Sto per venire un’altra volta”
“René!” sbottò mia madre “ma come osi? Non…non…fare così. Salta fuori da questo letto immediatamente!”
Ma le mie mani si muovevano nuovamente sul suo corpo e io annusavo il suo profumo, che mi faceva impazzire.
“Vado via, ma prima devo dirti una cosa” replicai “Tu mi ami, mamma, non hai gridato prima, e mi hai nascosto quando è entrato papà”
“Ce…certo…che ti amo” bisbigliò lei “tu sei mio figlio ed io…”
“Non così” la interruppi “non solo in quel modo, ma anche in quel modo. Tu mi ami come un uomo e questo è ciò che voglio da te. L’ho sempre voluto”.
“René, noi non possiamo” si oppose mia madre.
“Noi possiamo” insistetti “noi lo vogliamo. Io voglio mettere il mio pisello nella tua fica stupenda e lo desidero sin da quando mi spiegasti cosa voleva dire avere una eiaculazione, tanto tempo fa. L’ho desiderato fino a diventare pazzo e quando vi ho visto fare l’amore, te e papà stamattina, mi sembrava di impazzire dalla gelosia”.
Mia madre era come paralizzata dalle mie parole, ma tentava di sottrarre il suo corpo dalla mia presa, ma mi feci più insistente, mosso da chissà quale follia erotica e le piantai le mani nei glutei soffici, mentre appoggiavo la testa sulle sue cosce.
“Ma io sono la moglie di tuo padre” replicò “e non l’ho mai tradito, mai! E tu non dovresti stare nel suo letto”.
“Ma con me non è un tradimento” obiettai “io sono tuo figlio!”
“Appunto perché sei mio figlio è assurdo che tu possa essere qui, in questo momento e che possa essere accaduto tutto questo!”
Compresi allora che non erano i discorsi che potevano risolvere il nostro problema.
Soffiai delicatamente sul cespuglio dei suoi peli pubici. Mia madre rabbrividì, le mancò per un attimo il respiro e si portò le mani sulle tette, tentando di nascondere i capezzoli, che si erano nel improvvisamente irrigiditi, tanto da sembrare piccole falangi. Per quanto tempo avevo desiderato di possederla.
Avvicinai ancora di più il mio viso ai suoi peli.
“Per favore, René” continuò mia madre “tu…tu devi fare una cosa per me: devi dimenticare tutto quanto è accaduto prima”.
“Dimenticare?” obiettai “in nessun modo. Sto appena cominciando, invece. Come ti ho già detto, non posso stare nei dintorni quando papà ti salta addosso. Sono geloso di te, da morire. Ho sperato tanto di trovarti addormentata e sono stato fortunato. Ho immaginato che tu fossi stata calda come quando accogli papà nella tua fica e che gemessi con me come quando lui ti scopa. Ho messo il mio pisello nella tua fica perché è la cosa che ho desiderato per tutta la mia vita, da quando ero bambino. E perché ti amo, ti amo davvero, come mamma e come donna”.
Mia madre era lì, immobile nel suo letto, supina, frastornata oltre ogni immaginazione. E prima che potesse reagire, prima che mi desse definitivamente un ceffone e mi ordinasse di andare via dal suo letto profanato dalla mia incestuosa intromissione, le infilai le mani sotto le natiche e la tirai a me, avvicinando la sua fica alla mia bocca.
“Nnnn–nooooo! lei si lamentò “per favore, René, no, per favore, non puoi, sono tua madre, non io, figlio mio, sono tua madre, tua madre!”
Ma io, ormai, non ero più in grado di tornare indietro: gemevo tra le sue grandi labbra, le mie labbra accarezzavano dolcemente la sua intimità, che era come bagnate di rugiada, il mio viso premeva sul suo monte adornato da quella folta peluria che mi faceva impazzire. Mi accorgevo che lei avvertiva il tocco caldo della mia lingua sulla sua fica. Io non provavo alcun rimorso. Ero innamorato di lei e per me era un gesto del tutto naturale esprimerle il mio amore totale.
Mi rendevo conto che non vi era modo per lei di sfuggire a quel tocco, tranne che gridare e scappare su in coperta, ma questo avrebbe rovinato tutto e mio padre lo avrebbe scoperto.
La mia lingua ormai si faceva strada fra le labbra della sua fica ed io stavo aprendo la bocca, come se volessi mangiargliela, succhiavo tutti i suoi umori, consapevole che erano formati da un mix di quello che avevamo riversato nella sua caverna: c’era il mio sperma, quello di mio padre e il suo liquido. Usavo la lingua esattamente come il mio pisello, la introducevo e la estraevo dalla sua fica, succhiavo le sue labbra intime. Finalmente riuscii a raggiungere il suo clitoride. Rigirai la lingua attorno a quella protuberanza, che diveniva sempre più dura e calda, esattamente come mi aveva insegnato Annette, poi lo succhiai leggermente e delicatamente lo mordicchiai, tenendolo a lungo tra i denti.
L’effetto fu formidabile: mia madre iniziò ad ansimare forte, poi mi infilò le mani tra i capelli e mi tenne ferma la testa proprio in quella posizione che le procurava un godimento estremo.
Mamma cominciò a roteare il bacino e a spingere il suo sedere tra le mie mani, che lo tiravano a me per meglio consentirmi di leccare la sua fica.
“Tu…tu sei pazzo, René” mia madre boccheggiava “ohhhh, continua, però, leccami la fica, ahhh…ohhhh, non fermarti, ora!. Questa cosa tuo padre non me la fa più ormai da anni, bambino mio, amore mio, figlio mio, leccamela, leccamela ancora, dai, tesoro mio, ahhhhh!”
Continuai a leccare la sua fica freneticamente. Trattenevo il respiro e bolle di aria sfuggivano rumorosamente dalla mia bocca quando le succhiavo il clitoride. Mamma mi spingeva la fica contro la bocca e poi sollevava e abbassava il bacino quasi ad indicarmi il punto nel quale volesse essere leccata. Finalmente si era lasciata andare. Ma l’eccitazione era parossistica, non poteva durare ancora a lungo. Infatti, dopo solo alcuni minuti mia madre, sussurrando, disse: “Sto venendo, ohhhh, piccolo mio, vengo, la tua mamma sta venendo, vengoooooo!”
I suoi piedi si contrassero furiosamente, il suo corpo venne scosso da spasimi a ripetizione e con un sospiro lunghissimo mia madre si abbandonò ad un orgasmo che evidentemente non provava da tanto tempo con tale intensità ed ero stato io, suo figlio, ad averglielo provocato!
Fine Capitolo 5
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Le Vacanze di Renè - Parte IV
La delusione cocente di aver inutilmente atteso che le mie sorelle partecipassero, come visitatrici, alla mia notte d’amore fu temperata solo dalle emozioni dolcissime e intense che le mie amiche mi avevano donato.
Il pensiero della mia prima volta nel culo di Edith mi mandava in estasi, continuavo a ripensare senza tregua a quel canale caldissimo e bagnato che aveva accolto il mio pisello e lo aveva stretto in un abbraccio finora sconosciuto, ma talmente eccitante... Però avevo in mente di andare in fondo al discorso dell’assenza di Virginie e Jacqueline. Avevo realizzato che il semplice pensiero che ci fossero mi intrigava da morire. Il fatto poi che fossero le mie sorelle non mi inibiva assolutamente: forse perché non avevamo mai avuto segreti fra noi, senza dubbio la complicità che si era creata mi impediva di avere qualsiasi pudore nei loro confronti.
Il mattino successivo mi svegliai verso le otto, ancora un po’ intorpidito dalle fatiche amorose e salii subito in coperta, dove immaginavo che fervessero i preparativi per la partenza in crociera.
Mio padre era già al lavoro ed iniziò subito a darmi indicazioni, nella mia veste di mozzo, su come sistemare cordami e attrezzi. Sul ponte era tutto in ordine ed io non avevo altro da fare che seguire comandi e suggerimenti: mio padre contava su di me per assicurare ai passeggeri una navigazione perfetta; mi sentivo orgoglioso del mio ruolo e per un attimo dimenticai la delusione nei riguardi delle mie sorelle. Quando circa un’ora più tardi Vir e Jac apparvero in coperta, mi sentii i loro sguardi addosso, poi si avvicinarono a noi, diedero prima un bacio a mio padre e poi a me.
Mentre mi baciava, Virginie mi sussurrò all’orecchio: “Sei stato grande! Ti abbiamo visto mente inculavi Edith. E’ stato eccitantissimo”.
Ma dove cavolo si erano cacciate, mi chiesi io, mentalmente, per essere riuscite comunque a vedere tutto? La consapevolezza di aver avuto le mie sorelle testimoni della mia performance sessuale mi diede un brivido strano, proprio quello che mi aspettavo di provare se le avessi viste entrare nella cabina dove stavo facendo l’amore con Edith e Annette.
Le manovre preparatorie alla partenza mi impegnarono tanto che non fui in grado di proseguire il discorso.
Un suono di sirena annunciò che la barca stava per muoversi: sganciai le cime (mio padre mi aveva insegnato che su una imbarcazione non si usa mai il termine “corda”) che legavano lo scafo alle bitte d’ormeggio e mio padre iniziò a dare gas ai motori diesel che ronfavano sotto coperta.
Intanto sul ponte si era radunato tutto l’equipaggio degli ospiti: i nonni, mia mamma, lo zio Marcel, le zie Jeneviève e Juliette, le mie sorelle, Edith, Annette, tutti quanti emozionati per l’inizio della crociera.
Altri due colpi di sirena e la barca si staccò dal pontile, lentamente, bordeggiò nelle acque tranquille del porto e, superate le dighe foranee, si immerse, finalmente, nelle azzurre acque polinesiane. La caratteristica di quel mare stupendo è di essere celeste e trasparente in prossimità delle rive, al di qua della barriera corallina, mentre al di la di quella assume un colore blu profondo. Quello è il territorio preferito di caccia degli squali.
Il panfilo accelerò progressivamente, sollevando due scie laterali di schiuma bianchissima. La tensione iniziale si dissolse e sui visi di tutti comparve un sorriso sereno: cominciavano tutti a godersi la crociera.
Mia madre, libera dagli impegni dell’atélier e soddisfatta per l’esito del servizio pubblicitario, poteva finalmente distendersi su uno dei lettini sul ponte per farsi baciare dal sole australe: un bikini arancione metteva in risalto le sue curve perfette e faceva risaltare la sua abbronzatura dorata: notavo che il suo corpo di quarantenne non aveva nulla da invidiare a quello delle mie sorelle. Il suo seno, soprattutto, faceva tendere la lycra del suo costume da bagno ed i capezzoli sporgenti sembravano bucare la stoffa leggera del reggiseno. Mi sentii il corpo scosso da brividi sconosciuti: era la seconda volta che osservavo mia madre in quella maniera e ammetto che la trovavo bellissima e attraente. E, come per le mie sorelle, non provavo alcun pudore nei suoi confronti: per me era una bellissima donna e basta, pur essendo mia madre.
La vera sorpresa, invece, era la zia Jeneviève, che sdraiata sul lettino vicino a quello della mamma chiacchierava con lei amabilmente.
La zia indossava, abituata com’era ad un abbigliamento serio e casto, un costume intero, un contenitore che però non riusciva a nascondere il suo contenuto. Zia Jen portava la taglia 46, ma la morbidezza e l’armonia delle sue forme, a mio avviso, le consentivano di essere vincente in qualsiasi confronto con altre donne più magre. Il costume da bagno, di quelli da piscina, senza cuciture, in apparenza molto castigato, le fasciava il corpo come una seconda pelle. Non ci voleva neanche tanta immaginazione per indovinare cosa ci fosse sotto. Il suo seno tendeva la stoffa quasi volesse sgranarla, mentre la curva dolce del ventre veniva interrotta dalla cavità dell’ombelico. La vista più eccitante, invece, era quella del suo monte di venere, leggermente sporgente. Mentre era distesa io le guardavo proprio un punto particolare tra le sue gambe, perché era evidentissima la fessura della sua fica, quasi come se il morbido tessuto del costume da bagno si infilasse tra le sue labbra fin nell’interno.
“Ohè, giovanotto, ti piace così tanto la zietta ?”. Mi scossi come fulminato: era l’altra mia zia, Juliette, che, in piedi, alle mie spalle, guardava il mare e si stava movendo per dirigersi verso le sue sorelle, per distendersi anche lei su di un lettino.
La sorpresa era, in realtà, che sotto un pareo con il quale si era fasciata salendo in coperta, anche lei indossava un costume da bagno da sballo, ma scelto in sintonia con il suo carattere: spregiudicato. Poteva definirsi, ma solo avendo molta fantasia, un bikini: in realtà era praticamente nuda. Mentre un bikini per la mamma doveva comunque avere una certa quantità di stoffa, almeno per nascondere il suo seno generoso, quello della zia Juliette, se misurato, sarebbe stato di 10 centimetri quadrati circa. In totale.
E’ vero che la zia aveva un corpo efebico, e tuttavia ben fatto, ma il bikini che indossava era costituito da due striscioline sul davanti, che nascondevano a malapena i capezzoli, e da un triangolino negli slip, che celava giusto la sua peluria; per la parte posteriore nessun commento, non vi era che un filino sottile, tutto nascosto dalle natiche completamente scoperte. Forse ho esagerato indicando una misura di 10 cmq!
“In effetti, zia” risposi io un tantino imbarazzato “guardavo zia Jeneviève, ma anche tu non sei da meno! Cavoli!”
“E bravo il nostro René, che comincia a guardare le donne. Ti piaccio?
Alla mia risposta entusiasticamente positiva, rispose: “Ti confesso che sarei stata preoccupata del contrario. Tuo zio Marcel, alla tua età, non ne lasciava indietro nessuna; ne portava due alla volta in casa e sapessi che cosa combinava…!”
Zia Juliette mi arruffò i capelli con la mano, mi dette un bacio e, ancheggiando, andò ad accomodarsi vicino alla mamma e a zia Jeneviève. Mentre lo faceva notai un particolare che mi colpì molto. Zia Jul, evidentemente con intento scherzoso, e forse per sottolineare che mi avevano colpito appunto quei particolari, dette una strizzatina alle tette della zia Jen e poi a quelle della mamma, che risero di gusto e si scossero come se fingessero di volersi sottrarre, ma solo per finta, a quel tocco insistente.
Realizzai, a quel punto, che tutto ciò che vedevo contribuiva ad accrescere il mio stato di continua eccitazione. Soprattutto perché mi rendevo conto che mi venivano rivelati a poco a poco dei segreti molto indicativi sulla sessualità dei componenti la mia famiglia.
Mio padre aveva calcolato la rotta per la prima isola che avevamo intenzione di raggiungere e ora la barca, condotta da mano esperta, solcava decisa il mar dei coralli. Navigammo per tutta la mattinata e ogni tanto incrociavamo quelle caratteristiche barche con i bilancieri che tuttora vengono usate dai pescatori polinesiani: mi meravigliai tantissimo che fossero così lontane dalle coste, ma ricordai che a scuola avevo studiato che maori e polinesiani sono dei grandissimi marinai, dotati di un senso dell’orientamento fuori del comune.
Il caldo dei tropici, dolce e mai completamente torrido, temperato dalla brezza marina, in parte prodotta dal moto della barca, mi accarezzava la pelle; sentivo in me una carica erotica praticamente inesauribile, ora accresciuta dai panorami offerti dalle “mie donne”. La notte appena trascorsa era stata bellissima, ma non aveva appagato in alcun modo la mia ricerca di sessualità, anzi la visione di mia madre, delle zie e delle mie sorelle in libertà, mentre si abbandonavano quasi voluttuosamente a lasciarsi cullare dal rollio della nave e a farsi accarezzare dal sole e dalla brezza, suscitava in me la sensazione di dover scoprire ancora tante cose.
Zio Marcel aveva preparato per tutti dei long–drinks a base di rum e latte di cocco, deliziosi. Sì, quello era davvero il paradiso.
Ad un tratto mia sorella Virginie si alzò dalla sua sdraio. Il movimento attirò la mia attenzione e distolsi lo sguardo dallo schermo dell’ecoscandaglio per guardare nella sua direzione. Probabilmente era ciò che Virginie si aspettava, perché mi lanciò uno sguardo insistente e poi scese sotto coperta. Pensai di aver capito che volesse dirmi qualcosa, ma non davanti a tutti. Lasciai quindi passare qualche minuto, poi chiesi a mio padre se avesse bisogno di me. Lui mi rispose che andava tutto bene e che fino a quando non fossimo arrivati in vista dell’isola non ci sarebbe stato null’altro da fare.
Imboccai la scala con il cuore in gola, attanagliato dalla curiosità di sapere che cosa Virginie avesse da dirmi e soprattutto come avesse fatto a vedere tutto quello che avevamo combinato la notte precedente. Andai diritto nella cabina dove dormivano le mie sorelle, ma non c’era nessuno, ripercorsi il corridoio del sottoponte: ancora nessuno. Cominciai allora a pensare che fosse un altro degli scherzi di Virginie, famosa nel prendere in giro tutti quanti. Aprii le porte di tutte le cabine e ancora nulla: ma dove diavolo si era cacciata, pensavo tra me.
Realizzai proprio il quel momento che l’eccitazione di quella situazione, unita a quella provocata dalla visione della mamma nel suo bikini elastico che mostrava tute le sue grazie, delle zia Jeneviève soprattutto della zia Juliette, avevano provocato in me una reazione alla quale mi rassegnavo ad abituarmi sempre più: il mio pisello era in semierezione, completamente bagnato, pieno di liquido trasparente e un po’ viscido che aveva provocato una macchia vistosa sul davanti del mio costume da bagno. Era opportuno che non mi facessi vedere in quello stato da tutta la famiglia e decisi quindi di andare nella mia cabina per cambiarmi, prima di riprendere a cercare Virginie. Vi entrai di corsa e mi tolsi gli slip. Avevo deciso di metterli a bagno nel lavandino per eliminare quella macchia “di umidità”: quanto poco tempo era trascorso e quanti progressi avevo fatto da quella volta in cui ebbi la mia prima eiaculazione, spontanea, dopo aver soltanto sognato di abbracciare mia sorella Jacqueline nuda!
“Finalmente, ce n’è voluto di tempo perché ti decidessi a venire!”
Feci un salto di un metro per lo spavento: non mi ero assolutamente accorto che nella cabina c’era mia sorella Virginie, rannicchiata sulla mia cuccetta a castello, seminascosta da quella superiore, con le braccia intorno alle gambe ripiegate e la testa appoggiata sulle ginocchia.
“Vir, ma che diavolo fai” sbottai “vuoi farmi prendere un colpo ?”
“Ma no, quale colpo” rispose lei dolcemente “il colpo lo hai fatto prendere tu a Jac e a me mentre assistevamo alla tua performance”
“Ma dove eravate” le chiesi io, rosicchiato dalla curiosità “Mi sono guardato intorno cento volte, ma non vi ho viste”.
“Dovrei continuare a farti morire dalla curiosità, ma tanto prima o poi lo scopriresti. Forse non hai notato che tutte le cabine comunicano tra loro attraverso una piccola apertura, chiusa da uno sportello dello stesso legno delle paratie. Probabilmente è un’apertura di sicurezza, nel senso che dovrebbe poter permettere comunque di uscire dalla cabina anche in casi di emergenza, quando la porta fosse bloccata. Nel nostro caso è stata usata come spioncino, per goderci tutto lo spettacolo. A proposito, sei stato davvero grande, mi hai fatto eccitare da morire. Pensa che era arrapata persino Jacqueline, che è la timidezza personificata”
“Guarda guarda le sorelline” dissi io con una evidente espressione ironica sul viso.
“Sorelline un corno” mi rispose Virginie “ci siamo eccitate come due pazze e siccome non avevamo il coraggio di entrare e partecipare alla festa, o meglio Jacqueline non aveva il coraggio, sai cosa abbiamo fatto? Ci siamo toccate, cioè io toccavo lei e lei me.”
Il solo immaginare le mie sorelle che si toccavano vicendevolmente contribuì ad aumentare il mio stato di eccitazione, che a quel punto divenne completamente visibile. Una ondata di calore aveva investito il mio pisello, che, già mezzo eretto, una volta liberato dalla costrizione del costume da bagno, si mostrò in tutta la sua possanza davanti a mia sorella.
Lei, con il modo diretto di affrontare le cose che la distingueva, proseguì:
“Ascoltami, René, ho invidiato per tutta la notte Edith che ti ha tenuto nel culo, ma ora non ce la faccio più e prima che tutti gli altri si accorgano che siamo scesi qui giù a fare qualcosa di strano devi metterlo anche dentro di me il tuo splendido animale. Non mi importa un accidente di essere tua sorella, ti voglio bene da sempre e tantissimo e ora voglio sentirti dentro di me, subito, qui”.
Detto questo si sfilò solo gli slip del bikini, scivolò in avanti sulla cuccetta verso di me e aprì le gambe. Un ciuffo di peli chiari come i suoi capelli le contornava il monte di venere e le labbra rosa della sua fica risaltavano sul biondo dei peli come se avesse messo un rossetto. Come ipnotizzato mi accoccolai per avvicinarmi con il viso all’interno delle sua cosce e piano piano cominciai ad accarezzarle la fica: era completamente bagnata, esattamente come il mio pisello.
La voce di Virginie mi destò da quello stato di ipnosi:
“Lascia, non voglio essere leccata come fai con Annette, mettilo dentro, sto scoppiando, lo voglio, ORA!”. Anzi, fu lei a prendere in mano il mio pisello. Dalla punta scendeva giù un filo di liquido trasparente; lei lo raccolse e con la mano lo spalmò su tutto il membro, poi tirò in basso la pelle e scoprì completamente la punta, tutta allagata di liquido.
“Mmmm, sei più bagnato di me” disse Virginie “vedrai come scivolerà bene dentro”, quindi lo avvicinò alla sua fessura e cominciò a strofinarvelo vicino, su e giù. Poi lo puntò contro l’apertura della sua fica e lo introdusse lentamente sempre più in fondo.
“Ahhhh, René, mi fai impazzire, è bellissimo, è così grande il tuo cazzo. Lo senti? Ora sei tutto dentro di me. Mi stai allargando tutta la fica, è enorme!”
In effetti il mio cazzo era completamente dentro di lei e i miei peli toccavano i suoi: tra noi non c’erano più spazi vuoti. La fica di Virginie era calda, ma i liquidi abbondantissimi che bagnavano entrambi davano una sensazione di fresco intenso, quasi innaturale. Per istinto e perché già non capivo più nulla, cominciai a muovermi dentro di lei, ritmicamente. Io ero in piedi e questa posizione aumentava la mia resistenza all’orgasmo, che sentivo oltremodo vicino per la grandissima eccitazione che provavo perché stavo facendo l’amore con una persona che già amavo moltissimo e che si stava dando completamente a me, pur essendo mia sorella maggiore.
“Dai René, scopami, voglio essere scopata da te, solo da te. Non m’importa nulla che scopi anche con Annette e con Edith, ti voglio anch’io, prendimi, ti prego, fammi godere come fai con loro”.
Il bacino di Virginie iniziò a muoversi in una danza più frenetica del tamurè polinesiano: una vera e propria danza del ventre; io avrei potuto restare completamente fermo; lei stava facendo tutti i movimenti, per me e per lei.
“René, mi fai morire, non capisco più nulla, dai continua così, sono vicina”. Virginie, mentre danzava col ventre e il mio cazzo dentro di lei, si accarezzava con la mano destra il clitoride, con un movimento lento e circolare, ma continuo. La sua lingua guizzava fuori dalla bocca per leccare le labbra, il respiro era corto e affannoso.
“Uhhhhmmmmmm, non ce la faccio più, fammi venire, ti voglio, voglio essere tua, ora”, Virginie era fuori di testa dall’eccitazione e io con lei e per le cose che faceva con me dentro.
Cominciai a spingere sempre più forte, tiravo completamente fuori il pisello e lo spingevo a fondo nella sua fica, sempre più forte, una, due, dieci, venti volte, provocando uno “slop–slop” molto eccitante.
“Ahhhhh, sì, tesoro, mi fai scoppiare il cuore, è bellissimo, vengo, sto venendo, vengoooooo”.
Il corpo di Virginie era scosso da brividi e sussulti fortissimi, io le avevo messo una mano sulla bocca per evitare che gridasse e lei me la stava mordendo. Mi resi appena conto che un orgasmo potentissimo stava salendo dal mio ventre e con l’ultimo barlume di lucidità che mi era rimasto, grazie anche agli intensi allenamenti fatti con Annette, mi concentrai per allontanare l’orgasmo.
Lo sforzo era notevole, anche perché le contrazioni della vagina di Virginie sul mio cazzo erano talmente forti che sembrava ci fosse la bocca di Annette a succhiarmelo o la sua mano a stringermelo. Ma io resistevo, anche perché mi stavo godendo quelle contrazioni, un altro fenomeno nuovo e sconosciuto nella mia esperienza sessuale. Attesi che gli ultimi brividi che scuotevano il corpo di Virginie fossero cessati; poi, temendo di combinare grossi guai se le fossi venuto dentro la fica, tirai fuori il pisello e mi lasciai finalmente travolgere dall’orgasmo. Giusto in tempo: fiotti di sperma schizzavano dovunque, sul ventre, sul seno, persino sul viso di Virginie, che emetteva gridolini di piacere ogni volta che uno schizzo caldo la colpiva.
“René, sei grande, mi fai morire con questo cazzo meraviglioso che ti ritrovi. Mi sta ancora pulsando la fica”.
Virginie mi guardava con aria sognante, ancora scossa dall’orgasmo che le aveva sconquassato il ventre.
“Ascoltami, questo è soltanto l’inizio” continuò mia sorella “ho proprio intenzione di divertirmi in questa vacanza. Non mi era mai capitato di godere così tanto. Non è che abbia avuto molte esperienze sinora, ma evidentemente i miei partners precedenti non sapevano fare l’amore, come te. Oppure è perché ti voglio troppo bene e mi piace stare con te anche in quest’altro modo e anche se siamo fratello e sorella.”
“Neanch’io sono molto impressionato da questo – possiamo definirlo “piccolo particolare”? – di essere parenti, anzi questo speciale senso del proibito attribuisce un pizzico di intrigo in più a tutta la storia” replicai io.
