“Amore,la settimana prossima vieni con me in Francia? Ricordi? Inizia quel famoso corso di aggiornamento che mi terrà impegnata,ma solo fino a metà pomeriggio,poi potremmo unire l’utile al dilettevole.
Parigi,come Venezia e Roma,è speciale per gli innamorati. In più devo incontrare Mireille,la mia corrispondente,la ragazza con la quale parlo quasi tutti i giorni al telefono,che se è di persona come ha la voce,dovrebbe essere una creatura eccezionale”.
Lui,il Pinko,è molto romantico con me e teneramente porcello e curioso col resto femminile del globo.
Per rispondermi così: “Mi piacerebbe da morire,Tesorino,ma sono in piena campagna vendite con decine di appuntamenti presi per tutto il mese” significava che proprio non poteva venire,considerando anche quanto gli piace viaggiare e conoscere gente.
“Vai,e comportati bene” aggiunse con quel suo risolino caratteristico. Lo capisco al volo,quando dice così,con quella faccia,allude al mio comportamento sessuale ed alle mie prerogative di donna “libera”,disinibita,di donna “carpe diem”… di zoccola insomma,per dirla terra terra nel modo in cui lo direbbe frettolosamente,e con un pizzico di superficialità,chi è al di fuori di questo mondo.
“Tranquillo,mi conosci …” replicai prontamente: “E’ proprio per questo che mi preoccupo!”
Il suo sorriso,dopo quelle parole,si trasformò in una grossa risata che coinvolse anche me. Ci abbracciammo complici e felici e finimmo per fare l’amore.
Il giorno dopo cominciai a pensare alla pianificazione ed all’organizzazione del viaggio.
Odio l’aereo. L’ho preso molte volte,anche per trasferte intercontinentali,ma il volare mi trasmette una strana ansia e mi fa stare in continua apprensione,al punto che non riesco a distrarmi,a sentire musica,a vedere un film,a chiacchierare con qualcuno: le ore diventano davvero interminabili.
Specialmente subito dopo il decollo,quando l’aeromobile punta decisamente verso l’alto,ho come l’impressione che il Signore la tiri su per mezzo di una grossa fune,tipo quelle che tengono ancorate le navi nei porti,agganciata al muso proprio al centro della carlinga.
E se si stancasse di questo tiro alla fune? E se venisse distratto dagli innumerevoli problemi degli Umani e smettesse di tirarla? Mie considerazioni,irrazionali,lo so,ma persistenti.
Si trattava di poco più di due ore di volo,ma in quei giorni,chissà per quale motivo,pensai che mi fossero realmente insostenibili e quando mi prende così,non c’è niente da fare,devo cercare alternative.
Scartata l’auto,troppi 1500 km da sola,e dovendo viaggiare per lavoro,chiesi a chi di dovere se potevo prendere il treno al posto dell’aereo,dal momento che,alla fine, pensavo potesse risultare anche una scelta “risparmiosa”. L’azienda,nella persona del direttore amministrativo,non fece alcuna difficoltà a permettermi di andare via rotaia.
Pensai che il dottor Righetti non obiettò,quando gli chiesi di accordarmi il treno,perché mi conosceva bene,da buon parsimonioso,lui dice ottimizzatore,io dico braccino,capì subito che in aereo avrei speso più soldi per i bagagli che per me. (Mi fece anche una sorpresa,che vi dirò al momento opportuno)
Per una permanenza di cinque soli giorni infatti,riuscii a riempire i due ormai arci-noti trolley giganti di famiglia … e mi contenni!
Alla stazione,per giustificarmi con Pinko che mi sfotteva per via di quella boutique portatile,misi in mezzo l’orgoglio nazionale,il Tricolore,la “grandeur”,i cugini d’Oltralpe un po’ vanesi (loro!) l’eterna competizione esistente in campo moda e il non voler sfigurare con la -molto probabilmente- bella collega.
Non ci fu verso,più motivavo,più rideva: “Sì … sì … certo,Amorino,ma a me lo dici? Vuoi che non conosca la tua essenzialità,la tua sobrietà ,gli sforzi che farai per non apparire ed il dolore che stoicamente sopporterai nel caso ti ritrovassi al centro dell’attenzione?”
Pur sapendo che aveva stra-ragione nel prendermi in giro,un pochino mi indispettì,non c’è niente di peggio della verità per ottenere risultati del genere,fateci caso. Lo baciai col solito naso all’insù,con il caratteristico broncio più coreografico che altro,girai le spalle di scatto e mi avviai verso la carrozza,mentre i miei lunghi capelli biondi,il mio principale vanto, si adagiavano di nuovo sulla schiena ricominciando poi ad ondeggiare per i miei passi veloci.
