gi63capo
, 38/46 y.o.
Couple
Udine, Italy
Last visit: 3 months ago
- 3 months ago Caraibi 2 Impiegai qualche attimo per realizzare quello che mi stava dicendo, poi riuscii a metterlo a fuoco nel controluce della porta finestra della camera da cui penetrava il sole cubano. Un languore mi prese nell’osservarlo: pantaloncini corti color cachi in stile militare, camicia bianca di un tessuto simile alla garza, calzettoni bianchi e scarponcini da trekking, portava i capelli sciolti e un berretto con visiera della locale università, era bellissimo. "Ma tu non dormi mai? – gli chiesi – Sono appena le otto e io sono in vacanza". Proprio non mi andava di lasciare quel letto così accogliente e la fresca atmosfera della stanza immersa nell’aria condizionata. Ma lui era implacabile: "Le otto?, veramente io ho già fatto l’allenamento in piscina, prima di venire qui, cosa desideri per colazione?". Stiracchiandomi senza ritegno di fronte a lui, gli chiesi una tazza di tè nero e una fetta di pane con marmellata di fragole. Armeggiò per un attimo e poi mi porse il vassoio appoggiandolo sul bordo del letto, sedendosi anche lui sul bordo. Mi sorrideva, come solo può sorridere un ragazzo della sua età pieno di energie e di entusiasmo. "Ti ho portato degli abiti per l’escursione di oggi, sono di Teresa, penso che dovrebbero starti perfettamente, avete la stessa taglia, mi sembra". La cosa mi stupì, di solito gli uomini, compreso mio marito, non sanno la differenza tra una taglia e l’altra, una misura di reggiseno o di uno slip, Manuel sembrava avermi valutato con molta attenzione il giorno prima. Effettivamente Teresa era molto simile a me, stessa altezza, forse un po’ più seno, ma i fianchi e le gambe erano molto simili, non per niente Teresa era una bella ragazza! In ogni caso rimasi infastidita al solo pensiero di indossare degli abiti di Teresa, anzi rimasi stupita che avesse acconsentito a prestarmeli, comunque non indagai oltre e mi gustai la colazione, servita da quell’ incredibile cameriere. Mentre mangiavo Manuel non mi perdeva d’occhio un istante, era bello mangiare con lui che ti serviva attento a soddisfare ogni richiesta. Poi fummo interrotti dal suono del telefono della camera, alla cornetta c’era Paolo che mi salutò: "Ciao tesoro, mi passi Manuel che abbiamo un problema con i permessi di pesca!" Come diavolo faceva Paolo a sapere che Manuel era in camera da me, pensai alquanto irritata mentre porgevo la cornetta a Manuel. Mentre loro parlavano al telefono di autorizzazioni, permessi di pesca, moduli da presentare nella capitaneria di porto, continuavo a rimuginare sul fatto e alla fine giunsi alla conclusione che, conoscendo le mie abitudini, doveva essere stato Paolo a dire a Manuel di buttarmi giù dal letto se volevamo fare l’escursione. In ogni caso la cosa mi dava fastidio e decisi di vederci chiaro, per cui visto che il mio cameriere era impegnato al telefono mi sporsi in avanti a prendere il bicchiere con il succo d’arancia e nel farlo lasciai scivolare il lenzuolo che mi copriva il seno. Non feci nulla per trattenere il lembo di stoffa e con tutta la naturalezza possibile continuai a fare colazione a seno nudo come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. A Manuel, poggiando la cornetta del telefono, non era sfuggita la cosa, vidi indugiare il suo sguardo sul mio seno e subito sentii i capezzoli indurirsi, come se lo sguardo li avesse fisicamente accarezzati, rimasi turbata da quella sensazione e come una stupida liceale mi affrettai a ricoprirmi. Manuel si avvicinò, pensai che mi avrebbe baciata dopo quell’ invito malcelato, ma disse: "Attenta ti è caduta la marmellata nel letto" raccogliendo il piccolo contenitore di plastica e rimettendolo sul vassoio. Irritata, gli chiesi: "E Teresa come mai non è con te?" Per un attimo non rispose, stupito da quella domanda e dal riferimento a Teresa. "La mattina va a scuola, ci vediamo sul tardi eventualmente". Mi pentii subito di quella domanda che rivelava il mio disagio e gli chiesi di voltarsi per permettermi di andare in bagno per prepararmi. Feci una doccia veloce e rientrai in camera con l’accappatoio . I vestiti di Teresa erano proprio della mia taglia e di gran gusto: un paio di short verde scuro e una t-shirt bianca, che indossai sopra il costume acquistato prima di partire. Raccolsi i capelli con un fermaglio elastico e allo specchio decisi che il risultato finale era passabile. Manuel fu soddisfatto che il tutto fosse di mio gradimento e mi porse un berretto simile al suo: "Il sole di Cuba non perdona" aggiunse. La convertibile ci aspettava di fronte all’albergo e dopo essere saliti a bordo, Manuel si diresse velocemente, come solo sanno fare quelli del luogo alle prese con il traffico disordinato della capitale, verso la periferia. "Dove mi stai portando?" gli domandai "È una sorpresa, Giulia, sono riuscito a farmi dare dal mio professore di botanica le chiavi della Grotta Majore, dove teniamo le colture del laboratorio genetico; so che sei una appassionata di fiori e sicuramente apprezzerai quello che ti mostrerò" Non riuscivo a capire come Paolo avesse avuto il tempo, in pochi minuti, di raccontargli anche questi dettagli. Certo non immaginavo che lui e Manuel fossero in contatto via e-mail da un paio di mesi, durante i quali Paolo aveva avuto il tempo di organizzare tutto il nostro viaggio nei minimi dettagli comprese le fortuite coincidenze che mi sorprendevano sempre più. Quando Manuel mi disse che eravamo arrivati, ci trovammo di fronte ad un cancello con la targa Università dell’Avana, botanica e genetica. "Vieni" mi disse aprendo il cancello. Fatti pochi passi ci infilammo in un sentiero dove il profumo dei fiori ci raggiunse, era talmente intenso che rimasi stupita. Ci addentrammo e dopo un po’ il sole sparì alla nostra vista a causa dei rami degli alberi che formavano un soffitto vegetale molto fitto. Manuel proseguiva con passo spedito, soffermandosi di tanto in tanto ad osservare alcuni innesti che portavano delle etichette di legno. "Fai attenzione ora dobbiamo scendere". Mi tese la mano per guidarmi e scendemmo alcuni scalini ricavati nella roccia, l’umidità era molto forte ma la vegetazione circostante attenuava in modo sensibile il calore dei raggi del sole. "Aspettami qui un attimo, poi ti aiuto a scendere". Aiutandosi con un corrimano in corda scese un piccolo dislivello roccioso, e poi mi invitò a fare lo stesso, mi sentii afferrata dalle sue mani che mi guidavano nella discesa, il mio corpo scorreva sul suo mentre mi calavo, per un attimo mi ricordai delle sensazioni che avevo provato la sera prima quando avevamo ballato insieme. Le sue mani percorrevano le mie gambe, i fianchi e mi ritrovai sul pavimento di roccia che costituiva una piattaforma con un foro di ingresso sul lato sinistro. "Siamo quasi arrivati!" mi disse indicando una pozza d’acqua di mare trasparente. "Dobbiamo immergerci in acqua se vogliamo vedere la grotta, l’ingresso principale, dall’altra parte è ancora chiuso per via dei lavori di costruzione del nuovo montacarichi. Non aver paura si tratta di trattenere il respiro per pochi secondi, lasciamo gli abiti qui". Manuel cominciò a spogliarsi e rapidamente restò in costume da bagno. Per un attimo restai rapita a guardare il suo corpo, la bellezza di un corpo scolpito dall’attività sportiva e dai vent’anni mi si parava davanti in tutta la sua energia e vigore. Sembrava quasi finto nella totale assenza di qualsiasi traccia di peluria, fatta eccezione per un delicato vello sotto le ascelle appena accennato. Provai uno strano languore allo stomaco ed un rimescolamento mentre mi spogliavo sotto il suo sguardo. Terminata l’operazione mi parve di notare un cenno di approvazione quando rimasi in due pezzi, Oddio! Due pezzi, un paio ci centimetri di stoffa tenuti insieme da un paio di laccetti sui fianchi e sulla schiena degni più di un bordo piscina che in quella situazione. Manuel si tuffò in acqua ed attese che lo raggiungessi, l’acqua era talmente trasparente che si poteva vedere distintamente il fondo ricoperto dalla flora acquatica lussureggiante dei carabi. Lo raggiunsi ed insieme percorremmo un paio di metri sotto il bordo della grotta. Come spuntai dall’altra parte restai senza fiato, la caverna era molto vasta, ci si sarebbe potuta giocare tranquillamente una partita di basket, ma quello che mi colpiva era il pavimento letteralmente ricoperto di fiori, illuminato dalle lampade poste sul soffitto della grotta, dalla tonalità leggermente azzurra. Tra i fiori, un sentiero attraversava tutta la grotta, si sentiva forte il profumo che emanavano misto ad un aroma di muschio. La temperatura era poco più di ventiquattro gradi tenuta costante dall’isolamento dovuto alla roccia scaldata in superficie dal sole. "Sei la prima estranea che visita questa meraviglia da molto tempo, ma il professore non poteva rifiutarmi questo favore dopo tutto il lavoro che ho fatto per lui". Sembrava un angolo di un mondo perduto, mi chinai sui fiori e solo allora notai quanto belli fossero, la flora di Cuba si caratterizza non solo per la varietà delle specie, bensì per il suo essere endemica, essere cioè esclusive dell’isola. Nella formazione di questo mosaico ecologico di gran ricchezza e diversità hanno influito fattori come la temperatura, l’ umidità, le piogge, i venti, il tipo di suolo e il fatto di essere un’isola. Diverse varietà del giglio della costa, ma soprattutto le orchidee attirarono la mia attenzione, molte di queste andavano ad alimentare l’Orchideario di Soroa tra L’Avana e Pinar del Rio. Manuel mi portò in un angolo della grotta e mi fece vedere l’orchidea, frutto del suo lavoro, quella che avrebbe presentato con la sua tesi, era un fiore rosso e carnoso. Il fiore delle Orchidee è costituito da sei tepali (nelle piante in cui non esiste la distinzione tra calice e corolla gli elementi che costituiscono il fiore sono detti: tepali). Secondo alcuni si tratta di tre petali e tre sepali (foglie modificate). Il petalo basale unito ad uno stame forma il labello che ha un aspetto tipico a seconda dei generi in questo caso assumeva la forma del sesso di una donna. Si distinguevano le grandi labbra dalle quali prepotentemente usciva il prepuzio di un clitoride rosso fuoco dalla polpa vellutata. Manuel sfiorò quel fiore come se accarezzasse il sesso di una donna, metteva nel movimento la stessa delicatezza e la stessa voluttà di un amante. "Come l’hai chiamata?" chiesi quasi sottovoce a due passi da lui. Non l’ho ancora deciso, ma ora che ti ho conosciuta stavo pensando di chiamarla Giulia. Cosa ne dici?". "Non mi pare adatto, forse Elisa, il mio secondo nome, sarebbe più appropriato". Nel dire queste parole lo fissai intensamente. I nostri visi erano molto vicini, troppo vicini, sentivo il suo alito tiepido sulle mie labbra, volevo baciarlo, volevo mordere le sue labbra, volevo leccare la sua lingua, succhiarla, entrare dentro di lui, fu Manuel a risolvere la situazione: "Vieni ti faccio vedere le colture idroponiche" disse alzandosi e versando una cascata d’acqua gelata sulla mia libidine che stava montando. Mi ritrovai di malavoglia a seguirlo e sorrisi dentro di me nel vederlo assorto nel suo ambiente come un ragazzino, quale mi apparve, che si diverte tra i suoi giocattoli. Era la prima volta dopo l’esperienza con Simone che provavo una forte attrazione fisica per un uomo, ero stupita della mia reazione, non avrei mai pensato di trovare così naturale il pensiero di tradire mio marito, anzi il pensiero di Paolo era l’ultima cosa che passava per la mia testa in quel momento. Era proprio vero quello che diceva la mia amica Sara, quando si autogiustificava: l’unico modo per non cadere in tentazione è rifuggirle. Ma le sorprese non erano finite, la mia attenzione fu richiamata da Manuel che mi invitava a seguirlo, attraversammo un cunicolo non molto alto che ci condusse ad una delle uscite della grotta. La forte luminosità che si intravedeva al termine del cunicolo si trasformò in uno spettacolo mozzafiato, un balcone di roccia sospeso sull’oceano come un’enorme finestra da cui la caverna prendeva aria. Il caldo ci avvolse e l’umidità delle goccioline delle onde che si infrangevano poco sotto ricoprì la nostra pelle. Era uno spettacolo da sogno. Rimasi a bocca aperta di fronte al mare che giocava a rincorrersi sino ai nostri piedi per poi esplodere nel fragore delle onde. Manuel a fianco godeva del panorama come se fosse la prima volta che lo vedeva: "È meraviglioso vero? Io vengo qui a