“Vir, anch’io ti voglio bene e te ne ho sempre voluto tanto, a te come a Jac e anche se talvolta non riesco a capacitarmi come sia possibile che ti desidero anche in questo modo, la cosa non riesce a sconvolgermi affatto. E’ stato dolcissimo fare l’amore con te e se vuoi lo rifarei ancora tante altre volte, ma solo se lo vorrai, ti ripeto”.
“Non temere” mi rispose Virginie “ora che ti ho trovato e ho scoperto questa bestia feroce che hai tra le gambe non ti lascio certo scappare via, anzi… ho in mente certe cose per noi…” ed alla mia espressione sorpresa replicò: “Tranquillo, non sentirti vincolato in alcun modo, anzi sei libero di fare quello che vuoi e con chi vuoi, ma tieni presente che io sarò sempre con te e sempre dalla tua parte. Del resto è capitata la stessa cosa allo zio Marcel ed alle sue sorelle, mamma compresa.”
Questa rivelazione fu come un’esplosione nella mia mente e fece riemergere le parole della zia Juliette sulle eccezionali prestazioni di suo fratello.
“Allora è un vizio di famiglia” risposi “e tu come fai a saperlo? E papà cosa ne pensa di tutto questo?” obiettai io, riflettendo sulla possibile gelosia di mio padre.
“Piano con tutte queste domande a mitraglia: lo so perché me l’ha confidato zia Jul e papà penso che non ne sappia nulla, ma ritengo che se lo sapesse si arrabbierebbe tantissimo. Comunque suppongo che, come per te, le esperienze di zio Marcel si siano concentrate inizialmente sulle donne della sua famiglia, ma poi si siano evolute in ambiti esterni, in modo del tutto naturale. Succederà così anche per noi. Io o te prima o poi ci sposeremo e quindi rivolgeremo il nostro amore e le nostre attenzioni ad altre persone. Però continueremo a volerci bene come ora. E se capiterà talvolta che ci scappi una scopatina, come adesso, penso che sia da stupidi lasciarci sfuggire l’occasione. Probabilmente anche a zio Marcel e alle zie accadrà la stessa cosa”.
“Mamma mia, che casino in questa famiglia” espressi come un pensiero ad alta voce.
“Ma và” obiettò Virginie “nessun casino, sapessi in quante famiglie le prime esperienze si svolgono nell’ambito casalingo. Non so altrove, ma in questa famiglia non si è verificata alcuna patologia in conseguenza di questi amori, anzi, tu stesso puoi verificare come tutti siano estremamente amabili, intelligenti, altruisti e dotati di capacità non comuni e soprattutto ho verificato un particolare: tutti, ma proprio tutti, hanno una capacità di amare davvero speciale e questo lo avrai riscontrato anche tu”.
“E’ vero” ammisi “sono tutte persone fuori del comune, ma…”.
“Dai, niente ma, smettila ora, andiamo” mi sollecitò Virginie “con tutti i precedenti che si sono verificati, immagina quanto ci metteranno la mamma e le zie a capire che qui sotto ce la stiamo spassando. Magari ci stanno pure invidiando. Non che mi dispiaccia che lo sappiano, però preferisco che per ora questo rimanga un segreto tra noi, un grande segreto, sei d’accordo ?”
“Certo” replicai “ma mi prometti che lo rifaremo?”
“Se te lo prometto! Ma te lo assicuro! E chi ti molla più, te l’ho gia detto”.
Pronunciate queste parole scese dal lettino ed in quel momento realizzò di avere tutto il corpo pieno di schizzi del mio sperma. Con un gridolino di piacere si spalmò con la mano destra tutto lo sperma, ancora caldo, sulle tette, poi si succhiò le dita. Io ero paralizzato dall’eccitazione, con gli occhi fissi sulle sue mani.
“Mmmmm, che buono, ha un sapore delizioso, ora capisco perché Annette ti usa come un biberon…”
Quindi mi si avvicinò e mi depose un bacio dolcissimo sulle labbra chiuse. Nessuno di noi due resistette più di 10 secondi: all’undicesimo le nostre lingue già si cercavano, desiderose del reciproco contatto. Sentivo la sua un tantino rugosa e piena del sapore del mio sperma, che conoscevo bene, per tutti i giochini che piacevano tanto ad Annette, la quale non perdeva occasione per passarmene un po’ quando mi baciava dopo avermi succhiato il pisello.
Poi raccolse gli slip e li indossò, mi dette un altro bacio e scappò via.
“Vado nella mia cabina a darmi una rinfrescata prima di risalire, altrimenti si accorgono delle tracce di sperma sulle tette” e scomparve come un fulmine, a piedi scalzi, senza far alcun rumore.
Il problema però si poneva anche per me. Cacciai la testa sotto il rubinetto del bagno ed il getto di acqua fredda mi ridonò un poco di lucidità. Mi asciugai in fretta e risalii in coperta, cercando di avere un’espressione meno idiota e sognante di quella che mi aspettavo di avere dopo un incontro così travolgente.
I miei parenti in coperta non dovettero accorgersi di nulla, perché erano beatamente sdraiati al sole e conversavano cordialissimamente. I loro discorsi erano inframmezzati da risate allegre. In effetti, sia mio padre che zio Marcel erano degli allegroni, ma anche la mamma e le zie, a loro modo, non si lasciavano dietro nessuno, per vena ironica e simpatia. Nella conversazione venivano coinvolte sia Edith e Annette che i nonni. E si vedeva che tutti si volevano sinceramente bene. Questo mi dava un senso di serenità totale, accresciuto dall’appagamento affettivo – e sessuale – che mia sorella mi aveva appena concesso.
Ripresi il mio posto davanti agli strumenti di bordo, ma la mia mente era altrove: non riuscivo a levarmi dalla mente in pensiero della mamma e delle zie che facevano l’amore con il proprio fratello. Del resto io stesso che cosa stavo facendo pochi minuti prima ? Mi ripresi e, scrutando l’orizzonte, mi accorsi che si definiva sempre più prima una linea scura in contrasto con il blu del mare, poi, mentre ci avvicinavamo, la linea si trasformò in una lingua di terra verdissima, anzi, l’isola che stavamo per raggiungere sembrava fatta di alberi direttamente piantati nel mare.
Era quasi mezzogiorno e stavamo navigando da circa quattro ore: ne avevamo percorse di miglia!
Il paesaggio, mentre ci avvicinavamo alla costa, si fece sempre più interessante: l’isola si rivelò un vero e proprio atollo, non molto grande, a forma di anello, con le palme da cocco persino sulla spiaggia. Una insenatura naturale fungeva da porto e riparo per le imbarcazioni e, come tutti gli atolli, una laguna interna offriva lo spettacolo unico di un mare di smeraldo.
Non doveva essere un’isola turisticamente frequentata, perché non si vedevano costruzioni in cemento – per fortuna – ma soltanto bungalows di canne con i caratteristici tetti di foglie di palme.
Fummo accolti con un entusiasmo singolare e quasi eccessivo dagli abitanti, probabilmente perché non capitava spesso per loro di ricevere visite. Ci vennero incontro con le usuali collane di fiori e vassoi pieni di frutta.
Un particolare mi colpì immediatamente: a differenza degli abitanti di Papeete, questi isolani erano bellissimi, uomini e donne. I primi molto muscolosi e visibilmente abituati a vita completamente all’aperto e dedita alla pesca, le donne magre e ben fatte, una visione davvero notevole. L’accoglienza, ripeto, fu calorosissima, anzi gli abbracci sia delle donne che degli uomini, indifferentemente rivolti a ciascuno di noi, apparivano del tutto sinceri e spontanei.
Mio padre ricambiò i loro doni con alcune casse di bottiglie di vino che avevamo portato con noi e il regalo fu molto apprezzato da colui che appariva il capo villaggio, perché indossava degli abiti più ricchi e sgargianti rispetto a quelli degli altri isolani. Il suo francese era perfetto e dopo aver pronunciato il discorso di benvenuto il capo villaggio ci invitò ad una festa in nostro onore, che si sarebbe svolta la stessa sera in uno spiazzo antistante la capanna grande, quella evidentemente riservata al capo.
Risalimmo sulla barca e pranzammo, ma molto frugalmente, sia perché non sapevamo quale sarebbe stato il menu della sera, sia perché avevamo intenzione di fare un bagno nella laguna.
Chiamai a raccolta i volontari, anzi le volontarie, presi pinne e maschera, indossai un costume più stretto, per evitare che qualche altra malintenzionata me lo facesse scivolare via ancora una volta (anche se confesso che mi era piaciuto molto mostrarmi a tutte quelle donne) e mi incamminai verso la spiaggia. Mio padre, mia madre, zio Marcel e il nonno preferirono rimanere in barca. Tutte le altre donne con me. Mi sentivo un condottiero.
Giunti in spiaggia, mentre la nonna, Annette ed Edith sistemavano gli asciugamani sulla spiaggia, mi infilai le pinne e mi immersi nell’acqua completamente trasparente. Pur essendo poco profondo, il mare era pieno di pesci, coloratissimi, proprio come in un acquario. I pesci si lasciavano avvicinare, li si poteva toccare con le mani, tranne, ovviamente, quelli che presentavano bellissime spine multicolori.
La sabbia bianchissima del fondo rendeva il mare più luminoso e trasparente di quanto lo fosse una vasca da bagno e anche la temperatura dell’acqua pareva la stessa. La nonna, le zie e le mie sorelle si immersero dietro di me, mentre Edith e Annette preferirono rimanere all’ombra delle palme, che erano inclinate sulla spiaggia, fin quasi a toccare l’acqua.
Come al solito giocammo a schizzarci e a calarci sott’acqua. Vicino alla riva, nell’acqua meno profonda, io prendevo in braccio le zie e le scaraventavo nel mare: pareva che gradissero questo scherzo, anche perché il refrigerio offerto dal mare era notevole. Anch’io, evidentemente, gradivo questo tipo di divertimento, perché dopo un po’ il mio pisello ricominciò ad indurirsi, sia per il contatto con i corpi, sia perché, in un modo o nell’altro, mentre le sollevavo, era inevitabile che toccasi ora il culo, ora le tette, delle zie e delle mie sorelle.
Ma il fatto che fossimo in tanti impedì qualsiasi iniziativa, sia a me, sia alle mie “compagne di giochi”, che ora cominciavano a divenire più numerose. Incrociai tanti sguardi con Annette, con Edith e con mia sorella Virginie, sguardi carichi di sottintesi, di interrogativi e anche di promesse, come mi auguravo. Non vedevo comunque l’ora che arrivasse la notte.
Al calar del sole risalimmo in barca e ci preparammo per la festa in nostro onore. Un isolano venne ad avvertirci che erano pronti a riceverci. Scendemmo tutti dalla barca e ci dirigemmo verso lo spiazzo dove era stata imbandita una tavola bassa, sulla quale, a mo’ di tovaglia, erano state stese delle grandi foglie di palma, sulle quali troneggiavano cesti di frutta ed altri cibi sconosciuti ma multicolori.
Il capo villaggio ci accolse con grandi sorrisi e sempre nel suo francese perfetto (ci confidò poi di aver studiato appunto a Parigi) ci ridiede in benvenuto nella sua isola, dicendoci che in realtà gli abitanti non gradivano il turismo di massa ed avevano più volte rifiutato allettanti offerte di multinazionali americane e francesi di costruire dei villaggi turistici.
Ciò nonostante, ci annunciò, la nostra presenza era graditissima. E poi proprio lui non aveva ogni giorno l’opportunità di scambiare discorsi in francese.
Ci fece accomodare su dei comodissimi cuscini e batté le mani, per dare inizio alla festa. Ci disponemmo ai due lati del capo e di sua moglie, una bellissima donna con degli occhi nerissimi ed intelligenti, ma che parlava pochissimo.
Una ventina di ballerini, donne e uomini, vestiti con i tradizionali gonnellini di fibre vegetali, iniziò a danzare, al suono di congas e tamburi e canne di bambù battute per terra da orchestrali vestiti con gli abiti da festa.
Ad un certo punto il capo, rivolto verso mio padre, disse:
“La principale tradizione dei villaggi polinesiani, da sempre, è stata quella di tributare agli ospiti una forma di ospitalità completa, che giungeva ad offrire persino le proprie donne. Questo fino a non molti anni fa. Ora l’evoluzione e la mescolanza delle civiltà – che voi chiamereste globalizzazione – ha trasformato le nostre abitudini. Come vi ho detto, ho studiato in Europa ed ho quindi assunto molte delle vostre abitudini. Non quella della gelosia, però, tuttavia comprendo che al giorno d’oggi una forma di offerta come quella tradizionale potrebbe essere fraintesa dagli ospiti. Quindi, almeno nel nostro villaggio, abbiamo dato una forma diversa alla tradizione dell’accoglienza, istituendo una festa, molto allegra e molto significativa. Ora vedrete”.
I ballerini erano molto bravi, alternavano la tradizionale danza polinesiana, fatta di movimenti lenti, e sinuosi, quasi una danza del ventre, nella quale i movimenti delle anche, sia delle donne che degli uomini, erano accentuati dai movimenti delle gonnelline di paglia che tutti indossavano, ad una danza frenetica, nella quale i movimenti del bacino simulavano davvero un atto sessuale.
Mentre i ballerini danzavano, alcuni isolani, donne e uomini, prendevano i vassoi di frutta che erano sistemati sui tavoli e li offrivano al capo e a noi. Il capo spiegò che alcune di quelle pietanze, che ci erano sconosciute, non erano altro che frutti di mare pescati nella laguna. Erano comunque tutti deliziosi. Per non parlare della frutta, tanto dolce che sembrava zuccherata, e molto aromatica.
Mentre la danza continuava, ancora più frenetica, alcuni ballerini venivano ad invitarci perché ci unissimo a loro. Il capo villaggio, con un sorriso, invitò me e le mie sorelle a partecipare. I ballerini, sempre sorridenti, con grande pazienza ci insegnavamo i movimenti della danza, in particolare come muovere il bacino.
Mi resi conto che il loro bacino sembrava che vivesse di vita propria rispetto al resto del corpo. Le mie sorelle riuscivano più di me a riprodurre i movimenti, ma la sensualità espressa da quelle danzatrici non aveva confronti e non poteva essere facilmente imitata.
Ritornammo ai nostri posti e ricominciammo a mangiare soprattutto quei deliziosi frutti di mare. Vedevo la mamma, le zie che con gusto assaggiavano tutto ciò che veniva loro offerto. Del resto il capo e gli isolani erano talmente gentili e sorridenti che sarebbe stato un grave sgarbo rifiutare.
Anche il capo era un grande mangiatore e ben presto le tavole imbandite furono progressivamente svuotate del loro contenuto.
La danza continuava e i ballerini, che davvero ci mettevano grande impegno, anche se sembrava che si divertissero molto, avevano la pelle imperlata di sudore. L’atmosfera accogliente, la temperatura dolce, la sensualità della danza produssero ben presto una strana reazione, come se una corrente elettrica attraversasse il mio corpo,localizzandosi nel basso ventre, come se ne avessi bisogno! Anche la mia pelle cominciava a imperlarsi di sudore e mi accorsi che anche quella dei miei era lucida, così come quella del capo e di sua moglie.
Il capo si accorse del mio sconcerto e volle tranquillizzarci tutti:
“Non ci sono problemi. I nostri frutti di mare, come del resto le vostre ostriche, sono un po’ afrodisiaci: questo è un effetto fisiologico, ma soprattutto, molto benefico, ve lo assicuro. E poi è essenziale per gustare la seconda parte della festa: la danza della fertilità”.
Quindi batté nuovamente le mani e i ballerini, a quel comando, si posero in cerchio. Iniziò allora una nuova danza, molto ritmica, nella quale gli uomini, con le gambe divaricate ed il busto inclinato in avanti si muovevano da destra a sinistra, mentre le donne, questa volta molto più esplicitamente, simulavano apertamente i movimenti del bacino durante un atto sessuale facendolo ondeggiare da dietro verso avanti.
Sempre restando in cerchio, ciascun danzatore si spostò dietro la danzatrice che aveva al suo fianco destro e poggiò le mani sulle sue anche. Quindi, insieme, proseguirono il movimento che le danzatrici avevano intrapreso e che non avevano mai interrotto.
Una ventata di eccitazione attraversò tutto il gruppo. Ci guardammo straniti tutti quanti, io colsi uno sguardo imbarazzato di mia madre che si spostava da me a mio padre e a zio Marcel.
I danzatori proseguivano nei loro allusivi movimenti. Il capo alzò ancora una mano e i danzatori, staccate le mani dalle anche delle compagne, che continuavano a muoversi incessantemente, le sollevarono verso la schiena delle danzatrici, alle quali, contemporaneamente, slacciarono la fascia che fungeva da reggiseno.
Wow, René, che spettacolo, pensai tra me e me. Dieci paia di tette notevoli, alcune delle quali normali, ma quattro decisamente enormi, pur avendo le danzatrici dei corpi non grassi, si liberarono ed iniziarono nuovi movimenti. Le danzatrici, infatti – ed in questo erano insuperabili – mentre continuavano a far ondeggiare il bacino avanti e dietro, facevano danzare le tette a destra e sinistra. Il movimento di quei seni completamente abbronzati era eccitantissimo. Io non resistevo più. Spostavo lo sguardo da quelle tette agli occhi di mia sorella Virginie e quelli di Annette e poi di nuovo sulle tette che danzavano. Non pensavo che esistesse uno spettacolo così sensuale
Il capo alzò ancora una mano e io i chiesi che cos’altro avrebbero inventato più di quello che stavano facendo: ero un ingenuo…
Al comando del capo i danzatori volsero le spalle alle danzatrici e, sempre continuando tutti a muoversi, gli uomini fecero scivolare giù il gonnellino di paglia, rimanendo completamente nudi.
Come per le donne, alcuni di loro avevano dei piselli che definirei di dimensioni normali, anche se ritengo più grandi del mio che, almeno secondo Annette e mia sorella, era già notevole, altri ancora tra le gambe avevano un affare di dimensioni mostruose, non tanto per la lunghezza, quanto per la circonferenza, paragonabile ad una lunga melanzana. Vidi che le donne della mia famiglia, quasi tutte insieme, si erano portate una mano alla bocca, come per trattenere il fiato, mentre gli uomini fissavano attentamente lo spettacolo. Ora cominciavo a capire che il divertimento non era ancora iniziato.
I danzatori, sempre volgendo la spalle alle danzatrici, continuavano i loro movimenti in sintonia. I loro piselli, ora completamente in erezione, si abbassavano e si sollevavano al pari delle tette delle danzatrici. Lo spettacolo era affascinante. Quelle clave che si sollevavano e ricadevano tra le gambe dei danzatori e quelle tette che roteavano libere nell’aria e ricadevano per poi risollevarsi era una delle cose più eccitanti che avessi mai visto.
Ancora una volta il capo villaggio sollevò una mano: i danzatori si volsero nuovamente verso le compagne e, lentamente, tolsero anche a loro i gonnellini, facendoli scivolare lentamente lungo le anche delle danzatrici, le quali rimasero anche loro completamente nude. Tutto questo senza smettere un attimo di ballare.
“Capite ora perché si chiama danza della fertilità? Queste giovani coppie stanno offrendovi lo spettacolo del loro accoppiamento, per dare al villaggio nuove vite e nuova linfa. Questa cerimonia è bello che si svolga alla presenza di tutti, soprattutto degli ospiti, per buon augurio di prosperità. Che ne dite?
Mio padre chinò la testa in onore del capo villaggio e gli posò una mano sulla spalla. Quel gesto dovette essere gradito, perché il capo, a sua volta, batté la sua mano su quella di mio padre e gli sorrise.
Io non sapevo più dove guardare: avvertivo le occhiate di tutte, di mia madre, delle mie sorelle, delle zie, che si incrociavano con i miei sguardi, con quelli di Annette e di Edith. Ora la danza si era esplicitamente trasformata in un vero e proprio atto sessuale. Le danzatrici avevano aperto le gambe, pur continuando a far ondeggiare il bacino e quindi il membro dei loro compagni, che continuava ad ondeggiare su e giù, ora batteva proprio sulla fica di ciascuna di loro e poi ritornava giù per riondeggiare ancora. Erano anche mutate le loro espressioni: mentre nei danzatori era già evidente l’eccitazione, con questi ultimi movimenti e il ritmico battere dei piselli sulle fiche delle danzatrici, queste ultime avevano assunto una espressione davvero infoiata, con gli occhi semichiusi e la bocca socchiusa. I loro seni continuavano a ballare per proprio conto.
Io non sapevo più dove mettere il mio pisello, che era diventato duro forse più di quelli dei danzatori e completamente allagato di liquido lubrificante.
Il capo villaggio, con maggiore lentezza e solennità, alzò nuovamente il braccio e, ancora una volta, la scena mutò: era evidente che il momento era quello finale del rito della fertilità, nel quale gli uomini dovevano finalmente fecondare le donne. Per un attimo la danza di fermò, le danzatrici si inclinarono un po’ più di prima, allargando maggiormente le gambe ed offrendo alla vista di tutti, ed alla portata dei partners, le loro fiche.
Ogni danzatore, molto lentamente, avvicinò il suo pisello alla fica della compagna ed altrettanto lentamente la penetrò. Io mi trovavo proprio vicino ad uno di quei danzatori che avevano un membro mostruoso. Per fortuna la sua partner non era una di quelle piccoline, che sarebbe stato impossibile penetrare con quel palo, ma una di quelle con le tette altrettanto enormi, alta e molto ben fatta. Ciò nonostante, quel mostro ebbe grandi difficoltà ad entrare nella fessura della sua compagna, la quale cercava di accompagnarlo con una mano. Notai che la mano della danzatrice non riusciva a circondare completamente la circonferenza di quel pisello e desiderai subito averne uno così.
Probabilmente lo desiderava anche mia sorella Virginie, non di averlo lei, ma di averlo dentro, visto che non staccava lo sguardo neanche per un attimo da quel fenomeno della natura. Per fortuna la fica della danzatrice–martire sembrava talmente lubrificata da consentire l’ingresso di quel bastone al suo interno. In effetti, poco per volta, il pisello enorme scompariva alla nostra vista per entrare nella vagina della danzatrice, come gli altri, del resto, che ormai erano già tutti dentro le fiche delle altre danzatrici.
A quel punto la danza ricominciò e questa volta a coppie: la sensualità di quella danza–accoppiamento era smisurata, proprio come quei piselli degli isolani.
Le danzatrici inclinarono il busto ancora di più e un’altra scena meravigliosa apparve agli occhi di tutti: le tette delle danzatrici libere nell’aria che fluttuavano come onde, avanti e dietro, sotto le spinte possenti dei danzatori.
Anche questa fase non saprei dire quanto fosse durata, ma penso molto a lungo, data la possanza dei danzatori e quindi la loro resistenza. Alte grida di godimento cominciavano a sostituire gli iniziali mugolii di piacere emessi dalle danzatrici. Il livello di eccitazione era ormai parossistico. Mia madre era rossa in volto. Mia sorella Vir e Annette avevano una mano sotto la gonna ed intuivo cosa stessero facendo. Ma la cosa che mi eccitò maggiormente fu vedere mia nonna che aveva platealmente una mano infilata nei pantaloni del nonno ed evidentemente lo stava masturbando, pur tentando di nascondere la manovra con una giacca appoggiata in grembo. Non avevo mai pensato ad una sessualità dei nonni, ma quello, evidentemente, era proprio il giorno delle sorprese.
Le grida di piacere ormai superavano anche le parole scambiate tra vicini. Anche la musica era divenuta assordante e il suo ritmo seguiva quello dei movimenti dei danzatori. Io mi stavo godendo lo spettacolo di quel pisello enorme che entrava e usciva dalla fica della danzatrice sempre più lucido di umori provenienti dalla sua compagna: quell’accoppiamento aveva qualcosa di animalesco ed era tanto eccitante. Con ultime altissime grida, tutti i danzatori e le danzatrici giunsero all’orgasmo, ance se non all’unisono. Ma nessuno di loro estrasse il proprio cazzo dalla fica della compagna. Stavano ancora ansimando: i loro petti si sollevavano e si abbassavano ritmicamente.
Quando gli ultimi gemiti di godimento si spensero ed il silenzio si riappropriò della spianata nella quale si celebrava la festa, il capo sollevò un’ultima volta la mano le danzatrici si risollevarono, mantenendo il membro dei propri compagni ancora dentro di loro. Poi, finalmente, si staccarono. Il rumore di risucchio: “slop” che il cazzo–mostro del danzatore fece nell’uscire fuori dalla fica della sua compagna fu ascoltato distintamente da tutti quanti.
Il capo villaggio, infine, evidentemente in segno augurale, congiunse le mani e le portò in altro sopra la sua testa, pronunciando alcune parole incomprensibili. Le danzatrici e i danzatori, ancora uno abbracciato all’altra, si inchinarono a lui e a noi, in segno di rispetto.
Vedevo chiaramente le gocce di sperma che colavano lungo le cosce delle danzatrici: il rito della fertilità era stato compiuto. Vedevo sui loro volti il segno di un godimento estremo e le espressioni di soddisfazione sui volti dei loro compagni. Erano comunque tutti sfiniti, ma sorridenti.
Fantastico, uno spettacolo sconvolgente. Osservando le espressioni dei miei familiari notavo che la festa della fertilità aveva davvero sconvolto tutti quanti. Mia madre aveva le gote rosso fuoco, le zia Juliette penso che avrebbe volentieri continuato lei a giocare con quel danzatore con il membro smisurato (che ancora pendeva come un ornamento gocciolante tra le sue gambe), un profondo turbamento era evidente anche sui volti dei nonni, delle mie sorelle, di Annette ed Edith, di mio padre e zio Marcel. Al contrario, zia Jeneviève era l’unica ad aver conservato un certo aplomb.
I danzatori, dopo un ultimo inchino, si dileguarono e a noi non restò che congedarci. Il capo villaggio, però, ci invitò ancora a bere con lui e con i suoi sudditi una bevanda tipica polinesiana, per brindare alla festa della fertilità. Gli isolani portarono ad ognuno di noi una mezza noce di cocco piena di liquido, presumibilmente a base di latte di cocco e di altri aromi a me sconosciuti, ma gradevolissimi. Dopo aver bevuto, con una rudimentale posata di legno mi divertii a staccare la polpa dal guscio e notai che era morbidissima, diversa da quella che mangiavo in Francia.
