Lo aveva lasciato in quel capannone. Perso tra le risaie e i navigli. Non era nemmeno riuscito a capire quanto tempo era trascorso da che era salito in macchina. Lei lo aveva bendato. Subito. E dopo c’era stata solo la sua voce. Roca, sensuale, ipnotica che lo aveva avvolto in una rete seducente di parole.
Dura. Era stata dura resistere alla malia di quel tono. Ma si era imposto di farlo. Voleva capire. Cosa gli stava chiedendo. Stavolta. No. Non chiedendo. Lei non chiedeva. Mai. Lei pretendeva. Esigeva. E lui? Lui semplicemente l’adorava. Totalmente. E sarebbe morto per la luce che si accendeva negli occhi di lei quando era soddisfatta. Sarebbe morto più e più volte. Se fosse servito. O bastato.
L’aveva ascoltata dunque. Attentamente. E così ora sapeva perché. O meglio sapeva cosa lei voleva da lui. Capire le sue motivazioni. Quelle di lei. Era un’altra faccenda. Spesso ardua.
Voleva una gabbia. Già. Lui era lì, immerso nella luce accecante di quei neon, per costruire una gabbia. Una gabbia a misura d’uomo. La sua gabbia. Quella che lei voleva per lui.
All’inizio aveva pensato scherzasse. Non poteva essersi spinta così oltre. Gli era sembrato troppo. Anche per lei. Ma poi qualcosa nel suo tono. Aveva solo quello a cui aggrapparsi per capire. Realmente. Lo aveva convinto. Era dura. Inflessibile. Ma calda. Aveva come l’impressione che gli stesse facendo un dono. Offrendo un’occasione. E così anche l’ultimo baluardo di blanda resistenza che era rimasto dentro di lui si era spezzato. Si era abbandonato definitivamente a lei. E ai suoi capricci. Era suo. Era libero. Davvero. Finalmente.
Ora però doveva smettere di filosofeggiare. Secondo il dannato orologio digitale che lo osservava beffardo dalla ringhiera del soppalco che attraversava il capannone, gli rimanevano solo tre ore, 24 minuti e 12 secondi prima che lei tornasse. Aveva un lavoro da fare. Un capriccio da soddisfare. Un gabbia da costruire.
Osservò il materiale e gli attrezzi che lei gli aveva fatto trovare. Da un rapido controllo non gli sembrava mancasse niente. Doveva darsi da fare.
Inizio a montare sulla base di lamiera forata le rotelle che avrebbero permesso alla gabbia di essere mobile. Non era difficile. Amava i lavori manuali. Lo rilassavano . E lo lasciavano libero di vagare con la mente. Si vedeva in quella gabbia. In ginocchio. Scosso dalla furia violenta. Meravigliosamente violenta di lei.
Passo all’inserimento dei tubi di acciaio smontabili nello scatolato di lamiera che aveva già provveduto a rivettare sulla base. Dovevano servire a creare il tetto della gabbia.
Non le aveva chiesto che misure avrebbe avuto la gabbia. Se avrebbe potuto starci in piedi. O se invece sarebbe stato costretto ad accucciarsi. Come l’animale. Il cagnolino obbediente e scodinzolante che Lei riusciva a farlo sentire. Sempre.
Se gli fosse stato consentito scegliere avrebbe preferito questa seconda ipotesi. Ma non sarebbe andata così. Lei decideva. E lui godeva delal luminosità che risplendeva sulla pelle di lei quando la decisione marchiava di sangue e lacrime la sua.
Completato il tetto aveva lanciato un’altra ansiosa occhiata all’orologio mancavano due ore e 14 minuti all ‘arrivo della sua Signora. Doveva muoversi davvero. Montò i panelli laterali della gabbia alla velocità della luce saldando i 4 incastri perpendicolari a spina in corrispondenza degli angoli. E riusciendo così a bloccare l’insieme della gabbia.
Le sue mani. Quelle di Lui. Stringevano con forza e determinazione gli attrezzi. C’era leggerezza e perizia nei suoi movimenti. Quella che era solito riservare ai capricci di Lei. Alla loro interpretazione e immediata soddisfazione. Lei amava le sue mani. Quando el massaggiava lento e suadente la pianta del piede si inarcava come una gatta. La sua gatta. La gatta a cui lui apparteneva.
Ecco ora la gabbia avevo preso forma mancava solo di montare la porta e di fissare i panelli alterali realizzati coi tubolari. Si appresto a compiere quegli ultimi passaggi che mancavano poco più di 20 minuti all’arrivo di lei.
Ecco al gabbia era finita e non era grande. Nemmeno piccola. Ma per Lui si. Lui avrebbe dovuto accucciarsi dentro. E quell’idea gli mandava brividi di piacere gelato in tutto il corpo. Si sarebbe offerto. Totalmente indifeso. Alle voglie di lei.
