cpbilla
, 21/28 anni
Coppia
Milan, Italia
Ultima visita: 1 anno fa
- 1 anno fa Elena la cameriera.... Erano le due e quarantacinque di un venerdì sera qualunque, Elena era seduta ad un tavolo della birreria semivuota assieme a due colleghe di lavoro, Rosy e Nunzia. Svariava su una moltitudine di argomenti sorseggiando l'ennesima media chiara, quando i cinque fecero irruzione nel locale, armi in pugno, volti scoperti. Due di loro dovevano avere pressappoco la sua età , ventitré anni, gli altri erano sulla trentina, un italiano e un nordafricano, quello che sembrava il capo doveva avere una cinquantina d'anni, un fisico tarchiato, un tesone rotondo che pareva un mappamondo e due mascelle fuori misura. Praticamente un cinghiale. Il giovane più alto portava uno zozzissimo dread ed indossava una mimetica lisa oltre ogni limite, di quelle che si trovano a pochi euro al mercatino dell'usato ed imbracciava un piccolo mitragliatore dal manico corto, di quelli che usano i paracadutisti, che teneva con una sola mano. L'altro aveva un ingombrante revolver di grosso calibro, forse una quarantacinque, sproporzionata rispetto al fisico minuto. I due più anziani avevano rispettivamente un mitragliatore di fabbricazione russa uno, un'automatica l'altro. Il boss aveva anche lui un'automatica. Avevano gli occhi sbarrati e le pupille dilatate, tipiche di chi ha assunto sostanze chimiche di elevata potenza. Con pochi energici ordini ammassarono i pochi avventori presenti nel locale, una birreria sperduta tra le campagne, in un angolo della grande sala e li fecero sedere in terra. Si fecero consegnare l'incasso dal proprietario ribadendo la loro determinazione a suon di insulti e percosse. A questo punto avrebbero dovuto scomparire con il bottino e dileguarsi nella notte, ma non fu così… Elena era seduta in terra, stretta vicino alle sue amiche e tremava. Le labbra saltellavano come quelle di chi è rimasto troppo tempo al gelo d'inverno senza un abbigliamento adeguato, stringeva i pugni e pregava, chissà cosa e chissà chi. In quel momento Dio non c'era… ce n'erano cinque ed avevano il potere assoluto. Ciro, il giovane con il dread che impugnava il mitragliatore, posò lo sguardo su di lei mentre era intento a pompare nel culo la giovane ragazza che serviva ai tavoli, puntando la pericolosa arma che teneva in mano nel vuoto. Per un attimo Elena incrociò lo sguardo del giovane, vitreo ed assente, lo sguardo di un invasato, mentre cercava disperatamente di non ascoltare le urla di dolore della giovane barista. L'avevano fatta salire su un tavolo e l'avevano costretta a spogliarsi nuda, prima di metterla a novanta per soddisfare le voglie di Ciro. Elena chiudeva gli occhi e stringeva i pugni, pietrificata, mentre la giovane sventurata urlava e piangeva, rimbalzando contro il pesante tavolo. "Ehi, Ziro… abbiamo una provezzorezza…" abbaiava uno dei più anziani, riferendosi ai piccoli occhiali rettangolari che Elena era solita indossare. L'uomo era un mezzo deficiente, uno sbandato senza speranza, con un difetto di pronuncia che lo r endeva ancora più bizzarro. Elena era una bella ragazza… alta, mora, dai lunghi capelli ondulati, le labbra carnose e due occhi marroni pieni di vitalità . "Fatti...fare..un...pompino..." bofonchiò Ciro sempre intento a far danzare il suo bastone nella cavità ormai sempre più aperta. "Hiii... ghe buona idea..." rise il demente, mentre il suo sguardo idiota si accendeva in una luce di desiderio. "Vammi un bombino…!" intimò alla terrorizzata Elena puntandole addosso l'automatica. "Vammi un bombino o zbaro alla dua amiga…" ribadì puntando l'arma verso Rosy che si stringeva a Nunzia con il terrore dipinto sul volto. Elena respirò profondamente, quindi si alzò ed andò ad inginocchiarsi di fronte al deficiente, il cui sguardo si illuminò di follia nel vedere le grosse tette che si tuffavano nell'ampia scollatura della giovane. Ouzo, l'altro giovane aprì la bocca in un ghigno sinistro, accendendosi una sigaretta, mentre Mohamed era intento a tirarsi una pista sul tavolo. Il boss lo estraeva dalla patta mentre Ciro era intento a pisciare sul muro della cucina. La giovane cameriera, esausta ed in lacrime, ora accoglieva nel proprio sfintere anche il cazzone del boss, mentre Buba (il deficiente) tirava fuori l'unica cosa che aveva che fosse degna di nota e l'avvicinò alla bocca di Elena. "Cristo Santo..." mormorò Ouzo osservando sbalordito Elena che stringeva le labbra e pompava il grosso cilindro quasi fino alle palle. Il culo della giovane cameriera era ormai diventato la galleria del Monte Bianco mentre il boss, che era piuttosto piccolo di statura, saltellava sulle punte dei piedi facendosi rimbalzare sulle grosse natiche color latte. "Falle il pieno, Buba…!" gracchiò Ciro ritornando dal "cesso", mentre Mohamed che forse aveva osato un tiro leggermente eccessivo, cadeva