studiare ogni volta che mi è possibile". Lo fissai, il vento che proveniva dal mare gli scompigliava i capelli, sembrava il capitano di una nave mentre affronta il mare in tempesta, non resistetti oltre, mi sollevai leggermente sulla punta dei piedi e mi strinsi a lui che ricambiò l’abbraccio. Era bello sentire le sue braccia cingermi i fianchi, ma lui fraintese le mie intenzioni e con fare innocente disse: "Emoziona anche te, vero?" continuando a fissare l’orizzonte. A quel punto se non ci fosse stato il precedente di Teresa avrei cominciato a nutrire seri dubbi sui gusti sessuali di Manuel. Di certo il mio amor proprio era sparso tra le onde e gli scogli sottostanti, per cui quando Manuel propose di rientrare in albergo ne fui quasi sollevata. Quando rientrammo si erano fatte le tre del pomeriggio e rimanemmo d’accordo che ci saremmo sentiti telefonicamente per decidere il programma della serata. Mi feci portare un paio di sandwich in camera e dopo mi immersi nella vasca decisa a non pensare ad altro che a rilassarmi. Mi svegliò Paolo mentre assopita ero ancora immersa nell’acqua: "Ciao amore, è stata una giornata favolosa, abbiamo fatto una battuta di pesca incredibile, e tu ti sei divertita?" Gli raccontai l’esperienza della mattinata, purgata ovviamente del lato emotivo, e lo invitai a condividere l’idromassaggio, volevo sentirlo, volevo sfogare su di lui le frustrazioni passate con Manuel, ma Paolo cortesemente declinò l’invito: "Faccio una doccia veloce, mi aspettano al porto per mettere a posto l’attrezzatura". Mi sentii delusa, inappagata, presi la decisione di scoparmi il primo uomo che fosse entrato in camera, stavano giusto bussando alla porta, però quando entrò il vecchio cameriere del piano, che probabilmente aveva fatto la rivoluzione dei primi del 900, piano per ritirare il vassoio della colazione, tornai sulla mia decisione e sfinita mi assopii. Paolo tornò dopo una ventina di minuti, l’appuntamento al porto era saltato, mi disse che aveva visto Manuel e che per quella sera ci aveva invitati a casa sua. Anche lui si sentiva stanco dopo un giornata passata in barca e mi raggiunse a letto, si avvicinò e mi sfiorò il collo con un bacio, di spalle a me, mi pressò con dolcezza accarezzandomi i fianchi facendomi rabbrividire, finalmente si accorgeva che esistevo. "Ti sei divertita questa mattina?" mentendo spudoratamente dissi: "È stata una cosa fantastica", descrivendogli tutto quello che di bello avevo visto. "Manuel è stato all’altezza del compito?" aggiunse. Sentivo che il contatto con il mio corpo cominciava a fare il suo effetto per cui lo stuzzicai: "È stato perfetto, non avrei potuto chiedere di meglio, grazie", aggiunsi sottolineando le ultime parole e aumentando la pressione sul suo inguine. Di rimando sentii un fremito attraversare il suo corpo. "Ti è piaciuto?" insistette, "Oh! si è un amante fantastico, anche se è così giovane, sa come far felice una donna" e nel dire queste parole presi in mano il suo sesso che reagì alle mie parole con una violenta erezione. "Mi stai dicendo che avete fatto l’amore?" disse incredulo. "Non era questo che volevi? Me lo hai anche mandato in camera". E mentre dicevo queste cose lo guidai dentro di me, il suo calore mi avvolse, finalmente. Paolo continuava ad interrogarmi ed io gli rispondevo a tono fantasticando le doti di Manuel, le dimensioni del suo sesso, la sua energia. Ad un certo punto mi accorsi di avere esagerato perché Paolo venne dentro di me con un sussulto, mi morsi le labbra per la delusione, quasi procurandomi del male, ma non dissi nulla e restai vicino a lui, ancora dentro di me, sentendo il suo respiro farsi pesante, si era addormentato e anch’io, vinta dalle emozioni della giornata, precipitai in un sonno agitato. Fui svegliata dal rumore dell’acqua della doccia che scorreva, raggiunsi Paolo sotto la doccia e amorevolmente presi il sapone e gli massaggiai la schiena. Le mie mani percorrevano il suo corpo e lo sentii rabbrividire di piacere quando glielo presi in mano, stranamente era eccitatissimo nonostante avessimo fatto l’amore poco prima, pensai di recuperare l’occasione sfumata, ma lui fu lesto a comunicarmi che Manuel sarebbe passato tra poco a prenderci per la serata. Non mi rendevo conto di nulla di quello che Paolo mi stava riservando: il suo finto orgasmo, l’astinenza sessuale prolungata, il suo incontro con Manuel nel pomeriggio per fare il punto della situazione ed avere i dettagli della mattinata trascorsa con me. Immaginate le risate di quei due che stavano giocando con i miei sensi in modo spudorato. Evidentemente la lezione di Simone non mi era stata sufficiente per immaginare quanto fosse abile Paolo a circuirmi. Mente mi preparavo, Paolo mi guardava ammirando la civetteria con cui mi truccavo, e ad un certo punto mi disse tra il serioso e il divertito: "Sai non pensavo che saresti stata capace di andare con un altro senza che io fossi presente, devo preoccuparmi?" All’inizio quasi non capii, poi tentata di confessare la bugia di prima, con una risata decisi di tacere e guardandolo dritto negli occhi gli dissi: "Mi stai trascurando uomo, sai quanto posso essere pericolosa in questi casi, ricordati che la tigre che assapora la carne umana non può più farne a meno." Lui ridendo aggiunse: "Ti piace la carne tenera dei bambini?" alludendo all’età di Manuel. "Mi deve essere capitata una parte poco tenera, però! " conclusi strizzandogli l’occhio mentre mettevo il mascara e lo guardavo dallo specchio. Il citofono squillò. Era il portiere che ci avvisava che Manuel ci attendeva alla reception. Diedi un ultimo sguardo allo specchio, ero soddisfatta, il completo gonna e camicetta di seta di Baloon con le sue sfumature rosse, gialle e bianche s’intonavano all’azzurro del trucco e degli occhi e i capelli biondi sciolti facevano il resto, restituendomi la vista di una donna sensuale pur se decisamente inappagata. Come spesso avviene le disgrazie non vengono mai da sole e nel mio caso la disgrazia aveva il nome di Teresa, seduta in macchina a fianco di Manuel, non meno radiosa di me in un abitino bianco di garza leggera con i capelli neri ebano ad incorniciare quel musetto da Lolita impenitente. Mentre Manuel avviava il motore, Teresa si sporse in ginocchio sul sedile per salutare me e per scoccare un bacio sulla guancia di Paolo, rimasi irritata dal calore con cui Paolo ricambiò il saluto. Al colmo dell’irritazione pensai che Teresa aveva solo 3 anni più di nostro figlio, ma dubitavo fortemente dell’istinto paterno di mio marito nei confronti di quella smorfiosa sgualdrinella. Dopo baci ed abbracci, finalmente Manuel avviò lauto, mentre Teresa continuava a stare in ginocchio sul sedile sporgendosi pericolosamente dalla parte di Paolo ogni volta che la macchina accelerava e la cretina lanciava un urletto che destava l’ilarità di mio marito. Quanto possono essere stupidi gli uomini quando la pollastrella di turno gli sventola la sua disponibilità sul viso, perché Teresa ci stava decisamente provando ed in modo anche sfacciato, tirando a sé Paolo e raccontandogli chissà quale baggianata all’orecchio e scoppiando a ridere prima ancora di vedere se il suo interlocutore trovava la cosa spiritosa. Attraversammo tutta l’Avana vecchia e un pezzo del lungomare prima di arrivare nella periferia dove c’erano alcune case sparse che conservavano intatto il fascino delle costruzioni a due piani, con la terrazza e col tetto fatto di canne. La casa di Manuel stava su una collina dalla quale si vedeva tutta la città e il panorama era bellissimo, fatto di mare, di case colorate, di una folta vegetazione multicolore e del cielo che di sera assume le tinte calde di un quadro ad olio. Manuel ci fece strada e arrivati sulla terrazza la vista che ci si presentò era di quelle mozzafiato: il sole al tramonto si rifletteva sul mare, si sentiva chiaro il profumo dei fiori e una leggera brezza mitigava l’umidità sempre presente. Restammo tutti e quattro in silenzio ad osservare quello spettacolo naturale. Il primo a riprendersi fu Manuel che propose di bere qualcosa. Il gusto del Mojihto che ci portò era molto fruttato e solo il pizzicore alla lingua rivelava la forte presenza dell’immancabile rum, ma questo era di ottima qualità, decisamente differente da quello dozzinale che servivano nei locali, anzi il gusto leggermente asprigno era decisamente gradevole. Teresa, che dimostrava molta familiarità con la casa, accese l’impianto stereo e la melodia di un chitarrista emerse come per magia dai bordi del terrazzo diffondendo la musica in sottofondo, lei si mise a danzare in modo molto sensuale ad occhi chiusi, lasciandosi guidare dalla musica. Teresa aveva un modo di muoversi e danzare veramente elegante, frutto di anni di danza; aveva l’incedere classico di chi è abituato a muovere il proprio corpo seguendo le note, le spalle si muovevano indipendentemente dal resto del corpo, i fianchi roteavano, si flettevano imprimendo al busto una rotazione che veniva accentuata o rallentata dalla posizione delle braccia, lunghe e flessuose. La sua danza aveva catturato l’attenzione di tutti, ognuno di noi provava un piccolo sentimento di invidia nei suoi confronti per la sua capacità di seguire l’armonia della musica. Ad un certo momento si avvicinò a Paolo e lo trascinò verso di lei, mettendolo al centro della sua danza come totem sacro. Paolo, catturato dalla magia di quella danza, non riusciva a staccare gli occhi dal corpo di Teresa, poi si diresse verso Manuel e gli cinse il collo con quelle braccia lunghe e flessuose terminando il movimento in un abbraccio che l’avvolse, con un gamba sollevata a cingergli i fianchi. Teresa ci aveva conquistati, giovane vestale che danzava in onore dei suoi dei, e quando venne dalla mia parte la seguii, trascinata dalle sue mani. Sentivo il calore che emanava il suo corpo, i suoi occhi neri come la notte si perdevano nei miei, sentivo il battito del cuore che accelerava e la testa leggermente persa nella vertigine che la rotazione del suo corpo mi trasmetteva. Le sue mani sfioravano il mio corpo, poi prendevano il mio viso e lo tiravano a se, quando al termine della musica avvicinò le sue labbra alla mia bocca trovai naturale assaporarle. Dio mio, come erano morbide, profumate, dolci, come intontita piegai leggermente il capo per gustare profondamente quella sensazione, fu allora che sentii la lingua di Teresa, sottile, agile, nervosa, morbida come solo la lingua di una donna può essere, si allargava sul mio palato, mi massaggiava dall’interno le guance, poi sentii le mani di Teresa che scivolavano sotto la leggera seta della camicetta che afferravano i miei seni e i suoi denti che mordevano le mie labbra sino a quasi farle sanguinare. Mi staccai da lei con violenza e per un attimo barcollai, poi la fissai dritta negli occhi sembravano quelli di una fiera a cui hanno sottratto la preda, poi mi sorrise, si avvicinò e mi sussurrò: "Scusami, quando ballo perdo la testa". Fui solo in grado di annuire "Me ne sono accorta", ricambiando il sorriso. Quando ci voltammo verso gli uomini li trovammo con una espressione di stupore stampata in viso per lo spettacolo cui avevano assistito. Teresa fu rapida a commentare: "Piaciuto lo spettacolo?", accompagnando le parole con un inchino che strappò gli applausi di Paolo e Manuel. Improvvisamente l’ostilità verso Teresa era svanita ed anche il suo atteggiamento non era quello di sfrontata provocazione manifestato nel primo incontro. Manuel sparì in cucina e tornò con un carrello in cui facevano bella mostra frutti di mare, delle deliziose aragoste e i Camarones (i tipici e gustosi gamberi cubani). Non aspettammo il suo invito e gustammo quella cena improvvisata, questa volta non c’era il mojihto ma la Cerveza Espezial fatta con una lattina di birra, due cucchiaini di zucchero, tre cucchiai di succo di ananas (o d’arancia, pompelmo, mandarino ecc.), un cucchiaio di rum invecchiato tre o sette anni, due o tre cubetti di ghiaccio. Il discreto contenuto alcolico di questa bevanda e la facilità con cui si gusta ebbe un deciso effetto sull’umore dei convitati. Decisamente su di giri, finimmo stesi sul divano a bere un forte caffè e a gustare, comprese le signore, dei sigari havana di prima qualità dal gusto fortemente aromatico. Teresa si alzò e mise sul lettore di cd un disco di criolla. Sin dalle prime note cercai di capire se fosse vero quello che avevo letto da qualche parte, e cioè che la musica criolla si nutre di elementi africani, europei e anche nordamericani, ed è