Mio padre, terminata la bevanda, si alzò, imitato da tutti noi e prese finalmente congedo dal capo villaggio, abbracciandolo cordialmente. Il capo, poi, a turno, abbracciò tutti noi con molto calore e, con solennità, ci annunciò che saremmo sempre stati i benvenuti nel suo villaggio. Lo ringraziammo per la sua squisita ospitalità e per l’accoglienza riservataci e ci incamminammo verso la barca.
Mi divertivo ad ascoltare i commenti di miei familiari: discutevano di tutte le fasi della festa, a cominciare dal cibo, passare alla cordialità degli isolani e finire, ovviamente, sul rito della fertilità.
“Mamma mia, mi tremano ancora le gambe” diceva zia Juliette “non ho mai assistito ad uno spettacolo così…come potrei definirlo, selvaggio, bestiale, ma nel contempo molto dolce. Si vedeva che danzatrici e danzatori erano legati da un sentimento e che se la godevano da pazzi a scopare così, davanti a tutti”.
“Ma loro sono abituati a farlo in questo modo” replicava mia madre “hai notato che le capanne non hanno porta di ingresso? Chiunque passa può vedere cosa stanno facendo dentro, non hanno alcuna inibizione. Ma sapete che vi dico? Penso che sia meglio così, è più naturale, spontaneo. Io forse non ne sarei capace, ma apprezzo chi può essere così vero”.
“Dovreste dirlo a quella monaca di Jeneviève” scherzò zio Marcel “forse sarà la volta buona che farà vedere qualcosa di sé a qualcuno…”
“Smettila, Marcel” lo rimproverò, ma affettuosamente, zia Jeneviève “sei sempre il solito, non cambierai mai, tu. Che cosa ne sai tu delle mie abitudini? Anzi, sai cosa ti dico? Fatti i fatti tuoi!”
“Ma sono fatti miei” replicò zio Marcel avvicinandosi al suo viso e quasi sussurrando nel suo orecchio destro “sai quante volte ho desiderato che la dessi a me?”
“Marcel, finiscila!” lo zittì zia Jeneviève, con autorità.
Io avevo notato che comunque il discorso non la offese più di tanto e questo mi dette la conferma che quanto mi aveva confidato Virginie la mattina doveva essere vero: c’era comunque, oltre l’affetto, una strana e profonda confidenza tra le sorelle ed il fratello. Mi proposi di approfondire.
Mentre ritornavamo alla barca, nella calda notte tropicale, con un cielo nel quale le stelle sembravano più numerose ed erano in posizione completamente diversa rispetto al cielo di Parigi, mi domandai cosa sarebbe successo quella notte, dopo l’eccitazione bestiale provocata dalla danza della fertilità…
Fine Capitolo 4
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Le Vacanze di Renè - Parte III
Non credevo che la realtà potesse superare tutte le mie più ardite fantasie. Avevo sperato mille volte di poter toccare le tette di Edith, ma non avrei mai pensato di poterla possedere come era realmente accaduto. Avevo guardato tantissime volte sotto la gonna di Annette, ma non avrei mai neanche sognato che lei potesse essere così entusiasta di farsi scopare da me.
Mi rendevo conto di aver iniziato certamente tardi, rispetto ai miei coetanei, a conoscere le gioie del sesso; in compenso, però, io avevo subito una “iniziazione totale”, stupenda e non graduale, magari attraverso il “petting” con le mie compagne di scuola, come capitava a tanti.
E di questo ero grato, prima che ad ogni altra persona, ad Annette e poi a Edith.
Da quella notte in poi, non vi erano stati più freni alle nostre fantasie. Superato il muro del naturale ed iniziale pudore, tra noi tre non esisteva più alcuna inibizione. Cosicché Annette, per esempio, approfittava di ogni occasione per darmi una “prova d’amore”, come definiva lei l’inginocchiarsi dinanzi a me e succhiarmi il pisello, fino a farmi venire nella sua bocca e ad ingoiare sempre il mio sperma, che lei diceva di gradire più della cioccolata.
Anche Edith, pur essendo più riservata, aveva perso i suoi naturali blocchi. Spinta dalla sua amica, maestra di erotismo, ma ancor più dal proprio cronico arretrato sessuale (che non vedeva l’ora di azzerare con il mio aiuto), appena capitava nelle mie vicinanze mi appoggiava il seno ovunque, me lo strisciava sulle braccia quando mi passava accanto. Ed anche lei, come Annette, nei momenti in cui nessuno era nei paraggi, si inginocchiava e prendeva in bocca il mio pisello. In quelle occasioni, contrariamente a tutte le altre volte, nelle quali riuscivo a trattenere anche a lungo la eiaculazione, cercavo di arrivare prestissimo, sia per la paura che gli altri si accorgessero delle nostre manovre, sia perché la voglia delle mie due amiche di sentire il mio sperma nelle loro bocche era irrefrenabile e mi contagiava davvero.
Edith esordiva così “Padroncino, mi offriresti un drink ?”. E senza attendere risposta, neanche due minuti dopo ingoiava tutto quanto il mio pisello riusciva a riversarle in bocca.
Tutto questo mi mandava in estasi.
Le mie sorelle, poi, da quando Virginie si era accorta dei miei movimenti con Annette (e ne aveva certamente parlato con Jacqueline), mostravano un’aria di strana complicità: Virginie mi riservava dei sorrisetti che non erano mai comparsi priva sul suo volto e Jacqueline, stranamente, si comportava come se volesse dirmi qualcosa e non ne avesse il coraggio: il motivo, evidentemente, era la sua naturale riservatezza. Io allora presi spunto da questa apertura che, direttamente o indirettamente, le mie sorelle mi offrivano e, approfittando della nostra naturale intimità e del nostro affiatamento, in uno dei tanti pomeriggi di riposo, visto che eravamo ancora fermi nel porto, in attesa che la mamma terminasse il servizio fotografico, mentre aspettavamo che si riunisse la comitiva per andare in spiaggia, mi confidai con loro.
“Ragazze, vorrei darvi una notizia straordinaria, però dovette promettermi di non prendermi in giro e di non punzecchiarmi su questi argomenti”
“Dai René” esordì Virginie “se vuoi dirci che ti scopi Edith e Annette non è una novità; ci siamo accorte dei vostri movimenti notturni e non ci sono sfuggiti alcuni rumori e dei lamenti molto significativi che provengono dalla loro cabina, di notte…Immaginiamo che in mezzo ci sia il tuo zampino e non solo quello…”
“Piuttosto…” continuò Virginie molto tranquillamente, “invece di farci inutilmente fantasticare su quello che combinate lì dentro, perché non ci lasciate assistere? Penso che sia un’idea eccellente, soprattutto perché ci evita di costringerci a fantasticare su quello che avviene nella cabina accanto e poi a…”
Era evidente che Virginie si riferiva al fatto che si sarebbe masturbata ascoltando tutti quei rumori e quei movimenti che provenivano dalla cabina nella quale Annette, Edith ed io ce la spassavamo. Infatti, sul viso di Jacqueline apparve un improvviso rossore. Lei era molto più riservata di Virginie, però il suo colorito acceso era anche un’ammissione che ciò che avevano soltanto ascoltato provocava in loro una certa eccitazione.
“Che problemi ci sono” risposi io “almeno per quanto mi riguarda io non ho alcuna vergogna, ma dovremmo trovare la maniera di dirlo a Edith e Annette e di fare in modo che non si oppongano”.
“Uh!” aggiunse Virginie “per Annette non devi preoccuparti, se le chiedessero di girare un film porno lei lo farebbe gratis, pur di divertirsi” e scoppiammo a ridere tutti tre.
In quel momento salì a bordo la mamma e tutti accorsero a darle il benvenuto. Quindi il discorso fu bruscamente interrotto e uno sguardo tra noi sigillò l’accordo che l’argomento sarebbe stato ripreso più tardi.
La mamma ci mise al corrente dei progressi – e anche delle soddisfazioni – del reportage di moda. Era entusiasta di tutto, del posto meraviglioso, degli scenari incantevoli, delle indossatrici, dei fotografi e, naturalmente, delle sue creazioni, che avrebbero fatto il giro del mondo. Le brillavano gli occhi, era abbronzantissima e indossava un top di seta che le metteva in risalto il suo seno rigoglioso ed un paio di pantaloni alla marinara che le fasciavano morbidamente i fianchi.
Io mi ritrovai stranamente a guardarla come non mi era mai capitato. Poi, come stranito, mi riscossi e dissi tra me e me: René, ci sono due ipotesi, o essere diventato uomo provoca un cambiamento radicale, nel senso che guardi tutte le donne come se fossero donne e basta e non tue familiari, oppure questa intensa attività sessuale ha fatto di te un erotomane a tempo pieno. In entrambe le ipotesi, il pensiero era sconvolgente, ma ricordandomi che la prima eiaculazione della mia vita si era verificata dopo aver sognato mia sorella Jacqueline nuda, optai per la prima soluzione: divenire uomo, evidentemente, significava spalancare gli occhi su di una diversa realtà e poi l’affetto profondo che io provavo per le mie donne avrebbe potuto comunque giustificare la mia intensa, ma non ancora morbosa attenzione verso di loro.
Trascorremmo il resto della giornata su una spiaggia con una distesa di sabbia bianchissima e acqua di smeraldo. Io mi divertivo con la tavola da windsurf, mentre il sole lentamente calava, tagliando con sciabolate rosso fuoco il candore della sabbia. Le mie sorelle, con la nonna e le zie erano stese sulla sabbia a prendere il sole.
Mio padre, il nonno e lo zio forse erano in giro per la città. Con un ultimo colpo di reni condussi il windsurf verso la spiaggia e, prima di avvicinarmi alla riva, scesi dalla tavola. Purtroppo calcolai male la profondità del mare e improvvisamente dalla spiaggia mi videro scomparire sott’acqua, mentre il windsurf continuava, da solo, la sua corsa e andava ad arenarsi sul bagnasciuga. Mi sentii trascinare sul fondo, ed avvolgere dal liquido verde turchino del mare polinesiano: ero proprio come in un acquario, pesci multicolori mi volteggiavano intorno per nulla impauriti dalla mia presenza. Ero talmente preso da quello spettacolo incredibile che fu solo l’istinto di sopravvivenza a ricordarmi, dopo parecchio tempo, che dovevo riemergere. Avevo una buona resistenza in apnea, ma compresi di essere rimasto troppo a lungo non solo perché i polmoni mi stavano scoppiando, ma anche perché, data la estrema trasparenza dell’acqua, vedevo avvicinarsi molte paia di gambe femminili che si dirigevano verso di me.
Detti un colpo di reni e riemersi tra uno sbuffo di acqua ed un grosso respiro: aria, finalmente. Mi resi conto, allora, che le gambe che avevo visto dal disotto appartenevano, indovinate a chi, alle mie donne! Virginie e Jacqueline, le mie sorelle, le mie zie Jeneviève e Juliette, la mamma, erano tutte accorse in mio soccorso, non vedendomi riemergere. Certamente dalla spiaggia, sulla quale vedevo la nonna passeggiare in ansia e guardare nella nostra direzione, le mie donne non potevano accorgersi che io ero rimasto sott’acqua per godermi lo spettacolo e si erano davvero spaventate non vedendomi riemergere. Avvertivo le espressioni preoccupate dei loro visi che, a poco a poco, si distendevano.
“Che cosa è successo ?” chiesi con aria ingenua, pur rendendomi conto che erano preoccupate per me “ragazze, tutte qui per me ? Quale onore !”
E mi avvicinai a tutte loro. Mia sorella Virginie e zia Jeneviève, allora, nuotarono verso di me e cominciarono, per finta, a picchiarmi.
“Stupido, ci hai fatto morire di paura. Ma che cavolo credevi di fare?” dicevano l’una e l’altra, a turno. Poi iniziarono a schizzarmi con l’acqua.
“Se devi proprio affogare allora ti aiutiamo noi !” Io stetti al gioco e feci finta di annegare di nuovo, spinto sott’acqua da loro. Sprofondai nel mare e, al di sotto della superficie, mi godetti lo spettacolo dei corpi di Virginie e zia Jeneviève immersi nell’acqua di cristallo. Erano stupendi, con le gambe abbronzate che si aprivano e chiudevano nei movimenti del nuoto. Mi immersi ancora di più e poi risalii pian piano verso la superficie, tra i corpi di Vir e zia Jen. Riemersi tra di loro, che non si erano accorte di nulla e le presi entrambe tra le mie braccia.
“Ancora tu!” questa era zia Jeneviève “ma non ti sembra di averci fatto spaventare abbastanza?” Allora mise nuovamente una mano sulla testa e mi spinse giù nell’acqua. Io feci ancora finta di affondare e mentre riemergevo, alle spalle della zia, le sganciai il fermaglio del reggiseno del bikini.
“Renè, smettila, sei un maniaco sessuale” disse zia Jen, ma senza eccessiva convinzione.
“Perché mi dici questo, zia ? replicai “Liberati un po’ delle tue abitudini parigine, lascia respirare il tuo corpo, lascia che il sole baci le tue tette.”
Il reggiseno, liberato, cominciò ad affondare ed io mi rituffai per recuperarlo. Risalendo, mi spostai verso la schiena di mia sorella Virginie e ripetei con lei la stessa manovra che avevo fatto con la zia. Solo che questa volta non lo lasciai cadere nell’acqua, ma lo esposi, sventolandolo come un trofeo, tra le risate divertite delle altre mie donne, che, nel frattempo, ci avevano raggiunto e circondato. Era una situazione strana e per me davvero eccitante. Zia Jen che mostrava un po’ (ma non troppo) imbarazzo nel vedersi in topless, mia sorella, al contrario, senza nessun timore. Ed infatti, mentre il seno di zia Jeneviève era bianchissimo e risaltava rispetto al colore bronzeo del resto del corpo, nell’abbronzatura di Virginie non si notavano differenze: segno che lei già prendeva il sole in topless.
“E bravo il nostro René” aggiunse zia Juliette, e, con la sua solita ironia, propose alle altre: “perché non gli diamo una lezione a questo maschiaccio? Prendiamolo!”
Ubbidienti all’ordine impartito da Juliette tutte le ragazze mi afferrarono e mi tennero stretto, mentre io sgambettavo per liberarmi. Ma più ridevo e più mi mancavano le forze per sottrarmi a quella dolcissima “prigionia”.
Ad un certo punto zia Juliette, sempre la più intraprendente di tutte, propose: “Ora tenetelo stretto, mi raccomando, non lasciatelo scappare!”
Detto questo, con un perfetto colpo di reni si immerse per parecchi metri. Attraverso l’acqua trasparente la vidi riemergere vicino a me, poi scomparve di nuovo; sentii uno sciabordio alle mie spalle e in un attimo i miei boxer da bagno erano scomparsi tra le mani della zia.
“E ora, signorino, sei stato ripagato con la tua stessa moneta” disse con aria di sfida zia Juliette. “Questi li riprenderai sulla spiaggia” e dicendo così infilò i miei boxer nei suoi slip (unici superstiti, dato che il reggiseno lo avevo ancora io in mano, con quello di Virginie).
La circostanza che non aveva calcolato zia Juliette era che tutte queste manovre di “sganciamento” di reggiseni e della conseguente visione di due paia di tette favolose, le sue e quelle di mia sorella Virginie, mi avevano provocato una mostruosa erezione, che sino a quel momento era stata tenuta celata dai comodi boxer, poi proditoriamente sfilatimi dalla zia.
Mi misi quindi istintivamente in posizione “fetale”, per nascondere quanto più potessi, ma fu tutto inutile: Juliette si accorse di quanto mi stava accadendo e chiamò a raccolta tutte le mie vicine bagnanti. “Ragazze, presto, correte” le incitava “c’è un nuovo pesce in queste acque tropicali; venite a vedere che è successo al piccolo René!”
Poi immerse la testa sotto il pelo dell’acqua e la tirò fuori tutta gocciolante. “Piccolo ? Mi correggo! Altro che piccolo..!.”
Tutte, persino mia madre, si avvicinarono e, a turno, mettevano la testa sotto l’acqua, della quale sino ad allora avevo apprezzato la trasparenza…e scoppiavano a ridere; quindi ognuna di loro esprimeva il proprio apprezzamento. Il commento più significativo lo ricevetti da mia madre:
“E bravo il mio piccolo, complimenti, e complimenti anche a me che ti ho dotato di un arnese simile. Sai Renè, prima le tue amiche e poi tua moglie mi benediranno, un giorno…!”
Io non sapevo se ridere o vergognarmi: poi vista la naturalezza e la gioia con la quale tutte loro avevano accolto questa “sorpresa” loro riservata dal mio corpo, decisi di mettermi a ridere anch’io. Le risate, si sa, sono contagiose e quindi una tempesta di ilarità ci attraversò tutti. Poi, continuando a ridere, cominciammo a dirigerci, a nuoto, verso la riva, mentre il sole tramontava, spandendo un riflesso rubino sulla superficie dell’acqua verde: uno spettacolo da togliere il fiato.
Il problema si pose nuovamente quando si trattò di uscire dall’acqua. La mia erezione (anche perché la temperatura dell’acqua tropicale si manteneva sempre intorno ai 27 gradi, e quindi non c’era speranza che il freddo facesse ridimensionare il mio affare) persisteva gagliarda ed allora, vista la positiva accoglienza, da parte della zia e di mia madre, decisi di offrirmi ardito alla vista di tutti, anche perché sulla spiaggia, a quell’ora, non c’era nessuno, ad eccezione della nostra famiglia.
Con massima naturalezza, quindi, mi sdraiai sulla spiaggia e mi godetti il bacio, sulla pelle bagnata, degli ultimi raggi di sole: un massaggio delicato che contribuì anch’esso al perdurare della erezione, che non potevo più nascondere, dato che zia non aveva alcuna intenzione di restituirmi i boxer.
Dovetti infine subire un’altra battuta, addirittura della nonna, che si era avvicinata per esaminare anche lei il mio stato: “Ragazzo” mi disse con calma ed apparente serietà “non puoi andare in giro così armato, senza porto d’armi ! Sarai arrestato, prima o poi.”
Fu la ciliegina sulla torta dell’ilarità che si propagò per tutto il gruppo.
Mentre le ultime risate si spegnevano sulla spiaggia, mia madre, le sue e le mie sorelle iniziarono a progettare la vacanza vera e propria, che avrebbe dovuto iniziare due giorni dopo, una volta finite le riprese.
Mamma avrebbe accompagnato la troupe e i componenti dell’atélier all’aeroporto e poi saremmo finalmente partiti per un tour delle isole polinesiane.
Io, con il trofeo al dio sole ancora inalberato, ascoltavo attentamente e non vedevo l’ora di imbarcarmi in questa crociera, che si presentava stupenda: se la prima spiaggia visitata era questa meraviglia, chissà le altre, inesplorate, bianche, trasparenti che cosa sarebbero state. E chi sa quali altre intriganti situazioni avrebbero potuto “condire” la nostra vacanza.
Fino a quando il mio pisello non decise che non vi erano più situazioni che richiedessero la sua presenza, le donne di famiglia si prodigarono chi in complimenti, chi in accenni, più o meno pesanti, alle gioie delle mie partners. Poi, finalmente, zia Juliette si decise a restituirmi i boxer, che indossai di nuovo e tutti quanti rientrammo alla barca, dove trovammo una elegante tavola imbandita all’aperto, sul ponte di poppa: Edith e Annette ci avevano preparato una cena sontuosa. Le emozioni del pomeriggio mi avevano messo una fame da squalo! E poi, ripensando alle battaglie che avrei dovuto sostenere quella notte con Annette e Edith, decisi di fare davvero il pieno. Mio padre si era fatto onore con la pesca delle aragoste e ne facemmo davvero una scorpacciata.
Terminata la cena ci spalmammo sui divani e godemmo lo spettacolo del sorgere della luna sul mare. Io avevo appoggiato la testa sulla spalla di mia sorella Jacqueline e lei aveva messo un braccio attorno a me. La dolcezza della brezza leggera, il corpo di Jacqueline che emanava profumo di mare, il tocco delicato delle sue mani che mi accarezzavano i capelli, mi provocarono un dolcissimo stordimento e desiderai che quel momento non avesse mai fine.
Verso le undici, i nonni dettero il via alla evacuazione del ponte, direzione cabine. Poi, come contagiati dalla stanchezza e dal sonno (alcuni davvero, altri, immaginate chi, per finta) lasciammo deserto il ponte.
Mi ritirai nella mia cabina, feci una doccia bollente, mi cosparsi di bagno schiuma al lime che fece assumere alla mia pelle un profumo d’estate e mi preparai ad una intrigantissima notte d’amore con le mie ardenti ed impazienti amiche e, soprattutto, “guest stars”, ospiti d’onore, nientemeno che le mie sorelle…
Entrai di soppiatto nella cabina, che aveva la luce soffusa perché Annette aveva coperto l’abat–jour con un foulard color pesca. Sul lettino di fronte all’ingresso c’erano già distese, Annette ed Edith, che indossavano camicie da notte completamente trasparenti. Stranamente, mi indussi a pensare se quella lingerie altamente erotica facesse parte dell’usuale corredo di ciascuna di loro. Attraverso il tessuto impalpabile Annette giocava, quasi distrattamente, con i capezzoli di Edith, che teneva gli occhi chiusi. Delle mie sorelle nemmeno l’ombra. Mi attraversavano la mente migliaia di pensieri contemporaneamente: non ne avranno avuto il coraggio; Jac sarà riuscita a convincere Vir a non venire; mi hanno preso in giro e nulla più.
Ma dopo qualche attimo di incertezza, causato da questi pensieri, mi rituffai nella visione eccitante delle mani di Annette che spaziavano sull’immensità del seno di Edith, che già accennava dei movimenti lenti con il bacino, segno che la cosa le piaceva.
Cominciai lentamente a spogliarmi, si fa per dire, perché ci misi un attimo a farmi scivolare via la tshirt e gli short, che già non riuscivano a trattenere un rigonfio tale che attrasse subito l’attenzione delle mie ragazze distese sul letto. Nudo, mi avvicinai a loro e le baciai, prima Edith, che ricambiò appassionatamente, poi Annette, che subito mi infilò la lingua in bocca per cercare freneticamente la mia e succhiarmela, lasciandomi in bocca il sapore dolce della sua saliva.
Cominciai ad accarezzarle entrambe e poiché mi resi conto che il tessuto che le ricopriva, sia pur finissimo e trasparente, non aveva la stessa consistenza della seta della loro pelle, feci scivolare verso l’alto prima la camicia da notte di Annette, poi quella di Edith. Nude mi sembravano due dee polinesiane. Edith con il seno enorme persino quando era sdraiata e Annette con i capezzoli che si protendevano come pungiglioni.
Lentamente, mentre procedeva il loro massaggio, mi distesi sul lettino e cominciai a baciare i loro corpi: prima quello di Edith, piedi, gambe, cosce. Mentre mi soffermavo all’interno delle cosce cominciai ad avvertire in lei un tremito: ero sulla strada giusta. Tralasciai per un attimo il suo cespuglio rigoglioso, ripromettendomi di prestargli tra non molto tempo la giusta attenzione, e le infilai la lingua nell’ombelico: anche questo le piacque molto.
Mentre baciavo il corpo di Edith, Annette si impossessò del mio arnese rigonfio e cominciò con una lentezza esasperante a massaggiarlo su e giù; la punta era già irrorata di lubrificante e lei faceva scendere fino in fondo la pelle che copriva il glande, poi, con la stessa lentezza, la tirava su per ricoprirlo: una sensazione dolcissima si propagava in tutto il mio intestino. Risalii fino al seno di Edith e mi tuffai con tutto il viso in quella massa morbida e setosa, leccando dappertutto. Giunto ai capezzoli, iniziai a ciucciare con forza. La mia bocca si riempiva tutta della morbidezza del suo seno. Edith reagiva a queste mie attenzioni con brividi che le scuotevano tutto il corpo ed emettendo leggerissimi mugolii di piacere. Le baciai il collo e le labbra: la sua naturale reazione fu quella di aprire avidamente la bocca e lasciare che la mia lingua la esplorasse dappertutto.
Era una serata di sesso sfrenato, però aveva degli aspetti molto romantici, che contribuivano ad elevare molto il livello di erotismo in quella stanza.
Mentre baciavo Edith, Annette avvicinò le sue labbra alle nostre. Tre lingue guizzavano frenetiche per incontrarsi in aria, Annette succhiava la mia, io quella di Edith e tutte e tre si toccavano voracemente. Un vortice di frenesia avvolgeva le nostre lingua e portava la nostra eccitazione a livelli pericolosi.
Eravamo nudi e i corpi delle mie due compagne, anche a causa dell’atmosfera tropicale, si coprivano pian piano di un velo di umidità che li rendeva lucidi ed ancor più desiderabili.
Improvvisamente Edith si pose a sedere sul letto, accanto ad Annette che si risollevò dalla sua posizione iniziale e tutte due cominciarono ad occuparsi del mio pisello, con le bocche una di fronte all’altra, semiaperte, lo chiudevano in mezzo e lo facevano scorrere tra di loro. Giunte sul glande, si dividevano i compiti: Annette lo infilava completamente nella sua bocca, mentre Edith mi succhiava le palle, delicatamente. Poi si scambiavano i ruoli. La bocca di Edith era più larga di quella di Annette e riusciva ad introdurre completamente tutto il mio cazzo fino in gola. Io sentivo la punta che toccava contro le pareti bollenti della sua gola. Non avrei mai creduto che fossero così brave: sembrava che per tutta la loro vita non avessero fatto altro che prendere cazzi in bocca e giocarci avidamente, come stavano facendo col mio.
Mi accorsi che ben presto sarei arrivato e mentre accarezzavo dolcemente le teste delle mie compagne glielo annunciai.
Fu come se avessi dato l’annuncio che una pietanza prelibata stava per essere portata in tavola. Gli occhi di Annette si illuminarono e si rivolsero verso Edith, come per dirle di star pronta perché c’era da divertirsi.