pesantemente sulle ginocchia. "Zborrroooo…!" urlò Buba con le mani infilate nel reggipetto di Elena, premendo i palmi sui grossi capezzoli. Al quinto schizzo in bocca Elena si ritrasse e rigettò un'abbondante quantità di sperma sul pavimento, suscitando l'ilarità dei cinque sbandati. Le risa e i commenti dei compagni innervosirono Buba, che rifilò un pesante calcione sul naso di Elena, facendolo sanguinare. Si tamponò il naso con un fazzoletto che Rosy le porse con affetto e si sedette, continuando nel frattempo a vomitare sborra. La pluriinculata cameriera intanto cadeva in terra con un tonfo sordo, zampillando sangue e sperma dalla Fossa delle Marianne. Ora era Rosy a trovarsi nei casini… sdraiata a gambe aperte, completamente nuda, veniva invasa dai ventotto centimetri di uno scatenato Mohamed. Rosy aveva una particolarità : quando scopava rideva, rideva come una cretina. E l'effetto delle sue risate fu una vera e propria epidemia. E tra l'ilarità generale, il giovane Ouzo si avvicinò a Nunzia e le ordinò di fargli una sega usando solamente i piedi. Mentre Rosy rideva a crepapelle, la povera Nunzia si industriava nello sfregare l'esile oggetto tra i pie di, procurandosi un principio di crampi a causa dell'incessante movimento. Il giovane cominciava a diventare nervoso a causa della scarsa abilità della ragazza, così la sdraiò bruscamente per terra, le aprì la camicia, le abbassò il reggipetto e finì il lavoro tra le tette, schizzandole fino all'altezza del collo. Ma la tragedia era nell'aria… in un moto di follia rivoluzionaria, Pepe, il grosso barman nonché proprietario della bicocca, si alzò in piedi urlando "Adesso basta !" e lanciandosi dritto in direzione di Ciro, il quale d'istinto si scansò e fece partire una raffica, che centrò il povero Buba in pieno volto. E mentre Pepe ruzzolava clamorosamente abbracciando il vuoto, Rosy rideva a squarciagola in un orgasmo sfrenato, mentre sangue e pezzi di cervello le imbrattavano il volto ed il petto prosperoso. "Bastardo !" urlò rabbiosamente Mohamed indirizzando una scarica di mitragliatore in direzione di Pepe, che si era nel frattempo nascosto goffamente sotto un tavolo che gli nascondeva a malapena la testa. La raffica fu letale: diciotto colpi, dei quali ben dieci centrarono il bersaglio. Il boss cadde crivellato di colpi in un tonfo sordo. "Ti ammazzoooo…". Ora era la volta di Ouzo, che preso da una furia cieca vuotò il caricatore in direzione del tavolo. Quando Ciro vide Ouzo sparare, conoscendolo e sapendo che era mezzo cecato, cercò di rifugiarsi sotto un tavolo, ma fu inutile. Una pallottola centrò in pieno una padella appesa al muro e rimbalzò centrandolo in un occhio. Per un moto istintivo, del tutto casuale, dalla mitraglietta di Ciro partì una raffica che centrò in pieno Mohamed, aprendogli letteralmente la faccia in due. E mentre Mohamed cadeva pesantemente in terra privo di vita, lo scaltro Pepe si impossessava della pistola del boss, vuotandone l'intero caricatore sul torace di Ouzo, il quale indietreggiò per l'impatto dei colpi e cadde rovinosamente sulla stupefatta Elena, che ebbe un moto di stizza pechè nello scontro con il giovane ormai cadavere si spezzò un'unghia. Solo Ciro-con-un-occhio-solo rimase in vita, ma per poco. Quando Pepe lo servì in tavola erano le cinque meno un quarto e le ragazze si contendevano la parte più prelibata. 39206 0 17 anni fa
- 1 anno fa sex con l'amico di mia figlia.... Agosto. Caldo sulla spiaggia. Sotto l’ombrellone mia figlia, stesa sul lettino, si ripara dal sole. Io invece sfido il sole di mezzogiorno unta di olio solare. Sotto gli occhiali da sole riesco a vedere avvicinarsi l’amico di mia figlia. Sta già parlando con lei ma i suoi occhi stanno viaggiando sul mio corpo abbronzato e luccicante, lo sento. Parlano sul da farsi nel pomeriggio. È un bel ragazzo: alto circa un metro e novanta, robusto, bellissimo sguardo incorniciato da sopracciglia selvagge. Mia figlia Luana ne è profondamente attratta nonostante sia fidanzata con un ragazzo di cui non ricordo il nome (per me è insignificante, non dovrebbe aprire neanche la bocca). Mia figlia è carina di viso, ma il suo fisico rispetto al mio è nettamente inferiore (mi dispiace tantissimo dirlo ma è così). Io vado per i 50, sono alta un metro e settanta circa, labbra carnose, capelli biondi e occhi azzurri. Mi mantengo magra per l’età che ho. Mio marito è via per lavoro, arriverà dopo ferragosto. “Arrivederci signora.