caratterizzata da forme quali la contro-danza, il son, il bolero cubano, la conga e la celebre rumba. Si liberò dei sandali e si lanciò in un ballo frenetico e sensuale. Pareva nuovamente in trance, Manuel abbassò le luci ma lasciò che una lampada multicolore la illuminasse. Era bellissima, ben presto si liberò anche dell’abito di garza e rimase solo con un minuscolo tanga nero che poco nascondeva del suo corpo di splendida diciassettenne. Seguiva il ritmo della musica iniziando un lieve ondeggiare del corpo che si trasmetteva dalla testa ai piedi, i lunghi capelli neri le coprivano e scoprivano i seni sodi con la punta dolce e tonda e leggermente conica della donna ancora bambina. Ero ipnotizzata dalla sua figura che danzava per noi e quando con un gesto della mano mi invitò a raggiungerla non fu necessario insistere. In piedi di fronte a me attendeva qualcosa fissandomi, capii che desiderava che mi liberassi degli abiti, slacciai la camicetta e lei slacciò l’unico bottone della gonna che scivolò ai miei piedi. Le sue mani seguirono il contorno dei miei fianchi, sollevai le braccia e lei risalì poggiando le sue mani sui miei seni nudi, rabbrividii e mi avvicinai al suo corpo, sentivo la punta del suo seno carezzare dolcemente i miei capezzoli che si erano fatti turgidi e sensibili. Com’era dolce il contatto con i suoi seni, aumentai la pressione e sentii la loro morbida carezza allargare l’area di contatto mentre le sue mani percorrevano la mia schiena costringendomi ad inarcarla per godere appieno della carezza. Poi fu la volta di Manuel ad essere invitato al centro di quel fascio di luce che illuminava quella strana compagnia, anche lui si liberò degli abiti e rimase con un ridottissimo perizoma che a stento nascondeva l’emozione della situazione, io stavo tra Teresa e Manuel e quando lei lo abbracciò mi trovai stretta tra i loro corpi, sentivo il sesso di Manuel pulsare dietro di me. Le sue mani risalivano dai fianchi per approdare ai miei seni cominciando ad accarezzarli, mentre la punta scorreva tra le sue dita a v, procurandomi un piacere fortissimo. A quel punto sentii Teresa che slacciava i piccoli fiocchi che reggevano le mie mutandine, che lentamente caddero ai miei piedi. Si chinò tra le mie gambe e mentre affondava la lingua nel mio inguine abbassava gli slip di Manuel liberando il suo desiderio compresso dalla stoffa. Teresa continuò ad affondare il suo viso tra le mie cosce e facendolo mi costringeva ad accentuare l’angolo del bacino, poi attraverso le mie gambe infilò una mano e prese il sesso di Manuel guidandolo con l’altra mano dentro il mio corpo. Ero talmente bagnata che non offrii la minima resistenza alla sua invadenza, scivolò dentro di me e lo sentii riempirmi tutta, rabbrividendo di piacere nell’incrociare lo sguardo di Paolo che seguiva la scena ancora seduto nel divano. Fu in quel momento che capii che tutto quello che mi stava accadendo era frutto della sua mente e gliene fui grata, fu giusto un attimo perché i colpi di Manuel mi facevano sussultare spostando la testa di Teresa che con le labbra incollate alle mie grandi mi tormentava senza respiro, vedevo la sua testa ondeggiare al ritmo del suo compagno e ogni tanto ricevere in bocca il suo sesso quando Manuel smetteva di torturarmi. Teresa era in ginocchio tra le mie gambe ed a un certo punto spostò il sesso di Manuel e lo indirizzò sul fiore di carne tra le mie natiche, aiutando il suo incedere con la saliva. Ebbi un lieve sussulto quando Manuel superò i due anelli che lo separavano dall’interno della mia pancia. A quel punto Teresa prese Paolo e lo condusse sotto la luce che illuminava la sua mogliettina che gemeva sotto la monta del giovane cubano, la vidi slacciare i jeans di Paolo e abbassargli contemporaneamente gli slip. Il suo membro ebbe un sobbalzo quando si liberò dell’elastico degli slip, ma Teresa fu rapida ad afferrarlo e a farlo sparire tra le sue labbra. La sua invadenza mi diede fastidio, però considerando quello che mi stava facendo il suo uomo alla fine la giustificai. Teresa stese un tappeto sul pavimento e su di esso fece stendere Paolo, poi mi liberò dalla stretta di Manuel e mi fece inginocchiare sul sesso di Paolo, non capivo il motivo della sua azione, ma fu solo un attimo e Manuel mi raggiunse di nuovo alle spalle, Teresa costrinse la mia schiena a flettersi su Paolo per accogliere anche lui. Essendo quella via già usata non provai molto dolore, ma comunque due lacrime caddero sul viso di Paolo che mi guardò un po’ allarmato. In quella situazione di precario equilibrio, Paolo aveva poco spazio per muoversi pressato dal mio peso e da quello di Manuel, cercava di rifarsi con le mani che si agitavano sui miei fianchi, mentre le nostre bocche e le nostre lingue tentavano un contatto che i colpi di Manuel ogni tanto interrompevano. Paolo stava godendo sui movimenti del sesso di Manuel che era a stretto contatto del suo. Io facevo solo da tramite al loro piacere, per un attimo mi sentii usata da quei due maschi che si procuravano piacere a vicenda. Teresa nel frattempo era dietro di noi dedicandoci equamente le sue attenzioni: ora infilando una mano tra me e Paolo accarezzandomi il clitoride, ora premendo le labbra sull’ano di Manuel che solleticava con la punta della sua morbida lingua, o estraendo il suo sesso da me per succhiarlo avidamente per alcuni secondi e poi guidarlo ancora dentro le mie viscere. Vedevo Paolo attraverso il dondolio impresso al mio corpo da Manuel, con lo sguardo annebbiato dal piacere che stavo provando e dall’effetto dell’alcol contenuto nella Cerveza Espezial, poi percepii dalle contrazioni del suo sesso che stava raggiungendo l’apice del piacere. Tentava di prolungare l’atto, ma il sesso di Manuel implacabile non accennava a rallentare la sua azione, mi chinai sulla sua bocca e, seguendo gli insegnamenti di Simone, gli tolsi il respiro per aumentare il suo godimento. Lo vedevo soffocare ma tenni la mia bocca sulla sua sino a quando non avvertii l’ultima contrazione del suo sesso dentro di me, solo allora mi spostai e lui prese fiato con la stessa violenza del nuotatore che risale in superficie dopo una profonda apnea. Lo sentii fuoriuscire dal mio corpo non avendo più il turgore per resistere alla pressione esercitata dal sesso di Manuel. Sentivo l’orgasmo impadronirsi di me ma lo ricacciai indietro con la forza della volontà, non era ancora il momento di cedere al piacere che stavo provando, avevo imparato che questo momento era quello in cui l’uomo è più vulnerabile, soddisfatto il suo piacere vorrebbe sottrarsi, ritirarsi ma mi sentivo implacabile. Ancora una volta si era preso gioco di me e per quanto grande fosse il piacere di cui mi aveva reso partecipe meritava una punizione, anzi forse solo quella punizione poteva appagarlo completamente. Strofinando il mio sesso sul suo pene senza vita, imbrattato dei miei e dei suoi umori, gli trasmettevo il movimento e i sussulti di Manuel, sorridendogli godevo su di lui, non mi facevo alcuna remora di tacere i suoni che provenivano dalla mia gola scossa dal piacere, lo baciavo in modo lascivo, gli succhiavo il mento, baciavo avidamente con la bocca spalancata il suo collo e mi impadronivo della sua lingua succhiandola come se fosse il pene di Manuel. Poi sentii le dita della mano di Teresa che si impadronivano del mio sesso: una, due, tre, ed infine fui penetrata da tutta la sua mano, tanto che il sesso di Manuel non riusciva più ad entrare. Teresa con la mano dentro il mio corpo accompagnava il movimento dell’altra sua mano che mi tormentava il clitoride. Sentivo la punta delle sue dita che esploravano tutto il mio sesso e quando raggiunsero il fondo non seppi più resistere a quel dolce supplizio. Scossa dall’orgasmo, sentivo la vagina contrarsi per espellere quella mano , ma lei la teneva ben salda accarezzandomi tutte le pareti mentre il suo polso sottile e delicato ruotava accompagnando il movimento dei miei fianchi. Crollai sul ventre di Paolo scossa da quelle sensazioni e provai una violenta fitta di piacere quando Teresa tolse la mano da dentro il mio corpo. Paolo rimase immobile per un tempo che mi parve infinito, incapace di strapparmi da quel torpore. Furono Teresa e Manuel che dolcemente mi sollevarono e mi poggiarono sul cuscino del dondolo. Avvertii la presenza di Paolo che si sedeva e dolcemente mi prendeva la testa poggiandola sul suo grembo, passando una mano sul mio viso e tra i miei capelli in un atto di amore che mi tranquillizzò e, vinta dalle emozioni, mi assopii. Quando ripresi conoscenza, mi sollevai dal dondolo e vidi Manuel e Teresa abbracciati sul divano sul quale probabilmente avevano placato l’eccitazione che ci aveva coinvolti in quello strano baccanale fatto di sesso, alcol e cibo. Il mio sguardo incrociò quello di Teresa che disse: "Ciao Muchacha, ti sei divertita?", le sorrisi facendo segno di sì e pensando che avevamo ancora tre settimane di vacanza davanti a noi pensai: "Questo è solo l’inizio, mia piccola jinetera". Poi mi strinsi a Paolo e baciandolo gli dissi: "Sei il solito bastardo, ora però mi racconti tutto!" 2684 0 7 years ago
- 3 months ago Caraibi 1 Breve riassunto del precedente racconto: Massaggio Faccio subito la mia presentazione, mi chiamo Giulia, ho 32 anni, occhi chiari, capelli chiari, patatina chiara… con una peluria morbida morbida che non ha mai richiesto l’intervento di creme depilatorie o rasoi. Sono sposata , udite udite, da 15 anni, dopo una intensa storia d’amore con Paolo, mio marito, il primo uomo della mia vita, il primo bacio della mia vita, che ha la mia stessa età e che a 17 anni pensò bene di non uscire tempestivamente dal mio pancino, per cui dopo un paio di mesi mi ritrovai con un pancione. … Un giorno Paolo, che periodicamente è afflitto da forti mal di testa di origine cervicale e per i quali ha sempre tentato di tutto, mi dice:" sai sono stato da un massaggiatore/pranoterapista che lavora in quella Beauty Farm xxxxxx , costosissima e affermata, che si è detto disponibile a tentare di risolvere il mio problema con una nuova tecnica di massaggi… effettivamente ne ho tratto un certo giovamento" … Mio marito aveva quasi cambiato umore, sempre allegro, senza "mal di capa", si usciva e si faceva l’amore molto più spesso del solito, ero quasi giunta alla convinzione che Simone fosse dotato di qualità taumaturgiche, tanto che un giorno, mentre Paolo innalzava l’ennesimo peana al santone-massaggiatore pronunciai la mia condanna "Sarei curiosa di provare un massaggio, sai anche io, dopo 8 ore di lavoro e gli impegni di casa, a fine settimana non avrò mal di testa ma certo non sono al top" Squilli di trombe, fuochi artificiali, il pollo ovvero la pollastra era caduta nella trappola. … Ad un certo punto sobbalzai nel sentire il viso di Paolo che aveva avvicinato la bocca al mio orecchio e mi chiedeva come stavo, il "bene" che uscì dalle mie labbra somigliava più ad un rantolo, tanto che lo vidi sorridere e al tempo stesso scambiare un rapido sguardo che a me parve di intesa con Simone. … Simone era un professionista, abituato a "lavorarsi" almeno un paio di donne al giorno aveva una lingua prensile, esercitata, lunga e robusta. Affondava in mezzo alle piccole labbra con l’energia di un dito, entrava ed usciva dalla mia vulva, percorreva la circonferenza del mio clitoride incessantemente, lo mordicchiava leggermente con i denti, lo succhiava, lo aspirava e poi lo respingeva con la lingua. … Paolo mi sollevò dal lettino e mi stese amorevolmente sul letto di stuoie e si mise di fianco a me, mentre Simone si dispose dall’altra parte, da quella posizione diedi uno sguardo al soffitto che rifletteva la nostra immagine, pensai alla scena di Novecento di Bertolucci dove l’attrice protagonista sta tra i due suoi uomini. Paolo e Simone, entrambi nudi, stavano al mio fianco, mi sentivo al settimo cielo. Oramai l’imbarazzo per la situazione era del tutto svanito per lasciar spazio alla peccaminosità, anzi diciamo pure alla lussuria della situazione. Mentre i miei uomini indugiavano in lente carezze sul mio corpo, cercavo di riprendere il controllo per uscire da quello stato di giocattolo erotico in cui ero sprofondata, nel fare ciò notai che sia Paolo che Simone erano in piena erezione, con una certa soddisfazione e spirito di corpo notai che Paolo non sfigurava nel confronto con Simone e con fare malizioso guardandoli alternativamente negli occhi per vedere le loro reazioni afferrai i loro membri, anzi diciamo pure i loro cazzi, ritengo che fosse