Le loro dolcissime manovre ben presto mi fecero perdere ogni controllo: il vulcano che avevo dentro iniziò a spingere verso l’esterno fiumi di lava incandescente che mi attraversavano tutto prima di raggiungere la punta del mio pisello e schizzare nella bocca di Annette, che, avendo capito che cosa stava per accadere, aveva strappato il mio arnese dalle mani di Edith e se lo era piazzato in bocca. Sentendosi riempire la bocca dai primi formidabili schizzi di sperma, prese il mio pisello e lo passò subito nella bocca di Edith, che presumo non aspettasse altro, dato che la spalancò giusto per farsela riempire dai successivi getti. Vedevo entrambe le gole che si contraevano per ingoiare tutto il mio liquido. Spruzzai le ultime gocce in Edith, la quale, finito di ingoiare, rivolse il viso verso Annette e la baciò, in modo che potessero scambiarsi quello che di me era rimasto in loro.
Io non connettevo ormai quasi più. Le gambe mi tremavano più per l’emozione che per lo sforzo di essere rimasto in ginocchio, fermo, per offrire il frutto della mia passione alle mie due ragazze. La nostra intesa sessuale era praticamente perfetta. Con la coreografia di Annette, grande esperta, l’esito era scontato: una eccitazione incredibile, con un solo limite:la sua fantasia.
Guardavo le mie amiche che stavano ancora gustando il sapore del succo che avevo schizzato un attimo prima nelle loro bocche e mi sentivo invincibile, dotato di un potere supremo su di loro.
Poi, naturalmente, dopo un attimo di languida pausa, Annette, la cui fantasia pareva non conoscere tregua, si rimise in moto. Ricominciò a baciare e massaggiare Edith, che fece prima distendere a pancia in giù sul letto, poi mentre le baciava schiena e cosce la fece accovacciare e poggiare sulle ginocchia e sui gomiti, come un cane; poi le allargò le cosce e si mise dietro di lei a leccarla.
Guardavo con aria estasiata le enormi tette di Edith, che penzolavano e andavano avanti e dietro, seguendo i movimenti di Annette tra le sue cosce. Le tette erano talmente grandi che i capezzoli quasi sfioravano la superficie del letto. Mi avvicinai e con le mani cominciai ad accarezzare quelle enormi mammelle pendule come campane che ondeggiavano sotto il tocco sapiente di un campanaro.
Annette, che aveva allargato al massimo le cosce di Edith, con le mani le allargò i glutei, scoprendo un buchino rosa ed umido, al quale avvicinò la lingua, leccandolo con avidità. Edith emise un mugolio profondo, che denunziò il piacere estremo che quel tocco di lingua le provocava, piacere che aumentò ulteriormente quando Annette le infilò completamente la lingua nel buco.
“Hai capito, signorino, cosa sto facendo?” mi chiese Annette “Sto preparando il buchino di questa porca di Edith perché accolga dentro di sé il tuo enorme pisello. Scommetto che non ha mai provato a prenderlo nel culo. A te l’onore di sverginarle il culo”
Ascoltare queste parole mi provocò come un attacco di febbre. Brividi bollenti mi scorrevano lungo tutto il corpo ed il mio pisello, inflaccidito dall’orgasmo versato nelle bocche di Edith e Annette era nuovamente turgido e pronto per una nuova avventura, che, secondo le parole di Annette, doveva essere ancora da sballo.
Annette mi prese per mano e mi fece salire sul letto, dietro a Edith. Poi, accarezzandole i glutei, la pancia e le tette, le chiese: “Lo vuoi nel culo il tuo signorino? Ti piace che te lo rompa e che ti riempia tutta con il suo cazzo meraviglioso?
Edith, che cominciava anche lei a connettere poco, tra mugolii ed ansiti, rispondeva. “Si, lo voglio nel culo, il mio bambino, voglio sentirmi piena di lui. Vieni, René, sfondami il culo, piano, però, non farmi male, ti prego”.
Annette mi prese il pisello in mano e lo avvicinò al buchino di Edith, che ormai era inondato dalla sua saliva. Poi mi fece scivolare in basso la pelle del prepuzio, scoprendomi tutto il glande, che era ancora lubrificato per il recente orgasmo, e puntandolo direttamente sul buco di Edith. Lentamente lo spinse dentro. Io avvertii subito la sensazione della stretta violenta del culo di Edith sulla mia punta e mi fermai. Ormai lo sfintere anale era aperto e chiesi a Edith se le facesse male. “No signorino, continua, continua così, mi piace da pazzi” rispose felice Edith.
Cominciai a spingere leggermente, ma continuamente, il mio cazzo all’interno del culo di Edith, mentre Annette le accarezzava il clitoride. “Che curioso, padroncino, mentre la inculi il suo clitoride si ingrossa, diventa un cazzetto piccolo piccolo, ma sempre più duro! E io me lo succhio!”
Edith aveva completamente perduto il controllo, spingeva con forza il suo culo verso di me ed in questo modo provocava un inserimento ancora più profondo del mio cazzo dentro di lei. Lentamente, ma inesorabilmente, non ne era rimasto fuori nemmeno un centimetro: le mie palle erano tutte a contatto con la sua vagina, che Annette provvedeva a massaggiare con impegno.
Sentivo il mio cazzo stretto dalle pareti del culo di Edith come se lo fosse da una mano fortissima. Poi mi ritrassi indietro e cominciai un movimento di va e vieni nel culo di Edith. Sentivo lo splash splash delle mie anche che urtavano contro le sue natiche e questo rumore mi faceva eccitare da pazzi.
Annette, non contenta di massaggiare il clitoride di Edith le scivolò sotto e cominciò a leccare tutta la parte inferiore dell’amica, tette, fica, cosce, soffermandosi particolarmente sul clitoride, che era ormai diventato rosso, turgido ed enorme.
Mentre io le stantuffavo freneticamente il culo, Annette, stesa sotto Edith, le succhiava il clitoride, le leccava la fica e leccava anche le mie palle, quando il movimento le avvicinava alla portata della lingua. Edith, dal canto suo, abbassò la testa e le leccò la fica, infilando la sua lingua nella fessura bagnata di Annette.
“Mmmmmm, che bel 69 stiamo facendo in tuo onore, padroncino” diceva Annette, godendosi le leccate dell’amica, che avevano provocato in Edith orgasmi multipli, accresciuti dal movimento frenetico del mio cazzo nelle sue pareti anali, ormai lubrificate e aperte come la sua vagina.
Compresi che non potevo trattenermi ancora. Il solito vulcano iniziava ad esplodere nelle mie viscere. Non sapendo se la mia eiaculazione potesse provocare fastidi ad Edith, le dissi “Edith, sto per arrivare, posso venirti dentro?”
“Sì, padroncino” rispose lei entusiasta “voglio che mi riempi il culo di sbora, fammi sentire i tuoi schizzi nel mio culo, lo voglio”.
Annette, come un’eco, proseguì “Dai, padroncino, fai un clistere di sbora a questa troia, che se la sta godendo; non capisce più nulla, tanto è arrapata. Si aspetta solo di sentirsi il culo annegato della tua sbora e quel poco che non riuscirà a trattenerselo nel culo me lo leccherò io, che sono già in posizione”.
Infatti Annette era ancora stesa sotto Edith, con la lingua a contatto della sua fica e del suo clitoride, che stuzzicava ancora, provocandole dei tremiti convulsi.
Non ne potetti più ed eccitato ancora di più dal discorso di Annette, scoppiai nel culo di Edith, riversandole dentro quel che mi sembrava un fiume di sperma. Le contrazioni del mio pisello non avevano mai fine e ad ogni contrazione partiva uno schizzo che penetrava a fondo nel culo di Edith, nel quale spingevo sempre più profondamente il mio cazzo. Confuso ed eccitato com’ero, non avevo più pensato all’evento più eccitante che avrebbe potuto verificarsi quella notte: la visita delle mie sorelle. Me ne resi conto quasi improvvisamente, dopo aver riversato l’ultimo fiotto di sperma nel culo di Edith e mi guardai attorno: la stanza era vuota. Le mie sorelle non erano venute: una delusione enorme mi assalì e spezzò per un attimo la gioia e la frenesia di quella esperienza nuova che le ragazze mi avevano fatto provare. Era la prima volta che avevo provato a metterlo nel culo di qualcuno, ed era stato meraviglioso.
Io mio pisello, piano piano, cominciò a sgonfiarsi ed io lentamente, lo estrassi dal culo di Edith, che continuava ancora ad ansimare e a mugolare. Poi mi resi conto che Annette non aveva mai smesso di leccarle fica e clitoride. Anzi, mentre io estraevo il mio cazzo, dal buco del culo ormai completamente allargato di Edith sgorgò un fiotto di sperma, che scomparve immediatamente nella bocca di Annette, che, con aria sognante, lo ingoiò.
Fine Capitolo 3
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Le Vacanze di Renè - Parte II
La mia evoluzione sessuale procedeva stupendamente, con la collaborazione, anzi sotto la guida di Annette, che utilizzava ogni occasione per accrescere le mie “conoscenze” in quella materia. Era una maestra infaticabile, preparata e molto, molto paziente. E se la godeva da pazzi.
Io continuavo comunque a spiare “le mie donne”, come ero solito chiamare tutti i componenti di sesso femminile della mia famiglia (mia madre Mireille, mia nonna Sophie, le mie sorelle Virginie e Jacqueline, le mie zie Jeneviève e Juliette e le “tate” Edith e Annette, la mia compagna di “giochi”). Era uno scenario di grande pregio…una più interessante dell’altra.
Ma la svolta, incredibile, totale, si verificò a causa di un evento davvero straordinario, che sconvolse, in maniera definitiva, la vita di tutta la famiglia.
Mia madre annunciò alla famiglia che sarebbe dovuta partire per la presentazione della nuova collezione estiva del suo ateliér. L’agenzia di pubblicità che da sempre curava l’immagine dell’azienda aveva suggerito di realizzare un servizio fotografico in un paradiso della Polinesia.
Mio padre, allora, lanciò un’idea che sulle prime apparve irrealizzabile, ma che poi si rivelò entusiasmante.
“Che ne pensate” ci chiese un giorno, mentre eravamo tutti a pranzo (ed il pranzo era un rituale al quale dovevano essere tutti presenti) “se accompagnassimo tutti Mireille ? Del resto lei dovrebbe restare lontana da noi per molto tempo e questo penso che dispiacerà a tutti. Poi saperla così lontana, dall’altra parte del mondo, è una cosa che mi crea grande angoscia. Una soluzione potrebbe essere quella di andare con lei, ma poi mi creerebbe angoscia il restare tanto tempo lontano da voi. Su, coraggio, facciamo un bel consiglio di famiglia e mettiamo ai voti la proposta”.
La nonna Sophie, con il suo solito senso pratico, eccepì che i costi, non solo del trasferimento, ma anche del soggiorno di tutta la famiglia, così lontano e per tanto tempo, non sarebbero stati poi tanto esigui.
Mio padre rispose che aveva previsto anche questo, sia per motivi di risparmio, anche se le condizioni finanziarie della famiglia certamente consentivano largamente qualsiasi esborso per una vacanza, anche lunga ed anche in capo al mondo, sia perché era da tanto che avrebbe voluto visitare la Polinesia e quindi avrebbe provveduto a noleggiare una barca, grande e confortevole, in modo da poter comodamente ospitare tutti noi (che bene o male formiamo una squadra di calcio: undici persone). Dopo alcuni attimi di silenzio, parve che la proposta, dapprima accolta con perplessità, avesse riscosso il gradimento di tutti. Se ne discusse ancora, ma mio padre aveva una risposta pronta per ogni obiezione mossa da parte degli altri. Alla fine tutti accondiscesero; persino mio nonno, che amava la vita comoda, espresse parere positivo, a condizione che gli lasciassero portare con sé la sua pipa, i suoi libri e, naturalmente, la nonna Sophie.
Avevamo circa due mesi di tempo per prepararci a questa vacanza, che sarebbe durata all’incirca un mese, coincidente con le vacanze scolastiche. Soltanto la zia Juliette era perplessa, perché non aveva mai lasciato soli i suoi pazienti per tanto tempo. Ma chiese ad un suo amico e collega, il quale accettò di buon grado, di sostituirla durante la sua assenza.
Grazie alla puntigliosa organizzazione di mio padre, tutto fu pronto, minuziosamente pianificato e, finalmente, giunse il giorno della partenza.
Un viaggio nei mari del sud ! Ragazzi, una cosa da sballo.
Ero emozionantissimo. In realtà una strana eccitazione serpeggiava in casa: piuttosto che una villa, sembrava un formicaio, nel quale le operaie andavano e venivano incessantemente. Nessuno mi dava retta, neanche la piccola Annette, la quale era indaffarata come le altre a chiudere valigie e borsoni e ad ammonticchiarli nel portico. La mole del bagaglio era davvero notevole, sebbene mio padre avesse più volte raccomandato di non portare molta roba, dato che in una barca lo spazio è notoriamente limitato.
Un furgone noleggiato per l’occasione ci portò all’aeroporto, dove ci ricongiungemmo con tutta la squadra della casa di moda, con le indossatrici, con i fotografi e i cineoperatori dell’agenzia pubblicitaria. Praticamente avevamo l’aereo tutto per noi. Dopo circa sedici ore di volo e due scali tecnici, finalmente apparve sotto l’ala dell’aereo la sagoma di un’isola verdissima, circondata da una mare blu che in prossimità della spiaggia assumeva un colore verde smeraldo chiarissimo. Wow, finalmente eravamo a Papeete.
Solita virata dell’aereo per imbroccare la pista ed eccoci in Polinesia. Non mi sembrava vero, solo ieri ero a Parigi!
Il gruppo di famiglia, riunito come una comitiva guidata da un tour operator, scese compatto la scaletta dell’aereo. Ci immergemmo nell’aria umida e ricca di profumi e giunti a terra venimmo accolti da un comitato di polinesiane e polinesiani che ci posero al collo le consuete ghirlande di fiori profumati. Notai che mentre gli uomini erano molto robusti, le donne erano bene in carne, con poco seno, ma con dei fianchi generosissimi. Comunque tutti simpatici, sorridenti ed accoglienti.
Un autobus della compagnia aerea accompagnò il gruppo dell’atélier in albergo e condusse noi di famiglia al porto, dove era già pronta ed attrezzata la barca noleggiata da mio padre. Al porto ebbi la mia prima positiva sorpresa: la “barca”, come continuavo a chiamarla, era piuttosto un panfilo enorme e modernissimo. Io fui il primo a salirvi su.
Dopo aver caricato i bagagli e destinate le cabine a tutti i passeggeri (feci in modo che la mia cabina fosse vicina a quella di Annette, anche se era inevitabile che la condividesse con Edith), cominciammo ad ispezionare l’imbarcazione.
Mio padre, esperto marinaio (era stato ufficiale di marina), ed ovviamente capitano della nave, mi fece notare che la barca era dotata di tutti i più moderni sistemi di guida. Motori turbodiesel, sistemi automatici di rilevazione GPS, Loren, radar, insomma non ci si poteva perdere. Sugli schermi della plancia apparivano i profili delle coste con le profondità del fondo. Io venni nominato secondo ufficiale, addetto alla rotta.
Mia madre, infaticabile come sempre, andò subito a raggiungere la squadra dell’atélier per cominciare ad organizzare il servizio pubblicitario e il resto della famiglia cominciò a prendere dimestichezza con la barca e poi con i luoghi che ci ospitavano.
Trascorremmo una settimana a Papeete, durante la quale ebbi modo di apprezzare il carattere ospitale dei polinesiani, ma soprattutto la disponibilità di Annette, la quale ogni notte aspettava che Edith, sua compagna di cabina, si addormentasse per scivolare nella mia cabina e trascorrervi la notte, naturalmente deliziandomi con le sue variazioni sul tema sesso. La sua passione più grande, lei lo ammetteva, era soprattutto una: prendere in bocca il mio pisello. Persino quando non era in erezione ed aveva, a riposo, dimensioni meno che normali. Lei tirava giù la pelle del glande, poi lo risucchiava tutto nella sua bocca e ci giocava con la lingua, sino a quando non cominciava a crescere nella sua bocca. Quando diveniva duro, lei cominciava a farlo entrare ed uscire ritmicamente. Questo movimento ed i mugolii che Annette emetteva mi mandavano in visibilio. Annette continuava a far entrare ed uscire il mio cazzo dalla sua bocca dicendomi: “Dai padroncino, scopami in bocca, la mia bocca ti fa godere come la mia fica e vuole ingoiare tutta la tua sbora” Quando lo tirava fuori, con la lingua girava intorno alla punta, poi dava dei colpetti di lingua a tutta l’asta e scendeva giù fino alle palle, che prendeva in bocca facendole roteare con la lingua. Ero al settimo cielo. Quando Annette capiva che ero vicino a venire si infilava il cazzo in bocca e non lo estraeva sino a quando l’ultima goccia di sperma non era finita nella sua gola. “Mmmmm, com’è buona la tua sbora René, me vado pazza. Se quella scema di Edith non fosse una suora farei assaggiare un poco anche a lei !”
Questo pensiero mi eccitava da morire, la mia balia, Edith, quella sul cui seno mi addormentavo da bambino, che beveva il mio sperma. Da brividi !
“Annette, ho un’idea” le dissi una notte mentre era con la bocca piena del mio pisello. Lei, senza interrompere quello che stava facendo, alzò gli occhi e li piantò nei miei. “Ti ricordi quello che facesti la prima volta che abbiamo fatto l’amore nel bagno? Dopo averlo preso in bocca ti rialzasti e mi baciasti; mentre mi baciavi versasti nella mia bocca un po’ di sperma che non avevi ingoiato e che dicesti di aver conservato per me, ricordi ?”
“Certo che ricordo” rispose Annette con un brivido “ricordo che ero eccitata da morire e che fu bellissimo tutto, e che tu fosti bravissimo e mi facesti impazzire”.
“Fallo ancora” dissi io “fallo per Edith”.
“Io lo faccio, padroncino, ma se si incazza ?” eccepì giustamente Annette.
“Non lo so” replicai io “se si arrabbia improvviseremo. Però ad una condizione: se si incazza devi dire che l’iniziativa è stata mia, quindi dovrà prendersela con me. E poiché tu sai che mi vuole bene e mi coccola, con me non se la prenderà.”
“Dai René, facciamo così. Io poi sono una pazza e queste cose mi intrigano da morire !” Annette concluse così il suo discorso.
Evidentemente questa idea la eccitò tanto che riprese a succhiarmi il pisello con una foga ed una maestria che non avevo mai percepito prima. Ben presto, sotto i colpi frenetici della sua lingua non ce la feci più a trattenermi, anche se lei mi aveva insegnato anche a resistere il più possibile, per prolungare il piacere. Ondate incandescenti salivano dal mio ventre ed un fiotto di sperma si riversò nella sua bocca, seguito da un altro, poi da un altro e da un altro ancora. Annette scuoteva la testa e gemeva come se stesse soffrendo. Quando il mio pisello smise di pulsare e di versare sperma nella sua bocca, Annette si alzò, tenendo la bocca chiusa ed annuendo senza parlare uscì di corsa dalla mia cabina.
Io compresi immediatamente che stava attuando il mio suggerimento e la seguii. Lei aprì la porta della cabina contigua, nella quale era accesa una debole luce e si avvicinò alla cuccetta nella quale dormiva Edith, che indossava una leggera camicia da notte. Accostò le labbra e quelle di Edith e vi depose un bacio leggero. Poi mi guardò. Compresi subito che Annette aveva ragione: se avesse lasciato cadere lo sperma nella bocca di Edith questa si sarebbe spaventata o il liquido avrebbe potuto andarle di traverso. Infatti, la soluzione di Annette fu vincente. Edith scosse leggermente la testa e dischiuse piano le labbra, come per farsi baciare ancora. Annette allora si avvicinò nuovamente e questa volta il suo bacio fu più deciso. Edith, ormai nel dormiveglia, si accorse di essere stata baciata e forse perché non aveva capito che era stata un’altra donna o forse perché lo aveva comunque gradito, ricambiò il bacio. In quel momento Annette aprì la sua bocca, introdusse con un guizzo la sua lingua nella bocca di Edith e nello stesso tempo vi lasciò cadere tutta la “sbora”, come la chiamava lei, che mi aveva succhiato un minuto prima.
Edith, completamente sveglia, di scatto si alzò a sedere nella cuccetta (e mentre lo faceva io notai il suo seno mastodontico appena nascosto dalla camicia da notte, che si spandeva sul lenzuolo), sgranò gli occhi, evidentemente comprese la natura di quel liquido che le riempiva la bocca, che doveva per forza provenire da altra sorgente diversa dalla bocca di Annette e le rivolse, con la bocca chiusa una muta interrogazione.
“Bevi, tesoro mio” le disse allora Annette accarezzandole i capelli “è un regalo per te da parte del signorino Renè e da parte mia che te l’ho portato”.
Sul volto di Edith comparve un’espressione mista di dolcezza e sorpresa, ma anche di rimprovero e di imbarazzo. Era stato davvero un risveglio travolgente per lei. Comunque parve che la cosa non le dispiacesse, perché l’imbarazzo si trasformò in un sorriso intrigante. Aveva compreso tutto. Guardò Annette, aprì leggermente la bocca, si passò la lingua sulle labbra e poi… ingoiò tutto, finalmente con una espressione di piacere estatico sul viso. Poi si guardò intorno e, attonita, realizzò che nella cabina, oltre ad Annette, c’ero anch’io.
A quel punto si coprì il viso con le mani, sommersa dalla vergogna. Io mi precipitai accanto a lei e mi inginocchiai vicino al suo letto.
“Edith, non avere paura, non vergognarti di nulla, sono io, il tuo René”. Mentre pronunciavo queste parole le accarezzavo i capelli. Ma lei continuava a tenere le mani sul viso.
“Edith, ti ho mandato io quel regalo, pensavo che lo avresti apprezzato. Ma dimmi non ti è piaciuto, ti ha fatto schifo ? Perché fai così ?”
Edith continuava a non rispondere. Io a quel punto pensai di averla fatta davvero grossa con quella idea di farle mettere in bocca da Annette il mio sperma, ma forse confortato dal fatto che Edith non dava in escandescenze, continuavo ad accarezzarla. Mi accorsi allora che attraverso la scollatura generosa della sua liseuse si vedeva tutta la curva del suo seno esagerato. Edith aveva pressappoco l’età di mia madre, era molto più abbondante di lei dappertutto ed ispirava un notevole senso materno.
Continuando ad accarezzarle i capelli ed il viso, anche se lei ci teneva le mani, appoggiai la mia testa al suo seno, proprio come facevo da piccolo, però questa volta direttamente sull’epidermide, dato che la scollatura ne lasciava scoperta una generosa porzione, che cominciai a baciare avidamente.
Edith continuava a rimanere immobile, seduta sul letto come prima, però mi accorsi che il suo respiro si faceva più pesante. Allora io mentre con una mano continuavo ad accarezzarle i capelli, infilai l’altra nella scollatura e cominciai ad accarezzarle il seno. Edith si lasciò sfuggire un lungo gemito di piacere. Io stavo provando una sensazione mai vissuta: le tette di Edith erano uno spettacolo della natura: le avevo completamente tirate fuori dalla scollatura e ci stavo giocando con le mani, ora con entrambe, perché avevo smesso di accarezzarle la testa. Ogni areola era grande quanto una mia mano e i capezzoli anche se non prominenti come quelli di Annette, erano turgidi. Ma ciò che mi faceva letteralmente impazzire erano le tette, enormi, burrose e calde. Ci passavo la lingua, le succhiavo i capezzoli, mente Edith, ormai senza freni, emetteva gemiti di piacere, mi prendeva la testa e me la spingeva sul suo seno.
“Sì signorino, quanto mi piace, continua così…non capisco più nulla, sto impazzendo.”
Non aspettavo altro: mi impegnai allo spasimo, le prendevo i capezzoli e glieli giravo come per torturarli, come mi aveva insegnato Annette. Ad un certo punto non ne potetti più: sollevai il lenzuolo, feci scendere Edith dalla cuccetta e le sfilai la camicia da notte. Uno spettacolo unico. Nuda, Edith era rotonda, cremosa e profumata di borotalco. Era in piedi: le presi in mano le tette e ricominciai a baciarle freneticamente. Edith mugolava ed il suo corpo era attraversato da brividi.
Io girai la testa per guardare dove fosse finita Annette e vidi che lei era molto interessata alla mia attività su Edith, tanto che le venne una idea.
“Dai Edith, ora distenditi, che ci pensiamo noi a toglierti l’arretrato di sesso che ti porti dietro” disse Annette.
Dapprima non compresi bene cosa avesse voluto dire, ma poi, conoscendo la sua abilità, non attesi molto per verificarla.
Annette fece distendere Edith sul letto e le aprì le gambe. Mentre io continuavo a baciare a leccare e a succhiare le tette di Edith, Annette iniziò a baciare le sua cosce, poi, risalì senza tanti indugi verso la sua fica.
“Guarda guarda, Renè è tutta bagnata la nostra Edith, come se la gode. Abbiamo avuto proprio ragione a farle questo regalo, ma ora gliene facciamo un altro: ora la facciamo godere noi”.
Quindi le piantò la lingua sulla fica e cominciò a passarla su e giù tra le sue cosce con la stessa foga che metteva nel leccare il mio pisello. Io la guardavo, Annette usava la lingua come fosse un cazzo, la faceva entrare ed uscire dalla fica di Edith, poi le succhiò il clitoride.
A quel tocco Edith fece un balzo sul letto, chiuse gli occhi ed emise un lunghissimo sospiro, come se si fosse liberata di un grande peso. E così probabilmente era: chissà da quanto tempo non faceva sesso. Ebbe un orgasmo intensissimo e devastante, che la fece tremare tutta.
Mentre io continuavo a darmi da fare con il suo seno, la piccola Annette proseguiva con il suo lavoro di lingua nella sua fica, le succhiava il clitoride, provocando dei rumori curiosi, ma molto eccitanti.
Edith non era più in grado di connettere: il suo bacino si alzava e abbassava ad un ritmo frenetico, e mentre io le succhiavo i capezzoli lei prendeva le tette nelle sue mani e le strizzava forte.