“ sento mentre vedo la figura di Nando passare accanto al mio lettino. Il mio viso è ad altezza pube, immagino il suo sesso nascosto dal costume da bagno. Mi chiedo se farebbe mai sesso con una quasi cinquantenne come me un fusto come lui…Lo saluto con un cenno del capo e un largo sorriso mentre lui compie qualche passo all’indietro aspettando (guardando) il mio saluto (il mio corpo). Nel pomeriggio Nando arriva verso le quattro per chiamare mia figlia. Luana però (la fortuna volle fare così) era dovuta andare in bici in un campeggio fuori dal paese per vedersi con delle amiche e organizzare la serata. Mi aveva chiesto gentilmente di intrattenere Nando dato che avrebbe cercato di metterci meno tempo possibile. Feci accomodare Nando in casa e lo portai sul terrazzo dove io mi sistemai sul dondolo e lui su una sdraio mettendosi in una posizione alquanto scomposta. Era vestito con una canotta e un paio di pantaloncini abbastanza attillati sulle sue cosce possenti. Beh praticamente si vedeva il pacco per farla breve. Io ero in bikini con un pareo trasparente bianco. “Allora Nando, come vanno queste vacanze, ti stai divertendo?â€. “ Si signora certo, stasera forse organizziamo un falò in spiaggia. Vuol venire con noi? “ mi chiede scherzando. “Ma dai Nando, cosa mai dovrebbe fare una vecchia come me tra tanti giovani…no non se ne parla, divertitevi voi, io l’ho già fatto.†“ signora non dica così. Lei è una bella donna…ora va bene che stavo scherzando sull’invito però†“aah stavi scherzando sull’invito non inviteresti mai una vecchia ad una serata piena di ragazze in costumeâ€. “signora, fosse per me la inviterei e di corsa anche..insomma avrà anche gli anni che dice di avere ma rimane una bella donna con un portamento elegante soprattutto. “. È questa la frase che mi fa scattare qualcosa nella testa, non so come posso spiegarlo…sento calore al basso ventre. Telefono a mia figlia per informarmi sul tempo che le serve. Nel telefonare a mia figlia scopro le gambe e poi, come se Nando non fosse presente sul terrazzo, incomincio a guardare invisibili segni sui miei seni esponendoli alla vista del giovane presente, che strabuzza gli occhi per lo spettacolo e porta una mano sul suo pube a dar man forte al suo amico. Chiusa la conversazione noto che la mano è li sul pube a stringere il suo pisello. È rosso in volto. “Nando vuoi qualcosa da bere, fa molto caldo oggi, eh ti va?â€. “ si signora fa veramente molto caldo oggiâ€. Si alza. Il bozzo davanti si è ingrandito parecchio. È evidentissimo, sta per scoppiare. Eh si toccherà a qualcuna salvare il giovine, non potrà mica andare in giro così poveretto. “Ti faccio strada Nandoâ€. Cammino avanti a lui sculettando il più possibile, poi improvvisamente mi chino vicino la zanzariera della porta finestra per vedere un qualcosa quando Nando con il suo amico mi sbattono sul culo. “mmm†mi esce naturale questo mugolio di goduria. “ops mi scusi signora, nn sono riuscito a frenarmi e…â€. Sa che potrei essermi accorta del suo sesso turgido. Mi avvicino con aria severa e con mano ferma e decisa afferro il suo cazzo. “e con questo cosa pensi di fare. È questo l’effetto che ti faccio?â€. “eehm.. s-s-ssi signora, cioè no è colpa mia, lui fa da se, non mi sarei mai permesso..â€. Mentre dice questo io mi sono inginocchiata e sto accarezzando il suo pisello sopra il pantaloncini, lo tasto per tutta la sua lunghezza. Afferro l’elastico del pantaloncino e lo abbasso di forza portando assieme anche le mutande. Rimbalza fuori dalle mutande un cazzo teso, già scappellato con la cappella violacea e tante vene turgide sotto il mio palmo. Gli ciuccio la cappella, sa un po’ di mare, scotta è bollente. Le sue mani scendono e mi afferrano per le spalle, mi tira su e mi bacia. Un bacio lungo, tenero che mi fa bagnare tutta, poi si tuffa sul mio collo. Intanto con la mia mano stringo il suo cazzo e lo massaggio, nel momento in cui mi ha baciato è diventato durissimo. Faccio scorrere l’unghia del pollice sul frenulo su e giù, vedo l’espressione del piacere dipinta sulla sua faccia. Torno con le mie labbra al suo amico, è tesissimo, non penso che resisterà molto, ha le palle gonfie sotto. Incomincia a muoversi avanti e indietro, mi sta scopando la bocca. Mi stacco da lui e continuo con una sega, so che non durerà a lungo e infatti il suo pisello incomincia a dare tremendi scossoni, bacio la sua cappella quando un getto fortissimo di caldo sperma mi entra in bocca. Due, tre, quattro, cinque getti potentissimi di sperma nella mia bocca, me l’ha riempita.. Sotto sono fradicia, gli umori colano lungo le mie cosce, il suo cazzo è ancora dritto, non vuole sgonfiarsi. Una goccia trasparente di sperma esce dalla cappella e io, con la punta della lingua, la lecco. Gioco un po’ con la mia lingua sulla sua cappella leccandogli il buchino dal quale è uscita quella quantità incredibile di sperma. Mi alza, mi bacia di nuovo, poi, mentre la sua mano scivola nel mio slip per dedicarsi alla mia clitoride, scende con la lingua sul mio collo, poi arriva al seno, ancora coperto dal costume. Lo slaccia e deciso morde con le labbra il mio capezzolo destro. Sussulto e gli artiglio la spalla per l’eccitazione, lasciandogli dei solchi (chissà le scuse che troverà per giustificare