Aveva trovato un biglietto di pergamena glicine. L’inchiostro cremisi spiccava su quel delicato foglietto. Violento come i colpi di frusta che marchiavano la sua pelle. Ripetutamente. Costringendolo a piegare la schiena mentre un sorriso piegava gli angoli delle sue labbra. Lei gli aveva lasciato le istruzioni. Voleva trovarlo dentro la gabbia. Accucciato. Bendato. Con il guinzaglio al collo. Nudo. Naturalmente. Non l’aveva scritto. Ma non aveva bisogno di leggerlo. Lo sapeva. E poi così si sentiva da sempre. Al cospetto di Lei. Nudo. Esposto corpo e anima. Esibito.
Prima di entrare nella gabbia. La sua gabbia. Quella che Lui aveva costruito per lei. Per il suo diletto. Aveva spento tutte le luci tranne uno spot che puntato sulla gabbia, la faceva brillare di mille riflessi. Mancavano due minuti al suo arrivo. L’arrivo di lei. La sua Signora. La Padrona. Si legò la benda sugli occhi e poi si accucciò sul pavimento di freddo acciaio della gabbia. In attesa.
Ogni singolo nervo del suo corpo era in tensione. Si sentiva al suo posto. Eppure era inquieto. Avava bisogno di lei. Gli sarebbe bastato che afferrasse il guinzaglio che negligente pendeva fuori dalla gabbia e lo avesse tirato con forza. Una sola volta. Gli sarebbe bastato. Perché l’avrebbe vista sorridere nel farlo. E illuminarsi. E la ragione, lo scopo, la logica del suo esistere erano tutti lì. In quel sorriso.
Avverti il suono dei tacchi. Rompere il silenzio immobile dle capannone. Trasmettersi come un eco dei battiti accelerati del suo cuore. Istintivamente spinse il culo contro le sbarre.Il colpo lo fece stramazzare. Violento. Duro. Cattivo. Sentiva il sapore del sangue in bocca. Si era morso per non urlare . Lei l’aveva preso per il guinzaglio ora lo strattonava e la gabbia scivolava sulle rotelle ad ogni strattone.. Lo guardava. Non poteva vederla farlo. Ma sentiva chiaramente il peso dello sguardo di lei su di se. Poi..aveva leccato il sangue che gli colava dalla bocca e gli aveva sfiorato le labbra con un bacio…:”Buonanotte schiavo”. Era stato appena un sussurro. Poi solo lo scemare del ticchettio dei suoi tacchi che si allontanavano sul pavimento di ardesia del capannone. Ma lui non aveva bisogno più di niente. Ora.
LA GABBIA
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16 anni fa
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17 anni fa
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16 anni fa
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Mia moglie confessa finalmente
Allora,non so da che parte cominciare, c'è tanta carne al fuoco.Siamo una coppia di 47 e 46 anni, insieme da sempre, sposati e con un figlio.Come succede a tutte le coppie prima o poi, anche noi dopo tanti anni abbiamo subito un calo di desiderio reciproco dovuto alla routine,alla monotonia e ai problemi quotidiani che ti assorbono tutte le energie.In questi ultimi anni per cercare di venirne fuori e ritrovare la nostra intesa ho cercato di capire quali erano le sue fantasie e cosa la faceva eccitare avvicinandomi anche alle tematiche cuckold per cercare di coinvolgerla.Naturalmente il pensare a lei mentre veniva presa da un'altro mi eccitava parecchio e anche lei mentre scopavamo e le raccontavo le mie fantasie godeva da matti.Purtroppo al di fuori dell'atto sessuale di questi discorsi si parlava poco e anche se poi sono riuscito a farle promettere che avremmo realizzato qualcuna di queste fantasie, in concreto successe ben poco.Sentivo che c'era qualcosa che la bloccava ma in cuor mio speravo si sbloccasse lavorondola ai fianchi con continui imput.Invece qualche giorno fà è successo quello che non mi aspettavo più anche se lo sapevo senza certezza.Partiamo dalla confessione, come spesso accade le stavo scrivendo qualche porcata su whatsapp, le solite cose, quanto sei porca, chissà se con un'altro cazzo lo saresti di piu ecc..Ad un certo punto il fulmine a ciel sereno, mi scrive: "comunque posso dirti che uno stretto lungo l'ho gia preso, scusami", potete immaginare come mi sono sentito, un conto è saperlo senza prove, un'altro è sentirselo confessare cosi candidamente.Stranamente non mi è montata la rabbia, anzi il mio cazzo si è svegliato in un attimo e lo ho risposto "cioè?".E lei: "in quel periodo ho scopato con uno, al motel,mi sono sempre sentita in colpa a tal punto che non sono piu riuscita".Io: "con chi, troia, lo sapevo, devi raccontarmi tutto".Lei: "questa sera ma giura che mi perdoni".io: "mi stai facendo eccitare come un porco