“Ora padroncino è pronta ad accoglierti, entra nella sua fica, rompila, falla godere forte!” Annette mi incitava a scopare Edith.
Edith non era più in grado di parlare. Io mi distesi su di lei, che teneva le cosce grassottelle tutte dischiuse, le puntai contro la sua fessura il mio pisello che per l’eccitazione era diventato duro come il ferro e cominciai a spingere. Mentre entravo dentro di lei mi chiedevo se fosse ancora vergine, alla sua età, o avesse già provato a far l’amore con qualcuno. Non avevo intenzione di chiedere alcuna conferma, però. Ero così eccitato che non pensavo ad altro che alla fica di Edith nella quale volevo entrare ad ogni costo. La sua fessura bollente, abbondantemente bagnata dopo l’intervento di Annette, avvolse il mio pisello come se lo stesse aspettando da anni, in un abbraccio caldissimo. Cominciai a muovermi come mi aveva insegnato Annette. Era stupendo andare avanti e indietro in quella fica, piena di umori caldi. Vedevo il mio cazzo scomparire dentro la fica di Edith, poi lo tiravo indietro e lo spingevo ancora più a fondo. Edith impazziva dal piacere e inondava la sua fica con una emissione di umori tanto abbondante da bagnare tutte le lenzuola.
Mentre scopavo con Edith guardavo Annette che si divideva tra le sue tette e la mia bocca, che baciava appassionatamente. Ci metteva lo stesso impegno a succhiare i capezzoli di Edith e la mia lingua, alternativamente.
“Su, dai René, scopa questa vecchia arrapata. Falla godere come una pazza. Fammi vedere come metti in pratica le cose che ti ho insegnato”. Annette mi incitava e contemporaneamente mi eccitava con le sue parole.
Ma l’effetto più sconvolgente lo provocava in Edith, che realmente non capiva più nulla. Aveva sollevato le gambe e le aveva attorcigliate attorno al mio bacino, come se non volesse più lasciarmi uscire fuori da lei. Mi tenne abbrancato con le braccia e con le gambe, fino a quando un altro orgasmo, questa volta più imponente degli altri, la sommerse. Emise un grido rauco: “Ohhhh, godo, sto godendo, mi fate morire, non ne posso più, ahhhhhh! “
Il calore emanato dal corpo e dalla fica di Edith, che mi avvolgevano totalmente e la straordinaria eccitazione che aleggiava in quella piccola cabina mi portarono ad avere un altro orgasmo intensissimo. Mentre ascoltavo le parole di Edith ad un tratto mi accorsi che stavo per arrivare e le dissi: “Edith tesoro, sto per arrivare, sto per riempirti la fica con la mia sbora.”
“Su bambino mio”, mi incitava lei “riempimi la fica, non fermarti, sto godendo anch’io, ahhhhhh, godo!!!”
Un ultimo tremito la scosse tutta e poi si abbandonò totalmente nelle nostre braccia. A turno, io e Annette la baciavamo in bocca e lei ricambiava avidamente, le nostre lingue si incontravano e giocavano in tre. Nonostante i ripetuti orgasmi l’eccitazione non accennava a diminuire e la tensione erotica ci aveva coinvolti totalmente. La meno soddisfatta era Annette, la quale, mentre si divertiva con la lingua sulla fica di Edith si toccava la fica e il clitoride, ma evidentemente aveva bisogno di altro.
Quando Edith si abbandonò tra le nostre braccia e le nostre lingue finirono di lottare, Annette si scostò dal suo viso e si avvicinò nuovamente alla sua fica. Con tono scherzoso, si rivolse alla sua compagna:
“La volevi tenere tutta per te la sbora del mio bambino. Ma io stasera non ne ho bevuto nemmeno un sorso. La prima dose l’ho versata nella tua bocca, la seconda l’ha presa tutta la tua fica e ora come si fa ? Su, ora sollevati”
Fece sollevare Edith in ginocchio sul letto, le allargò le gambe e scivolò sotto di lei, con il viso proprio sotto la sua fica, che una volta allargata, lasciò cadere, nella bocca che Annette teneva spalancata sotto di lei, una cascata di umore, costituito dal mio sperma e dal liquido che Edith aveva emesso in grande abbondanza durante i ripetuti orgasmi.
Questa altra scena mi riportò ad un livello di eccitazione febbrile, il mio cazzo, nonostante due eiaculazioni, dava evidenti segni di risveglio. Annette si era messa di traverso, rispetto al letto, con le gambe penzoloni ed il viso ancora sotto la fica di Edith. Io allora, massaggiandomi con forza il pisello non ancora tutto in erezione, mi avvicinai a lei, le allargai le cosce ed iniziai a penetrarla nella fica.
“Sì, padroncino, questo mi piace, dai, fattelo diventare grosso, più grosso. Altrimenti sarò gelosa di quella porca di Edith, che se l’è goduto tutto, il tuo bastone che l’ha scopata fin nelle viscere!”
Quelle parole ebbero l’effetto di eccitarmi ancora di più, come se ve ne fosse ancora bisogno, vista la situazione incandescente che si era creata in quella piccola cabina. Sentivo ondate di calore che mi attraversavano il ventre e pulsazioni sempre più forti che mi facevano ingrossare sempre più il pisello, sempre immerso nella dolcissima e umida fessura di Annette. Feci subito un paragone tra la sua fica e quella di Edith, che mi sembrava molto più stretta, forse perché Annette era molto più adusa a pratiche sessuali di ogni genere, rispetto a Edith.
La mia erezione era ormai di nuovo completa e Annette se ne accorse immediatamente, dato che ricominciò a guaire e a mugolare di piacere. Quando iniziai a muovermi dentro di lei a ritmo prima lento e profondo poi sempre più svelto, Annette sollevò la bocca e la pose come una ventosa sulla fica di Edith, come per succhiarne le ultime gocce di umori che gocciolavano ancora.
Ma succhiando così forte provocò un’altra ondata di eccitazione in Edith, che, rivolta verso di me, ricominciò a baciarmi ed ad infilarmi la lingua in bocca. Io, intanto, giocavo con le sue tette enormi: le stringevo, la avvicinavo l’una all’altra, le rigiravo i capezzoli, come se stessi sintonizzando la frequenza di una radio. Nel frattempo continuavo a stantuffare Annette, che, poverina, aveva diritto anche lei al suo sano godimento. E lei godeva davvero, a giudicare dal suo ansimare e dai gemiti che emetteva. Questa manovra durò effettivamente tanto a lungo, perché io, essendo già venuto due volte, non avvertivo alcun segno premonitore di un’altra eiaculazione.
Il movimento frenetico di va e vieni del mio pisello nella fica di Annette la portò ad uno stadio di eccitazione parossistica. La sua bocca non si staccava dalla fica di Edith, che, del resto, era eccitata forse più di noi, anche a causa delle manovre strane che Annette stava facendo su di lei. Le tormentava il clitoride con la lingua e lo succhiava tanto avidamente che era diventato grande come un dito. Io ne avevo una visione di insieme, perché mi trovavo di fronte a loro e mi godevo tutte le slinguate di Annette; mentre andavo su e giù nella sua fica, con una mano toccai il clitoride di Edith: era davvero spaventoso, gonfio e umido: mi chiesi come aveva fatto Annette a farlo diventare così, era davvero fantastica. Probabilmente se lo chiedeva anche Edith, che si era rituffata in quel vortice di sensualità che le avevamo creato intorno e se la godeva davvero, a giudicare dalla sua espressione estasiata e dai movimenti del suo bacino che sembrava danzasse insieme alla lingua di Annette che saettava tra le sue cosce e dagli umori che continuavano a cadere dalla sua fica nella bocca di Annette, mentre lei mi baciava con la bocca spalancata e la lingua che cercava incessantemente la mia.
Le nostre manovre si protraevano da oltre un’ora, senza che nessuna delle mie compagne avesse mostrato mai segni di stanchezza o di insofferenza. Al contrario, sembrava che non ne avessero mai abbastanza.
Annette aveva finalmente trovato il suo sfogo sessuale, scopata nella fica da me e con la sua lingua infilata nella fica di Edith. Ma anche per lei era giunto il momento di godersi la serata. Iniziò a dimenare il bacino e ad ansimare sempre più forte, sotto i miei colpi incessanti:
“Sto arrivando, padroncino, sto godendo, scopami forte, godo, godooooooo. Ah, sìììììììììì, così, godo, vengo, arghhhhh !!!!”
La frenesia di Annette era irrefrenabile e soprattutto contagiosa. Edith ne fece le spese, perché la stimolazione continua del suo clitoride la portò nuovamente ad un ennesimo orgasmo ed io, che ormai mi stavo trattenendo per non godere troppo presto, per la terza volta, finalmente, mi lasciai andare e riempii di schizzi di sperma la fica di Annette.
Certo non era la stessa quantità che lei, trattenendo in bocca, aveva poi riversato nella bocca di Edith, ma, abbastanza da farla urlare di piacere:
“Riempimi di sbora, sìiiiiiiii, la voglio, la voglio tutta per me la tua sbora, le sento che mi schizza dentro, ahhhhh, che bello !!”
Sentivo le contrazioni del suo canale caldo e bagnato che mi strizzavano il pisello che pulsava mentre le schizzavo dentro il mio seme. Da impazzire. Non ne potevamo più tutti tre. Stramazzammo sul letto senza più forze e ci addormentammo abbracciati, io come sempre, sulle tette di Edith e pieni degli umori l’uno delle altre e viceversa, soddisfatti e soprattutto felici perché con quella prestazione sessuale sfrenata non avevamo fatto altro che rinnovare il profondo e sincero affetto che avevamo sempre reciprocamente provato.
Fine Capitolo 2
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Esperienza Lesbica
….quello che ho vissuto con Feliciana mi ha aperto nuovi orizzonti, ma che dico aperti, me li ha divaricati! Non è mai stato un mistero per me l’attrazione, io sono una virtuosa del corteggiamento, posso permettermi di sedurre chiunque voglia o quasi, con il corpo gagliardo che mi ritrovo. Mi piace camminare per Milano sentendo gli sguardi di uomini e donne che mi desiderano e mi pretendono, e questo autocompiacimento lo immagazzino dentro di me, rinfocola la mia voglia, ricarica il mio desiderio, una forma di feedback che mi fa restare sempre accesa. Non mi vesto mai in modo indecente o vistoso, neanche d’estate amo scoprirmi troppo; l’idea di non portare la biancheria mi fa ridere, è pietosa, non rinuncerei mai, io che sono carioca, a ripartire l’equatore del mio culo con un tanga che lascio indovinare, da sotto gli abiti, agli intenditori. I miei fianchi sono prepotenti, arroganti, e vengono scusati solo dal mio metro e ottanta di incontrovertibile femminilità italo-brasiliana, che fa girare chiunque per strada. Io sono Rio, mi dice sempre Valentim, quando mi sdraio bocconi divento Rio, il mio culo granitico e superbo è il Pan-di-Zucchero, la mia schiena dorata e arcuata è sabbia liscia come Copacabana, e le mie braccia tese il ponte Niteròi. Mi piace farmi visitare, mostrare le mie attrazioni a chi dimostra di apprezzarle.
Ma non avevo premeditato di rivelarmi a una donna. Feliciana, la collega di università, ( io insegno storia brasiliana e sono una specialista della storia della navigazione), una quarantenne distinta, alta, dal portamento aristocratico, non sospettavo che mi ammirasse, che scrutasse le linee del mio corpo con desiderio. Era stato Valentim a farmelo capire, lui di queste cose ne sa anche più di me.
Non so come, ma questa cosa mi aveva smosso dentro, mi ero sentita sfidata su un campo sconosciuto, e sentivo urgere il desiderio dell’esplorazione; sarei stata il bandeirante di me stessa, affrontando a colpi di machete la selva ignota del desiderio.
Non volevo commettere errori, né offendere Feliciana, né fraintendere la misura del suo desiderio, inesperta di quanto una donna potesse volere da un’altra donna, che io quello che vuole un uomo da me, posso dire di saperlo benissimo, anche più di lui. Ma lei, ed io?
Approfittai dell’occasione di una conferenza sulla navigazione atlantica nel XX secolo, a cui avremmo partecipato tutti quanti, per invitarla a cena, con la scusa che il mio intervento sarebbe terminato sul tardi. Sapevo che avrebbe accettato, tanto più che Feliciana non abitava in città, e la compagnia e l’ospitalità di una collega non l’avrebbe disdegnata in nessun caso.
Durante la conferenza mi accorsi di come punteggiava la conversazione di piccoli commenti sul mio lungo abito estivo, sui miei sandali ( io ho dei piedi che sono due sculture ), facendomi complimenti per il gioiello, o chiedendomi dove avevo comprato quel foulard che mi donava tanto al collo; ed ogni commento era una scusa per sfiorarmi, con gesti di una delicatezza che li rendeva quasi impercettibili. Valentim aveva colto nel segno, il gran corruttore!
Feliciana si stava dimostrando più espansiva e cordiale di quanto non si fosse mai dimostrata in facoltà, e quando la conferenza terminò, le confermai la mia intenzione di portarla a cena. Quando salimmo sul taxi la colsi in contropiede dicendo all’autista di portarci al più costoso ristorante brasiliano di Milano, decisione alla quale Feliciana volle opporsi, dicendo che non poteva permettere che io la invitassi in un posto tanto caro. La zittii appoggiandole una mano sulla gamba, e le dissi –“Non ti devi preoccupare, questa è un’occasione speciale.”-
Colta in contropiede dal mio gesto e dalle mie parole, Feliciana domandò-“Ma Francesca, non pensavo ci fosse una qualche occasione..”-
-“L’occasione qualche volta va creata, dico bene?!”- e, sebbene tremassi un po’ per l’eccitazione del rischio, vidi che la mia risposta aveva fatto centro, e lo sguardo interrogativo di Feliciana si era trasformato in uno sguardo più luminoso, carico di aspettative. Che io speravo in cuor mio di poter soddisfare.
La tensione in quel taxi era una cosa reale, densa, e sentii di doverla rompere in qualche modo, ma temevo di sbagliare, di dire o fare qualcosa di troppo, e ripiegai su questa idea:
-“Se preferisci possiamo ordinare qualcosa da portare a casa, vuoi?”-
I suoi occhi tremuli vibrarono, e rispose con un cenno della testa; io abbassai lo sguardo sul vestito di lei e immaginai come dovesse essere sotto di esso, un corpo ancora ben fatto, snello doveva essere il suo.
Quando discesi dal taxi ed entrai nel ristorante per l’ordine, lei mi seguì stando un passo indietro, e sentii come i suoi occhi mi stavano sollevando l’abito, tirando l’elastico delle mutandine, solleticando il seno. E io, io mi offrivo con piacere al suo sguardo. Comprammo salgadinhos e batata frita, e birra Brahma. Quando arrivammo a casa mi gettai sul cibo, altra mia grande passione, per acquietare il languore che, strada facendo verso il mio appartamento, era aumentato fino a divenire un fuoco.
Anche Feliciana dirottò la sua voglia sul cibo fragrante e robusto, come immaginai fosse il suo sesso, ed a quel pensiero mi accorsi di essermi eccitata profondamente, e di fissarla come se fosse la portata successiva. Feliciana se ne accorse, come del mio veloce sviare lo sguardo.
Si fece più sotto la tavola e mi toccò il ginocchio:-“ Ti devo ringraziare davvero, è raro per me cenare con qualcuno, qui a Milano”-
-“Anche per me, tante volte sai, non ringraziarmi”-
-“Scherzi?- esclamò-“ una bella ragazza giovane, come sei tu, chissà quanta compagnia deve avere..”-
-“Non sempre quella che uno desidera, sai?”- le sussurrai, e mentre lo dicevo, accarezzai la sua mano. Lei me la strinse forte, e per un attimo mi si fermò il cuore, io che con gli uomini avevo commesso quanto di più mirabolante, sentivo in me il senso di peccato. Ed era una cosa eccitante da morire.
Feliciana mi guardava negli occhi ma, non languidamente, era una pantera amazzonica, adesso, e io ambivo ad essere la sua preda.
-“Assaltami, Feliciana”- mi sorpresi a dire, e lei non capì subito, ma la direzione della mia mano sul suo avambraccio le chiarì il senso della mia esclamazione.
Ci alzammo e andammo nel salotto, dove ci trovammo ad essere una davanti all’altra, eccitate, turgide sotto, frementi come cavalle brade. Feliciana mi infilò le mani nello scollo dell’abito, e prese a carezzarmi, le dita incerte per l’eccitazione. Poi mi sbottonò l’abito, e ad ogni bottone che staccava, silenziosa e decisa, sentivo un tuffo al cuore e la mia figa ululare di desiderio, una caldaia in procinto di esplodere, spezzando in due la nave. Sentivo l’umore colare sulle gambe, ero bagnatissima e sconvolta da me stessa. Intanto Feliciana mi aveva tolto l’abito, e, in ginocchio, aveva preso a coprirmi di baci le gambe, mordicchiandole, talvolta, e io non ressi più:
crollai in ginocchio dinanzi a lei, e implorai che mi scopasse a morte, gridavo che non avevo mai provato nulla di simile, e lei, compiaciuta ed estasiata dalla sua conquista inattesa ( ma lo era poi, inattesa?) mi faceva scivolare le mani ovunque. Mi sentivo gagliarda, durissima, voleva donare tutti i miei fianchi e il mio seno alla causa lesbica, godere senza ritegno. Ero tutta là, tutta sua, la donna per eccellenza, ero la femmina espansa.
Mi sottrasse il tanga con un gesto rapido ed esperto e affondò il suo viso nella mia vulva assetata di carne, e compose con la sua bocca poemi di piacere nella mia natura bagnata. Quando si ritrasse avvertii un bisogno di crollare, ma lei ritornò a prendere possesso del clitoride con le dita e le labbra, senza darmi tregua, e partii non una, due, tre volte, soffocando guaiti disperati.
Poi mi afferrò per i capelli, selvaggia, regina Tupi insolente che voleva riconosciuto il suo onore, e mi tuffò la faccia sulla sua fica prosperosa e grondante. Non avevo mai immaginato quanto fosse divino, mordere quel frutto croccante, guaranà succoso il cui nettare mi scorreva sul volto, come quando da bambina mi sbrodolavo tutta mangiandolo.
Volevo scoparla con la lingua, ero in preda a una foia incontrollabile, mentre lei cercava ancora la mia mietitrice di uomini, artigliandola con le unghie; e allora la mia fica riprese a scaldarsi e a vibrare, eccola di nuovo, turbina inarrestabile e poderosa, a girare vorticosamente. Feliciana mi fece sdraiare, impedendomi di farla godere sulla mia faccia come anelavo.
Iniziò a percorrermi con la lingua, tessendomi addosso un autentico e lussuoso pigiamino di saliva, eccomi, regina della notte detronizzata dalla sua bocca avida.
Ero giunta al deliquio mentale quando si risollevò e con un gesto imperioso, afferratemi le caviglie, mi spalancò le gambe e mi costrinse a girarmi su un fianco; lei ormai comandando la navigazione si mise a cavalcioni sulla mia coscia, e la percorse fino a far scontrare le due prue roride di piacere, l’incontro fu un delirio di scintille, uno scontro immane,una collisione di navi nella notte, il suo viso di polena sulla caravella che conduceva manovre di piacere nel mio porto. Le mie gambe come le colonne d’Ercole oltre le quali si apriva il gorgo del piacere proibito.
Disperata, giunsi a quello che mai avevo creduto possibile, un piacere devastante, fu il crollare dell’impero per vana cupidigia, lo schianto dello scafo nel momento del naufragio, l’oceano salato e furioso, poi l’orgasmo fu tale che quasi persi la nozione di me, e diventai un groviglio solo, clamoroso, con la creatura che mi faceva questo.
Il giorno dopo non avevo nemmeno la forza di strizzare il tubetto del dentifricio, esausta e consumata nella fibra, non avevo mai bruciato tanto di me stessa in un atto di piacere.
Purtroppo Feliciana si trasferì poche settimane dopo in un’altra sede universitaria, per lei più comoda, e non la vedo più da un paio di anni, pur essendo rimaste in buoni rapporti; ma non so se avrei ripetuto ancora l’esperienza, preferivo che quella serata meravigliosa restasse un unicum, un racconto fantastico di marinai nella mia picara vita amorosa….
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5
20 years ago
admin, 75
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Il Piacere del Triangolo
Trovare il coraggio per scrivere l’avventura che mi ha cambiato sessualmente, non è stato per niente facile, mi presento, mi chiamo Sara ho 33anni sposata da cinque anni con Riccardo che ha 35anni, genitori di due bambini maschi di 5 e due anni, viviamo in un paesetto della provincia di Treviso, mio marito di mestiere fa il meccanico, in proprio, io invece faccio la casalinga. Per chi sa cosa vuol dire fare la casalinga con due bambini scatenati, non occorre che spieghi tutto il da fare che si ha su una intera giornata, in compenso ho un marito premuroso simpatico gentile,disordinato, che mi ama e mi accontenta su tutto, sebbene non sia una donna con esigenze enormi. Ora dovrei descrivermi, iniziamo con la personalità:
so di essere una persona corretta con tutti, sono abbastanza gentile con chi merita, simpatica, amo molto ridere e mi piace molto cucinare. Per quanto riguarda il fisico ( che vorrei molto tralasciare,e lasciar fantasticare ai lettori come sono ) io non mi trovo una donna attraente, eppure Riccardo mi dice sempre che gli piaccio da morire (sarà vero?) :sono alta 1,65, un po’ cicciotella,con una quinta abbondante di seno,che a lui piace da morire, il sedere grosso con un po’ di cellulite, carnagione chiara occhi verdi labbra carnose capelli neri corti e lisci, in pratica per me non c’è niente di attraente, per Riccardo invece c’è tutto, sessualmente sono etero, prima di conoscere lui ho avuto altre storie, niente di importante, se guardassi bene il mio unico amore è Riccardo, gli altri sono passati nella mia vita solo come avventure, il sesso lo scoperto a 20anni, lui aveva esperienza,diceva, il che,oltre a farmi male, fu veloce come un treno,senza fantasia senza sentimento, insomma quello che provai fu una totale delusione,poi arrivò un altro che non fu da meno, narcisista fuori dai modi, tutto doveva girare attorno a lui, ed a letto era il tipo che non interessava se io provavo piacere o no,l’importante era che il piacere lo provasse lui, morale della favola, il sesso per me fu una delusione fin che non conobbi un meccanico alto robusto simpatico che mi fece scoprire le meraviglie che non avevo mai visto del sesso, fantasioso, resistente, amante dei preliminari, sa farmi godere come una matta, a volte scopiamo per più di due ore senza venire tutti e due, ci piace tirare a lungo, poi esplodiamo quasi sempre insieme in un orgasmo incredibile,dico quasi sempre perché a volte lui non resiste e viene prima di me,ma riesce a trovare l’energia per ripartire subito e farmi gridare tutta la goduria che mi da.Di solito iniziammo con carezze baci palpate,cose normali insomma, poi lui passa all’esplorazione del mio sesso, e li tra dita malandrine e leccate fatte con vera maestria, iniziamo a scaldarci, io non sono da meno, vado all’attacco del suo pisello, di dimensioni normali, che per lui è un po’ demoralizzante ma per me va più che bene, e quando me lo trovo tra le mani mi piace lavorarmelo bene di bocca, visto che ho una bocca grande e carnosa mi sono scoperta un’ abile pompinara il che fa la gioia di lui, poi di solito lui mi prende nella posizione del missionario, per passare alla pecorina, posizione per me veramente superba, e li molto spesso mi penetra analmente,volevo un attimo soffermarmi su questa ultima pratica: all’inizio non volevo, sebbene lui mi lubrificasse bene il forellino con creme, mi faceva un male boia, poi una sera, sarà stato che ero più eccitata del solito sarà stato che lui aveva fatto bene i preparativi, riuscì a penetrarmi lentamente del tutto, al primo colpo entrò e uscì lentamente, sentii che non era come le altre volte, mi faceva meno male, gli chiesi di riprovare e lui lentamente me lo rimise dentro l’ano e li mi scopò con meraviglia da parte mia, finendo per farmi avere il mio primo orgasmo anale sborrandomi dentro con molto piacere di entrambi, non tutte le volte che lo facciamo mi piace, certe volte non mi va per niente,ma certe volte….ragazzi…, altra posizione perfetta per godere è lo smorza candela, ovvero lui sotto e io sopra, in quella posizione molto spesso raggiungo l’orgasmo, complice del suo cazzo che mi pompa come un pistone è anche il suo mangiarmi le tette, io impazzisco nel sentirmi ciucciare i capezzoli.