quei segni). Alza la testa , mi guarda negli occhi, il suo pene è eretto come prima, non un segno di cedimento. Gli prendo tra le dita il cazzo e lo conduco, come fosse un cane al guinzaglio, verso il centro della stanza dove c’è il tavolo. Toglie il pareo e lo getta via, le mutandine scendono alle caviglie, ci penso io a toglierle. Mi solleva e mi fa adagia sul tavolo. Si abbassa e si tuffa tra le mie cosce con la sua lingua a dare tante leccate a tutta la mia fica fradicia. Gli spingo la faccia più a fondo, il contatto della sua faccia tra le mie cosce mi fa impazzire. Il desiderio è troppo. Anche lui è del mio stesso pensiero infatti alza la testa e direziona il suo uccello verso la mia passera. Entra dolce, lentamente, sento tutti i suoi centimetri entrare. Incomincia a pompare lentamente, la nostra pelle si unisce e poi si allontana. Le palle rimbalzano sulla mia fica. Incomincia a pompare più forte, sempre di più. Io sento l’orgasmo avvicinarsi sempre si più, sento il mondo attorno a me allontanarsi farsi sempre più confuso e distante. Sento solo Nando che ansima e invoca il mio nome. “Aaah Lea…si Lea…aaah…sto venendo Leaaaaaaaaah..â€. “Uuuuuaaaaah….â€. Anch’io sto venendo, mi aggrappo alle sue spalle, l’orgasmo mi invade totalmente, inarco la schiena avvicinandolo a me. Sento le contrazioni della mia fica stringere il cazzo di Nando. Anche lui è al limite ora, estrae il cazzo dal mio sesso e spruzza seme sulla mia pancia continuando a masturbarsi. È ancora carico, sento la mia pancia coprirsi di sperma, è ancora tanto. Si avvicina e mi bacia nuovamente. La mia mano accarezza la sua che sta ancora facendo su e giù sul suo sesso. Il cazzo è lucido dei miei umori, del suo sperma. Lo masturbo ancora un po’ fino a che non incomincia a sgonfiare tra le mie dita. “Nando sei stato fantasticoâ€. “Lea, se lo sono stato è perché avevo davanti a me una delle donne più belle che io abbia visto… non sai quanto ti ho sempre profondamente desiderato…e quante….†Che carino. “Seghe?†“mm.. si Lea..l’unica cosa che potessi fare in tuo onore..†“Ora però sarà meglio rivestirci, tra un po’ probabilmente arriverà mia figlia e dobbiamo ricomporci e..†“Ma come?†fa una faccia dispiaciuta, troppo tenero. “Avrei voluto proseguire, mi fai troppo eccitare Lea…†E sto notando che il suo cazzo sta tornando rigido. “Si lo vedo Nando ma potrebbe tornare Luana, non penso sia una buona ideaâ€. E infatti dalla strada “Mamma sono tornata†“Su Nando sbrigati a rimettere al chiuso il tuo cazzo, ci sarà un’altra volta, te lo assicuro†. Io raccolgo il pareo e i pezzi del bikini a terra. Nel chinarmi sento il cazzo di Nando posarsi tra le mie natiche. “Lea, la prossima volta toccherà al tuo culo..â€. Mi alzo, mi giro, gli stringo forte il pisello (ma è di nuovo duro!!) e gli dico sorridendo “Sono io che decido cosa devi fare o meno. CAPITO?†“Si signora mia reginaâ€. Scappo nel bagno a ripulirmi, mia figlia starà salendo. Intanto penso alle sue intenzioni. Vuole il mio culo. Il mio culo ancora vergine?. No non se ne parla proprio. Esco dal bagno, vedo mia figlia che parla con Nando. Lo mangia con gli occhi. “Mamma, io e Nando stiamo uscendo, grazie per avergli fatto compagnia†“Grazie signora†“O figurati, è stato un piacere†un fantastico piacere. Mi vuol fare il culo…mmm sai Nando credo che ti concederò il permesso un giorno. 43621 1 17 anni fa
- 1 anno fa Il marito medico...e la moglie infermiera Stavo passeggiando con la mia bicicletta nuova regalatami qualche giorno prima per il mio diciannovesimo compleanno, per le strade del mio paese. Il sole primaverile accarezzava la mia pelle dandomi una piacevole sensazione. Mentre ero immersa nei miei pensieri uno stridio improvviso di gomme ed un botto. Mi ritrovo per terra senza capire cosa stava succedendo. La mia bici nuova è per terra vicino a me con la ruota davanti completamente storta. Sento dolore ad una gamba ed un braccio. Dalla grossa automobile ferma nel mezzo dell’incrocio esce un signore di 45 che mi aiuta ad alzarmi. “Ti sei fatta male? Come stai? Dobbiamo chiamare l’ambulanza?†Lo guardo in viso comincio a rendermi conto di quanto successo. Stavo attraversando un incrocio dove avrei dovuto dare la precedenza e l’auto mi era piombata addosso. Per fortuna andava abbastanza piano ed il signore alla guida è riuscito ad evitare il peggio. Ha colpito la ruota davanti della bici ed io cadendo mi sono graffiata gomito e ginocchio. “Sto bene, la ringrazio. Non mi sono fatta nulla!†Il signore nota i graffi e la bici rotta. Mi dice che lui è un medico e sua moglie un’infermiera. Abitano a poche decine di metri dal luogo dell’incidente e mi invita a casa loro per farmi medicare. Mi lascio convincere dai modi cortesi. Carica la bici rotta nel bagagliaio e mi fa salire in macchina. “Mi chiamo Luca e tu?