La sorpresa di Braccino: mi aveva dato i biglietti in una busta ed io non mi ero nemmeno presa la briga di controllare,mai immaginando. Ebbene,non erano per il wagon-lit,ma per le cuccette: di prima classe,quindi scompartimenti da quattro posti e non da sei,ma cuccette. Quando me ne resi conto,alle 19:00,era ormai troppo tardi,in quanto a quindici minuti dal fischio di partenza; inoltre non era un problema immediato,me ne sarei dovuta preoccupare,in caso,dopo meno di quattro ore,a Milano,ove avrei dovuto cambiare per la coincidenza.
Una volta arrivata nella stazione della città meneghina ed individuato l’altro treno,riflettevo su quanto potesse essere stata insulsa la mia scelta: mi aspettavano circa altre dieci ore di viaggio.
Essendo però il convoglio semivuoto,mi ritenni comunque fortunata: “Va bene così” pensai “starò in ogni modo comoda e tranquilla,in fondo c’è la notte di mezzo,me ne vado a nanna ,tanti saluti e ‘se rivedemo’ domani mattina”.
Ero da sola,e per quelle ore non “doveva” succedere nulla,finché,trenta secondi prima che il treno cominciasse a muoversi …
Ettepareva,eccolo. Ecco apparire dal nulla colui che in seguito avrebbe dovuto mettere a dura prova il mio considerarmi “seria” e verificare l’effettiva efficienza dei miei freni inibitori: chissà quale sarebbe stato,conoscendo me stessa, l’esito.
“Posso?” mi chiese gentilmente facendo capolino sulla porta. “Nnn” lo vidi meglio: “Certo,si accomodi!”. Maledizione,lo sapevo … lo sapevo che non sarei riuscita a chiudere quel “no” ed aggiungere: “Ma Santo Cielo,scusi,non ha visto quanti scompartimenti vuoti ci sono?” Fu meglio,che non lo feci,perché mi avrebbe risposto,mostrandomi il biglietto e facendomi fare una figuraccia: “Ma io sono prenotato qui,vede?”
Poi,d’altra parte,come riuscirci? Era alto e magro –ne dubitavate?- moro e con la chioma folta,i suoi occhi,di un verde intenso e magnetico,sembravano sprigionare sesso ad ogni battito di palpebre.
Inoltre non era più giovanissimo,un valore aggiunto,per me. Sulla quarantacinquina,diciamo,abbronzato,disinvolto ed in più vestiva Armani! Giacca e pantalone morbidi color écru su t-shirt girocollo in seta color tabacco. Insomma,a livello estetico,il mio tipo ideale,accettare la sua conversazione mi sembrò cortese e logico.
(Ed anche inevitabile,era troppo bello. Lui questo non lo sapeva,ma se ne accorse presto.)
Aveva dei modi aristocratici e parlava in modo forbito ed interessante con voce calda. Iniziò a dirmi che lui,nome di battesimo Alessandro,abitava a Parigi ma era italiano. Aveva sposato una francese,per questo si era stabilito lì,ma ogni tanto,abbastanza spesso,andava a Milano a far visita ai suoi ormai anziani genitori. Ora stava,appunto,ritornando a casa dalla moglie,dalla quale non aveva figli.
Parlammo a lungo,un po’ di tutto,anche io raccontai qualcosa di me e del mio status di donna con un legame di convivenza serio e stabile. In previsione di quello che eventualmente sarebbe potuto avvenire fra noi -lo speravo,lo temevo,non so bene- volevo sapesse che eravamo alla pari,sentimentalmente impegnato lui,altrettanto io. Nessuna complicazione.
Lo guardavo negli occhi,un po’ perché mi avevano ammaliato,un po’ per comprenderlo anche nelle sfumature. Cominciò ad incespicare sulle parole,sotto il mio sguardo divenuto,man mano che prendevamo confidenza, impudico,come me,che lo sono,e non da oggi,”per inclinazione naturale,per abitudine acquisita,per una volontà di trasgredire che è il riflesso ad un’educazione rigida,a regole severe e coercitive,ad un’estetica esteriore castigata oppure per mero esibizionismo”.
Perdonate il mio vocabolario,è colpa sua,è più adatto a un trattato di psicologia cha ad un racconto,ma rende molto bene l’idea di me.
