
niketta
, 52 y.o.
Trans
Treviso, Italy
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- 8 years ago Il vecchio garage 2 Ho ancora nelle narici l’odore acre e crudo del garage di ferraglie, tavole e vecchi armadi dove giocavo ad essere la schiava di Mauro. I nostri incontri avvenivano nelle ore più assolate. Un giorno, ricordo, stavo sfilando davanti allo specchio in cameretta con la biancheria intima di mia sorella: camicette, canottierine, tacchi, rossetti e ciprie, approfittando del fatto che se ne era appena andata da un’amica per finire la traduzione di greco (ho sempre spiato Arianna mentre si lavava si cambiava si truccava e lei non mi ha mai proibito di farlo, sapeva che lo facevo e le piaceva). Ad un tratto sento arrivare la zia dal piano di sotto dove abitava e metto via tutto alla svelta precedendola nelle scale: lei saliva io scendevo. “ Ecco la nostra bischerina” mi dice, “Ma ziaaaa!!!!” “E’ che sei così bella che potresti essere una femminuccia” E’ vero! Sono sempre stato scambiato per una femminuccia: nonostante frequentassi l’anno della maturità il mio corpo era perfettamente glabro: né barba né peli, se non che nel pube, tipo adolescente. Il mio corpo sembrava quello di una ragazza. Il torso armonioso il petto arcuato e dolce come una losanga luminosa, i capezzoli rosa e l’aureola più ampia di quella normalmente presente in un maschio. La mia voce di giovane tenore del coro parrocchiale toccava punte da soprano e al telefono era simile a quella di mia sorella. Anzi ero scambiato per lei quasi sempre. Ne ho sempre provato vergogna. Ma quel giorno quando sentìi arrivare il solito desiderio delle ore più calde, quelle che dissuadono chiunque dall’uscire di casa, non riuscìì a trattenermi. Benché il caldo affogasse il pomeriggio la mia pelle chiedeva sesso. In silenzio, con pudore e timore di essere scoperto, chiedevo e cercavo sesso. Salutai la zia attraverso l’androne del palazzo e raggiunsi la solita finestra sul retro del garage vecchio. Giorni prima avevo nascosto qualche fumetto per adulti dentro uno dei mattoni forati del muro perimetrale proprio dietro una lamiera arrugginita. Il pavimento in terra trasudava e l’afrore di quell’angolo vietato mi ricordava quello del sesso quando abbassavo le mutandine davanti a qualcuno che voleva guardarmi. Mi piaceva essere guardato, anzi guardata, ne ho sempre avuta voglia: perdevo il sonno immaginando di spogliarmi davanti a più persone. La mia natura esibizionistica si era espressa presto. Come sempre quando mi trovavo lì dentro mi batteva il cuore: sapevo cosa stavo facendo e sapevo che era proibito. Avrei fatto meglio a stare a casa a riposare in quelle ore, come tanti coetanei, invece correvo lì per istinto, non desideravo altro. Mentre sfogliavo i giornalini mi sembrava che una biscia si stesse insinuando nei pantaloni, ma era solo la sensazione che lo sfregamento delle mutandine contro i jeans mi procurava aprendo e chiudendo le gambe a forbice come per masturbarmi. Bonnie, la protagonista della storia, si stava facendo toccare alla pecorina: una mano le sfiorava la peluria inumidendosi inimmaginabilmente e due dita la penetravano dolcemente. Nella sua bocca semichiusa la lingua roteava uscendo a leccare le labbra. Si insalivava si abbandonava all’orgasmo, al pianto dell’estasi mentre andava alla deriva tra lo stordimento e il piacere. Ma ecco che una due tre ombre saltarono dentro in garage dalla stessa finestra: rispettivamente Mauro, Angelino e Daniele un altro porcellino che frequentavo negli spogliatoi della palestra. Le vidi con la coda dell’occhio e subito eccole davanti, attorno, a me ancora turbata. Pensai che Mauro aveva raccontato dei nostri momenti ad altri. “Dai che con lei ci divertiamo “ sibilò Mauro. Dapprima vollero condividere le immagini del fumetto con Bonnie completamente nuda, imprigionata e alla mercé di impropri secondini che la facevano mugulare. Angelino il più esperto disse subito “ dai facciamolo anche noi, tu sei Bonnie troietta e noi i tuoi rapitori” Opposi resistenza, ovvio, ma assecondavo, anche se un po’ timorosamente, per paura che qualcuno ci scoprisse. “Si daiii” esclamò Daniele, e senza chiedermelo mi spogliò della camicetta di seta che mi aveva prestato