†“Io Manuela†rispondo abbozzando un sorriso. E’ gentile, cortese ed anche un bell’uomo. Sicuramente più di un metro e ottanta, capelli corti e un’abbronzatura invidiabile per il periodo. Dopo pochi istanti entriamo in un garage sotterraneo. Luca parcheggia l’auto nel suo box e mi fa strada per andare in casa. Entriamo nell’ascensore e pigia il tasto 8, ultimo piano. Suona alla porta ed una signora sui 40, bionda, molto bella, con un grembiule bianco da infermiera ci apre la porta. “Ciao Cristina†esordisce Luca “ho avuto un piccolo incidente con Manuela e ora ha bisogno di essere medicataâ€. Allungo la mano in segno di saluto. Cristina prende la mia mano e con uno splendido sorriso mi fa accomodare in casa. “Vieni cara†mi dice indicandomi una porta “Aspettami nello studio che prendo il necessario per disinfettarti ed arrivo subitoâ€. Lo studio è composto da un lettino, una scrivania, un mobile, una poltrona. Appeso alle parete un certificato di laurea di Luca e diversi attestati di Cristina. Cristina entra con in mano dei flaconi e del cotone. Dietro di lei Luca che si siede alla scrivania e comincia ad armeggiare con il computer. Cristina mi guarda il braccio escoriato. Inumidisce il cotone con uno dei flaconi ed inizia a passarlo sul gomito. “Brucerà un pochino ma vedrai che guarisci in frettaâ€. Finito l gomito guarda il ginocchio. I pantaloni sono lacerati. “Credo dovrai toglierti i pantaloni per poterti disinfettare il ginocchioâ€. Mi slaccio i jeans e mentre sto per toglierli guardo prima Cristina e poi Luca. Cristina capisce il mio imbarazzo e mi dice: “Luca è un ginecologo e non credo che si scandalizzi a vederti in mutandine. Ma se vuoi lo faccio uscireâ€. Luca si gira verso di noi abbozzando un sorriso. Mi sento una ragazzina scema e vergognosa. “Non c’è bisogno che esca dottore†rispondo e abbasso i pantaloni. Resto con il mio perizoma bianco, le calzine si spugna e la mia magliettina di cotone corta. Mi sdraio sul lettino e Cristina inizia a curarmi il ginocchio. Luca non sta più scrivendo al computer ma è rimasto girato a guardare l’intervento della moglie. Cristina è molto delicata e brava. Massaggia la parte ferita con i sui medicinali. Finito di medicarmi si accorge che ho una piccola escoriazione anche all’altezza dell’anca. Prende dell’altro cotone e mi deterge quel piccolo graffio con la mano mentre mi poggia l’altra sulla coscia quasi all’altezza dell’inguine. Non posso fare a meno di notare il suo tocco. La mano non è semplicemente poggiata ma mi massaggia impercettibilmente la coscia. E’ molto piacevole sentire quel tocco ed io mi rilasso. Chiudo gli occhi e con un riflesso incondizionato apro leggerissimamente le gambe. Cristina prende quei segnali come un invito. La sua mano si sposta fino a toccare le mie mutandine proprio dove le gambe si uniscono. Il suo tocco è lieve e dolce ed io non la fermo. Le sue dita scavalcano il tessuto delle mutandine e trovano prendo l’apertura della mia figa già umida. Cristina mi penetra mentre io apro di più le gambe. La mia mano cerca e trova le gambe di Cristina. Risalgo per il retro delle sue cosce, lunghe, lisce fino a dove il sedere inizia. Lo accarezzo senza trovare tracce di tessuto. Cristina sotto il camice è nuda. Da dietro infilo la mia mano tra le sue cosce che ha leggermente divaricato trovando una figa liscia e piena di umori. Le restituisco la penetrazione. Cristina si piega su di me e sento la sua lingua tra le mie cosce alla ricerca del clitoride. Ora ho le cosce completamente spalancate e Cristina mi sta scopando con la lingua mentre le sue dita si fanno largo nel mio culetto. Apro leggermente gli occhi e vedo Luca in piedi dietro la moglie con il suo enorme cazzo in mano che si sta segando. La mano che un attimo prima era nella figa di Cristina ora si allunga verso il cazzo di Luca. Lui si avvicina e se lo lascia prendere. Lo tiro verso di me portandolo verso le mie labbra. Luca si avvicina al lettino ed io finalmente lo prendo in bocca. Inizio a fargli un pompino mentre Cristina sempre intenta a leccarmi la figa si è liberata del camice. Luca La sta masturbando. Il suo cazzo mi riempie la bocca. Lecco la cappella, lo succhio, gli mordicchio le palle. Tra le mie labbra il suo cazzo è duro come il marmo e non vedo l’ora di sentirlo tra le mie cosce. Cristina smette di leccarmi ed io mi alzo da lettino. Sfilo le mutandine e la maglietta restando solo con le calzine. Mi siedo sul bordo del lettino aprendo le cosce. Con una mano mi accarezzo la figa allargando le labbra con le dita e allungo la mano verso Luca che no si fa pregare e si avvicina. Cristina prende in mano il cazzo del marito, si inginocchia e lo prende quel qualche secondo in bocca. Poi rialza e lo avvicina alla mia figa ormai pronta a riceverlo. Luca inizia a scoparmi mentre Cristina mi bacia in bocca. Il ritmo di Luca aumenta, Cristina mi bacia i seni mordicchiandomi i capezzoli