quello il termine esatto per la situazione. Nel fare ciò, sorridendo, dissi loro "qualcuno è rimasto a bocca asciutta o sbaglio" . Entrambi volsero lo sguardo nella direzione del mio e sorrisero insieme alla scena che lo specchio rifletteva. … Se volevano giocare sporco avevano trovato pane per i loro denti, passai il preservativo a Paolo e Simone si spostò dalla sua parte, e mentre Paolo tentava di mettere il cappuccetto al pene di Simone che io, con la mano, tenevo fermo di fronte a lui, presi in mano anche il membro di Paolo e cominciai a masturbarlo dolcemente facendogli perdere concentrazione tanto che dovette ripetere un paio di volte l’operazione prima di riuscire ad incappucciare Simone. Vi assicuro che idealmente il tabellone segnò dieci a zero per me. Volevo stravincere e avvicinai la bocca al sesso di Simone che stava a 30 centimetri dalla faccia di Paolo, anche se c’era di mezzo il profilattico era pur sempre il cazzo di un altro uomo che stavo succhiando ma non mi bastava per cui con estrema dolcezza misi la mano sulla nuca di Paolo e con lo sguardo fisso sui suoi occhi prima lo baciai e poi avvicinai la sua bocca al membro di Simone. … Nel suo lento incedere aveva incominciato a seguire il mio respiro, con la guancia mi stava chiudendo il naso costringendomi a respirare con la bocca, stavo respirando dalla sua bocca che teneva incollata alla mia, capii quello che stava facendo e lo assecondai anche quando sentivo che la testa si faceva leggera per il tasso di anidride carbonica che stava aumentando nel sangue, però le sensazioni si stavano acuendo, oramai mi stava scopando con tutto il corpo e il movimento dei sui fianchi aveva preso un ritmo più svelto, lo tenevo stretto a me con le braccia e con le gambe sollevate sino a cingergli i fianchi, il suo pene usciva sempre di più dalla mia vagina e affondava di colpo scuotendomi dalla testa ai piedi. Caraibi 1 Simone, oramai era solo un dolce ricordo, partito per una serie di crociere nei Caraibi a bordo di una di quelle navi da crociera che sembrano grattacieli galleggianti. Aveva ricevuto una di quelle offerte alle quali è difficile dire di no. La sua compagnia era diventata una dolce abitudine nella quale sia io che Paolo indugiavamo un paio di volte al mese, più che un amante era diventato un complice, alla fine rifiutava anche il suo compenso di serio e qualificato professionista. I miei due amanti spesso gareggiavano nel procurarmi un piacere che poche donne sicuramente provano nella vita, e io cercavo di ricambiare la loro dedizione donandomi completamente senza remore né fisiche né mentali. Il giorno in cui Simone ci svelò i suoi piani mi accorsi che stavo perdendo un compagno fidato e un amante eccezionale che ci aveva insegnato l’ arte di amare il corpo di una donna, che solo un professionista che ama il suo lavoro possiede. Paolo capì il mio sentimento e cercò in mille modi di sopperire alla malinconia che alle volte provavo, soffriva in silenzio la sua inadeguatezza, di cui era consapevole, e si doleva per la mia tristezza, ma comprendeva che Simone era diventato molto importante per entrambi e ci mancava. Un paio di volte mi propose una nuova esperienza ma il problema era trovare un altro uomo che avesse le doti ed il carisma di Simone, che con la sua forza vitale ti travolgeva e ti precipitava in un turbine di emozioni. Tuttavia il nostro legame era talmente saldo e la passione ancora viva che pian piano tornammo alla vita normale, le ferite si rimarginarono e Simone scomparve anche dai ricordi, anzi la mia mente stese un velo di oblio su quel periodo della mia vita, al punto che pensare ad un altro, che si insinuava tra me e Paolo mi infastidiva, esattamente come accadeva prima di conoscere Simone. Un giorno Paolo arrivò a casa con due biglietti aerei. "Preparati" – mi disse – festeggeremo i dieci anni di matrimonio a Cuba, sarà come una seconda luna di miele, Micina, ho già parlato con i miei: ci terranno il bambino. Wow!!! Cuba era la meta preferita delle mie vacanze, finalmente avrei potuto visitare quei luoghi vagheggiati nei racconti di mio padre, che ci aveva vissuto un paio d’ anni prima di tornare in Italia e mettere su famiglia. Ottenere tre settimane di vacanza in quel periodo dell’ anno non era facile in ditta ma, in virtù della considerazione che godevo presso il mio capo, alla fine la spuntai. Il giorno successivo lo passai a fare shopping, saccheggiai i negozi di costumi da bagno, copricostume, cappelli, parei e qualsiasi altro articolo o oggetto che avesse a che fare con il mare. Il sabato seguente eravamo a Malpensa e dopo un bel po’ di ore di volo atterrammo all’ aereoporto José Martì. Incredibile la sensazione di umido che ci avvolse insieme ad un caldo a cui non eravamo di certo abituati. Ma finalmente eravamo a Cuba. All’ uscita trovammo una fila di taxi, salimmo in un’immensa Cadillac degli anni ’40, di colore bianco celeste che velocemente ci portò al Santa Isabella, un albergo a cinque stelle con 100 anni di storia, situato in Plaza de Armas, ad un paio di metri dalla piazza dove venne fondato il villaggio di San Cristobal, che poi divenne l’Avana che conosciamo. La sala che ci si presentò, una volta entrati nell’ albergo, era fantastica: specchi, lampadari, tavoli e sedie erano in quello stile che le tante pellicole di Hollywood ci hanno mostrato. Il personale alla reception era di una gentilezza commovente, due boys in divisa presero in consegna i nostri bagagli e ci condussero in camera. Paolo aveva fatto le cose in grande stile, forte del cambio favorevole e del fatto che non eravamo in alta stagione aveva prenotato una suite. Uno dei ragazzi, un bel ragazzo sui venti anni, con fare cortese aprì la porta finestra che dava sul patio della suite e la stanza fu illuminata dallo splendido sole dei, il patio dava su Plaza de Armas e in lontananza si vedeva il Malhcon, il famoso lungomare. Paolo mi raggiunse dopo aver dato l ‘immancabile mancia ai due ragazzi, e mi avvolse con le sue braccia da dietro. "Sei felice? Ti piace?" Neanche persi tempo a rispondergli, lo baciai con tutta la passione e la riconoscenza di una compagna che si sente cullata dalle attenzioni del proprio partner. Sotto si sentivano le urla dei ragazzini che assillavano i turisti che lasciavano l’ albergo offrendosi come guide. Il patio era in stile coloniale, come pure il dondolo comodo e spazioso sul quale mi tuffai, Paolo mi raggiunse con una caraffa di succo d’ arancia, non attesi che versasse il succo nel bicchiere e quasi gliela strappai dalle mani tanta era la sete. Avevo indosso ancora gli abiti del viaggio, inadeguati al clima di Cuba, per cui non ci pensai due volte e me ne sbarazzai restando con la sola biancheria intima. Notai lo sguardo di interesse negli occhi di Paolo, il reggiseno era di quelli push-up impreziosito dal pizzo che copriva la parte superiore del mio seno e gli slip giusto un triangolino davanti ed un sottile filo dietro che spariva tra le gambe. Accovacciandomi vicino a lui ripresi a baciarlo appassionatamente, ma gentilmente mi respinse: "Cambiati, ti porto fuori, le sorprese non sono terminate ". A malincuore ubbidii, il languore che provavo mi ricordava che non stavamo insieme da due settimane complice il ciclo e il solito inopportuno viaggio all’ estero di Paolo. Il bagno della suite era grande come la camera da letto, al centro una vasca a livello del pavimento, di lato una doccia che avrebbe potuto accogliere una dozzina di persone, i lavabi in marmo rosa e un divano senza spalliera simile ad un triclinio romano. Mi sbarazzai dell’ intimo e mi tuffai nella vasca ricolma d’ acqua tiepida profumata, la vasca era talmente profonda e larga che si poteva accennare il movimento di una nuotata, su di un lato c’ era il supporto per due persone che permetteva di rilassarsi cullati dall’ acqua. La voce di Paolo mi strappò da quel deliquio e uscita dall’ acqua mi avvolsi in un accappatoio di spugna morbidissima, dopo essermi asciugata lo lasciai sul pavimento e completamente nuda andai in camera per scegliere come mi sarei vestita per quel primo pomeriggio all’ Avana. Non feci caso alle voci che sentivo, probabilmente Paolo aveva acceso la tv come fa sempre quando lo faccio aspettare, aprii la porta del bagno e rivolgendomi a lui dissi: " Paolo devi provare la vasca", ma non feci in tempo a finire la frase. Mio marito ed il suo ospite si erano voltati verso di me sentendomi entrare. Paolo sorrideva per l’ imbarazzo della scena, il suo ospite era combattuto tra volgere lo sguardo altrove e la sorpresa di vedermi completamente nuda, con la bocca ancora aperta per non aver completato la frase. Imbambolata, non sapevo cosa fare, non avevo nulla a portata di mano per coprirmi, non volevo fare la figura della tipa che si copre pudicamente con le mani, per cui reggendo lo sguardo di Paolo e dell’ospite attraversai la camera da letto e mi recai nello spogliatoio dove c’erano le nostre valigie. Quei cinque o sei metri avrei voluti farli di corsa pensando che dopo aver offerto al loro sguardo la parte anteriore del mio corpo avrei completato l’ opera mostrandogli le mie natiche in una passerella inaspettata. Con dignità aggiunsi: "Scusate, faccio in un attimo". Quel figlio di buona donna di Paolo soggiunse: "Fa pure con comodo cara, stavo facendo la conoscenza con Manuel, la guida che l’ albergo ci ha trovato per la vacanza ". Passandogli vicino dissi: "Potevi almeno avvertirmi che c’ erano ospiti". Sorridendo continuò: "Manuel parla perfettamente l’ italiano ha fatto due anni di liceo a Roma ". Avvampai e sparii alla loro vista. La guida? Nessuno mi aveva parlato di una guida, pensai, cercando di ricompormi e alla ricerca di qualcosa da mettermi addosso. Quando ebbi terminato, sentii chiudersi la porta e capii che il nostro ospite ci aveva lasciato, Paolo fece capolino dallo stipite della porta che dava nello spogliatoio e fu lesto a spostarsi quando vide arrivargli addosso la punta affilata di un tacco da 10 cm. delle mie scarpe, "tregua" gridò sorridendo da dietro la porta. In ginocchio implorò il mio perdono: " Scusami l’ occasione era troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire, dovevi vedere la tua espressione quando hai aperto la porta." Lo scaraventai sul pavimento e gli saltai addosso: Non mi sono mai vergognata in vita mia come oggi, mi pareva di essere la puledra che passa di fronte agli acquirenti di un mercato arabo". Tornata seria gli domandai chi fosse Manuel e perché rovinare l’ occasione di fare una bellissima vacanza portandoci appresso un estraneo. Paolo mi spiegò che si era documentato sull’ ambiente che avremmo trovato a Cuba, sulla necessità di poter contare su una guida del posto per evitare gli assalti dei locali che si scatenano non appena vedono un turista isolato. Aggiunse che Manuel era uno studente universitario al secondo anno di biologia, figlio di un pezzo grosso del ministero del commercio cubano ed aveva vissuto a Roma un paio d’ anni per cui conosceva perfettamente l’ isola e altrettanto bene la lingua italiana. Fui inflessibile, non me la sentivo di dividere la mia vacanza con altri al di fuori di Paolo, mi feci promettere che avremmo visitato l’isola da soli. Paolo, stranamente acconsentì senza discutere e rimirando e facendo commenti assai lusinghieri sul modo in cui mi ero vestita propose di visitare la città. Sulla porta dell’ albergo il portiere ci propose di farci guidare da una chica (una ragazza). Noi cortesemente rifiutammo, affermando che sapevamo come cavarcela da soli, e notammo un sorrisetto di commiserazione da parte del portiere. Dopo due passi fu la volta di due ragazzi (Jineteros) che si offrirono di accompagnarci in giro per la città vecchia, affermando di essere delle guide autorizzate e mostrandoci dei tesserini che avrebbero potuto essere qualsiasi cosa, tanto velocemente li fecero sparire dopo averceli mostrati. Ci portarono alla cattedrale e da qui sul Malhcon, ci fermammo alla Bodeguita del Medio, il locale reso leggendario da Hemingway, e qui pretesero che gli offrissimo un Mojihto, un mix di Rum scuro, soda, lime, zucchero di canna e menta fresca, che fatto come si deve è molto gradevole ma nella confezione da strada non lo è affatto Quando ci venne fame, ci portarono in una bancarella della vicina piazza dove acquistammo delle focacce, ovviamente anche i nostri squisiti accompagnatori pretesero di partecipare al banchetto. Ad un certo punto non li ressi più e con la banale scusa di voler stare da sola con il mio uomo