Arianna; Mauro finì l’opera togliendomi le scarpe mentre gli altri mi afferrarono le braccia dietro liberandomi dei pantaloni. Nella posizione in cui mi trovavo mettevo in evidenzia il culetto sodo e leggermente a pera e, nello stupore di tutti, le mutandine rosa, ricamate ai bordi, di mia sorella, di una taglia più piccola, che comprimevano i glutei lasciandone fuori oltre la metà ancora più sporgenti. Sentivo le loro mani dappertutto, ma soprattutto tra le cosce e sui capezzoli: mi eccitavano i pizzicotti, i loro commenti caldi e osceni. “Farai quello che vogliamo noi stavolta(…)dai fatti guardare balla sculetta(…)guarda come ti scapelli bene puttanella(…)inarcati inarcati!!” Gemevo senz’ordine, scomposta e abbandonata all’odore al silenzio alle voci silenti e complici. Mauro si spogliò, Daniele e Angelino si mostrarono nella loro bellezza in boxer. A un certo punto vollero provare la scena del fumetto e mi misero alla pecorina, si zittirono: il mio culetto tondo in quella posizione occupava tutta la scena “Inarcalo, inarcalo” volevano vedere cos’altro sarebbe potuto apparire quel bendiddio che sapevo di avere, tanto lo guardavo allo specchio senza soluzione di continuità. Poi sento uno due tre palmi carezzarmi da sotto e un dito che preme sulla rosellina tonda e mite. Ho una serie di sensazioni che partono improvvisamente e da una prima forma di sollievo epidermico passo a un solletico sporco che poi subito si arresta per ricominciare qualche istante dopo. Guardo il colore della mia pelle nei chiaroscuri di quel luogo che accentua le tonalità di bianco di beige di rosa del mio corpo. Ho davanti a me tre cazzi eccitati tesi come corde e uno di essi spinge sulle mie labbra!!! Non avevo mai fatto una cosa del genere ma il piacere di dare piacere in quel momento mi fa aprire la labbra come fossero petali, con la lingua che si avvita su una cappella rossa da morire, come le spire di una serpe, iniziando a suggere. Sento Mauro respirare profondamente mentre Angelino e Daniele si masturbano a vicenda e godono. Ed ecco, finalmente, sulle labbra e sul viso sborra che mi cola agli angoli della bocca, della mia bocca compiacente e ingorda che scende a baciare asta e palle, palle e asta per ridiscendere e risalire in modo convulso. E’un attimo ma sembra preparato da un secolo quell’orgasmo riprovevole e immorale che rubo con soddisfazione ai benpensanti e che imbratta le prime pagine del fumetto di Bonnie. Non soddisfatta però aiuto gli altri due appoggiando il culo sui rispettivi cazzi a cui faccio una sega. Sono l’unica a non venire, ma nella mente ho altri progetti per me stessa: la prossima volta li vorrò tutti, voglio farmi usare come una vera femmina. 3728 0 8 years ago
- 8 years ago Il vecchio garage e i primi passi dell’eros. Quando mi capita di sentire odore di legno invecchiato e di terra umida, ripenso a quel garage vecchio che stava sottocasa, una rimessa di cicli e motocicli arrugginiti che oggi varrebbero una fortuna ma che allora nessuno sapeva come smaltire. Quei ricordi cominciano subito a procurarmi piene emozioni. Ero nella fase in cui non sai ancora cosa sei, se ragazzo o ragazza, ti mancano tutti i segni della virilità e non compaiono quelli della femminilità. Benché avessi ampiamente superato l’età dell’innocenza e il foglio rosa in tasca, infatti avevo un’espressione efebica, un viso da fanciullo e una voce dolce, quasi bianca (al telefono mi scambiavano spesso per mia sorella), dei glutei tondi tondi e nessuna peluria sul corpo. C’era qualcosa dentro di me ancora non ben espresso nonostante una certa biologia dicesse che fossi un maschietto. Nei pomeriggi dopo scuola, era bello giocare con Lupo, il mio meticcio di piccola taglia, a guardie e ladri: gli mancava solo il collare con la stella di sceriffo, perché sapeva scovarmi in ogni nascondiglio. La sua simpatia attirava spesso da me Mauro, un coetaneo pluribocciato di grande sensibilità e gioiosità. Tra me e lui, dirimpettai, si era instaurata un’amicizia più che da vicini di casa, l’uno attendeva l’altro per scendere in giardino a giocare ma all’apparire di Lupo Mauro scendeva per primo. Non avevo mai considerato certe sue battute un po’ brusche e mai visto di buon occhio quando sfogliava di là della rete i