ritti. Improvvisamente Luca estrae il cazzo dalla mia figa e lo punta sul mio buchino. Si ferma un istante a guardarmi. Sorrido, chiudo gli occhi e spingo la mia testa all’indietro in segno di totale abbandono. Luca spinge piano il suo cazzo nel mio culetto. Un breve istante di dolore. Cristina non smette di giocare con la mia lingua e mentre il marito mi scopa il culo lei mi masturb a la figa. Sono in estasi. Cristina sa bene come masturbarmi ed in breve mi porta all’orgasmo. Il ritmo non cala e poco dopo un altro orgasmo mi attraversa… poi un altro. Chiedo di fermarsi ma Cristina e Luca mi scopano senza tregua. E? stupendo come mi fanno venire in continuazione. Luca estrae il cazzo dal mio culo e Cristina si inginocchia per prenderlo in bocca. Capisco che Luca sta per venire e mi affianco a Cristina. Ci contendiamo quel cazzo che sta per venire come due bambini con la caramella. Luca viene in bocca a Cristina che riceve il primo fiotto di sborra. Prendo di forza il cazzo di Luca e lo infilo in bocca ricevendo i successivi. Luca svuota le palle nelle nostre bocche ingorde del suo seme. Io e Cristina ci baciamo scambiandoci la sborra residua. Luca si allontana dalla stanza. Cristina mi fa sdraiare ancora sul lettino. Prende dell’altro cotone e lo imbeve di un nuovo liquido. Lo passa sulle mie ferite. Mi da un bacio sulle labbra e mi dice posso rivestirmi uscendo dallo studio. Dopo qualche minuto rientrano entrambi, vestiti e professionali come all’inizio. Luca mi da una busta dicendomi di comprarmi una bicicletta nuova ed un nuovo paio di jeans. Mi congedo da loro, lascio la loro casa. Il taxi che Luca ha chiamato per fare ritorno a casa mi aspetta già in strada. Salgo, do il mio indirizzo e parte. Apro la busta e trovo un biglietto da 500 euro ed un ringraziamento da parte di Luca e Cristina per il bel pomeriggio passato. 43904 0 17 anni fa
- 1 anno fa il pronto soccorso....... Davanti a me, sulla scrivania, ho una copia di Novella 2000. Alla mia destra c'è un blocco di carta per fotocopiatrice, due o tre matite, una gomma ed una calcolatrice. Mezzanotte è passata da poco. E' una notte afosa; mi restano ancora sei ore di lavoro prima di porre termine al turno di notte. Il telefono si mette a squillare. Richiudo le pagine della rivista che sto leggendo e sollevo la cornetta del telefono. - Pronto Urologia - dico, con voce assonnata. - Sono il dottor Gobetti del Pronto Soccorso - sostiene l'uomo che sta all'altro capo del telefono - Abbiamo un'urgenza per il vostro reparto. Avete disponibilità di letti? - Sì, due - mi faccio garante. - Bene! Fra pochi minuti i portantini saranno lì con un paziente. La comunicazione s'interrompe. Il medico ha riposto la cornetta senza concedere alcun'altra informazione. . Il reparto in cui presto servizio è di tipo specialistico. Qui confluiscono le urgenze che hanno come pertinenza l'apparato genito-urinario. Sempre più spesso, specie di notte, accogliamo soggetti affetti da perversioni. In un recente passato ho assistito al ricovero di pazienti con patologie davvero particolari come nel caso di un uomo che alla ricerca di un piacere solitario, si era infilato nell'uretra un metro di sottile filo elettrico. Per sua fortuna il chirurgo, superando non poche difficoltà , era stato in grado d'estrarlo in endoscopia dalla vescica dove si era raggomitolato su se stesso. Non più tardi di venti giorni fa si è presentato al Pronto Soccorso un paziente con il pene completamente scorticato. L'uomo ha dichiarato di essersi procurato quel tipo di lesione girando nudo per casa. A suo dire una porta dell'abitazione, sospinta dal vento, gli aveva schiacciato il pene contro lo stipite. Dopo gli accertamenti del caso è stato appurato che le cause del danno erano da attribuirsi a morsi di animale, probabilmente di un cane: il suo. Alla luce di questi precedenti ogni volta che sta per giungere un'urgenza, sono preda di una certa apprensione, specie di notte quando in reparto sono l'unica infermiera in servizio. . Mi dirigo nella camera del medico accolta da una caterva di male parole e gli comunico che sta per giungere un nuovo ricovero. Faccio ritorno in reparto e mi ritrovo dinanzi la porta dell'ascensore nell'attimo in cui due portantini spingono una barella fuori del vano mobile. Impazienti di sbrigare il loro servizio nel minore tempo possibile chiedono dove possono deporre lo sgradito ospite. Il viso dell'uomo è segnato dalla sofferenza e dal dolore. Faccio cenno ai due di seguirmi e li conduco nell'ambulatorio delle emergenze. Poco dopo sopraggiunge il medico di guardia. Legge il foglio d'accompagnamento rilasciato dai medici del Pronto Soccorso, poi si rivolge a me. - E' un caso di priapismo. Rimasti soli col nuovo ospite iniziamo a spogliarlo degli indumenti. Ogni suo movimento è accompagnato da gemiti di sofferenza. Impieghiamo un po' di