In quel momento capii che gli stavo producendo l’effetto desiderato,anzi,un impercettibile rossore che gli comparve sulle gote,completò di scatenarmi l’eros.
Già,ma come fare per non tradire il mio uomo e soprattutto come trasformare un’avventuretta in treno,avvenimento in fondo banale,in un evento memorabile e per giunta di coppia?
Cos’è il genio? E’ fantasia,intuizione,colpo d’occhio e velocità di esecuzione. Rambaldo Melandri, “Amici miei”,Italia,1975. Ecco,mi serviva un colpo di genio,e prontamente arrivò.
Con una scusa che poi scusa non era (ci andai davvero alla toilette,volevo essere “fresca” quanto più possibile) uscii dallo scompartimento munita di cellulare: “Pronto Amore? Apri bene le orecchie, ti faccio sentire una diretta che al confronto quella del 21 luglio 1969 riguardante lo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong con l’Apollo 11,diventa una puntata de ‘L’Approdo’.”
“Cosa … Come … Dove sei diretta? Dove devi approdare? Ma che stai a dì,e chi è ‘sto Neil … perché armeggia col pollo dalle undici?” Era notte fonda e lui stava dormendo,logico che fosse frastornato.
“Tesorino,tranquillo,sono sulla Terra,sempre in treno e quello che stai per ascoltare,su una linea erotica farebbe guadagnare milioni,perciò rilassati,resta in linea e presta molta attenzione”.
“Ok … va bene” rispose,lasciandomi nell’incertezza sul fatto che avesse compreso perfettamente il mio proposito,ma ormai il dado era tratto e così rientrai. Alessandro era subito dietro la porta scorrevole,in piedi,a sistemare una valigia e per andare verso il finestrino dovevo passargli davanti,vicinissima.
Mi fermai alla sua altezza,eravamo quasi attaccati,uno di fronte all’altra. Attimi interminabili occhi negli occhi,di un’intensità pari,se non superiore,ad un orgasmo: impossibile non offrirgli le labbra e così finalmente mi baciò,prendendomi la testa fra le mani.
Partì una serie infinita di carezze appassionate,ora tenere ora energiche,ed una serie di baci bollenti. Le sue mani percorsero il mio corpo,sempre più nudo,infinite volte,e la sua lingua era come se le seguisse.
Si muoveva con una foga quasi animalesca,in contrasto con il suo aspetto gentile,e così velocemente che chiudendo gli occhi ebbi addirittura la sensazione di interagire con due uomini. Tutto ciò faceva quindi raddoppiare,momento per momento,la voglia che avevo di sentire la pressione e l’attrito del suo corpo sul mio,di essere penetrata in tutti i modi,di godere con lui.
Ogni tanto mi dava degli ordini,addirittura perentori: “Spostati in là,allarga le gambe,dai,girati,inarca la schiena,su,forza!”
Io,in genere molto “fiera”,non sono abituata a farmi manipolare come una bambola,tutt’altro,però in quel frangente ero stranamente e completamente subordinata a lui e al suo volere,una sensazione nuova ed intrigante che non avevo mai provato prima,mi sentivo la sua puttana e lo accondiscendevo in tutto,obbediente e disciplinata: era la prima volta in assoluto che mi lasciavo letteralmente dominare.
Ma quando si sdraiò supino scivolai veloce su di lui,il suo membro eretto esercitava in me un richiamo irresistibile e ripresi la mia autonomia a lungo repressa; mi ci attaccai con la bocca come un’assetata a una fontana,non ammettendo repliche ed iniziando un lento su e giù alternato a colpi di lingua sotto il prepuzio,ad ognuno dei quali corrispondeva un piccolo fremito suo e del suo organo. Mi stavo gustando un manicaretto lungamente desiderato,e con somma soddisfazione,lo meritavo,avevo “subito” troppo.
Guardando dal basso verso l’alto le espressioni del suo volto mi rendevo conto,con un certo compiacimento,del piacere che gli procuravo, perché si capiva chiaramente che Alessandro era un mestierante,molto navigato,per farlo godere così dovevo essere davvero molto brava in quel momento,uno “strumento” di piacere sessualmente perfetto.
Il mio cellulare era vicinissimo a noi,poggiato sul tavolinetto sotto il finestrino,quello abbassabile in mezzo ai due divanetti: Pinko poteva sentire chiaramente i nostri gemiti,i nostri sussurri e le parole,a volte appassionate,a volte “forti” che ci scambiavamo; mi andò di nuovo lo sguardo su quel display dove mi sembrava di vederlo,e questo scatenò in me un’eccitazione ancora,se possibile,più grande.