e ti perdono solo se lo rifarai per me e con me".Lei:"si, forse ora si".Io:"non stò nella pelle, voglio sapere tutto, non vedo l'ora".Lei: "ok, scusami mi sento una merda perchè dovevo dirtelo prima, anche se sono certa che lo avevi già capito".Io:"lo avevo già capito ma non avevo la certezza, l'importante e che finalmente ti sei liberata da questo peso, ora cominciamo a vivere".Come potete immaginare aspettavo trepidante che tornasse dal lavoro, appena entrata mi abbraccia con le lacrime agli occhi chiedendomi scusa e sedendosi sul divano inizia a raccontarmi la storia.Ha conosciuto quest'uomo su una chat come semplice amicizia e parla oggi, parla domani, si sono scambiati il numero di cell. e sono entrati sempre più in confidenza sfogandosi a vicenda e raccontandosi ognuno le proprie storie e i propri problemi, lui separato con due figli e lei che in quel periodo non andava d'accordo con me.Questo rapporto mi ha detto che è durato 5 o 6 mesi finchè un giorno lui le disse che voleva incontrarla e lei accetto.Lui era di Torino e una sera si incontrarono, andarono a mangiare e parlarono molto, si creò una bella sintonia e decisero di rivedersi ancora.La seconda volta, vista la lontananza decise di prendere una camera in albergo per non dover fare la strada di ritorno la notte, lei si fermò in pezzeria, prese due pizze e mangiarono in camera sul letto.Dopo mangiato iniziarono a baciarsi e toccarsi, lui la leccò e la masturbò facendola godere molto e lei fece altrettanto, un bel pompino, aveva un cazzo stretto di diametro ma molto lungo e mi ha confessato che aveva un buon sapore e le è piaciuto molto.Arrivati al culmine dell'eccitazione lui le ha chiesto di poterla scopare, lei era bagnatissima e ne aveva una gran voglia ma non avevano i preservativi e non se l'è sentita(non prendeva la pillola).Allora giusto per farlo comunque godere si è dedicata al suo cazzo con la bocca facendolo impazzire fino a farlo godere, lui stava per veniree continuava dirglielo pensando di toglierlo dalla sua bocca ma lei non lo ascoltò e lo fece sborrare in bocca continuando a pomparlo finchè non uscì l'ultima goccia.Aveva la bocca piena di sborra di uno che non era suo marito ed era eccitata come la più grande delle troie, lui era in estasi e le disse che non aveva mai goduto in questo modo fantastico.Per quella sera finì così ma naturalmente non la storia.Si incontrarono ancora una volta, stessa procedura, cena e poi a letto, mi ha raccontato che era in accappatoio, lo aprì e lui era già eccitato, lei si tuffò sul cazzo e inizio a spompinarlo, lui la spogliò e la leccò per bene infilandole qualche dito nella figa fradicia.E fu così che arrivò il momento, mise il preservativo e la penetrò, mi ha detto che non capiva più nulla, era in estasi, quel cazzo sguazzava nei suoi umori, lo sentiva entrare e uscire in tutta la lunghezza e si sentiva troia ma libera, l'unico problema è che era troppo lungo e quando le sbatteva in fondo le faceva male.La prese in diverse posizioni e alla fine lei volle cavalcarlo, è la sua posizione preferita, ma mi ha detto che non riuscì a prenderlo tutto per via del dolore ma che ebbe un orgasmo da paura.Lo fecero per tre volte quella sera e godette come mai aveva goduto, purtroppo come spesso succede lui si innamorò e lei invece si riempì la testa di sensi di colpa e decise di interrompere la relazione.Questo è quanto, ora ditemi,cosa pensate ora della mia signora?Ora sembra più serena e anche se non ci siamo ancora arrivati la vedo molto decisa e più complice nel voler realizzare le mie fantasie, speriamo presto.
98218
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11 anni fa
pillinca,
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Ultima visita: 4 mesi fa
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per le donne di sexylombardia
petali di rosa. Passa il vento e vi solleva o petali di rosa che a terra vi adagiate come ali di farfalle stanche mentre il giallo diseccato dei pistilli resta inerme a guardare le rosse bianche spoglie che in volo verso l'alto più non san tornare. Ma l'uccellino dalla nota lieve canta ed esulta sù quel caldo candido tappeto di petali di rosa. Eh! la vita eterno effluvio di gioia nella sua breve fragilità. un bacio a tutte Valerio1000
96470
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16 anni fa
valerio,
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Ultima visita: 10 anni fa
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