tempo prima di riuscire a calargli le mutande. Quello che appare ai nostri occhi non è un gran bello spettacolo. Il pene, di dimensioni superiori ai 20 cm, si erge dritto come se fosse un'asta. Il colorito è bluastro, probabilmente per il persistere di sangue venoso all'interno dei corpi cavernosi. Il tessuto ematico non riesce a defluire correttamente nel circolo venoso causando la tumefazione dell'organo sessuale. - Mi spieghi, con calma, cosa le è successo - chiede il medico. Intimorito ed imbarazzato dall'inusuale situazione l'uomo inizia a raccontare. - Dottore anche lei è un uomo. Può bene immaginare come vanno certe cose. Stavo facendo l'amore ed avevo il pene duro come poche altre volte, ma non riuscivo ad eiaculare. M'impegnavo, ma non venivo. Ho continuato mezz'ora a cavalcare la mia donna, poi ho percepito un certo dolore. Ho estratto il pene dalla vagina e solo allora ho notato il colore bluastro dell'epidermide. Ho lasciato trascorrere un po' di tempo nella speranza che il pene si sgonfiasse, ma non c'è stato niente da fare. Più trascorreva il tempo, più il pene diventava scuro ed aumentava il dolore, così ho deciso di recarmi al Pronto Soccorso. - Ha fatto uso di sostanze eccitanti? - Bhè... un'ora prima del rapporto ho ingerito alcune compresse di Viagra. - Quante? Spero che sia a conoscenza che esistono confezioni con dosaggi differenziati da 25-50-100 mg. Una dose massiccia potrebbe provocare gravi disturbi. - Credo di averne ingerito cinque compresse da 100 mg. Ci tenevo a fare bella figura, non capita tutti i giorni di trovarsi fra le braccia una donna come quella che avevo nel mio letto. Ascolto la conversazione con una certa indifferenza, ma dopo quest'ultime rivelazioni inizio a seguire i loro discorsi con più attenzione. L'uomo è un tipo sulla quarantina d'anni, con i capelli leggermente brizzolati specie sulle tempie. Gli abiti accartocciati ai piedi del letto sono eleganti e raffinati. Il viso, spigoloso e asciutto, si coniuga alla perfezione con il corpo muscoloso e all'apparenza agile. Distratta dai miei pensieri sono riportata alla realtà dalle parole del medico. - Si rende conto che ha ingerito una dose massiccia e pericolosa? I danni avrebbero potuto essere ben più gravi, ma chi glielo ha fatto fare? Il paziente resta muto, una lacrima gli riga la guancia. Gira il capo sul cuscino per nasconderla, ma è troppo tardi. - Lo mettiamo a letto - ordina il medico rivolgendosi a me - possibilmente in una camera singola. Somministragli 10 gocce di Contramal ogni 12 ore, inoltre fagli un impacco di pomata di Voltaren attorno al pene. Fai attenzione a non depositare la pomata sul glande. La mucosa è sottile e delicata, il farmaco potrebbe provocare delle irritazioni. Ah... metti anche una borsa di ghiaccio sulla parte dolente. Domani il primario dirà cosa è meglio fare. . Provvedo a fare indossare al paziente un camicie di carta e lo trasbordo sulla barella, dopodiché lo conduco in camera. Per evitare che il pene venga a contatto con le lenzuola, inserisco un archetto metallico a livello del bacino, in modo da lasciarlo libero nei movimenti. Avvolgo attorno al pene alcune garze impregnate di Voltaren e vi deposito sopra la borsa di ghiaccio. Prima d'uscire dalla stanza mi viene spontaneo porgergli un bacio sulla guancia, per il quale mi ringrazia. . Torno in clinica dopo che ho goduto del turno di riposo settimanale. - Tutto bene? - Chiedo a Sandra, la mia collega di lavoro, quando prendo servizio - A proposito, come sta il paziente col priapismo? E' andato a casa? - Purtroppo no! Non sta bene. Ha un dolore atroce, lo potrai costatare di persona quando andrai a medicarlo. Ci scambiamo le consegne e dopo che se n'è andata eseguo un giro del reparto per verificare se i pazienti hanno problemi. - Come sta signor Cervetti - dico, appena varco la porta della stanza del malcapitato. Il viso del paziente non è dei più allegri. Se al momento del ricovero mi aveva dato l'impressione di essere solo preoccupato ora appare addirittura terrorizzato. Inizia subito a piangere. Le lacrime gli scendono copiose sul volto e disegnano rivoli gemmati sulle guance. La scena mi commuove. Mi siedo al bordo del letto e gli accarezzo le guance asportandone le lacrime. - Sono contento che lei sia tornata. Sto male, molto male. - Non stia a fare il tragico. Le cambio la medicazione e vedrà che starà meglio. Scopro le lenzuola e tolgo l'archetto metallico che serve a tenere sollevato il lenzuolo. Delicatamente asporto le garze. Il pene appare di un colorito più violaceo rispetto a quando l'avevo visto l'ultima volta. Con difficoltà cambio la medicazione provocandogli un certo dolore. - Signor Cervetti, non deve preoccuparsi. Domani mattina, come ho avuto modo di leggere in consegna, la sottoporranno ad un piccolo intervento chirurgico. Lo farà in anestesia locale, dopodiché