Imiei interni coscia erano già bagnatissimi,con piccoli rivoli che arrivavano alle ginocchia ad alle natiche,era più che maturo il momento per ricevere dentro di me il mio occasionale amante.
Lui lo capì,anzi,lo aveva già capito da un pezzo,ma prima volle riportare con la lingua quei rivoli nel loro luogo d’origine,aggiungendo del suo e procurandomi infiniti brividi di voluttà,poi prese a strusciarmi il pene sulla pancia e fra le cosce,lentamente,facendo su e giù,ma ancora non me lo metteva dentro,lo faceva apposta,con una punta di sadismo,ma ci stava tutto: aveva “ripreso il comando”.
La sensazione di star facendo una cosa insieme,ma anche “contro”,come una specie di battaglia,mi esasperava e nel contempo mi mandava fuori di testa per il piacere,gli urlai: “Basta,cazzo,penetrami! Sto impazzendo!” e finalmente lo fece,ma da dietro,mettendomelo nell’ano come per sfregio,per umiliarmi ancora,pensai,ma non mi interessava,ormai era dentro e questa era la sola cosa che contasse in quel momento per me.
Ce l’aveva grosso e durissimo tanto da riempirmi completamente lo sfintere mentre mi masturbava e così venni all’istante in maniera molto fragorosa,proprio con la bocca vicino al telefonino.
Non mi fermai,ora che finalmente i nostri corpi potevano ondeggiare all’unisono con l’incedere del treno,e quei piccoli spostamenti che sottolineavano il passaggio da un tratto di binario all’altro risultavano dei piacevolissimi coadiuvanti: capii che numerosi altri orgasmi mi attendevano.
Ad un certo punto prepotentemente pretesi,ed ottenni,che mi prendesse davanti in posizione tradizionale e successivamente gli misi le gambe sulle spalle in modo che potesse scoparmi spingendo più in profondità possibile,lo volevo fino al fondo dell’utero,nello stesso tempo volevo che mi vedesse chiaramente in faccia,come avevo fatto io mentre glielo succhiavo.
Il mio viso,nelle mille espressioni che il piacere gli disegnava,gli infondeva carica,e lui era infaticabile e non veniva mai. Avevo messo in preventivo altri orgasmi,ma persi letteralmente il conto,oltre che la cognizione del tempo.
Pensai che ne fosse passato moltissimo,perché,ormai esausta e con la vagina in fiamme,dovetti ricorrere al mio sistema “segreto”: lo misi sotto,mi distesi su di lui e petto contro petto cominciai a muovere solo il bacino,freneticamente,da distesa e in un modo particolare,una sorta di danza del ventre in orizzontale,fino a che non capii che stava arrivando al traguardo,e ne raggiunsi un altro anche io.
A quel punto alzai il busto e mentre lui urlava all’apice del piacere gli mollai,proprio mentre veniva,una gragnola veloce di schiaffi in faccia alternando tutte e due le mani. Schiaffi non fortissimi,ai quali lui non oppose il minimo cenno di resistenza,ma comunque di una certa energia: non chiedetemi il perché,mi venne così,in modo imprevisto e naturale,come naturale fu addormentarmi dopo pochi minuti,appagata e stremata da quella lunghissima performance.
La mattina dopo,o meglio, una manciata di ore dopo,lui era già sveglio ed esordì così: “Nessuna mai mi ha fatto una cosa del genere prima,ci tengo a dirtelo,quel contorno,del tutto inatteso,ha accompagnato degnamente quell’orgasmo e lo ha reso uno dei più belli che abbia provato in tutta la mia vita.” Incassai con una certa soddisfazione devo dire,cavolo,aveva gradito anche gli schiaffi!
“Grazie” risposi “ è stato grandioso anche per me,e probabilmente anche per qualcun altro”. “Come?” “Niente,niente,ogni tanto faccio e dico cose di cui non mi rendo conto,lo avrai capito.”
Ormai eravamo arrivati a destinazione e già fermi.“Ci rivedremo?” mi disse. Sarà un po’ difficile,pensai,visto che non ci siamo scambiati nemmeno i numeri di cellulare,ma risposi: “Mah … chissà,hai visto mai,i casi della vita … ciao,bel figo” e mi avviai verso l’uscita della carrozza,poi avrei dovuto cercare velocemente un taxi.
Non vedevo l’ora di sentire Pinko,ma prima dovevo sistemarmi,impossibile tenere telefonino,borsa e i due trolley insieme: sarebbe stato un momento da gustare e volevo star comoda. Lui intanto scomparve fra la gente.