li liquidai, subito si affrettarono a chiederci 20 dollari per averci fatto da guida, supplicai Paolo di darglieli pur di toglierceli di torno. Fatti un centinaio di metri fummo abbordati da un ragazzo che si offriva per farci compagnia, io che non capivo la lingua del luogo chiesi a Paolo cosa volesse: "Ti sta chiedendo se vuoi la sua compagnia questa notte, afferma di essere superdotato e di saper leccare, immaginati cosa, per ore ed ore ". Rimasi allibita: "Sta proponendo questa cosa a te? " "No per me dice di avere la sorellina di 14 anni vera esperta di un non meglio precisato succhia dito piede, e visto che siamo appena arrivati ci praticherà un grosso sconto sulle tariffe abituali" . Nel tragitto di un paio di centinaia di metri ricevemmo profferte in spagnolo, inglese ed italiano che avrebbero fatto la felicità di sadici, masochisti e soprattutto pedofili. Ero nauseata e chiesi a Paolo di prendere un taxi per tornare in albergo. Il tassista osservò che a Cuba i turisti non potevano pensare di camminare indisturbati senza far parte di una comitiva o essere accompagnati da una guida del posto. Arrivati in camera nostra chiesi a Paolo se pensava che quel Manuel potesse essere la soluzione ai nostri problemi. Temevo che continuando di quel passo avremmo fatto delle vacanze terribili. Paolo rifletté un attimo poi aggiunse: "L’albergo garantisce sulla sua correttezza e preparazione". " Fai la cortesia, richiamalo ! – aggiunsi prima di sparire in bagno. Manuel ci raggiunse nella hall dell’ albergo alle sette di sera, era un bel ragazzo, come lo sono tanti alla sua età, ma i genitori, cubano il padre e una rossa irlandese, la madre, gli avevano conferito un patrimonio genetico invidiabile. La carnagione era chiara, piuttosto abbronzata, ma i tratti somatici erano quelli dei cubani, i capelli castani ramati e due occhi verde scuro brillantissimi. Alto come Paolo circa un metro e novanta, aveva quella muscolatura consistente e guizzante classica di chi fa sport acquatici, giocava a pallanuoto da molti anni. Che strano, forse l’ imbarazzo della situazione del giorno, aveva impedito che notassi tutte queste cose. Manuel era vestito secondo i dettami del luogo, maglietta e jeans, ma la loro fattura denotava una certa cura nel taglio e nei tessuti, i capelli erano lunghi e raccolti in un accurato chignon sulla nuca, al collo un ciondolo che pareva un sole Inca legato da un laccio di cuoio scuro e calzava delle espadrillas verde scuro. Ma quello che mi colpì fu il suo sorriso quando si chinò leggermente a stringermi la mano, avete presente dei denti perfetti e bianchissimi e degli occhi profondi e leggermente orientaleggianti che ti scrutanovano l’ anima. Manuel era bello, indubbiamente bellissimo, peccato che fosse così tremendamente giovane, anche se pareva molto sicuro del suo fascino. In perfetto italiano ci salutò e subito ci presentò il programma che aveva preparato per noi. Era riuscito a procurarsi una Pontiac degli anni 60 convertibile in ottime condizioni, per visitare gran parte dell’ isola. Quando uscimmo dall’ albergo capii subito che con la sua guida sarebbe stata un’ altra cosa. Era come un salvacondotto, nessuno dei tanti passanti osò importunarci con le loro proposte e apprezzai i suoi modi quando mi aprì lo sportello. La Pontiac scoperta era di un fantastico rosso fuoco, con gli interni di pelle rossa consunta dal tempo. Presi posto al suo fianco e Paolo dietro di me, oramai si era all’ imbrunire e ci propose di andare a cena in un raffinato locale per turisti, io gli risposi che ero venuta a Cuba per conoscere la vera Cuba, così come tante volte me l’ aveva raccontata mio padre e poi mi interessava vedere la Havana Vieja (che nel 1982 l’Unesco aveva proclamato patrimonio dell’ Umanità`). Manuel rispose: "Per me va bene, ma statemi vicino". Tra di me, sorridendo pensai: "E chi ti molla" . Andammo in un Paladar, un ristorante privato, di quelli da 10 dollari a persona, dove il padrone di casa ci offrì una cena a base di arrosto di maiale condito con una salsina piccante e una bottiglia di rum aromatizzato, che aveva un sapore aspro e piccante. Dopo il Paladar chiesi a Manuel di portarci in qualche locale notturno dove si potesse ascoltare della musica cubana. Ci portò in un locale vicino alla Plaza della Revolucion, il Delirio Habanero dove si esibiva un gruppo musicale molto quotato tra gli intenditori e poi sul tardi si proseguiva con la discoteca ma sempre con ritmi latino americani. Lungo il percorso, Manuel ci illustrava la storia dei luoghi che attraversavamo, ma io ero distratta, non stavo ad ascoltarlo attentamente come faceva Paolo, che spesso interrompeva Manuel per chiedergli dei dettagli. La mia attenzione era concentrata su un pensiero che si stava facendo strada: chi era Manuel? Troppo perfetto per essere una casuale guida di un hotel, troppo perfetto per i miei gusti, o meglio aveva in sé molti di quegli elementi che amo in un uomo: era prestante fisicamente, aveva dei modi decisi ma gentili, si muoveva con l’ agilità di un grosso felino, aveva lo sguardo di chi intuisce perfettamente cosa nascondi dentro. Mentre parlava, ogni tanto volgeva lo sguardo verso di me, pareva che mi stesse valutando. Un’ altra cosa che mi lasciava perplessa era il modo di rivolgersi a Paolo, diamine si conoscevano da un paio d’ ore e sembrava che si conoscessero da sempre. Il caldo nonostante fosse già tardi ed il sole tramontato da un pezzo era sempre elevato. Sentivo l’ aria calda ed umida che mi imperlava la fronte, a stento mitigata dal flusso d’ aria che investiva l’ auto scoperta, sentivo l’ inguine e le cosce sudate, tanto che ad un certo punto nonostante la gonna molto corta sentii il bisogno di allargare le gambe, il movimento richiamò l’ attenzione di Manuel che per un attimo fissò le mie gambe, mentre sollevava lo sguardo incrociò il mio e mi sorrise con l’ aria innocente di un ragazzino colto sul fatto. Istintivamente mi spostai sul sedile voltando le ginocchia dalla parte opposta a lui. "Che sfrontato" pensai. Arrivati al Delirio Habanero ci trovammo immersi in un’ atmosfera da film, molti turisti ai tavoli ascoltavano quella musica inconfondibilmente cubana, una cameriera ci accompagnò al nostro tavolo e Manuel ordinò da bere per tutti. Questa volta il rum era mescolato ad un succo di frutta che ne addolciva l’ aroma, i cubetti di ghiaccio che galleggiavano nel bicchiere furono una benedizione per la sete ed il caldo sempre presente. Manuel voltando lo sguardo nella sala salutava molte persone, soprattutto molte ragazze che facevano parte della borghesia cubana, poi incrociò lo sguardo con una ragazza di una comitiva di giovani poco distanti dal nostro tavolo. Vedendo Manuel, la ragazza si alzò e gli venne incontro, era molto bella, la classica bella ragazza cubana dalla pelle ambrata. Con un incedere molto sensuale si avvicinò a Manuel e prima che lui riuscisse ad alzarsi dalla sedia gli gettò le braccia al collo e gli diede un bacio sulle labbra, nel fare ciò potei vedere le sue gambe lunghe e slanciate e anche parte di un fantastico sedere a stento coperto dalla sua minigonna rossa. Un tanga veramente ridotto (avete presente il filo interdentale?) lasciava generosamente scoperto il suo fondoschiena. La scena non passò inosservata, Paolo al mio fianco dovette sicuramente rammaricarsi di non avere la macchina fotografica a portata di mano! Si chiamava Teresa, e come scoprii in seguito aveva 17 anni, era compagna di liceo della sorellastra di Manuel. Provai un senso di disagio nel vedere l’ intimità` che c’ era tra i due nonostante Manuel cercasse di dissimularla con un certo imbarazzo. Manuel fece le presentazioni e quando fu la mia volta notai nello sguardo di Teresa una malcelata insofferenza, mi squadrò dalla testa ai piedi e si strinse ancora di più al ragazzo cingendogli i fianchi con un braccio, quasi a voler riaffermare un diritto di proprietà su di lui. L’ imbarazzo svanì quando riuscì a trascinarlo nell’ angolo della sala dove alcune coppie stavano ballando. Indubbiamente era una bella ragazza e il modo in cui si stringevano ballando lasciava pochi dubbi sui rapporti che dovevano esserci tra loro. La voce di Paolo mi colse alla sprovvista: "Speriamo di non aver perso la nostra guida ". Infastidita da quel commento, non lo diedi a vedere perché, se da un lato il mio orgoglio di femmina aveva accusato il colpo, dall’ altro ero sollevata dai pensieri che mi avevano assalito in macchina. Dopo dieci minuti, Teresa tornò dai suoi amici e Manuel venne al nostro tavolo, scusandosi per averci lasciato soli. Ci raccontò che era una compagna di studi della sorella e che frequentava assiduamente la loro casa. Paolo, sorridendo, commentò: " Ovviamente tu le darai una mano con i compiti ". Manuel divertito e con una punta di imbarazzo rispose: Beh! Quando posso essere d’ aiuto non mi tiro indietro, sono molto affezionato alla mia sorellina "e alle amiche della sorellina mi pare di vedere" aggiunse in tono complice Paolo, strappando un sorriso a Manuel. Ero veramente infastidita dal tono del discorso, mi sembrava di essere la vecchia zia che assiste alle conquiste del nipotino prodigio, così alzandomi chiesi a Paolo di farmi ballare. " Scherzi?" – mi rispose – "Lo sai che a mala pena me la cavo con un lento, per questi balli sono negato". Manuel si alzò immediatamente e prendendomi per mano mi portò al centro della pista dove oramai c’ erano tantissime coppie impegnate a ballare. Manuel era un ballerino formidabile, nonostante il fisico prestante si muoveva con l’ agilità di un professionista, sentiva la musica dentro di sé e trasmetteva al partner una sensazione di energia e vitalità. Io, da parte mia, appassionata di ballo, avevo frequentato da ragazza la scuola di un’ amica di mia madre per cui riuscivo a seguire Manuel anche se lui apportava continue varianti ai passi, tanto che un paio di volte mi ritrovai tra le sue braccia che mi facevano ruotare, mi attiravano a lui e respingevano. Manuel era bello, aveva la fronte imperlata dal sudore, aveva sciolto i capelli che ora fluttuavano intorno al suo viso e sulle spalle conferendogli un aspetto selvaggio. La polo incollata al centro del torace e sotto i pettorali, per il sudore, delineava il suo corpo atletico come una seconda pelle, i jeans aderenti mettevano in risalto un sedere perfettamente modellato. Cominciai a percepire l’ afrore del suo sudore quando con le braccia mi attirava, la pelle emanava un buon profumo di maschio, le sue mani abituate a carpire il pallone bagnato durante le partite di pallanuoto erano forti e agili, sentivo la loro forza quando mi facevano roteare imprimendo il movimento ai miei fianchi. Poi la musica cambiò ritmo, la voce del cantante del complesso si modulò in un blues caldissimo e mi trovai serrata tra le braccia di Manuel con le sue mani che mi tenevano aderente al suo corpo, assecondando i movimenti dei suoi fianchi. Lo guardavo dritto negli occhi, sentivo il suo respiro affannato dal ritmo del ballo precedente, sentivo il calore che emanava. Per un attimo percepii un movimento tra me e lui all’ altezza dell’ inguine e istintivamente infilai ancora di più la mia coscia tra le sue forzando il passo di danza, lui si ritrasse e come il ritmo della danza si fece più veloce fece ruotare il mio corpo e mi ritrovai di spalle stretta a lui. Ora decisamente lo sentivo, spostai il bacino al centro delle sue gambe e accentuai il movimento ondulatorio dei fianchi, improvvisamente fummo interrotti da un’ altra coppia che nell’ impeto del ballo ci urtò leggermente. Ci separammo. Tornando al nostro tavolo trovai Paolo che conversava amabilmente con Teresa. Fui infastidita dalla scena e non feci nulla per nasconderlo. Lei prese Manuel per mano e lo trascinò nuovamente a ballare. Con un tono secco chiesi a Paolo se Teresa l’ avesse intrattenuto affabilmente. "È veramente notevole quella ragazza, – mi rispose – dimostra molto più della sua età, non si è persa un dettaglio del vostro ballo, penso che Manuel dovrà darle qualche spiegazione ". Arrossii violentemente: " Cosa vorresti dire?", aggiunsi un po imbarazzata. Lui si affrettò a precisare che le cubane sono tra le donne più gelose della terra, e se vedono il loro uomo ballare con un’ altra sono capaci di piantargli un coltello nella schiena. Per manifestare il mio disinteresse dissi: "Rientriamo in albergo sono stanca, lasciamo i ragazzi a divertirsi". Anche Paolo si dichiarò stanco perché non aveva ancora assorbito la differenza di fuso