tutto tornerà normale. - Dice così per incoraggiarmi, lo so che non sarò più come prima. - Bhè! Di certo non potrà sostenere la stessa attività che l'abuso di Viagra le consentiva, ma ritornerà ad essere una persona normale, glielo assicuro. Ho già assistito pazienti con patologie analoghe alla sua. - Lei è molto dolce, ma come posso crederle. - Deve avere fiducia, vedrà che tutto si risolverà per il meglio. La saluto, auguri per domani. Ciao! Ciao! Lo lascio imprimendogli un bacio sulla fronte, poi esco dalla camera. Sono trascorsi dieci giorni dall'intervento chirurgico con cui è stata disostruita la causa meccanica che provocava l'ostruzione dei corpi cavernosi. Il rapporto che intrattengo col signor Cernetti si è fatto confidenziale, così quando ho un attimo di tempo mi reco nella sua stanza per tenergli compagnia. Prendendo servizio per l'ennesimo turno di notte apprendo dal libro delle consegne che le sue dimissioni sono prossime. - Allora ci siamo. Domani è il gran giorno. Finalmente te ne torni a casa, sarai felice no? Roberto, questo è il suo nome, sta supino sul letto e mi guarda con occhi lucidi. Da giorni non sono più abituata a vederlo così triste. Improvvisamente inizia a piangere come un bambino. - Sono un fallito, non riuscirò mai più ad avere rapporti con una donna. Presa da sentimenti materni mi siedo al lato del letto ed inizio ad accarezzargli il dorso della mano che tiene distesa sopra il copriletto bianco. Appoggio la guancia sulla mano e inizio a sfiorarla con le labbra inondandola di baci. Afferro l'elastico del pigiama e lo abbasso facendo scivolare i pantaloni ai suoi piedi. Ha le gambe pelose, proprio come piacciono a me. Mi getto a capofitto fra le cosce e inizio a leccarle, stuzzicandolo di tanto in tanto con dei morsi alla radice dei peli. Il gonfiore sotto gli slip non mi trova impreparata. Mi alzo in piedi e con disinvoltura abbasso il tessuto delle mutande verso il fondo del letto. L'uccello che soltanto pochi giorni prima mi aveva impressionato per la deformità ora si erge pieno di grazia. Mi fermo ed osservo le forme di colorito bruno ed immacolato che lo caratterizzano dopo che l'intervento lo ha rimesso a nuovo. La mia bocca, golosa ed avida, piena di saliva, anela ad assaporare quel rotolo di carne. Inizio con lo strofinare le dita sullo scroto e ne soppeso la consistenza. D'impulso provo a leccargli le palle, poi senza fretta risalgo alla radice dell'uccello, fino alla cappella. Ad ogni leccata sento il corpo di Roberto vibrare di piacere e questo accresce il desiderio di mordergli la cappella. Stringo il cazzo fra le dita e inizio a farle scorrere, lentamente sulla superficie del cazzo. Inumidisco la cappella con la saliva per rendere più facile lo slittare della mano. Quando la punta della lingua sfiora la cappella, l'uomo emette gemiti di piacere. - Si... Si... Mi piace... mi fai godere, mi fai godere. Lecco l'uccello e massaggio le palle come una forsennata. Estasiata ho persino l'impressione di perdere i sensi e smarrire il lume della ragione, preda di un delirio d'irresistibile piacere. Le pulsazioni dell'uccello paiono accelerarsi a contatto con le mie dita. Lo infilo nella mia bocca avida e lo succhio. Un movimento sussultorio del suo bacino accompagna la penetrazione nella gola. Le mie mani e le labbra entrano in simbiosi con il movimento delle sue anche. Il cazzo entra ed esce dalle mia bocca in maniera rapida. Con la lingua sfioro l'orifizio uretrale solleticandolo di nuovi piaceri. Tengo fermo il cazzo con la mano e inizio a leccargli il frenulo. Sento l'uccello contrarsi in spasmi d'inaudito piacere. Lo ingoio fino a spingerlo contro le adenoidi nel fondo della gola. Con le labbra posso sfiorarne la radice, tanto l'ho ingurgitato. E' gradevole assaporare il profumo che emana un cazzo quando è sfregato, ha una fragranza tutta particolare che emana solo negli attimi che precedono l'eiaculazione. Lo sento contrarsi e subito dopo sborrarmi in bocca. L'uomo irrigidisce il corpo trascinandomi con lui in un vortice di piacere. Ho un orgasmo e mentre gusto il seme ne ho un altro ed un altro ancora. Dopo avermi sborrato in bocca non lo estrae fuori subito facendo in modo che possa godere fino alle ultime pulsazioni. Non lascio disperdere alcuna goccia del prezioso nettare. Lecco con cura quel poco che n'è fuoriuscito dalle labbra. Infine l'uccello perde di consistenza. Roberto è perfettamente guarito ed è tornato normale. Mi rialzo dal letto ed apro i bottoni del camice. Prendo da una tasca una forbice e abbasso un po' le mutandine. Taglio un ciuffo di peli attorno alla fica e glieli porgo. Lo saluto, sicura che non lo rivedrò mai più. . Noi infermiere viviamo costantemente circondate dalla sofferenza e dal dolore, ma non riusciamo mai a farci l'abitudine. Ecco perché abbiamo tanto bisogno d'amore. 35009 0 17 anni fa