Una fantasia che Riccardo ha sempre avuto, è di vedermi in mezzo a lui ed a un altro,il famoso “triangolo”,la prima volta che me la proposto rimasi allibita, gli dissi subito di mettersi via certe idee perché mai avrei esaudito questo suo desiderio,ma lui è uno che ha pazienza, e spiegandomi insistendo e…..implorandomi,dopo un po’ di tempo che mi tormentava con questa fantasia è arrivato al punto di farmi quasi convinta, non so come faccia, ma lui ha il dono di convincermi su cose che a volte sono inflessibile, in questo caso ha dovuto sudare le fatidiche cento camice.Tempo fa è tornato casa dal lavoro con un pacchetto regalo per San Valentino,e mi disse che dovevo aprirlo dopo che erano andati a letto i bambini, capii che doveva esser un regalo un po..hardma mai avrei immaginato quello che realmente c’era, cosi quando alle nove di sera rimanemmo soli in salotto, la nostra alcova, aprii il regalo e mi trovai in mano la confezione di un fallo in lattice, completo di palle, di misura considerevole,18cm, rimasi senza parole, lui mi chiese se gli piaceva, io lo guardai con gli occhi fuori dalle orbite, e gli dissi che non c’era bisogno di usare un cazzo di gomma,che a me piaceva farlo come lo facevamo sempre, ma lui non si fece problemi, e mi invitò a provarlo prima di dire che non occorreva, finì che come altre volte che non volevo fare qualcosa alla fine accettavo, e come le altre volte ebbe ragione lui,sebbene era freddo il cazzo finto, non mi spiaceva affatto, anzi trovavo molto piacevole mettermelo in figa mentre ciucciavo il cazzo di Riccardo,grazie al nuovo arrivato provai anche la doppia penetrazione, godendo ancora di più e provai anche la doppia in figa,pratica che mi fa venire con urlo,insomma da femmina che all’apparenza dimostra di essere una donna senza perversioni,diciamo casta, mi ha fatto diventare,e qui lo dico con un po’ di imbarazzo, una porca, mai avrei preso in bocca lo sperma, adesso trovo la pratica molto ma molto piacevole, che dire…grazie Riccardo. Ma adesso arriviamo al fatto che per me è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’estate scorsa, precisamente in giugno, nell’officina di Riccardo arrivò un ragazzo di 29anni napoletano, si chiama Lorenzo, cercava lavoro come meccanico visto che aveva molti anni di esperienza, mio marito aveva proprio bisogno di un valido aiutante, e dopo una settimana di prova vedendo che il tipo sapeva il fatto suo, lo assunse, lui abita poco distante dall’officina, è singolo abita da solo, simpatico gentile un bel ragazzo alto muscoloso con i capelli neri e carnagione scura. Tra Riccardo e Lorenzo si instaurò subito una solida amicizia, tanto che a volte mio marito gli dava la responsabilità dell’officina in sua assenza, ogni volta che andavo li con i bambini, magari perché passavo proprio di la visto che non abitiamo li vicino ma a due chilometri di distanza, Lorenzo non mancava mai di farmi i complimenti da vero adulatore, ma sempre con discrezione e mai alludendo a chissà che, io lo trovai subito un ragazzo gentile ed affascinante, un giorno gli chiesi come mai non aveva la ragazza, lui allegramente, da buon napoletano, mi rispose che amava tutte le donne del mondo cosi non trovava giusto dare l’esclusiva ad una singola nei confronti delle altre, capii che scherzava, ma capii anche che era un….furbetto, comunque lo valutai un tipo grazioso che sicuramente sapeva far divertire una donna. Un sabato sera d’agosto, Riccardo invitò Lorenzo a cena da noi, siccome chiudeva l’officina un paio di settimane, voleva fare un po’ di festa prima che partissimo per le ferie, cosi alle sei di quella sera suonò il campanello e quando aprii la porta trovai Lorenzo vestito elegantemente con uno splendido mazzo di rose in mano, precisamente dodici, me le offrì con un po’ di imbarazzo da parte mia, e non mancò nel farmi i complimenti per la mia,diciamo, bellezza e come ero vestita, per l’occasione decisi di fare uno strappo alla regola,di solito sono costantemente vestita sportiva con jeans,quella sera avevo indossato,con molte insistenze da parte di Riccardo, una mini nera molto aderente che metteva in risalto il mio culo,e una camicia bianca leggera aperta sul collo che lasciava intravedere il solco delle mie tette,sotto portavo un reggiseno bianco merlettato molto trasparente, ai piedi indossavo un paio di sandali neri di cuoio con un po’ di tacco alto, senza che Riccardo sapesse sotto la mini voli fare una pazzia, non avevo gli slip, non so neanche perché avevo fatto una cosa del genere, ma la trovai una cosa eccitante. Lorenzo, dopo aver fatto due parole con me, andò in giardino dove mio marito era impegnato sul barbecue, dove stava cucinando la carne alla griglia, mentre parlavano, Lorenzo giocava con i bambini, visto che loro si sono molto affezionati a lui, io mi misi a guardarli dalla finestra della cucina, vedevo mio marito e Lorenzo, mi venne in mente la fantasia di Riccardo e guardando Lorenzo cominciai un po’ ad eccitarmi,d’un tratto mi bloccai e mi dissi fra me e me,che ero matta a pensare certe cose che sicuramente a Riccardo piaceva come fantasia,ma forse se succedeva realmente sarebbe cambiato tutto nella nostra vita coniugale, sicuramente tutto il paradiso che ci eravamo costruiti sarebbe stato distrutto per colpa di un gioco perverso, cercai di non pensare più al rapporto con due uomini come voleva mio marito, il che non era facile guardando loro due, perché vedevo mio marito, l’uomo per me più fantastico del mondo, ma vedevo Lorenzo come un diavolo tentatore, il che non mi dispiaceva come uomo,ci siamo capiti?Arrivò il momento di sedersi a tavola, mangiammo in terrazzo, cosi si stava più freschi visto il caldo, mio marito era a capo tavola io di fianco a lui, Lorenzo di fronte a me, i bambini mangiavano in un tavolino vicino al nostro, mentre mangiavamo notai che Lorenzo adocchiava l’apertura della mia camicia,il che mi imbarazzava un po’, ma non feci niente per coprirmi. Intanto si parlava si mangiava, durante la cena bevetti un bicchiere, di prosecco fresco e frizzante,che per me era anche troppo perché sono astemia, ma quella sera feci un eccezione, il che mi allentò parecchio i miei freni inibitori, quando Lorenzo andò un secondo al bagno, Riccardo mi fece notare che lui mi mangiava le tette con gli occhi, e mi confessò che trovava la cosa molto eccitante, io risi e gli dissi di calmarsi,visto che si era messo a massaggiarmi un seno, poi gli dissi che non c’era niente di male se lui guardava, ma che non si facesse venire strane idee in testa….Ne ero veramente convinta?La serata continuò come di rito, tra dolce spumante caffè liquori, i maschi andarono in salotto mentre sparecchiavo, notai che avevano un po’ alzato il gomito in fatto di alcolici, perché i discorsi anche in mia presenza cominciavano a farsi un po’ hard, sinceramente ero anch’io un po’ sull’allegra, e non fui da meno a partecipare a certi discorsi, con stupore mio e sopra tutto di Riccardo, dopo aver sistemato tutto in cucina e portato i bimbi a letto, raggiunsi i miei due cavalieri in salotto, dove loro guardando la tv satellitare avevano trovato un programmino piccante, mi sedetti sul bracciolo del divano di fianco a mio marito, e senza farci caso accavallai le gambe, cosi scoprii molto una coscia, Riccardo invece la notò, mi guardò io gli chiesi sottovoce che c’era di strano, ma poi quando mi accorsi del mio involontario spettacolo,cercai di coprirmi tirando un po’ la mini, ma troppo tardi, perché Lorenzo aveva già gustato il panorama,mio marito si era accorto di tutto e guardandomi sorrise e mi strizzò l’occhio,io arrossii,ero imbarazzata ma allo stesso tempo mi sentivo calda,strana, sintomi di eccitamento, non volevo però era più forte di me.
Fu quel porco di mio marito a prendere l’iniziativa, proprio quando Lorenzo andò per la seconda volta in bagno, lui mi prese e mi fece cadere su di lui sul divano, facendomi il solletico, io quando fa cosi non sono da meno, e mi misi a pizzicarlo sui fianchi,cosa che lui non resiste e muore dal ridere, però lui approfittò della posizione per darmi un bacio in bocca di quelli molto provocanti, mi mise una mano sulle tette e l’altra mi andò su per la mini sul culo, quando si accorse che mancavano gli slip, guardò estasiato e senza che avessi il tempo di liberarmi lui si mise a giocare con la mia figa pelosa, io cercai di ribellarmi ma lui mi teneva forte, gli dissi che Lorenzo stava per tornare, lui mi rispose che era quello che voleva, mi ricacciò la lingua in bocca che non seppi resistere, mi stavo eccitando non sapevo più cosa fare, ormai sentii la porta del bagno chiudersi e Lorenzo che tornava li da noi, pensai che era tutto strano, avevo un po’ di paura e non so neanche perché, ormai Riccardo mi aveva scoperto le chiappe nude, e io cominciavo avere la figa in brodo, il cuore mi batteva forte, implorai Riccardo di lasciarmi, ma fu troppo tardi, sentti Lorenzo che fece un’esclamazione tipica sua, io mi lasciai andare, e allargai di più le gambe per far godere del panorama il nostro ospite visto che aveva il mio culo in bella mostra.
Limonai con Riccardo ,mentre mi perlustrava la figa con le dita, Lorenzo era bloccato sulla porta, allora mio marito gli chiese cosa aspettava, gli chiese se lo spettacolo non era di suo gradimento, lui rispose che ero bellissima, io ero sempre più imbarazzata, ma ero anche super eccitata,sentti che Lorenzo si avvicinava a noi, il mio cuore batteva a mille, mentre mio marito cominciò a slacciarsi la patta delle bermuda che indossava, estraendo un cazzo che non avevo mai visto, forse era per la situazione ancora più piccante del solito, ma era più grosso, Riccardo invitò Lorenzo a toccarmi la passera, io,non so perché obbiettai, ma fu come dire “si …toccamela” lui non ci fece caso e mi mise due dita su quelle labbra pelose e umide, le fece scorrere tutto intorno alla mia figa, io ansimavo fortemente, poi me le infilò lentamente dentro, e io emisi un gemito, intanto Riccardo si occupava delle mie tette che aveva estratto dal reggiseno, io presi il suo cazzo in mano e cominciai a menarlo,tenevo chiusi gli occhi, non volevo che mi vedesse lo sguardo, ma luoi capiva perfettamente che mi piaceva, Lorenzo si chinò con la testa sulle mie chiappe, e aprendole un po’ di più cominciò a leccarmi divinamente, proprio come mio marito,godevo come una pazza, allora mi alzai sempre restando con il culo per aria, mi portai con la bocca sopra il cazzo di mio marito e li cominciai a lavorarmelo con lingua e ciuccio,intanto il nostro ospite si occupava dei miei buchi con la lingua, mi faceva sborrare letteralmente, e lui leccava i miei umori, gli chiesi di smettere che non volevo, lui mi chiese perché, io non seppi dargli risposta, allora lui dopo essersi tolto i vestiti , e messo in bella mostra il randello bello duro, riprese il suo lavoro con la mia figa sbrodollosa, io mi morsi un labbro dal piacere che provavo, e ritornai al cazzo di Riccardo, continuammo cosi per un quarto d’ora, poi quando loro furono nudi tutti e due, mi invitarono a distendermi con la schiena sul divano ,ormai ero con le tette fuo i dalla camicia aperta e la mini me l’ero tolta, non mi capivo più, facevo tutto come fosse una cosa normale, quando fui distesa, mio marito mi sali sopra la faccia per mettermi il suo arnese in bocca,mentre Lorenzo tornò sulla mia figa, aprii ben bene le gambe in modo che potesse lavorare agevolmente, e tornai godere dei miei due prestanti cavalieri.
Lorenzo ebbe l’onore di iniziare le…danze, si posizionò con il suo cazzone di 22cm circa, e me lo spinse in figa, io lo accolsi con molto piacere, sentii la consistenza anche se avevo la vagina lubrificata al massimo, iniziò a pomparmi con dolcezza e vigore allo stesso tempo, io con lo stesso ritmo sbocchinai il cazzo di mio marito, mamma mia come godevo, ormai mi ero liberata di ogni tabù, cambiarono ruolo tra di loro, mio marito mi chiavò e Lorenzo mi diede da mangiare la sua stanga, glielo ciuccia e leccai con passione,mentre lui continuava a complimentarsi con parole molto spinte per il mio ottimo lavoro, mi presero alla pecorina a turno, anche dentro il culo, avevo sempre un cazzo dentro uno dei due buchi e uno in bocca, mi sentivo troia veramente e felice di esserlo, poi fui io a scatenarmi, gli dissi che li volevo tutti e due, cosi uno sotto e l’altro sopra, mi penetravano in doppia, io godevo come una pazza, erano fantastici, tenevo gli occhi chiusi , forse per vergogna, ma non volevo più che smettessero, anzi li implorai di pomparmi di brutto, raggiunsi il primo orgasmo che dovetti trattenere l’urlo per non svegliare i bambini che dormivano di sopra, loro venero reciprocamente dentro di me riempiendomi tutta, per fortuna prendo la pillola da due anni dopo che Riccardo mi chiese di poter venirmi dentro in figa.
Rimanemmo cosi fermi per tre o quattro minuti, uno in figa e l’altro in culo, poi tolsero i loro cazzi e si misero ad accarezzarmi tutta, erano dolci, mai avevo provato tanto in vita mia, sembrava che fossero d’accordo, baciai prima una poi l’altro, non avevo più problemi, eravammo nudi tutti e tre ormai e io li volevo sentire attaccati a me, iniziarono a indurirsi di nuovo, ed io cominciavo a bagnarmi pure,ripartii con il pompinaggio, me ne facevo prima uno e poi l’altro,a turno loro mi mangiavano la figa e il clitoride, ormai ero di nuovo eccitata, gli proposi di farmi di nuovo in doppia e loro non attesero altro, cambiarono le posizioni come se fossero un gioco e ricominciarono a sondarmi il culo e la figa, godevo come una porca, non ero mai sazia di loro due, ad un tratto, mio marito, che mi stava pompando il culo ormai sfondato, tolse il suo arnese dall’ano, e lo improntò sulla figa dove c’era il cazzo di Lorenzo che mi scopava con maestria, capimmo tutti e due cosa Riccardo avesse in mente, Lorenzo si fermò io mi aprii di più la figa tirando le chiappe con le mani e Riccardo, dopo vari tentativi e con un po’ di fatica, riuscì a metermelo in figa con l’altro, rimasi senza fiato, mi sembrava di spaccarmi in due,mi entrarono del tutto dentro,fino alle palle,emisi un gemito lungo e forte, loro cominciarono a pomparmi lentamente, e io godevo, mi strizzavano le tette, sbrodolavo come una fontana, cominciarono ad accelerare il ritmo e io urlavo a bassa voce, poi esplosi con un secondo orgasmo ma molto più intenso e impetuoso, rimasi senza forze, loro tolsero i loro cazzi e si portarono sulla mia bocca,che io, per ricompensarli, li sbocchinai per bene facendoli venire dentro la mia bocca uno alla volta assaporando il loro nettare, poi cedetti e mi accasciai sul divano sfinita. Da quella sera ho cambiato opinione sul rapporto a tre, anche perché Lorenzo si è dimostrato,oltre un gran scopatore, una persona seria e per niente invadente, in molte occasioni ci si trovava da soli in officina o magari passava a casa mia per un saluto e mio marito non c’era, e mai ha approfittato delle occasioni, si è rivelato da subito una persona corretta, forse perché sa che una sera la settimana viene da noi per farmi rivivere la doppia penetrazione in figa.
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20 years ago
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Amiche per la pelle
Anna sbuffò la nuvoletta di fumo verso il soffitto e mentre alzava il mento Betta ebbe il desiderio di baciarle delicatamente la base del collo…che idea assurda le era balzata in testa in quel momento! Decise di accantonare il pensiero e si accese una Merit prendendo in seria considerazione l'idea di non terminare la grappa di chardonnay (ecco era brilla! Per quello aveva pensieri strani). Si tolse le scarpe coi tacchi a spillo e si coricò sul divano col portacenere appoggiato fra i fieri seni, badando a non fare cadere la cenere sulla camicetta di seta antracite.
- Anna dai cerca di non buttarti giù…gli uomini lo sai come fanno…un giorno ti dicono ti amo e poi il giorno dopo scopri che vanno a letto con la tua migliore amica. In fondo non ti meritava…-
Il bel volto ombroso di Anna si corrucciò ulteriormente:
- Ecco ti prego smettila Betta! Con la storia che in fondo non ti meritava e poi ti sei dimenticata di aggiungere…cara non era vero amore, sarebbe finita prima o poi e meno male che non ci sono bambini! Gli uomini…basta non ne voglio più sapere…ragionano con quello che hanno fra le gambe. Da ora in avanti faccio senza di loro, non sono indispensabili in fin dei conti-
- Beh a qualcosa servono? Non ti pare? - Ribatté Betta maliziosa mentre faceva un gesto osceno muovendo la mano verso il proprio inguine.
- Non è detto perché noi donne possiamo essere autosufficienti non credi?
- Certo Anna, però fra il dire e il fare…
- Eccola che riinizia coi soliti luoghi comuni! - replicò Anna mentre accavallava le snelle gambe sulla poltrona.
Stando coricata sul divano Betta godeva di un ottimo punto di osservazione e scorse la fine dell'autoreggente dell'amica, proprio quella parte di pelle bianca che contrasta con la lycra nera la quale a sua volta richiama alla mente il colore scuro del pelo pubico; le parole le uscirono dalla bocca prima che lei potesse pensarle:
- Allora facciamo una prova, visto che sei così disinibita…cerca di sedurmi e vediamo cosa succede.-
Anna che era sempre stata ostinata, non poteva a questo punto tirarsi indietro e decise di stare al gioco:
- Accetto la sfida con piacere e ti dimostrerò che non mi sbaglio, sia chiaro però che è solo un gioco e arriveremo solo fino a un certo punto e tu dovrai essere sincera e dirmi se ti eccito veramente! - pronunciò con voce divertita, mentre si alzava dalla poltrona e lasciava scivolare il tubino grigio a terra, restando in body e calze autoreggenti. Si avvicinò al divano dove era coricata l'amica e si sedette di lato sul bracciolo. Le sfilò il collant e iniziò a baciare i piedi della meravigliata Betty:
- Non ti facevo così fetish Anna! Ah mi fai ridere…mi fa solletico…ti prego - disse esclamando le ultime parole con voce troppo bassa.
La bocca inesorabile di Anna proseguiva succhiando con voluttà le dita e sporcandole di rossetto Corolle nr.5 color mattone bruciato, poi la lingua umida e veloce iniziò a risalire le sottili caviglie e ancora più su fino all'interno delle ginocchia. Anna voleva fermarsi lì, ma era come ipnotizzata…o forse aspettava solo un cenno dell'amica. Mordicchiò il tenero interno coscia e quando fissò negli occhi l'amica vide che era eccitata tanto quanto lei. Con una mano un po’ tremante sfiorò la stoffa delle mutandine da sotto la gonna e ne poté percepire l'umidità…aspettava un cenno di Betta per smettere, ma lei come risposta si tolse gonna e camicetta, mostrandole i suoi seni dotati di grandi capezzoli turgidi rosati. Aveva sempre invidiato il seno abbondante dell'amica e ora desiderava toccarlo, apprezzare a fondo quella pienezza, essere sfiorata da quelle forme calde e armoniose.
Anna si tolse il body, mettendo in mostra un fisico felino e scattante, aveva un seno piccolo ma ben fatto e sodo con piccoli capezzoli bruni. Si adagiò sopra all'amica, seno contro seno…una sensazione strana ma molto appagante, le bocche si incontrarono e si baciarono prima superficialmente, poi sempre più a fondo fino a farle quasi stordire…il punto stabilito in precedenza era saltato e entrambe desideravano arrivare fino in fondo.
Anna a un certo punto scattò in piedi all'improvviso e rossa in volto, senza il coraggio di fissare negli occhi l'amica mormorò un forse è meglio fermarci e Betty come risposta si sfilò le mutandine mettendo in mostra la vagina glabra a parte un ciuffo di peluria castano chiaro.
Istintivamente Anna si adagiò di nuovo sul divano, però al contrario in modo da esplorarsi a vicenda…il fiore roseo dell'amica la attraeva irresistibilmente e ancora più di tutto il profumo che sprigionava fatto di intimi aromi misteriosi e segreti; delicatamente vi posò la lingua percorrendo accuratamente le pieghe e sussultando quando Betty a sua volta le prese fra le labbra il clitoride.
Betty succhiava ora con voluttà, ora con delicatezza, alternando i ritmi con casualità, mentre con l'indice e il medio esplorava la vagina umida dell'amica…fino al punto in cui poté sentire le contrazioni orgasmiche dapprima veloci e rapide e poi più lente e profonde; fece in modo di prolungare il più possibile il piacere di Anna accompagnando il ritmo con la pressione della mano sul clitoride e le punte delle dita all'entrata della vagina.
Poi fu Betty a godere con un piacere improvviso e talmente forte che aveva l'impressione di sprigionare energia luminosa da tutti i suoi orifizi e venne nella umida bocca di Anna che insaziabile ne succhiava gli umori.
Restarono a lungo nude abbracciate sul divano ad accarezzarsi i capelli e i seni, mentre il ticchettio dell'orologio scandiva il tempo.
Fu Anna a rompere il silenzio:
- avevi ragione Betty, si può fare a meno degli uomini… non ho perso molto a lasciare Carlo e poi dal punto di vista sessuale vale zero rispetto a te…-
Betty rispose: - Hai perfettamente ragione, sessualmente era molto fiacco…gli ho persino dovuto indicare dov'era il clitoride! Dai Anna forse col prossimo ragazzo andrà meglio, forse passerà la prova fedeltà & sesso.
Anna schioccò un bacio sulla fronte dell'amica sussurandole: Sei la mia migliore amica.
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La Moto
A 18 anni si raggiunge un traguardo che per tutti i giovani vuol dire autonomia totale, ti fai la patente, fai festa fino a tardi, ti comperi le cose che più ti piaciono, e principalmente fai sesso senza la paura di essere scoperto/a , anche se magari il sesso lo facevi già tre anni prima ma sempre con la paura che i tuoi genitori ti scoprissero, adesso che hai 18anni anche se vieni scoperto la cosa non ti preoccupa più.
Io mi chiamo Mara, ho da poco compiuto 18anni, frequento il liceo linguistico e vado molto bene a scuola, vivo con i miei ho un fratello più grande che si sta per laureare in ingegneria, mia madre si chiama Linda, lavora in banca come direttrice, bella donna di 45 anni alta 1,75 sempre molto elegante ha un corpo ben modellato con un bel seno prosperoso e uno sguardo accattivante, due caratteristiche la rendono veramente affascinante, gli occhi verdi e i capelli rosso fuoco, di carattere forte e deciso, si è sempre saputa imporre sul lavoro senza arrivare a compromessi diciamo maliziosi, mio padre si chiama Luigi ha un anno in più di mia madre, lui possiede un’officina per moto, la sua grande passione, ne possiede cinque, tre Guzzi storiche una Honda da pista e una Ducati preparata da lui il quale la tratta come fosse la sua donna, mio padre è un uomo affascinante, alto 1,90 circa con un fisico stupendo e di carnagione meditteranea, capelli scuri il volto ha dei lineamenti decisi con un naso un po’ pronunciato e la bocca sempre con un lieve sorriso, i suoi occhi sono neri come la notte, lui di carattere è molto deciso, forte, ma allo stesso modo è generoso e gentile, io per certi versi assomiglio più a lui che a mia madre.
Adesso, visto che vi ho presentato un po’ la mia famiglia, mi descrivo io, beh, tanto per essere sincera so di essere una gran figona, io sono un po’ la foto copia di mia madre da giovane, tranne un po’ per l’altezza, sono alta 1,80, ho un bel culetto a mandolino, ben modellato, grazie alle ore di palestra che frequento, porto una terza di seno, bello sodo con un bel spacco tra le due mammele, la bocca carnosa, il naso un po’ pronunciato come mio padre, occhi verdi e capelli folti ricci e rossi, io sono molto trasgressiva, mi vesto sempre molto sexy, non esagerato, però dove passo gli uomini si girano, il sesso lo ho conosciuto a 16 anni con un mio coetaneo, lui si dichiarava un gran scopatore, ma non fu niente di piacevole, almeno per me, poi ho avuto altre avventure sempre più piacevoli, ad una festa di una mia amica sono stata presa anche da tre ragazzi insieme, li mi sono veramente divertita, ho avuto anche esperienze lesbo, molto piacevoli, ma la scopata più sconvolgente della mia vita è stata con un negro, un senegalese che studia alla facoltà di ingegneria con mio fratello, io avevo 17anni, e lui aveva un cazzo enorme e lo sapeva adoperare con vera maestria, lo abbiamo fatto nel suo appartamento, e per due ore mi ha fatto venire più di tre volte, ancora adesso ci troviamo per fare delle belle scopate mai niente di sentimentale, solo sesso puro. Comunque la storia più eccitante ve la racconto da adesso, iniziamo dalla settimana prima del mio 18esimmo compleanno, era in maggio, io compivo gli anni il 10, e quando una sera a tavola mia madre e mio padre mi chiesero cosa volevo per regalo, io non esitai, volevo la moto, già, perché mio padre fin da piccola mi ha sempre portato in giro con la sua moto, e adesso penso che la moto mi sia rimasta dentro di me, tanto mi piace, a quella richiesta mia madre obbiettò subito di brutto – Ma come? La moto? Ma ..ti rendi conto che potresti avere l’auto, è più sicura, e poi una ragazza in moto?- Io gli risposi un po’ contrariata – Mamma, che cazzo dici? Ma lo sai quante ragazze hanno la moto? Guarda che non siamo più come venti anni fa, e poi papà mi può insegnare lui ad andarci , no? – Io guardai mio padre supplichevole, lui non disse niente, sembrava un po’ impacciato, strano per lui, mia madre lo guardò e gli disse - Luigi , diglielo anche tu che è troppo pericoloso – Lui rispose immediato – Beh… pericolosa è anche l’auto, e poi mica gli dobbiamo prendere una mille da 130 cavalli – Mia madre lo guardò stupita, ora si metteva anche lui a complicare la storia, insomma per quella sera finì li, mio padre finito di mangiare andò sul divano, io lo seguii e mia madre sparecchiò la tavola, un po’ incazzata, io gli dissi a mio padre – Papà, che male c’è se voglio la moto? L’auto la posso comperare più avanti, ma adesso mi piacerebbe la moto – Lui mi accarezzò la testa, e mi rispose con un suo sorriso ammaliante – Non ti preoccupare, ci penso io a convincere la mamma, però mi prometti che decido io quale moto prendere – Io accettai felice, gli saltai addosso, sedendomi a gambe aperte sulle sue ginocchia , lo abbracciai e gli diedi un bacio sulla fronte, lui mi ammirò tutta , indossavo un vestitino leggero con una gonna cortissima, e mio padre mi disse felice – Fra una settimana sarai maggiorenne, sei stupenda figlia mia, sei bella come tua madre – E mi baciò, castamente, sulle labbra, il che a me fecce l’effetto di un bacio passionale non paterno, mi staccai lentamente da lui fissandolo negli occhi, vedevo lui felice mentre in me cresceva un fuoco, mi alzai e andai in camera senza dire una parola, chiusa la porta dietro di me sentii il mio cuore battere forte per l’eccitazione provata da quel bacio per nulla paterno.