orario, perciò dopo un breve conciliabolo con Manuel fece chiamare un taxi dal cameriere e tornammo in albergo. Arrivati in albergo, il portiere consegnò a Paolo un biglietto, poi salimmo in camera. In ascensore gli chiesi cosa ci fosse scritto nel biglietto. "Oh, nulla di importante – mi rispose – è solo la conferma della battuta di pesca di domani" "Battuta di pesca? – esclamai con voce alterata – Lo sai che odio andare a pesca". Nessun problema, ho sentito Manuel e mi ha promesso che domani ti porterà all’oasi marina di Santa Caterina che volevi visitare" "Ma volevo stare insieme a te durante le vacanze" dissi con rammarico. "Giulia, siamo appena arrivati, abbiamo 3 settimane per noi, sai quanto ci tenevo ad una battuta di pesca al marlin, se non ci vado domani non avrò più l’opportunità di farlo". Se da una parte ero dispiaciuta, dall’altra visitare i dintorni di Guanabo, un paese situato nelle Playas del Este, le più famose spiagge dell’isola, mi avrebbe compensato del fatto di essere stata abbandonata dal maritino. L’indomani fui svegliata alle sei del mattino dal trambusto che Paolo stava facendo per prepararsi alla battuta di pesca. Nel salutarmi mi disse che Manuel sarebbe passato a prendermi alle otto. Mentre ancora stavo sognando fui svegliata da qualcuno che bussava alla porta, era la cameriera che portava la colazione che Paolo aveva ordinato per me. Dissi di entrare che la porta era aperta e ancora con gli occhi chiusi, quando sentii la porta aprirsi, le dissi di poggiare sul letto il vassoio e di scostare le tende della porta finestra. "La signora comanda qualcos’altro?" Questa domanda, in perfetto italiano e non nello spagnolo del personale di servizio, mi fece sobbalzare ancor più del tono maschile della voce. Era stato Manuel a parlare, come per magia si era materializzato nella camera e come vide il mio sguardo stranito si affrettò a dire: "Ciao, Giulia, mi sono permesso di sostituire la cameriera, sono già le otto e se vogliamo andare al PARCO NATURAL DEL RINCON DE GUANABO dobbiamo affrettarci. Dista circa 25 chilometri da qui". 3128 0 7 years ago
- 3 months ago Umiliato da mia moglie E' un po' lungo ma prima di smettere di leggere guardate i commentiFaccio subito la mia presentazione, mi chiamo Giulia, ho 32 anni, occhi chiari, capelli chiari, patatina chiara… con una peluria morbida morbida che non ha mai richiesto l’intervento di creme depilatorie o rasoi. Sono sposata , udite udite, da 15 anni, dopo una intensa storia d’amore con Paolo, mio marito, il primo uomo della mia vita, il primo bacio della mia vita, che ha la mia stessa età e che a 17 anni pensò bene di non uscire tempestivamente dal mio pancino, per cui dopo un paio di mesi mi ritrovai con un pancione. L’incoscienza , l’amore, il fatto di avere dei genitori benestanti risolsero la situazione e ci trovammo marito e moglie con un pargoletto in arrivo a 18 anni. Furono anni di passione travolgente, vivevamo la spensieratezza dei nostri coetanei grazie al sostegno della famiglia, però eravamo marito e moglie, avevamo un figlio e ci perdemmo tutte quelle cose che fanno della giovinezza un ricordo che ti riscalda il cuore quando vai avanti con gli anni. Mio marito prese la laurea e si trovò in prima fila quando Internet esplose in Italia, trovò un bellissimo posto di lavoro in una grossa società e fece, essendo pagato, quello che gli altri avrebbero pagato per fare. Era un esperto e da maritino innamorato amava condividere le sue esperienze con me, tanto che dopo un po’ di tempo riuscì a trovarmi un impiego in una società del suo gruppo. Sono stati anni pieni di scoperte, che ci hanno riempito la vita. Però dopo 10 anni di convivenza qualche cosa cominciava a prendere il sapore dell’abitudine, ritrovarci nelle braccia l’uno dell’altra era sempre fantastico e soddisfacente ma , soprattutto lui, mi confessò, che alle volte si ritrovava a fissare e desiderare il sedere o la scollatura di una collega ventenne (dio mio! come è bassa l’età media di chi lavora su Internet, frotte di ragazzine che assediano i call center per guadagnarsi spesso solo il top o le scarpe all’ultima moda o un nuovo telefonino). Ho detto soprattutto lui perché io non sentivo assolutamente alcun disagio, a me lui bastava, eccome, avevo un figlio meraviglioso, un lavoro appassionante e Internet che faceva da legante alla mia vita. Però il problema di questa insoddisfazione latente covava e l’evoluzione della coppia, una coppia moderna e antica come la nostra passava tra l’esperienza dei filmini hot visti e commentati insieme e consumati come un afrodisiaco. Ricordo ancora la prima volta che guardammo insieme uno di questi film, non osavo credere che potessero esistere uomini così dotati e donne così spregiudicate, donne con la patatina depilata che si facevano prendere da tre uomini contemporaneamente, più che film porno mi sembravano film di fantascienza. Oppure collezionare gli oggetti acquistati dai sexy shop della rete che davano luogo alle fantasie più spinte. Il fallo gigante color negro che mi dava i brividi e che dava origini a feroci confronti con quello del mio compagno, normo dotato, come scoprii in seguito e che introdusse la fantasia del terzo uomo, insomma un percorso comune a tante comunissime coppie. Poi Paolo iniziò a fare dei discorsi strani "cosa ne diresti di invitare un ospite" ed io "quale ospite? Proprio non me la sento di cucinare nel fine settimana" . Non lo facevo apposta a non capire, proprio non riuscivo a concepire una cosa del genere per cui mi sembrava assurda solo pensarla o discuterci. Paolo paragonava l’ospite ad un vibratore fatto di carne anziché di plastica e non capiva le mie obiezioni quando gli dicevo che dietro il vibratore di plastica non c’e’ nulla a parte la mano di chi lo utilizza, mentre dietro un vibratore di carne c’era un altro uomo, con pensieri, gesti, umori, sapori e sentimenti e che io non sarei mai andata o mi sarei fatta toccare da uno sconosciuto, il solo pensare di trovarmi in un letto con un altro uomo, sentire le sue mani addosso, o qualcosa d’altro che ti tocca scatenava in me un rifiuto violento, pensando di smontarlo gli dicevo che per fare una cosa del genere avrei dovuto approfondire la conoscenza, uscirci insieme, apprezzarlo sentirmi desiderata e questo poteva comportare il rischio di innamorarmi di lui. E quando restavo sola riflettendo su quanto Paolo proponeva mi infuriavo ancora di più, però quelle parole ottenevano il risultato di incuriosirmi, alle volte mi soffermavo a guardare i miei colleghi maschi e immaginarli nel contesto della mia vita, "strano" pensavo "il fatto in se non è disgustoso, quello che è disgustoso è che il mio uomo, il mio amore, il mio gelosone possa solo pensare di condividermi con uno sconosciuto" e le immagini di questa fantasia erano tratte pari pari dal copione di uno dei tanti film porno visti insieme a Paolo: io china su Paolo a fargli un pompino mentre l’ospite mi prendeva alle spalle, il pene di mio marito che mi scappava dalla bocca sotto le spinte dell’ospite o io che succhiavo alternativamente i loro membri. Scoprii allora l’altra faccia della rete fatta di sesso, filmati, immagini , chat, gruppi di discussione, blog. Restai folgorata da quell’offerta di sesso, i motori di ricerca che usavo per lavoro trasudavano di sesso, alle volte lo schermo si riempiva talmente di sessi in erezione che non ero più in grado di fermare quell’orgia di peni senza staccare la spina del computer, con buona pace dell’addetto dell’office-automation che poi avrebbe dovuto rimettere le cose a posto. Ad un certo punto riuscii anche a percepire l’origine del malessere di Paolo, ma non riuscivo o non volevo scavare a fondo, le sue parole mi dissociavano, avevano il potere di mettere in discussione i principi su cui si basava la mia vita, però cercai a modo mio di risolvere la situazione secondo il mio modo di lavorare… Non potendo contare su esperienze precedenti all’incontro di Paolo a parte il maldestro tentativo di palpeggiarmi il seno di un compagno di liceo durante una gita scolastica finito con una paccata in faccia e le libidinose attenzioni di uno schifoso fotografo di paese che tentò di mettere le sue manacce sotto mia la gonna finito anche questo con una randellata con l’ombrello, e le confessioni della compagnia di scuola che la dava a tutti, mi rivolsi ad Internet, il materiale non mancava e così scoprii che usando il ditino sul culetto di Paolo, lui godeva da pazzi mentre glielo succhiavo, scoprii il gusto della doppia penetrazione con l’uso dell’attrezzo di Paolo e il vibratore (non quello grande grande), insomma cercavo di "aggiornarmi" di seguire le tendenze . Paolo che è una persona di grande sensibilità ed intelligenza, dotato di una mente estremamente creativa percepì questo mio sforzo e da parte sua cercò di fare altrettanto ma quello su cui lavorò in modo particolare fu il tentativo di capire il mio modo di ragionare, in seguito mi ha confessato che in quel periodo si documentò sul modo in cui le donne percepiscono la sessualità, come comunicano e rimasi colpita dal fatto che effettivamente ad un certo punto riusciva ad essere particolarmente affettuoso e comprensivo, anche a letto le cose filavano diversamente, mi ritrovavo a godere tra le sue braccia in un modo sfrenato, tra di noi si stava sviluppando una intesa che era molto appagante. Ad esempio, io non ho mai gradito di essere toccata nella zone anale, pur non disdegnando i rapporti anali, soprattutto quando l’atmosfera non è veramente surriscaldata e il "delirio dei sensi" funge da narcotico per una educazione pseudo-moralista dura da superare. Ebbene in un paio di settimane riuscì a farmi apprezzare la sua lingua che percorreva tutta la mia schiena per poi soffermarsi a titillare il mio buchetto posteriore, anzi divenne così bravo che riuscii a trovare il coraggio di chiedergli io stessa la prestazione con sua grande soddisfazione. Non mi accorgevo che stava studiando il mio essere donna, successivamente mi confessò che aveva comprato e "studiato" un manuale: Super Sex Power di CR James, vera bibbia della seduzione (a suo dire) e che aveva avuto un intenso rapporto epistolare con tanti appassionati della materia, tra i quali anche una vostra conoscenza: Xlater. A questo punto vi chiedo come può un’onesta moglie difendersi da un assalto così scientifico, articolato e studiato a tavolino ricorrendo a dei marpioni di questo genere? Tanta strategia generò un piano diabolico per irrettirmi. Un giorno Paolo, che periodicamente è afflitto da forti mal di testa di origine cervicale e per i quali ha sempre tentato di tutto, mi dice:" sai sono stato da un massaggiatore/pranoterapista che lavora in quella Beauty Farm xxxxxx , costosissima e affermata, che si è detto disponibile a tentare di risolvere il mio problema con una nuova tecnica di massaggi… effettivamente ne ho tratto un certo giovamento" Alle sue parole esultai (il cinicone aveva previsto che la cosa mi avrebbe fatto tanto piacere e che quindi subito avrei provato una devota simpatia per il massaggiatore) , poi aggiunsi " chissà, però, quanto ti verrà a costare"-" molto meno di quello che si possa immaginare" aggiunse prontamente" dopo il lavoro fa degli extra a casa sua o presso i clienti e le tariffe sono decisamente abbordabili, circa 50 euro, inoltre essendo diplomato può farmi la ricevuta per il rimborso da parte della nostra assicurazione sanitaria" Non aggiunse altro, mi sarei immaginata una dettagliata descrizione del suo incontro ed invece nulla, ci rimasi un po male e fui costretta a chiedergli chi fosse il massaggiatore, cosa gli aveva fatto ecc. ecc. Mi disse che aveva 35 anni, si chiamava Simone e che l’aveva ricevuto dopo l’orario d’ufficio in un appartamento in periferia in cui si era appena trasferito per cui non disponeva ancora di una sala attrezzata e che lo aveva fatto accomodare nella sua camera da letto. Basta, non aggiunse altro. Il cinico aveva imparato molto bene come incuriosirmi, lui non mi raccontava alcunché mentre io quando andavo dall’estetista dovevo spiegargli cosa avevo fatto, con chi, se c’erano uomini tra i clienti o tra il personale e di che colore era dipinta la sala d’aspetto!!! Simone, ovviamente con la famosa beauty farm non aveva nulla a che fare, era un massaggiatore-gigolò, con chiare tendenze bull ma anche bisex, insomma una miscela esplosiva di perversione e simpatia che aveva preso a cuore la causa di mio marito e che si dannò l’anima per cercare di aiutarlo a esaudire il suo