fumetti per adulti del fratello. Un giorno ne portò uno, si chiamava “Bonnie” molto noto a quell’epoca, ma in circolazione solo in una certa fascia d’età. Lo portò per sfogliarlo con me e forse per vedere le mie reazioni. Non ero nuovo, a dire il vero, a quel genere di immagini, me ne erano già capitate in compagnia di altri amici; così quando capii che avremmo visto insieme un fumetto per adulti sentii un brivido e una sensazione di calore insieme fra il plesso solare e il sesso. Gettammo una bella palla di pezza a Lupo ed entrammo in quel garage da una finestra coi vetri rotti sempre mezza aperta. All’interno quell’odore ristagnante di vecchiume e muffa a così poca distanza olfattiva dall’odore di sesso sembrava ideale per condividere il proibito. Le prime pagine di “Bonnie” introducevano al dialogo sul piacere che non ha età perché conforme all’essere umano dalla notte dei tempi: la splendida fuorilegge bionda stava corrompendo un secondino del carcere femminile con la complicità di un’altra detenuta che la stava masturbando. Le scene successive, mostravano lingue di saliva scendere dagli angoli della sua bocca e fiotti di umori, stillati oltre le sue intime labbra, catturati dal palmo della mano dell’altra. Mi sentivo sempre più Bonnie, volevo essere sempre più lei, in quella e in altre scene, dove veniva costretta a spogliarsi davanti a secondini di entrambi i sessi che se la godevano di brutto. “ Facciamo come loro?” disse a un tratto Mauro “ tu fai Bonnie io le guardie” e mi spinse contro una madia sghemba che mi fece inarcare la schiena costringendomi ad appoggiarmi estendendo all’indietro le braccia. Mi sentii vinto da quella forza piacevole a cui mi arresi immaginandomi nella stessa situazione di Bonnie. Mauro, evidentemente già esperto, lo capì e senza chiedermi nulla mi infilò una mano nelle mutandine lasciandola scivolare fino sotto le palle. Ebbi un sussulto e per un automatismo reagii : “ No, No, No, lasciami stare, non voglio” ero già pienamente nella fiction con la sola differenza che stavo vivendo realmente quell’incanto e lo desideravo. Cominciammo allora il gioco della ragazza rapita e del rapitore ( io ero la ragazza) al quale non poter di no e al quale doversi abbandonare volenti o nolenti. Furbo come una volpe Mauro si fermò subito dopo per vedere le mie reazioni al che io lo implorai di lasciarmi andare “ No no lasciami, non voglio ho paura, non mi toccare” ma stavo fingendo, perché il mio cazzo era già diventato duro e bagnato in punta. Mi slacciò i pantaloni e me li abbassò accarezzandomi i glutei. Subito con fare manesco com’era sua abitudine mi fece girare e mi buttò a pancia in giù sul piano di una tavolozza li accanto cominciando a palparmi le palle e a scapellarmi delicatamente. Ero stordito ma continuavo a giocare alla finzione del rapimento. Ora avevo il cazzo completamente scappellato e duro, rosso in punta e odoroso di piacere; lui si abbassò e cominciò col leccarmi le palle, facendomi provare note di contorta eccitazione, non prevista, non conosciuta e fortemente immorale. Me le leccò me le mangiò mentre con la mano cominciava lentamente a masturbarmi. Godevo ma volevo recitare ancora la scena stabilita “ siii toccami, mi fa impazzire, noo smetti, non farlo, non voglio”: cos’ero, dov’ero, non lo so, non tornava più nulla. Sentii le sue labbra vicine a baciarmi da sotto, da dietro e poi un movimento dolce e sporcaccione insieme, sulla rosellina del mio buchino, della sua lingua. Mi lasciai fare per una buona mezz’ora chiamando aiuto, per finta naturalmente, supplicando di lasciarmi “libera”, sempre più fingendo. Ero fradicio, lavato dalla sua saliva in ogni poro della pelle e il mio buchino era così umettato da essere ancora più invitante. Un avvampo senza eiaculazione e poco dopo un fiotto di cremina bianca, e poi un altro e un altro ancora, potenti, mi portarono a mugulare come una femmina in calore andando a colare sulle gambe del tavolo. Non ebbi nessuna voglia di ricompormi di smettere di tornare ad essere “ a posto” e in regola con la morale, e rimasi lì mezzo nudo a godere della lingua di Mauro che giocava col forellino in punta leccando e poi lasciando il filetto lattiginoso di quel primo passo verso l’eros. 4765 1 8 years ago