Dopo una lunga escursione lungo la battigia deserta, cavalcando nella integrale nudità ,
il mio solerte accompagnatore locale, sicuramente ancor più stimolato dal riscontro di quella dimostrata disinibizione,
volle proporre anche una gita in barca, manifestando intenzionalità neppure troppo recondite.
Accettando tale invito non potevo che essere ben consapevole di ciò che si sarebbe anche potuto verificare una volta
approdati nel punto ancor più isolato dove avrebbe desiderato condurmi.
Tuttavia la mia innata voglia di sperimentare, senza preclusioni di genere, esperienze di ogni natura, non poteva
impedirmi di aderire all’allettante proposta, lasciando al mio compagno l’onere di condividere quanto avevo
stabilito di voler assecondare.
Coperta solo da un velatissimo pareo, che ben poco lasciava all’immaginazione di colui che in fondo aveva già
avuto modo di ammirare a lungo la mia completa nudità, presi posto all’interno dell’imbarcazione sulla quale
prendemmo il largo, seguiti dagli sguardi non privi di eloquente apprensione di chi era rimasto sulla sponda
in febbrile attesa del ritorno.
Durante la navigazione, liberandomi del pareo, mi distesi lascivamente sul bordo della barca desiderosa
di abbronzarmi in maniera integrale, confermando di non avere alcuna remora ad esibirmi alla
presenza del mio accompagnatore.
Ormai convintosi di poter cogliere l’opportunità per beneficiare di ciò che gli andavo elargendo in quella
spudorata maniera, si propose di aiutarmi a cospargere l’epidermide con l’unguento solare che stavo utilizzando.
Assentendo a che potesse svolgere quanto prospettato lasciai che quelle sue mani potessero indugiare sempre
più nei punti nevralgici che molti uomini avrebbero ambito poter percorrere in modo altrettanto invasivo.
In breve le sue dita si impadronirono dei capezzoli già ben turgidi di passione prima di scendere lungo il ventre
per andare ad esplorare anfratti ancora più estremi, iniziando una abilissima danza attorno ad una clitoride ormai
in preda a convulsive sensazioni mentali.
Avvolta nella tribale morsa che mi rendeva epidermica schiava di ciò che in un solo istante si era subito
trasformato nel mio nero padrone, mi ritrovai a soggiacere sotto a quella massa di scura antracite, penetrata
con foga inaudita da un maglio di ebano puro.
Cullata dal flusso ondoso la barca muoveva al ritmo delle percosse che andavo subendo, mentre il vento trasportava
lontana la eco rantolante della totale sopraffazione che in breve mi stava conducendo all’orgasmo.
Caduta nell’oblio artificioso di cui ero ormai preda, seguendo in ipnosi quell’ombra sino alla riva, inginocchiandomi
ai piedi del nero stregone presi a venerarne la nerboruta protuberanza, accogliendola tra le labbra ubbidiente
all’ordine che mi veniva impartito.
Soffocando in fondo al palato gementi latrati, ed ingollando sino allo spasimo estremo l’intera lunghezza della
turgida verga, mi apprestai a cibarmi dell’effluvio copioso e violento che lasciai potesse sgorgare scivoloso
tutto giù nelle viscere.
Trattenuta saldamente per i capelli venni condotta oltre la fitta vegetazione sino ad un capanno nel quale, legata
per i polsi e per le caviglie, ed appesa ad un palo, ad ulteriore suggello di quell’assunto potere, subii la profanante
penetrazione anale alla quale mi adeguai docile come esplicitamente preteso.
Solo all’imbrunire, e finalmente liberata dal giogo di cui ero stata consenziente ostaggio, venni ricondotta da un
compagno in morbosa attesa di poter finalmente apprendere i trasgressivi dettagli di quel mio avventuroso peregrinare.
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