sogno segreto, ovviamente tutto questo lo scoprii molto più tardi a mie spese?! La "cura" andò avanti per un paio di settimane, perché Simone "doveva dividersi" tra il suo lavoro alla beaty-farm e l’attività a domicilio (da leggersi: dovevo cuocere a fuoco lento). Mio marito aveva quasi cambiato umore, sempre allegro, senza "mal di capa", si usciva e si faceva l’amore molto più spesso del solito, ero quasi giunta alla convinzione che Simone fosse dotato di qualità taumaturgiche, tanto che un giorno, mentre Paolo innalzava l’ennesimo peana al santone-massaggiatore pronunciai la mia condanna "Sarei curiosa di provare un massaggio, sai anche io, dopo 8 ore di lavoro e gli impegni di casa, a fine settimana non avrò mal di testa ma certo non sono al top" Squilli di trombe, fuochi artificiali, il pollo ovvero la pollastra era caduta nella trappola. Si era attivata la fase uno del piano strategico tra Paolo e Simone. Premetto che non sono mai stata in un centro massaggi, per cui chiesi a Paolo di spiegarmi nei dettagli come si svolgeva il massaggio, come dovevo vestirmi, cosa dovevo attendermi. Paolo non si perse in chiacchiere:"mettiti della biancheria intima comoda e fai attenzione che lui usa tanto olio per massaggi, per il resto non devi preoccuparti è uno che sa il fatto suo, sai dove lavora…" e concluse con un "mettiti nelle sue mani" che suonò decisamente stonato tra le labbra di Paolo che si scocciava quando qualcuno mi sfiorava in metrò. Arrivammo a casa di Simone, al secondo piano di una palazzina di periferia, ci aprì la porta e ci accolse con un sorriso e presentandosi ci fece accomodare in un soggiorno/angolo di cottura multiuso che sembrava più un pied-à-terre di uno scapolo: tv al plasma 30 pollici, xbox 360, mobile bar pieno di bottiglie a metà, un divano in pelle ultracomodo estremamente vissuto. Con curiosità notai che il rapporto tra Paolo e Simone era quello di due vecchi amiconi, fatto di mezze frasi, sorrisi, commenti su cose di cui ero completamente all’oscuro. Simone però era simpatico, capelli castano chiari lisci e corti, degli occhi celeste chiaro che ti scrutavano dentro e che non lasciavano trasparire cosa stesse pensando mentre ti guardava, era alto quasi 1.80 con un fisico snello, pensai che sotto la polo che indossava doveva avere un fisico muscoloso, con quei muscoli lunghi e guizzanti che forse un massaggiatore deve avere, vestiva una polo firmata e jeans. Ci fece strada in camera da letto, attraverso un lungo andito su cui si aprivano altre tre stanze, arrivati in camera da letto, il mio sesto senso femminile urlò a squarciagola "dove stai andando". Effettivamente quella che provavo era una vaga sensazione di disagio, al centro della camera un grande letto matrimoniale, di fronte un grande armadio con una parete a specchio, un comò in stile e due lampade che fornivano una luce soffusa, una candela profumata spargeva un profumo dolciastro che ricordava l’essenza del sandalo. Paolo mi lesse nel pensiero "dove mi hai portato?" infatti aggiunse prontamente che si trattava della soluzione provvisoria a cui mi aveva accennato e che Simone stava aspettando dal comune l’autorizzazione per fare una ristrutturazione per ricavare lo studio in una delle altre stanze del corridoio, Simone farfugliò qualche cosa approvando. Simone stese un telo su di un lato del letto e mi invito ad accomodarmi sull’altro lato mentre invitava Paolo a prepararsi per il massaggio fornendogli un telo di spugna per coprirsi. Simone uscì dalla stanza e Paolo inizio a spogliarsi, rimasi stupita dal fatto che restasse completamente nudo, stendendosi sul telo e che si coprisse le natiche col telo di spugna. Gli chiesi perché non tenesse gli slip e lui mi disse che con tutto l’olio che usava Simone per il massaggio non voleva rovinarsi la biancheria e che per il massaggio Simone gli aveva detto che era meglio non avere alcun capo di vestiario od oggetto addosso. Visibilmente preoccupata gli dissi "a me non importa della biancheria, io mi tengo il reggiseno e le mutandine, altrimenti niente massaggio" – " infatti ti avevo avvertito in anticipo" fece lui cominciando a rilassarsi in attesa del massaggio. Simone tornò e cominciò a massaggiare la schiena di Paolo, i suoi movimenti erano sicuri, lenti e senza pause, mentre lavorava mi spiegava quello che stava facendo, veramente incredibile la varietà di manipolazioni che stava eseguendo. Saliva e scendeva lungo la colonna vertebrale di Paolo e dall’espressione del viso di mio marito percepivo un estremo rilassamento, quando Simone iniziò a massaggiare i polpacci e le cosce potevo vedere quale fatica doveva costare eseguire quel massaggio, Simone aveva la fronte imperlata di sudore e ogni tanto usava il polsino tergisudore. Ad un certo punto arrivato ai glutei tolse il telo di spugna dai fianchi di Paolo e cominciò un massaggio ai glutei veramente energico alternando quell’azione decisa a un massaggio superficiale molto delicato che assomigliava alle carezze di un amante. Simone aveva disposto le gambe di Paolo leggermente divaricate, io dalla mia posizione d’osservazione potevo vedere la peluria scura del perineo di mio marito e … si indubbiamente quella pelle chiara che si vedeva sotto erano i suoi testicoli, rimasi imbarazzata al posto suo per quella oscena posizione e maliziosamente pensai a memorizzare la cosa per una feroce presa in giro alla prima occasione. Simone nella sua azione allargava e avvicinava le chiappe di Paolo e si vedeva chiaramente il suo buchetto che avevo imparato a conoscere nelle sue reazioni alle mie carezze quando lo sfintere si rilassava e si creava un piccolo pertugio che amavo violare. Poi Simone chiese a Paolo di voltarsi e con mia grande sorpresa vidi che c’era una parvenza di erezione, avete presente quello stato di pre-erezione, quando il pene aumenta di dimensioni ma non ha ancora la forza di ergersi, che precede e segue la vera erezione, ebbene Paolo era in quello stato, forse lui non lo percepiva perchè era rimasto tanto tempo a pancia in giù e la compressione sul pene gli aveva tolto un po di sensibilità. Simone si accorse che io avevo notato la cosa e mi sorrise allargando le mani come a voler dire che si trattava di una reazione spontanea ad una sensazione di benessere. Risposi al sorriso come un sorriso da ebete che visualizzai come se mi stessi guardando in uno specchio e distolsi lo sguardo. Paolo dava l’impressione di vagare in un altro mondo, mentre Simone continuava incessantemente a contribuire al suo nirvana, quasi felice del piacere che le sue mani stavano donando. Quando terminò il massaggio quasi fu costretto a svegliare Paolo dal suo torpore e mi disse di prepararmi mentre lui andava a rinfrescarsi. Mentre Paolo atterrava nuovamente sulla terra, io incominciai a spogliarmi e risentii nuovamente il mio sesto senso che mi avvertiva del pericolo, ma ormai non potevo tirarmi più indietro per cui forte delle mie mutandine e del mio reggiseno mi sdraiai al posto di Paolo che si stava pian piano riprendendo, ivi compreso il suo pene che rientrava nei ranghi per evitare di lasciare traccia di quella erezione inopportuna. Le mani di Simone sulle spalle mi fecero sobbalzare, non l’avevo sentito tornare, si muoveva in quella casa come le sue mani si muovevano sul corpo delle altre persone. Delicatamente mi slacciò il reggiseno per poter effettuare il massaggio della schiena. Un altro brivido lo provai quando un’abbondante dose di olio raggiunse la mia schiena scorrendo lungamente prima di arrestarsi alla base dei fianchi. Simone ci sapeva veramente fare, il massaggio al collo , ai lati del collo , sulle scapole e sulla colonna vertebrale mi precipitarono in una sensazione di benessere, sano benessere , ancora ero turbata dalla reazione di Paolo, che guardava la scena direttamente o attraverso l’ampio specchio che rifletteva la parte posteriore del mio corpo. Fu in questo momento che i nostri sguardi si incrociarono, Paolo mi stava guardando anzi mi stava studiando con attenzione come faceva di solito quando tentava di comunicare sul secondo livello di comunicazione, come diceva lui, quello caratteristico dell’animo femminile, mi domandai il perché di questo suo atteggiamento ma non riuscii a darmi una valida spiegazione, il massaggio di Simone mi stava sprofondando in un piacevole torpore, anzi mi sentivo anche piacevolmente ristorata e leggermente eccitata, attribuii il fatto alla lunga astinenza sessuale dell’ultimo mese dovuta agli impegni di lavoro di Paolo che inspiegabilmente aveva concentrato in quel mese moti impegni all’estero che normalmente diluisce in tutto l’anno, solo dopo capii che anche questo faceva parte del piano che aveva studiato per fiaccare la mia resistenza. Vi è mai capitato per qualsiasi motivo di non fare sesso a lungo e poi sfogarvi in una lunga serata di puro sesso con il vostro uomo? Allora sapete cosa voglio dire. Simone proseguiva il suo incessante lavoro, oramai la mia pelle era sensibilizzata al suo tocco leggero e vigoroso al tempo stesso, pian piano mi accorsi che qualche cosa era cambiato nel suo modo di massaggiarmi, mentre prima seguiva una sequenza precisa ora saltava dalla testa, alle spalle, al collo, ai fianchi, alla parte interna delle ascelle, percorreva la spina dorsale sino al bordo all’insenatura dei glutei e riprendeva subito dopo con una sequenza diversa, questa operazione mi stava impedendo di rilassarmi, anzi mi stava creando una sensazione di caldo che dal collo arrivava sino al bacino. Stava insistendo su alcuni punti che hanno il potere di eccitarmi, come potevo sapere che Paolo gli aveva dato la mappa delle zone del mio piacere, che aveva rivelato a Simone ogni più piccolo stratagemma che mi faceva godere, in pratica era come se io tentassi di combattere una battaglia con un nemico che conosceva l’esatta disposizione dei punti caldi dell’avversario. Ma Simone non era un nemico era un grandissimo figlio di buona donna, che stava giocando con me come il gatto gioca con il topolino, anzi la topolina. Sentivo le sue mani soffermarsi sotto i lobi delle orecchie, massaggiarli sino al collo e da qui allargarsi ai lati del corpo con una leggera carezza sulla parte esterna del seno, per poi convergere sui fianchi e risalire sulla parte centrale della schiena e scendere sino alla separazione tra i glutei, dio mio che sensazione, dovevo concentrami per non sollevare il bacino e chiedere una carezza più profonda e decisa, dopo 10 minuti di questo trattamento sentii una cosa che mi sconvolse: il clitoride si stava facendo strada tra le grandi labbra. Io ho un clitoride particolarmente sviluppato, che quando è in erezione fuoriesce per circa un centimetro dalle grandi labbra, Paolo mi prende sempre in giro quando ciò accade e mi dice che facendomi del sesso orale gli pare di succhiare un piccolo pene, io gli rispondo scherzosamente.. "e allora checca succhia e datti da fare". La cosa mi lasciò sconvolta e trovai una giustificazione con l’erezione che avevo notato in precedenza su Paolo. Ma non c’era solo il clitoride ad essersi svegliato, come una reazione a catena potevo sentire che il cotone delle mutandine si stava inumidendo, avevo terrore che Simone e Paolo potessero notare la cosa, fortunatamente la penombra dell’ambiente rendeva difficile scorgere i dettagli, ma quando Simone passò a massaggiarmi le gambe mi divaricò le stesse per poter operare i massaggi nell’interno cosce. Quel movimento tese gli slip e li sentii incollati alla pelle delle grandi labbra, stavo male ma al tempo stesso il massaggio nella parte interna delle gambe mi procurò un ulteriore eccitamento, stavo cominciando a mordicchiarmi il labbro inferiore, volsi lo sguardo verso Paolo, mi guardava serio, aveva percepito sicuramente cosa stavo provando, ma subito cambiò espressione e mi sorrise volgendo lo sguardo altrove. Simone continuava nel massaggio, aveva spostato gli slip per evitare di ungerli con l’olio che aveva versato troppo in abbondanza, nel fare questo la punta delle dita della sua mano destra entrarono in contatto con il lato destro delle grandi labbra, si fermarono solo un attimo ma il tanto sufficiente a fare in modo di sentire quanto fossi bagnata. Dopo di che mi disse di girarmi. Mi sollevai e il reggiseno cadde sul letto, ero nel pallone e mi ero dimenticata di riallacciarlo e in ciò mi aiutò Paolo. Stavo supina, ero sconvolta da quello che stavo provando, da quello che un altro uomo mi stava facendo provare, dal fatto di provare quelle sensazioni di fronte a Paolo. Ero