Dopo quell’episodio tra me e mio padre si instaurò un piccolo rapporto malizioso, cercavo spesso di mostrare a mio padre la sensualità che possedevo a volte iniziavo discorsi che poi finivano in argomenti hard, e lui per nulla scandalizzato ci stava, arrivammo perfino a confidarci le nostre fantasie personali che alla fine dei discorsi mi trovavo sempre più eccitata.
Finalmente arrivò il giorno del mio compleanno, ero tesissima perché in qualche modo speravo nel regalo che avevo chiesto e cosi fu, alle due del pomeriggio mio padre mi chiamò in officina quando arrivai li trovai mia madre e anche mio fratello, e poi arrivò mio padre in sella ad una Aprilia RS 250, mia madre era felice per me ma si raccomandò moltissimo che dovevo stare attenta, papà era stato molto bravo a convincerla, scese dalla moto mi diede il casco e mi disse – Ecco qua Mara, dai provala vediamo come guidi - Salii in sella mi infilai il casco, due smanettate di acceleratore inserii la prima e partii, era stupenda, feci il giro dell’isolato dove abitiamo, era un missile arrivai quasi a provare un orgasmo, tanto mi piaceva, quando tornai da loro spensi la moto e scesi, avevo quasi le lacrime agli occhi, li abbracciai tutti e tre e li ringraziai per il regalo.
Dopo aver mangiato il dolce papà mi chiese se volevo andare a fare un giro assieme a lui, ovviamente in moto, accettai ben volentieri, chiedemmo alla mamma se voleva venire con noi ma lei disse che doveva andare a fare le spese, cosi andammo solo io e lui, indossai un paio di jeans molto attillati e una t-shirt azzurra , anch’essa molto attillata, quando papà mi vide fece un fischio e disse – Sei una bellezza incredibile figliola, farai strage di centauri con un culletto cosi – Io risi, e mentre indossavo il casco gli dissi - Sai papà, ce né uno in particolare che mi piacerebbe, indovina chi è? – Intanto che lui saliva sulla sua Ducati mi rispose – Mi sa di conoscerlo questo mandrillo – E partimmo con le nostre rispettive moto, era piacevole correre assieme a lui mi, portò verso la campagna, su strade che potevi tirare un po’ la moto, dopo un’oretta che correvamo ci fermammo in mezzo un boschetto, un bel posto isolato, scendemmo dalle moto e lui si complimentò con me per la guida, mi disse – L’ho sempre saputo che anche tu come me hai nel sangue la moto – Io gli sorrisi e lo abbracciai e gli dissi - E io ho sempre saputo di avere un padre stupendo ma anche un complice con qui confidarmi – I nostri sguardi si incontrarono, eravamo ipnotizzati, era bellissimo, in quel momento lui non era più mio padre era un estraneo e io sentivo il fuoco crescere in me, mi mangiava con gli occhi e io gli dissi - Mio dio papà, quanto ti desidero – E avvicinammo reciprocamente le nostre labbra, all’inizio fu un bacio dolce amoroso, poi le nostre lingue si cercarono e li cominciammo a baciarci con vera passione e carica erotica , lui mi disse – Non so se sia la cosa giusta Mara, ma anche se sei mia figlia ti voglio, ti desidero da morire – Ci stendemmo per terra e mentre limonavamo lui intrufolò una mano sotto la mia t-shirt e cercò subito una mia tetta sotto il mio reggiseno, io non persi tempo, con una mano sentii la consistenza micidiale che aveva in mezzo alle gambe, cosi dopo un paio di minuti che ci lavoravamo cosi ci spogliammo del tutto, papà era bellissimo un fisico asciutto e muscoloso, con un cazzo superlativo almeno 25 cm , io dal canto mio sapevo di essere bella ma quando lui mi vide nuda disse - Tu sei l’ottava meraviglia del mondo figliola, sei stupenda e ancora adesso non riesco a crederci che io e te ci desideriamo follemente cosi - io gli presi una mano e gli dissi piena di gioia – Non c’è nulla di male se un padre ama sua figlia anche sessualmente, anche tu sei stupendo…ti voglio papà ti desidero infinitamente, sei tu il mio regalo più bello oggi – mi distesi sull’erba fresca, e aprii le gambe in modo che lui potesse ammirare la mia prugnetta senza peli, lui venne sopra di me, continuò a baciarmi e con la bocca cominciò a scivolare verso il mio ventre, lentamente facendomi venire i brividi, era bellissimo, e quando arrivò sul mio pube mi baciò fino al clitoride, con due dita mi aprì la fighetta e lentamente cominciò a leccarmi con leggerezza, ebbi subito una cascata di umori chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dal godimento incestuoso che provavo in quel momento, sentivo tutta la voglia e la passione che usava mio padre con la lingua, comincia a mugolare e allo stesso tempo stringermi i capezzoli liberi con le dita, intanto lui mi alzava un po’ il bacino con le sue braccia muscolose e aprendomi di più le gambe mi leccava figa e culo, ormai ero tutta un brodo gemevo profondamente lo invitai a prendermi senza risparmiarsi – OOOh papà…oooh dio come sei bravo..ti voglio ..ti voglio dentro riempimi ti pregooo - Non si fece pregare si alzò in ginocchio portandosi con il suo cazzo maestosamente duro all’altezza della mia figa sbrodolante , menandoselo un po’ per caricarlo meglio appoggiò la capella rosso fuoco sulla mia vagina, e dopo averla strofinata abbondantemente mi infilzò lentamente, sentii l’asta turgida penetrarmi dentro era meravigliosa non finiva più, io tenevo la bocca spalancata e gli occhi chiusi mentre lui con le mani mi teneva le gambe aperte ed alzate, quando arrivò al fine corsa, cioè dentro fino alle palle, avevo la bellezza di 25cm abbondanti di carne pulsante e erano di mio padre, mio dio io e mio padre che scopavamo come amanti, ancora adesso solo a pensarci mi bagno tutta, restò fermo immobile per dieci secondi, un’eternità per me, poi lentamente iniziò a muovere il bacino avanti e indietro e io venni ululando di piacere infinito, quando sentì il mio grido di gioia papà iniziò pomparmi più forte arrivò alla fine che entrava e usciva completamente con il cazzo, ormai ero in sua balia cambiava ritmo spesso a volte mi pompava selvaggiamente per poi farlo con più delicatezza il tutto contornato dalle nostre lingue che si intrecciavano selvaggiamente.
Cambiammo posizione più volte, alla pecorina, e li ebbi il secondo orgasmo, alla sforbiciata, passionale e divertente, mi prese pure di traverso alzandomi una gamba, era fantastico senza fine, mi faceva godere come una vacca, era passata un’ora da quando avevamo aperto le danze e lui non dava segni di cedimento, anzi mi incitava con frasi tipo - Dai …dai bambina mia che sei fantastica, sei come la tua mamma, porca e passionale – Quando lui mi incitava cosi io mi scatenavo, gli avrò fatto almeno tre pompini per vedere se scaricava quelle palle maestose, ma alla fine era sempre lui a farmi venire fin che dopo il terzo orgasmo io gli salii sopra e li mentre mi impalavo e lo baciavo sentii che gli stavano cedendo le forze che trattenevano il suo orgasmo, e dopo un po’ mi scaraventò dentro un mare di sborra, grugnì per via dell’orgasmo, e rimase senza fiato, io gli dissi in quel momento – OOOH SIII papà… sei magnifico, vieni, vieni amore mio, senti come la tua bambina accoglie il tuo seme….o dio quanto ti amo – Mi distesi su di lui sfinita ,come lui del resto, lui si aggitò subito e mi disse – Mio dio Mara… ti ho messo incinta.. - Io gli risposi che non doveva preoccuparsi, perché prendevo la pillola da un po’ di tempo, visto che a me piacciono i cazzi senza giubbotti di salvataggio. Dopo esserci coccolati a vicenda e sbaccuchiati io gli dissi – Adesso non pensare che sia finita qui, da oggi per noi due comincia un’altra vita, appena si può la mia razzione di cazzo paterno la voglio,intesi? - Papà si mise a ridere e mi leccò le labbra – Certo amore, Anche se sei mia figlia vedrai cosa ti farà il tuo papà, e poi hai ancora molto da imparare – Io lo guardai accigliata e gli chiesi – E …che cosa dovrei ancora imparare secondo te ? – Lui allungò una mano sul mio sedere e con la punta dell’indice entrò appena, appena, dentro il mio culetto e disse – Vedrai Mara.. vedrai come sarà bravo il tuo papà – e mi baciò appassionatamente sulla bocca.
Da quel pomeriggio iniziò davvero tra me e mio padre qualcosa di selvaggio e fantastico, già la mattina dopo approfittando che lui era a casa mia madre era andata a fare il suo tour di negozi e mio fratello non c’era, ebbi l’opportunità di fare un altro incontro sessuale con mio padre, fu ancora più selvaggio del giorno prima e oltre tutto lui ebbe l’opportunità di constatare che il culetto della sua figliola non era per niente vergine, anzi molto accogliente, quello che non cambiò trame e lui è che prima di farlo venire ce ne vuole, ma penso che con il tempo……..
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La Professoressa e il Ripetente
Avete mai pensato come per un’insegnante di scuola possa essere frustrante dopo un anno di insegnamento veder i propri alunni che se ne fregano di quello che si è parlato durante l’anno?
Per me che sono un’insegnate che svolge il suo lavoro con passione, che va al lavoro anche con la febbre, pur di non lasciare indietro con il programma annuale i propri scolari, è una cosa troppo dolorosa, ogni giorno, quando entro in una classe, vedo più della metà dei ragazzi che non fanno niente per applicarsi, pensano ad altro, alla musica, alle ragazze o ai ragazzi, insomma, a tutto fuor che allo studio. Mi presento, mi chiamo Giuliana, sono un’insegnante di lettere, insegno in un liceo, ho 43 anni, non sono sposata, abito da sola in un appartamento in città, i miei alunni mi considerano la classica insegnante zitella, sempre vestita classica con abiti scuri calze e scarpe nere, seria severa, esigente, che sorride poco, e molto riservata, in pratica la classica rompi coglioni, ebbene si, è vero, io sono cosi, sarà anche per questo che non ho mai avuto storie importanti nella mia vita che mi portassero a sposarmi, sono sempre stata per 15anni attaccata al mio lavoro, mai una pausa, tranne il periodo d’estate quando le scuole sono chiuse, per il resto la mia vita è l’insegnamento, quando non sono a scuola faccio ripetizioni a casa, l’unica variante, il fine settimana vado dai miei genitori in campagna, oppure a trovare mia sorella, sposata con tre figli. Sebbene gli uomini mi trovino una donna attraente, io non faccio niente per mettere in risalto il mio aspetto, alta 1,67, ho un corpo snello, devo ammettere che ho delle belle gambe lisce e perfette, un sedere a pera, e un seno di terza misura duro e sodo, anche perché non è mai stato….usato ; sono di carnagione bianca ho un viso magro con labbra fine il naso un po’ pronunciato porto gli occhiali, non mi trucco a parte un po’ di rossetto rosa molto chiaro e ho i capelli neri come la notte, ricci e lunghi fino alle scapole, la mia espressione è quasi sempre, come avevo già accennato prima, seria, a volte do l’impressione di essere cattiva, ma dentro di me c’è molta malinconia, voglia di vivere, provare le gioie della vita che non ho mai provato, una di queste riguarda il sesso, la prima volta che lo feci fu a vent’anni, con un mio cugino, fu soltanto dolore, e piacere per lui, ma altre ne seguirono per circa tre anni, sempre più piacevoli, fin che lui non incontrò la donna della sua vita, poi per me non ci fu più nessuno a farmi godere delle gioie del sesso, cosi mi rinchiusi nel mio lavoro, sebbene certe notti mi trovo con un calore che pervade il mio corpo, e alla fine per spegnere il fuoco devo arrangiarmi con dell’autoerotismo, non ho mai cercato di ammaliare un uomo, a volte mi ritrovo da sola in aula insegnanti con dei colleghi maschi, che trovo molto affascinati, alcuni di loro a volte azzardano un complimento su la mia bellezza, oppure è capitato che mi hanno invitata a cena, ma io gentilmente ma con fermezza ho sempre rifiutato, molte volte mi domando perché sono cosi, perché non mi lascio andare, molto spesso nel sonno sogno di essere nell’aula insegnanti, nuda e distesa su un tavolo che ciuccio cazzi nerboruti e mi faccio possedere dai miei colleghi, allora mi sveglio e per calmarmi sono costretta ad arrangiarmi con le mie mani sulla mia micia nera e pelosa, se solo fossi più libertina come delle mie colleghe e invece no . Ma tre mesi fa è successo un fatto che mi ha cambiato radicalmente la vita, in un aula dove insegno ci sono dei ragazzi ripetenti che trovano in me il piacere di usarmi come bersaglio per i loro scherzi idioti, tipo: gesti immorali durante le mie spiegazioni di lezione dove esigo l’assoluto silenzio e la costante attenzione, a volte trovo scarabocchi sulla cattedra riguardanti organi maschili, ma l’ultimo e più pesante della serie, che poi contribuì al mio cambiamento, fu un giorno durante l’uscita di scuola, stavo per salire sulla mia bicicletta, proprio quando stavo per sedermi sul sellino questi si levò il quale persi l’equilibrio e caddi, per fortuna non mi feci niente, però la mia gonna nera e una calza si lacerarono, sentii nello stesso istante delle risa e capii che ero stata di nuovo vittima di uno scherzo idiota, mi alzai infuriata, e vidi tre ragazzi scappare, due non riuscii a riconoscerli, ma il terzo lo vidi bene, si chiama Alberto, ha 18 anni, ripetente ovviamente, lo chiamai indietro gridando con tutta la voce che avevo, e lui si fermò di colpo, poi all’improvviso mi sentii mancare e cadi di nuovo per terra, quando mi ripresi mi ritrovai tra le braccia del ragazzo capii che il manigoldo mi aveva almeno soccorso, era li che mi guardava con tenerezza e cercava di farmi riprendere – A prof… nun me faccia scherzi, nun è successo niente…aoo.. che minchia hanno combinato sta volta… forza prof, nun volevamo farle del male…glielo giuro – Io lo lasciai parlare, mentre mi teneva tra le braccia, era un bel ragazzone fusto, con braccia possenti, occhi azzurri e capelli biondi, quando lo vidi più preoccupato perché non parlavo decisi di tranquillizzarlo del mio stato di salute – Sto bene adesso…Alberto, ma questa volta NON LA PASSERAI LISCIA, TI FARO’ SOSPENDERE DAL PRESIDE….brutto delinquente, e mi pagherai i danni, inoltre… dovrai dirmi i nomi dei tuoi complici – Lui continuava a prendersi cura di me, vide che la mia mano sinistra sanguinava un po’, e allora prese il suo fazzoletto e me la avvolse, e disse – Nun sarà na fasciatura da infermiere, ma almeno cosi nun se sporca…guardi prof che io centro fin la, nun so stato io a farglielo, e nun me va de far nomi, se me vò sospendere… lo faccia, tanto me bocciano pure quest’anno, l’importante che lei stia bene, e per i danni nun se deve preocupà..ce penso io – Parlava sincero Alberto, che li per li mi fece tenerezza, io mi calmai, lo guardai negli occhi e vidi, si un ragazzo che studiava poco e gli piaceva divertirsi, ma anche un ragazzo buono che mai farebbe del male a qualcuno, lui mi chiese se ce la facevo a tornare a casa, se no mi accompagnava lui con l’auto, viste le mie condizioni, decisi di accettare, Alberto caricò la mia bici nel baule dell’auto visto che aveva una familiare, e poi mi aiutò a salire, era molto gentile e premuroso, quando partimmo, lui mi chiese di nuovo come stavo, io stranamente fui gentile, gli risposi che stavo meglio di prima e lo ringraziai dell’interesse che aveva per me, poi fui io a iniziare il discorso – Alberto.. vedo che se vuoi sei un bravo ragazzo e pure intelligente, allora perché non ti applichi di più negli studi, potresti farcela se vuoi – Lui si mise a ridere - Purtroppo, prof, il mio problema si chiama tempo per studiare, sa a casa mia nun è che se balli sull’oro, mi padre sta al gabbio, mi madre lavora come na negra mi fratello più grande fa il meccanico, ha voluto lui che andassi a scuola, perché abbia un futuro migliore di altri miei amici, però se voio andare in macchina, se voio prenderme, che so, un capriccio, me devo dà da far… e po me va de aiutar mi madre poverella, me piace, sa, la scuola che frequento, lo scelta io, ma è er tempo che me frega – Capii la sua situazione, e gli chiesi – E che lavoro faresti di pomeriggio? Spero non rubare autoradio? – Lui si mi a ridere – Noo..nun se preoccupi, quello l’ho fatto anni fa ma poi me beccarono, e dopo aver piato un sacco de legnate da mi fratello, ho pensato de trovarme un lavoro normale, faccio er pizzaiolo, se guadagna bene sa? – Io gli sorrisi e lui mi vide e stupito disse – An vedi la prof che sorride…ma lo sa che quando è allegra viene meio de quando è seria – Cercai di riprendere la mia serietà solita, ma non mi riusciva stranamente – Devo essere seria con voi se voglio che ascoltiate le mie lezioni – Lui non si disarmò anzi – Sii, ma forse se fosse un pochino più allegra noi potremmo stare anche più attenti, ao con lei sembra de star co i tedeschi, nun se la prenda, e poi se deve vestir più casual, che so… un paio de jeans na gonna più corta, in fondo è una bella signora – Era bravo a catturare l’attenzione delle donne, pensai subito che doveva essere un mandrillo, arrivammo nel palazzo dove abito, lui mi aiutò a scendere, potevo benissimo farlo da sola visto che non mi ero fatta niente, ma lo lasciai fare, mi piaceva, mi scaricò la bici e poi mi chiese scusa per lo scherzo idiota che i suoi amici mi avevano fatto, io gli sorrisi di nuovo stranamente, e poi gli proposi - Senti, che ne diresti se nel tempo libero ti dessi un aiuto negli studi, non voglio soldi, voglio che resti promosso, se lo vuoi potresti riuscirci, che ne dicci?- Lui ne fu felice, e mi disse che era libero due sere alla settimana, e giusto quella sera era libero, gli sarebbe veramente piaciuto riuscir a stare promosso, anche per render felice sua madre e suo fratello, che da come avevo capito, facevano di tutto perché studiasse, cosi ci mettemmo d’accordo per le sette di sera.
Passai il resto della giornata, tra una ripetizione e la correzione dei compiti, tutta turbata, non riuscivo a capire cosa avevo, ero nel tipico stato che mi capita molte volte di notte, avevo voglia di sesso, ma non c’era niente che mi eccitasse in quel momento, poi capii perché ero cosi, pensavo ad Alberto, e a quando sarebbe arrivato, si era lui il motivo del mio eccitamento, mancavano pochi minuti all’appuntamento con lui, decisi di farmi trovare un po’ più intrigante, volevo vedere se per caso c’era dell’interesse da parte sua verso me, indossai una gonna nera che mi arriva fino alle ginocchia con un spacco davanti un po’ più aperto del solito, diciamo che per me è quella più trasgressiva, e una camicia bianca, abbastanza trasparente da far notare il reggiseno bianco di pizzo, che avevo sotto, sotto la gonna non portavo calze, e indossavo un pio di slip bianchi un po’ trasparenti, liberai i capelli dal mollettone che li teneva raccolti dietro la mia testa, lasciandoli cadere sulle spalle dandomi un aspetto più da selvaggia, diversamente dalle altre volte mi truccai un po’ di più del normale.
Suonò il campanello, era lui, il mio cuore batteva forte, e avevo le gambe molli, andai al citofono, chiesi chi era con voce tremula, rispose lui molto gentilmente, gli aprii il portone da basso, e lo aspettai nell’ingresso della mia abitazione, mi accorsi di avere la camicia troppo abbottonata, cosi la aprii di due bottoni, scollandomi vistosamente fino al seno, quando Alberto fu davanti alla mia porta, suonò il campanello, io subito aprii la porta, e quando lo vidi mi eccitai subito, era bello alto muscoloso portava un paio di jeans molto stretti, e davanti si notava il bozzo della patta, inoltre indossava una maglietta nera molto attillata, da mettere in risalto il suo fisico prestante e perfetto, i nostri occhi si incontrarono, ci fissammo per un attimo che sembrò un secolo, io gli feci un sorriso lieve, lui mi contraccambiò con un sorriso malizioso e disse – An vede prof… cosi preparata nun sembra più lei… minchia..o mi scusi per la parolaccia, ma sa nun capita tutti i giorni a vederla cosi…managgia – io ero appoggiata contro la porta, inconsapevolmente avevo alzato una gamba per appoggiare il piede contro l’altra, mi accorsi dopo di quanto audace ero diventata, lo feci entrare, chiusi la porta mentre lui si guardava in torno, mi fece i complimenti per il mio appartamento, io lo invitai a seguirmi in salotto dove di solito tengo le ripetizioni, però ci sedemmo sul divano, invece del tavolino rotondo che uso con gli altri per scrivere, lui continuava a guardarmi, mentre io prendevo dei libri e mi sedevo accanto a lui, mi sistemai composta, e cercai di essere professionale, intanto che gli accennavo su dove era carente nella mia materia, sentivo il calore e il profumo che emanava il suo corpo, era difficile concentrarsi, lui mi seguiva con il discorso, ma allo stesso tempo sentivo che mi stava esplorando con gli occhi, senza volerlo alzai la mia gamba per accavalarla all’altra, mettendo a nudo la coscia lui non restò affatto indifferente, e me ne accorsi, mi portai più vicina a lui tenendo il libro sulle mie gambe, sempre con fare ingenuo mi toccai un lembo della camicia, e lo aprii un po’ cosi lui poteva vedermi il seno, lo stavo seducendo e forse lui lo capì subito, parlavo e spiegavo la lezione, ma dentro di me c’era un incendio, fu lui a rompere il ghiaccio, mi prese il libro, e lo chiuse, io rimasi scioccata, non avevo parole, poi portò la sua mano sulla mia gamba, e la accarezzò io balbettai qualcosa per obbiettare il suo gesto, ma era quello che volevo, lui mi disse – Ma lo sai che sei bella? …Io l’ho sempre detto che tu sei de ghiaccio fora ma de fuoco dentro, sbaglio o ciò ragione? – Ero paralizzata, e allo stesso tempo morivo dalla voglia che lui mi prendesse, mi mise una mano sul seno e si avvicinò per baciarmi, io cercai inutilmente di allontanarlo dicendo – Alberto..ma..ma..ma cosa fai…lasciami..no ti prego… - Ma lui mi prese il viso con le mani e dolcemente mi baciò sulle labbra, io cercai di resistere ma poi, dopo che mi ribaciò e cercava allo stesso tempo di mettere un mano sul mio seno, mi lasciai trasportare dalla sua foga, aprii la bocca per accogliere la sua lingua che lui non attese molto a cacciarmela dentro. Mi trovai sotto di lui distesa sul divano, con una mano lui mi esplorava il seno, e con l’altra cercava di farsi strada su per le mie gambe, io non mi muovevo, lo lasciavo fare, partecipavo solo con la bocca e la lingua, era bravo e dolce per niente violento, era questo che volevo, dolcezza e passione e lui di passione ne aveva da vendere, ormai era arrivato con la mano sulle mie mutande, sentii che con le punte delle dita, lentamente, cercava di spostare un po’ gli slip, per cercare il mio pube, e quando ci riuscì trovò una sorpresa, e strabiliato mi disse – Aah.. ai capito la professoressa….. se le rasata, a me me fanno impazzir le gnocche rasate, che dicci de toierte sta gonna che te faccio morir? – Io ero in calore, lui si alzò io pure, mi slacciai la gonna e la lascia cadere, poi velocemente sbottonai la camicia, e me la tolsi passai al reggiseno, e via anche quello, ero nuda davanti a un mio allunno,restavano solo le mie mutandine, ma volevo che fosse lui a togliermele, ero tutta un fuoco, lo guardavo con la voglia famelica di una belva che guarda la sua preda, e gli dissi – Adesso tocca a te brutto porco…fammi vedere la mazza che tieni – Mi stupii di me stessa, ma lui mi trovò normale, perché rise e cominciò a spogliarsi, quando rimase con gli slip addosso mi disse – Me prometti na cosa? – Io gli chiesi cosa – Che quando lo vedi…nun te spaventi – E come si calò gli slip uscì un mostro di cazzo, io rimasi allibita, e con la bava alla bocca, era un dono del cielo, non glielo ho misurato ma deve essere lungo almeno 27cm e grosso che con le mia mano non riesco ad agguantarlo tutto, bello venoso con due palle stupende attaccate sotto, mi avvicinai a lui che intanto con una mano se lo menava, e quando gli fui attaccata, lo baciai con foga e passione, lui mi contraccambiò, intanto con una mano glielo presi e cominciai a menarglielo, limonammo per un po’, mentre gli facevo un avanti e indietro con la mia mano, poi con la bocca sempre attaccata a lui cominciai a abbassarmi lentamente, leccandolo tutto, quando mi ritrovai in ginocchio davanti a quella mazza, mi soffermai ad ammirarlo, mentre con tutte e due le mani glielo menavo, lui mi invitò a prenderglielo in bocca – Dai porcellina, che aspetti…che sia lui a saltarti addosso? – Io lo guardai in faccia, e seria partii con la bocca spalancata, quando mi entrò in bocca la cappella, mi sembrò di ingoiare una brace, tanto era calda, me la gustai un po’, e poi cercai di infilarmelo tutto in gola, quando stetti per soffocare, lui era entrato poco più di metà, glielo ciucciai tutto, lo leccai con avidità con la lingua corsi lungo l’asta fino alle palle, le presi in bocca e le accarezzai con la punta della lingua, dopo un po’ che gli facevo questo lavoretto di bocca, lui venne con un fiotto di sperma, che mi lavò la faccia, ululando di piacere, mi trovai la faccia tutta impiastricciata del suo sperma, dolce e appiccicoso, temetti che tutto fosse finito li visto che lui aveva goduto e io invece no, ma non fu cosi, anzi sembrò che quell’orgasmo per lui fosse stato solo un riscaldamento perché mi prese e mi mise, alzandomi con le sue braccia possenti, sul divano, mi tolse gli slip e mi divaricò le gambe, si inginocchio davanti a me sbalordita dal suo gesto, mi accarezzò le gambe e facendo scorrere le mani verso la mia micia in calore, disse – Adesso cara prof. comincia er divertimento, di la verità nun tè mai capitato un tipo come me..vero?- Dio mio, no, non m’era mai capitato, e non volevo che finisse mai, lui accarezzò la fighetta mia, era esperto nel manipolare certe cose, d’infatti io cominciai a mugolare, sentii i miei liquidi vaginali colare giù, quando vide essa cominciava lubrificarsi abbondantemente, si tuffò con la bocca a leccarmela, io non feci altro che aprire ancor di più le gambe e chiudere gli occhi, mi lasciai portar via da quel piacere immenso che provavo, mai in vita mia avevo goduto cosi, sentivo la sua lingua penetrarmi dentro, la muoveva avanti e indietro, e io con il bacino cominciai a imitarlo, a tratti si soffermava sul mio grilletto il che contribuì non poco a farmi impazzire, Alberto continuò cosi per un bel pezzo era magnifico mi faceva morire dal piacere, fui io a chiedergli di scoparmi, ormai non ce la facevo più ad aspettare che mi prendesse, si alzò in piedi, menandosi l’uccello dei miei desideri, sembrava ancora più grande di quando glielo avevo preso in bocca, si posizionò davanti a me per penetrarmi, appoggiò la cappella sulla mia fighetta bagnata e vogliosa, e poi con un piccolo colpetto di reni affondò tutto dentro di me, io gridai un po’ per il dolore, ma anche per il piacere di avere dentro di me quel cazzo fantastico, lui si fermò un secondo per farmi rilassare, poi incominciò a sfilarlo fuori e prima che uscisse del tutto lo spinse di nuovo dentro di colpo, io impazzivo godevo come non avevo mai goduto in vita mia – AAAH…SIII,dai cosi Alberto…OOOOH…MIO DIO, mi fai impazzire….SIIII – Non ero più l’ acida professoressa di prima, ma una troia che finalmente aveva trovato il mezzo giusto per ritrovare la felicità di vivere, Alberto si rivelò uno scopatore eccezionale, mi chiavò in tutte le posizioni, alla missionaria, alla pecorina (STUPENDA PRATICA), di traverso, mio Dio, penso di aver avuto tre o quattro orgasmi, non finivo più di godere, dopo un’ora che scopavamo senza tregua, lui mi avvertì che stava per venire, io in un baleno mi misi a quattro zampe e lo implorai a scaricare il suo seme nella mia bocca, per lui fu un invito da non perdere, subito si piazzò davanti alla mia bocca, che quando vide quel pezzo di trave di carne pulsante, si spalancò e lo inghiottì tutto, poche pompate di bocca e il suo sperma mi inondò la gola, ingoiai il seme di Alberto con avidità e piacere, gli pulii il cazzo per bene,e poi mi accasciai al suolo sfinita e soddisfatta dell’opera, lui non fu come tanti maschi, che dopo aver fatto il loro porci comodi ti lasciano li e se ne vanno, anzi, si distese a fianco a me, mi abbracciò e mi baciò in bocca, e mi disse – Aoo..hai visto che se vuoi sei meio de tre ragazzine scatenate? Era da un sacco de tempo che nun me facevo na porcona come te, me sa che me stò a inamorà de te, nun me dici niente? – Io lo accarezzavo, e lo guardavo dolcemente, pensai all’enorme diferenzza d’età tra me e lui, e gli dissi – Sei fantastico ragazzo mio, mi hai risvegliata, ora mi sento bene, mi piaci ..mi piaci da impazzire, ma non possiamo stare insieme come fidanzati, cosa direbbero a scuola “L’arcigna professoressa Giuliana è la fidanzata di un’allunno di 18anni” non possiamo, però se vuoi, puoi venire qui da me per le ripetizioni, vedrai che oltre a farti studiare ti darò il mio corpo, e tutta me stessa, ti va? – Lui disse di si, ci baciammo ancora con passione, sentii il suo cazzo riprendere vigore, e non voglio mentire, ma riprendemmo subito il discorso, anzi L’allunno Alberto G. Propose alla professoressa di lettere Giuliana M. di farsi fare anche il culo, per lei era la prima volta, fu doloroso all’inizio, ma poi…..incredibilmente stupendo, anzi, da quel giorno li lo pretendo sempre di dietro, e lui sa con vera maestria mettermelo senza causarmi dolori allucinanti. La nostra storia continua cosi, lui due sere la settimana viene da me per le ripetizioni, ho messo delle regole, perché voglio che resti promosso, prima si studia, poi si scopa, ho sempre paura che lui si stanchi di me, ma lui mi dice sempre che non riesce a trovare donne migliori di me, a volte penso di amarlo, ma non è una storia facile da gestire in segreto comunque grazie all’impegno di Alberto, e alla passione mia che ho per lui, penso che oltre a restar promosso, lui andrà all’università, e se un giorno finisse tra me e lui….beh..ci sono sempre altri ragazzi carenti nello studio..no?