Una volta in auto: “Pronto Amore?” “Buongiorno, Marchesina De Sade!” Mi salutò così,continuando: “Tesorino,devo confessarti una cosa … mi hai fatto fremere in tutti i sensi stanotte,in modo particolare per l’exploit finale,e chi se l’aspettava? Non ti ho mai visto fare una cosa così,né con me,né con altri. Inizialmente nemmeno capivo,tutti quei ciaff ciaff … pensavo che ti stesse sculacciando,pensa un po’!
Devo aggiungere che ho avuto anche un moto di gelosia,ma questo ha reso ancora più eccitante una sega memorabile,sontuosa,neanche da adolescente sono mai arrivato ad un’intensità simile: sei immensa ed unica,amore mio.”
Ecco: questo è il mio Pinko. Come non amarlo,come non stimarlo,come non voler vivere tutta la vita con lui e per lui? Avevo già voglia di tornare a casa,di baciarlo,di coccolarlo e di fare l’amore,ma ero appena arrivata e gli impegni andavano rispettati.
Dalla stazione di Parigi Gare de Lyon ci volle un’oretta a raggiungere Versailles e l’omonimo hotel,dove avrei dovuto soggiornare e seguire il corso. Quel primo giorno,per permettere un più agevole arrivo dei partecipanti ,l’inizio era stato stabilito alle 11:30,una presentazione di quello che si andava ad affrontare,più che altro,avevo quindi abbastanza tempo per prendere possesso della stanza,per una bella doccia e per una sistematina generale.
Scesi di nuovo,bella “in ghingheri” come l’occasione meritava. Una volta nella hall,prima di entrare nella sala a noi riservata,ebbi l’occasione di conoscere Mireille,la quale,abitando a Parigi,veniva direttamente da casa.
Vidi entrare nell’albergo una splendida donna e mi augurai subito che fosse lei. Era lei,infatti: alta,mora,slanciata,naturalmente elegantissima,fasciata in un tailleur panna e su sandali,manco a dirlo,in tinta e con tacchi vertiginosi .
Monsieur Lechateau,il nostro coordinatore,che già conoscevo in quanto veniva spesso a Roma,me la presentò. Lei mi sorrise,io feci altrettanto e ci abbracciammo cordialmente,dopo tante ore trascorse insieme al telefono nei mesi precedenti ,senza mai vederci.
Andava oltre ogni mia più rosea previsione,era di una bellezza (e di una dolcezza,posso aggiungere a posteriori) davvero fuori dell’ordinario: devo ammettere che mi colpì molto,non soltanto per la sua avvenenza ma anche per quel suo modo di parlare,ancora più apprezzabile dal vivo,con quella vezzosa “erre” tipicamente francese e con quel gentilissimo modo di porsi che aveva.
Inoltre,e non sapevo per quale motivo,si esprimeva in un italiano praticamente perfetto,ma questo lo notai già da tempo,da quando avemmo i primi contatti telefonici; mi ero sempre ripromessa di chiederle il motivo,ma puntualmente me lo dimenticavo,come in quel frangente.
Il giorno dopo ci trovammo a fumare una sigaretta insieme durante una pausa dei lavori e mi disse: “Pallina,vieni a cena da me,stasera,senza “ufficialità”,ti faccio conoscere mio marito,preparo una cosetta al volo e poi ti portiamo a vedere Parigi per bene,che ne dici?”
Naturalmente dissi di sì e,sebbene consapevole che avremmo dovuto camminare parecchio,non rinunciai ad un paio di chanel tacco 12,ad una minigonna con volants ed a un top molto scollato,il tutto,color glicine; ero in Francia,era estate e contavo molto sul senso estetico dei nostri cugini nonché sul loro essere aperti,tolleranti e cosmopoliti: una passeggiata nel centro di Parigi era un’occasione mica da ridere! Praticamente una passerella lunga chilometri.
Alle 20:30,puntualissima,mi trovavo davanti alla porta della loro abitazione. Al suono del campanello sentì Mireille che diceva: “Amore,vai tu ad aprire,per favore? Sono in bagno,un minuto e vi raggiungo.”
Una volta aperta la porta mancò poco che cadessi lunga per terra: avevo davanti Alessandro! Avevo davanti lo sconosciuto con il quale avevo fatto l’amore sul treno soltanto due giorni prima,ed era il marito della mia amica! Incredibile,con dodici milioni di parigini (hinterland compresa) quindi sei milioni di uomini circa,proprio lui.
(fine prima puntata)
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