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20 years ago
admin, 75
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L'amica della mia ragazza
Ultimamente faccio ripetuti sogni sulla migliore amica della mia ragazza. Michela, così si chiama lei, viene nella mia stessa scuola, ma è 2 anni più indietro di me; non è molto alta, ma ha un corpo antastico e debitamente proporzionato, con due tettine non enormi ma belle sode, tutte da mordere ed un culetto che non aspetta altro che di essere spanato. Quando a scuola la vedo fare la troia con i suoi compagni di classe mi eccito tantissimo, così l'altra sera l'ho sognata.... Era una normale mattina nella quale avevo deciso di entrare dopo per non essere interrogato, e mentre aspettavo l'ho vista uscire dalla sua classe: era vestita da vera troietta, minigonna nera liscia più mini che gonna, autoreggenti, stivali e una camicetta bianca alquanto trasparente, il che era bastato a farmi diventare il cazzo un palo d'acciaio. Passandomi davanti mi ha molto maliziosamente detto di accompagnarla in un'aula. Certo le ho risposto, dicendole che se andava in giro per la scuola vestita in quel modo le sarebbe sicuramente successo qualcosa di spiacevole, ed io l'avrei protetta.... Giunti nell'aula dove lei doveva cercare un libro mi accorgo che non portava le mutandine e, dopo aver silenziosamente chiuso la porta, mi sono avvicinato a lei, l'ho spinta su di un banco e le ho alzato la gonna. Lei doveva aver notato la mia erezione, perchè era già tutta bagnata, ed io non esitai a rinfrescarmi la lingua in tutto quel ben di dio....; intanto lei apprezzava, massaggiandosi fortemente le tette e dicendomi che era tanto che aspettava questo momento. In un lampo mi tirò giù i pantaloni e ripase impressionata dalla mia verga spropositata; ti piace eh, i tuoi compagni si sognano un coso così, le dissi e lei iniziò ad ingoiarlo con molta frequenza, facendomi il pompino più godoso della mia vita. Dopo averle fatto bere un buon mezzo litro di sborra caldissima iniziai a stantuffarla, prima nella figa e poi nel culo, come un ossesso, mentre lei gridava perchè sorprendentemente era ancora vergine da tutte e due le parti. Questo mi eccitava ancora di più e la inondai più volte con un mare di sperma.... Non stava più nella pelle, e dopo esserci spogliati tutti e due completamente abbiamo fatto un 69 magnifico, e poi per riposarmi l'ho fatta mettere a smorzacandela, per l'ultima scopata.... È stata insaziabile, una vera campionessa proprio come mi aspettavo, ma mentre mi diceva che ci saremmo visti dopo, perchè all'intervallo mi doveva fare un regalino quella zoccola di mia sorella è venuta a svegliarmi.... e vedendomi eccitato mi ha dato una mano a soddisfarmi.... quasi quasi domani entro un'ora dopo!!
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20 years ago
admin, 75
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Con l'amica di mia figlia
o sono un signora di circa 45 anni e sono qui nella mia casetta a guardarmi un film mentre mio marito come al solito è ad una cena di lavoro o meglio a sbattersi qualche bella fichetta ventenne quando all'improvviso suona il campanello e Patrizia un'amica di mia figlia che è passsata a prenderla per uscire ma lei non è ancorea pronta, così la faccio accomodare, lei indossa un vestitino praticamente invisibile e tutto ad un tratto sono invasa da un senso di calore a da una voglia irrefrenabile di toccarla e fare l'amore, così piano piano mi avvicino a lei e le sfioro le spalline del vestito e noto che non porta il reggiseno allora le chiedo come mai e lei mi risponde che la eccita molto uscire senza biancheria intima e che questa sera anche mia figlia sarebbe uscita con lei senza biancheria intima visto che le vuole fare provare nuove emozioni forti ed eccitanti allora senza dire nulla le sfioro le labbra con il dito medio, allora lei si abbassa le spalline e in men che non si dica è completamente nuda e scodella due tettine dure e con due capezzoli durissimi che inizio subito a leccare mentre mi tolgo la vestaglia e la prego di poterle leccare la fica ed il buco del culo ma lei prima vuole a tutti costi leccarmi la fica e sditallinarmi un poco proprio mentre siamo per terra a godere come mai nella nostra vita, scende mia figlia Francesca e vedendo la scena subito ci urla accusandoci di essere due luride troie, allora la prendiamo con molta dolcezza e la spolgliamo e le dedichiamo tutte le nostre atenzione e finalmente inizia a godere come non mai visto che fino a poco tempo fa era molto tradizionalista come abitudinini erotiche e così lecco la fichetta di mia figlia mentre la sua amica mi infila di tutto nel culo e nella figa e godo come una vacca fino a che non iniziano loro due ragazza a succhiare i miei capezzoloni duri e vogliosi e così invece di uscire, le due porcelline sono rimaste li con me a fare un sacco di bei giochini tra donne ma molto molto goderecci. Dopo più di un'ora di sesso sfrenato ci prendiamo una tazza di caffè e il mio pensiero va da mio marito e non vedo l'ora che esca di nuovo per le sue cenette di lavoro.
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20 years ago
admin, 75
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Saffo
Ciao, io sono Sara, ho 24 anni è voglio raccontarvi la mia prima esperienza sessuale che ho avuto. La ebbi il 24/05/00 con la mia migliore amica.
Tutto cominciò la mattina di quel giorno di maggio quando con la classe andammo a vedere una rappresentazione teatrale al liceo. Mi sentivo molto strana quel giorno, infatti quando la mattina mi svegliai, avevo le mutandine abbassate e alla tv (rimasta accesa tutta la notte) c'erano 2 donne che facevano l'amore tra di loro. Mi soffermai a guardare la pubblicità erotica e istintivamente, quasi senza accorgermene, incominciai a masturbarmi immaginando di essere al posto di una delle due. O perché no, assieme a loro! Venni come mai non mi era successo. Per tutto il viaggio non feci atro che pensare a quel film e ogni volta che lo facevo, mi venivano delle vampate di calore e sentivo i capezzoli irrigidirsi.
La trovai ad aspettarmi alla fermata del bus. Quando scesi ci baciammo, ma sbagliammo tutte e due e ci sfiorammo le labbra. Arrossimmo tutte e due e ci mettemmo a ridere. A quel contatto mi sembrò di venire.. Quella mattina mi misi la minigonna, una camicetta bianca un po' trasparente e, al posto del solito completino, mi misi il tanga di raso molto sgambato, il reggiseno a balconcino che risaltava la mia terza di seno e le autoreggenti a rete. E Manuela (così si chiama la mia migliore amica) quella volta mi sembrò più bella; ma non ci feci caso. Indossava dei pantaloni attillati di pelle neri e un maglione fine nero che le risaltava la sua famosa quarta abbondante! Quanti ragazzi le sbavavano dietro per quel suo seno.. Ogni volta che la guardavo mi sentivo vogliosa.
Quando andammo alla rappresentazione ci sedemmo vicine. Sentivo dentro di me che quella mattina non sarebbe stata come tutte le altre. E infatti.... Spensero le luci e incominciò la musica. Quella musica mi metteva addosso una strana voglia, e a metà del primo atto le presi la mano e incominciai ad accarezzargliela: mi accorsi con piacere che lei rispondeva alle mie carezze. Alla fine del 1° atto avevo la mano sul suo interno cosce e lentamente mi stavo avvicinando alla mia meta tanto bramata. Incominciò una musica languida che ci mise addosso una strana voglia. Notai che si stava sbottonando i pantaloni e vidi le sue mutandine di pizzo bianco. Prese la mia mano e la mise dentro i suoi slip. Era caldissima!!! Le sentii la figa che si bagnava.. Con la mano libera mi alzai la gonna e dopo che allargai le gambe le chiese di toccarmela. Mi accontentò subito, e quando cominciò a toccarmi ci mancò poco che venni subito.
Mi guardò e disse:"Non aver fretta. La rappresentazione dura altre tre ore!". Eravamo sedute in ultima fila, nessuno ci poteva vedere. Si chinò su di me, mi sfilò il tanga ormai fradicio e incominciò a leccarmela. Mi mise la lingua dentro la figa. La sentivo mordermi il clitoride dolcemente. Le misi le mani nei suoi capelli rossi e cominciai a muoverle la testa come volevo io. Ero tutta bagnata. Mentre continuava a leccarmela, mise le sue mani sulle mie tette e me le palpò. Mi guardava negli occhi mentre mi sbottonava la camicetta. Quando fu tutta aperta mi baciò sul ventre e mi leccò l'ombelico mentre le sue mani mi stringevano il seno. Mi disse di togliermi il reggiseno. Non appesalo tolsi, avvicinò la bocca al capezzolo destro e incominciò a mordicchiarmelo mentre con la mano giocava con quello sinistro. Le tolsi il maglione e l'attirai a me e ci baciammo con passione. Ormai non ci fermava più nessuno.
Le nostre lingue si cercavano... Le misi le mani dentro le mutandine e le palpai le chiappe sode. Con il dito medio cominciai ad esplorare il suo sedere. Mi disse di metterglielo dentro. L'accontentai. Dopo 5 minuti le dissi che ora toccava a me. La feci sedere. Le sfilai dapprima i pantaloni e poi le mutandine. Le allargai le gambe e vidi la sua figa completamente rasata (al contrario della mia) tutta bagnata. Mi ci buttai come un assetato nel deserto davanti ad un'oasi e cominciai a bere il suo nettare. Le leccavo la figa come una forsennata. Le massaggiavo il clitoride. Gli davo dei piccoli morsi.. E mi accorsi che ebbe un primo orgasmo, ma mi disse di continuare. Non indossava il reggiseno, così non perdetti tempo e potei subito leccarle le tette.
Mi tolsi la gonna e riamasi con le autoreggenti. Ci sdraiammo sulla moquette. Mi sdraiai per prima cosicché lei poté cominciare a sfilarmi le autoreggenti sfiorandomi la pelle e provocandomi tantissimi brividi di piacere. Mi fece allargare completamente le gambe e si adagiò su di me. Incominciammo a baciarci e a toccarci il seno. Mettemmo due dita l'una nella figa dell'altra per poter arrivare meglio all'orgasmo. Lo facemmo per tutta la durata dello spettacolo. Ci sentimmo venire mentre ci fu l'applauso finale. E' stato il migliore amplesso che ebbi avuto fino a quel momento. Quando ci rivestimmo mi disse di non mettermi niente sotto i vestiti come fece lei. Le chiesi il motivo di quella sua richiesta e lei, guardandosi intorno, mi prese a se, mi baciò e sollevandomi la gonna mi mise il dito medio dentro il mio sedere. E poi... Il contatto dei nostri seni fu veramente bellissimo. Mi disse se questo mi bastava come risposta. Mettendole la mano sul seno e palpandoglielo, le dissi che volevo di più. Poi aggiunsi:> Mi baciò e disse >
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20 years ago
admin, 75
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Una serata Ok
Mi è sempre piaciuto il sesso, ho sempre cercato situazioni divertenti anche al di fuori del matrimonio. Premetto che sono felicemente sposato , che ho 36 anni. Sono Veneto , fisico asciutto e sportivo quanto basta.
Sono leggermente bisex , ma non sono assolutamnte assatanato. Di tanto in tanto rispondo ad annunci in rete di coppie che desiderano passare una serata diversa.Raramente si riesce a combianre qualcosa.
Tanti ... Tantissimi caffè ma di reale poco.
Nel marzo scorso ho risposto ad una coppia della provincia di Treviso che cercava singolo per incontro soft.
Invio le mie foto , originali di rito, e come al solito mi metto il cuore in pace.
Tre o quattro giorni dopo mi rispondono via e-mail chiedendomi se sono disponibile ad un incontro solo con Lui a prendere un caffe. Eccoci , penso un altro caffe e per giunta con un uomo !
Comunque ci vado, trovo un giovane della mia età e mi espone la sua situazione. Sua moglie desidera avere rapporti con più uomini ma è timida e non gradisce questi incontri preliminari.
Ci scambiamo le solite assicurazioni: Pulizia - Salute - e Rapporti protetti !
Dopo una settimana mi chiama al telefono e mi chiede se sono disponibile per giovedì sera a casa loro.
Rispondo di si , pensando al solito caffè a casa loro... Comunque ci vado. Il posto è una casa singola sulle prime colline di Conegliano Veneto. Suono all'ingresso , vedo una luce accendersi entro a piedi percorro il vialetto e trovo Lui con solo l'accapatoio adosso. Rimango perplesso e senza parole.
Mi fa cenno di entrare, entro nel salotto mi dice che sua moglie è già pronta in camera e che mi stavano aspettando se posso spogliarmi e mi indica il bagno per una rinfrescatina.
Mi spoglio nel salotto sotto il suo sguardo , e noto delle occhiate al mio attrezzo. Io possiedo un bel 20 cm X 20 cm di tutto rispetto . Dopo essere uscito dal bagno mi accompagna in camera da letto. Le luci sono spente, entra un po' di luce dalla finestra e faccio veramente fatica ad orientarmi. Comunque vedo un bel lettone e Lei distesa sule letto. Lui le dice " Cara è arrivato Luca".
Poi si avvicina e Lei , si toglie l'accapatio e Lei comincia a maneggiare il suo uccello. Mi avvicino anch'io. Comincio a vederci meglio, è una signora sulla 30ina , un po' formosa con il bacino largo. Proprio come piacciono a me. Non deve essere molto alta di statura , forse sul metro e 65. Comunque Lei allunga una mano , e come un brivido mi pervade. Erezione completa.
Lo accarezza piano piano , incomincia a baciare quello di suo marito e poi passa a baciare il mio. Lentamente poi mi ingoia la cappella succhiandala per alcuni secondi per poi passare a quella del marito. Lei è seduta sul bordo e noi siamo in piedi. La sento ad ogni boccata fremere di desiderio.
Si adagia sul letto e suo marito sale sopra la sua testa e glielo mette in bocca ritmando una scopata. Io mi inginocchi e comincio a giocare con la sua micina. Prima con le dita , cerco di aprire un varco dolcemente in tutto quel pelo. Poi comincio a succhiare le sue grandi labbra ed il clitoride. Lei allarga le gambe sempre più, segno che il giochino le piace. Io sono un abilissimo linquista, la sento fremere ed ad ogni lecccata muove leggermente il bacino, in piena estasi. Con una mano mi accarecca la testa.Passano così alcuni minuti, poi mi tira su per i capelli . Allora suo marito scende e comincia a leccargliela Lui , mentre io salgo . Lo prende in mano con forza e comincia a menarlo. Freneticamente .Lo passa in bocca e poi se lo toglie. La sento fremere sempre piu, Sto per venire. Viene anche Lei, Vengo anch'io. Mi tiro in disparte per non sporcare. Vado in bagno a pulirmi.
Ritorno in camera c'è solo Lui. Mi fa cenno di distendermi e mi chiede se mi è piaciuto. Gli rispondo di si.
Passano alcuni minuti in silenzio e Lui mi dice quardandomi l'uccello. "Certo che quando tira e grosso". Gli rispondo di si.
Dopo alcuni secondi sento la mano di Lui che mi sfiora la gamba . Gli dico " Cosa Fai" e Lui mi risponde , " Voi vi siete divertiti ,Io no, adesso tocca a me". E comincia a toccarmi. Poi lo prende in bocca ancora molle . Lo sento gonfiarsi nelle sua bocca. Non deve essere alle prime armi perchè lo gonfia beve e lo succhia ottimanente.
In quel momento ritorna Lei , e dice " Vedo che la festa non è finita ". Si inchina e comincia a succhiare il cazzo di Lui. Io gli lascio fare. Lui se la sta godendo con il mio cazzo , mugugna e lecca tutto attorno alla cappella e poi giù sino a leccarmi le palle. Lei si gira e mi metta la sua passera davanti alla faccia. é un invito troppo bello.
Affondo la lingua nella sua intimità, sempre più a fondo. Ora tutti e due si divertono con il mio uccello , se lo passano freneticamante di bocca in bocca, Io continua nella mia opera, sempre con più passione.
Poi Lui la gira e comincia a scoparla alla pecorina mentre lei mi spompina ben bene. Sento che stò per venire ancora , Li vedo fremere entrambi. Veniamo tutti e tre quasi all'unisono , con un rantolo liberatorio. Rimaniamo per alcuni minuti distesi nel letto sfiniti.
Poi mi alzo per primo , mi pulisco in bagno e esco in salotto.
Comincio a rivestirmi, Mi raggiunge Lui. Mi ringrazia della bella serata. Ed in silenzio come sono venuto me ne vado
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6
20 years ago
admin, 75
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Esperienze
Mi ero proposto negli annunci come singolo , lasciando foto e e-mail, premetto che sono felicemente sposato da più di 10 anni , e per me era un gioco da provare. Erano passati più di due mesi nessuno mi aveva mai contattato, poi mi arriva , proprio a questo indirizzo e-mail un messaggio di una signora 40enne che desiderava altre foto ed eventualmente il numero di cellulare.
Gli rispondo, accontentandola ma restando sulle mie con educazione e garbo non convinto del tutto e pensando che si trattasse del solito mitomane. Dopo due giorni trovo un messaggio nel cellulare semplice semplice - Chiamami - con un numero sconosciuto. Richiamo per curiosita, e trovo una signora , gentile , mi presento , mi descrivo caratterialmente ... Lei mi chiede se sono libero il mattino. Sono un agente di commercio per cui mi posso liberare facilmente, gli rispondo di si. E tutto fnisce li. Ciao Ciao. Passa il fine settimana , e lunedì pomeriggio ricevo una altro messaggio - Ti va di venirmi a trovare a Vicenza domattina.
Gli mando un sms con sritto -"Si- dammi le indicazioni". Dopo un po' mi arriva un SMS con le indicazioni. Arrivo in centro a Vicenza in una viuzza stretta stretta verso le 10 del mattino. Con difficoltà parcheggio ed arrivo all'ingresso. Suono , rispondo col mio nome e mi fa entrare. Per le scale le gambe cominciavano a tremare dall'emozione. Arrivo sulla porta, suono. Mi apre una bella signora , un'po formosetta ma ben curata e tenuta, sulla 40ina.
Vestita di tutto punto- Camicetta colorata , gonna .Mi fa un bel sorriso, Ciao entra , chiudo la porta bacio di rito, e senza fiatare , spontanemente. non so come o perche allungo la mano tra le sue cosce. La sento irrigidirsi, la bacio su collo e le prendo la sua mano e la metto nella mia patta. E' un po sulle sue non sa cosa fare, ma poi comincia strusciare dolcemente fino a farlo gonfiare. Poi allarga la gambe e Io infilo la mano sotto la gonna. E senza nulla, sento il suo pelo, e le sue labbra. Con la mano aperta gli massaggio la fica poi ci infilo un dito. Mi dice all'orrecchio. Ehi.... tu non perdi tempo eh.. Quindi si allontana e mi chiede se prendo qualcosa da bere ? Gli chiedo dell'acqua e ci accomodiamo in salotto. C'è un bel divano di pelle nera. Mi porta una bottiglitta da 1/2 litro di acqua e beviamo tutte due. Lei scherza ridendo , e dicendomi che l'ho colta di sorpresa.
Appoggia il bicchiere sul tavolino e si avvicina. Mi apre la patta, faccio scendere i pantaloni, lo prende e lo accarezza dolcemente. Mi guarda negli occhi e mi dice, "Ne hai hai qui eh." Gli rispondo di si e lei se lo ficca in bocca. Comincia a spompinarmi , con la lingua gira e rigira sulla cappella e poi in gola fino in fondo. Piu volte ripetutamnte, Ormai la cappella ha raggiunto la circonfernza massima ed è rossa come una ciliegia matura. Mi alzo in piedi e mi tolgo i pantaloni. Lei se lo gode in bocca, Con una mano mi accarezza le palle. Ad ogni su e giù stringe le palle. Una goduria. Allungo una mano sotto le sua gonna, la sento bagnatissima, si distende a gambe aperte continuando a giocare col mio uccello. Allora provo il 69. Lei ci sta. Mi perdo in tutto quel pelo , entro ed esco con la linga sempre più freneticamente. Allungo un amano e trovo la bottiglietta d'acqua la prendo e provo ad infilaglierla. La sento godere. Con al bottiglia infilata le lecco la fica attorno soffermandomi sul clitoride.
Va avanti così poi Lei viene con un rantolo dicendo bastaaaa...... Bastaa... Nel frattempo prende il mano il mio uccello e comincia a agitarlo velocemnete . Vengo anch'io copiosamente. Ci accasciamo sul divano sfiniti. Passano 5 minuti , gli chiedo del bagno, mi pulisco. Esco e la trovo rivestita di tutto punto. In piedi che mi aspetta. Sorride mi chiede se prendo un caffe, gli rispondo di si. Prendiamo il caffe e scherziamo sul tempo, sulla pioggia ... Poi mi accompagna alla porta, Mi bacia sulle guance e mi dice "Oggi non è successo nulla vero ? " "Si" gli rispondo .
Le stringo affettuosamente una mano sul sedere. Ciao .. Ciao Me ne sono andato . ed ho sempre un bel ricordo di quella mattina di settembre a Vicenza. Da gentiluomo aspetto una sua eventuale chiamata. Mah , chissa speriamo.. Gab
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20 years ago
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