solo io a essermi resa conto della situazione? Perché , sempre gelosissimo, non reagiva al fatto che un altro uomo mi stava letteralmente scopando con le mani? A questo punto mi concentrai su Simone, ora potevo guardalo in faccia, avrei voluto scoprire un lampo di libidine nei suoi occhi per avere la scusa di alzarmi ed andare via, ma Simone continuava a guardarmi con quella espressione da professionista che sta lavorando per te, non c’era una sbavatura in quello che stava facendo, tutto era perfetto, anche quelle mani che avevano iniziato a fare una strana danza intorno al mio seno e che spostandosi velocemente da un punto all’altro sfioravano i capezzoli che la stoffa del reggiseno non riusciva più a nascondere. Ad un certo punto sobbalzai nel sentire il viso di Paolo che aveva avvicinato la bocca al mio orecchio e mi chiedeva come stavo, il "bene" che uscì dalle mie labbra somigliava più ad un rantolo, tanto che lo vidi sorridere e al tempo stesso scambiare un rapido sguardo che a me parve di intesa con Simone. Cosa stava accadendo? Nulla, come tutto era iniziato, così tutto finì all’improvviso lasciandomi sfinita, incerta, avevo sognato tutto? No, Paolo e Simone erano li, e Paolo mi accompagnò alla doccia per togliermi tutto l’olio che avevo addosso. La doccia… che bella sensazione, mi riportò alla realtà l’unica traccia di quello che era accaduto la scoprii tra le mie gambe quando ci passai la mano, lui era ancora prepotentemente eccitato, non capiva cosa stava accadendo, perché non aveva ricevuto la sua parte di gratificazione, solo un rapido getto d’acqua gelata lo riportò alla ragione, incredibile pareva animato di vita propria. Uscita dal bagno con l’accappatoio che avevo trovato appeso alla porta tornai in camera da letto per rivestirmi, fortunatamente ero sola, ma quando mi stavo togliendo l’accappatoio la voce di Simone mi fece sobbalzare e l’accappatoio cadde a terra lasciandomi completamente nuda di fronte a lui che senza perdere il controllo lo raccolse dal pavimento e me lo porse sollevando lo sguardo dai miei piedi al mio viso in una lenta carrellata che gli permise con la vista di scrutare fin nell’angolo più recondito che con le mani non aveva toccato. Non fu imbarazzante, oramai mi sentivo a mio agio con lui, tanto che incomincia a rivestirmi prima ancora che lui molto discretamente andasse via. Anche i saluti non furono per nulla imbarazzanti e quando nel salutarmi anziché porgermi la mano mi sfiorò la guancia con un bacio, come quelli che si danno gli amici di lunga data non provai alcun disagio, la sensazione di "prima volta" mi fece fremere. Uscendo dalla casa di Simone, Paolo mi cinse le spalle e baciandomi sulla guancia mi chiese amorevolmente come stavo, ebbi un attimo di sbandamento a quella domanda, e risposi in modo diretto "molto bene" chinando leggermente il capo sulla sua spalla per nascondere l’espressione del viso, temendo di tradire l’emozione che stavo provando. Salimmo in auto che orami si era fatta notte, ringraziai la penombra che impediva a Paolo di vedere l’espressione dei miei occhi e voltai il viso con fastidio quando l’abitacolo dell’auto fu invaso dalla luce della plafoniera, cercai di trovare mille scuse pur di non farmi coinvolgere in un dialogo, con la paura di tradire l’ansia che sentivo montare e che mi serrava lo stomaco. Una sigaretta mi venne in aiuto, a Paolo dava fastidio che fumassi, soprattutto in auto, però quella sera stranamente non protestò come era solito fare, fortunatamente anche lui era immerso nei suoi pensieri e dopo aver acceso la radio, la voce e le battute di Fiorello distesero un po la tensione palpabile che c’era in macchina. Mi propose di andare a cena fuori, ma risposi che mi sentivo un po intontita e che preferivo tornare subito a casa e mangiare qualche cosa dopo aver fatto un bagno caldo. Lui comprensivo aggiunse che anche a lui le prime volte il massaggio aveva provocato quella reazione. A casa, fui grata a Paolo che aveva mandato nostro figlio dai nonni, anche questo faceva parte del suo piano, mi infilai in bagno e immersi nella vasca per l’idromassaggio tutti i miei pensieri con la speranza che le bollicine riuscissero a scacciarli. Tra i vapori dell’acqua che scorreva e che saturavano il bagno mi parve di vedere Simone seduto sul bordo della vasca che mi guardava, la sua presenza era talmente viva che ero attraversata dagli stessi brividi che poche ore prima avevano scosso il mio corpo. Mi ritrovai ad accarezzarmi il seno, i fianchi e giù giù in mezzo alle gambe tentando un rewind veloce degli avvenimenti di quella sera. Lui prontamente spuntò tra le mie labbra, avvampavo, lo sfiorai, lo sfregai, lo toccai direttamente, indugiavo in questo deliquio stordita dal caldo dell’acqua quando fui richiamata alla realtà dalla voce di Paolo, "tua madre al telefono, Aldo ha qualche linea di febbre e vuole parlarti". La cosa mi colpì come un violento ceffone, la vita di tutti i giorni riprendeva. "Presente!" urlai dentro di me, felice di riprendere il mio ruolo di moglie e di madre, Simone fu risucchiato dal gorgo della vasca, che si svuotava, con tutta la schiuma che aveva lavato la mia coscienza. Due sonniferi, estremo rimedio di quelle giornate stressanti in cui famiglia e lavoro ti succhiano ogni energia, fecero il resto, la mattina il sole che filtrava dalla finestra illuminò con una benefica luce il mio piccolo e travagliato mondo. Nei giorni che seguirono ci furono poche occasioni per riparlare di quello che "non era successo", Paolo dovette recarsi a Parigi per lavoro , ma una sera, al suo ritorno mi disse "Mi ha telefonato Simone, ti saluta moltissimo, e ci ha fissato un’appuntamento per venerdì sera, visto che siamo ancora da soli ho accettato, ho fatto bene?" Risposi che ci avrei pensato, adducendo come scusa il fatto che dovevo sentirmi con una collega per preparare una relazione e non sapevo ancora se il venerdì l’avrei dovuto dedicare al lavoro. Paolo non protestò come di solito fa quando gli antepongo il lavoro, aggiunse " decidi con comodo, posso andarci anche da solo non è un problema". Mi sentii offesa, non sopportavo l’idea che lui frequentasse Simone senza di me, mi sentivo oramai parte di un gioco, riaffiorarono tutti i dubbi, ad un certo punto non resistetti più e gli posi la domanda che mi frullava in testa da una settimana "Ma non ti da fastidio che Simone mi massaggi di fronte a te, mi veda e mi tocchi come solo tu sino ad ora hai potuto fare". La mia era una domanda diretta come avrebbe fatto lui, Paolo candidamente rispose "vedi, prima di proporti la cosa, ho parlato a lungo con Simone e gli ho spiegato la situazione, penso che ci siamo capiti per cui non ho motivo di essere geloso, e poi sono li presente" "E se volessi andare da sola da lui" aggiunsi, lui accigliato rispose "e per quale motivo, lo vedi che sei tu che stai pescando nel torbido". "Che stupido che sei, intendevo dire: cambierebbe il tuo atteggiamento se volessi andare da lui perché tu sei all’estero o hai altri impegni, o Simone è il tuo fisioterapista personale al quale concedi la tua donna a tuo piacimento" aggiunsi in tono ironico e provocante. Paolo che non è uno stupido colse la mia provocazione "e cosa faresti se potessi andare da sola" , oramai la fantasia aveva preso a galoppare e l’astinenza forzata contribuiva ad accelerare la sua corsa "beh, potrei togliermi le mutandine di fronte a lui adducendo come scusa che non ero potuta passare da casa a cambiarmi e non volevo rovinare con l’olio dei massaggi un intimo da 200 euro" "Non ne saresti mai capace" fece lui " Non sfidarmi, lo sai quanto sono testarda, se mi ci metto" ribattei. " Vogliamo scommettere (la nostra seconda passione dopo il sesso)? Se tu trovi il coraggio di farti massaggiare senza le mutandine per il tuo compleanno puoi scegliere quello che desideri" C’era cascato in pieno, gli uomini non possono competere con noi donne, se gli prendi in mano il sesso il cervello cessa di funzionare correttamente, il sesso in un uomo funziona come un virus in un computer, pensa di essere tranquillo mentre il virus gli cambia le carte in tavola e solo al riavvio se ne renderà conto Ma non era questo il caso, avevo attaccato, mi ero esposta, ero avanzata ma il nemico era avanti di tante mosse in questa ideale partita a scacchi, Paolo conoscendomi aveva previsto le mie reazioni ed aveva alzato la posta per fornirmi una giustificazione di fronte ai suoi stessi occhi. Stavo giocando grosso e aggiunsi " e se lui allunga le mani in questa situazione" strofinando il pancino su quella che sembrava una erezione super, lui afferrandomi per il sedere e attirandomi ancora di più aggiunse "mah! Se ti va sei autorizzata a lasciarlo fare" . " e la tua gelosia? Dove la metti " ma oramai ne lui ne io eravamo in grado di scherzare, anche se in quella notte di sesso estremo le battute su Simone non furono poche. La mattina dopo, mentre ci apprestavamo ad uscire di casa, mentre mi truccavo di fronte allo specchio gli domandai " allora quando la ordini la spider (il mio eterno sogno sin da ragazza, fosse anche un barattolo di auto ma con il tettuccio apribile) che ho scelto come regalo" lui rispose immediatamente con un sorriso "attenta che se perdi la scommessa la macchina nuova me la faccio io" e scomparve dietro la porta. Venerdì sembrava non dovesse mai arrivare, passai la settimana combattuta tra l’ansia e una strana frenesia che mi portava spesso a perdermi con la mente in tanti pensieri e fantasie. Chi mi stava attorno percepì che non ero la solita Giulia che tutti conoscevano, era tremendamente vero, interrogavo me stessa sulle sensazioni che stavo provando, spesso mi capitava di sorprendermi a vagare con la mente in un universo fatto di torbide atmosfere con Lui che spesso e volentieri si risvegliava nei momenti più impensati: in sala riunioni, parlando con un cliente, ascoltando le confessioni intime della collega che la dava a tutti quelli che gliela chiedevano. E quel disgraziato di Paolo ancora una volta mi aveva lasciata sola, Dio mio! Quanto mi mancava il sesso. Per un attimo mi sfiorò l’idea che Paolo mi stesse tradendo, conoscendo quanto anche per lui fosse importante il sesso non mi capacitavo di quel lungo mese di astinenza forzata, pensai stesse male o che avesse qualche problema che non voleva confessarmi ed intanto scacciavo il fantasma di Simone che spuntava sempre più spesso nei miei pensieri. Non lo desideravo, conoscendolo così poco non c’era alcun lato del suo carattere su cui soffermarmi a riflettere ma sentivo dentro di me che le sue mani, impastandomi con quell’ olio avevano modificato la struttura del mio corpo modellandola in un’altra Giulia nella quale non riuscivo a riconoscermi. Simone, cercai, secondo il mio metodo logico di ragionare, di capire cosa mi portasse a pensare a lui ad aspettare venerdì come un evento oltremodo desiderato. Percepii una sensazione fatta di libidine e astinenza ma alla fine mi parve di capire che dietro c’era altro: Simone aveva carisma, un carisma da bello e dannato che con la sua aria di professionalità ti dominava, ecco spiegata la sensazione di paura mista a desiderio che avevo provato quella sera a casa sua. Avevo paura di spingermi oltre, di fronte avevo Paolo, il mio uomo, che pareva complice di Simone, anzi Simone pareva il simbionte di Paolo e di lui acquisiva emozioni e l’ambiente che lo circondava gustando e assaporando quello che Paolo gli metteva a disposizione. Scacciai il pensiero , non avevo le basi di conoscenza per avvalorare la mia ipotesi ne volevo cercarle, giunsi alla conclusione che alla prima notte passata insieme a Paolo tutto avrebbe ripreso le giuste proporzioni e che l’astinenza mi stava giocando veramente un brutto scherzo. Paolo rientrò venerdì all’ora di pranzo e si recò in ufficio per una riunione, mi telefonò per ricordarmi l’appuntamento della sera e che sarebbe passato alle 18 per prendermi. Venerdì non andai al lavoro, passai la mattinata dall’estetista: ceretta alle gambe, maschera e parrucchiere, uscii che il sole splendeva e entrai in un pub per una veloce colazione dopo di che un giro per negozi. Quanto mi era dolce naufragare in quel mare di "vacuità e vanità" femminile. Poi incominciai a prepararmi per la seduta con il mio "fisioterapista" , proprio da ridere. Non sapevo che mutandine e reggiseno indossare! Dovevo evitare l’imbarazzo della volta precedente e optai per un paio di slip di cotone con un tassello (il fondo dello slip) un po’ consistente mentre il reggiseno a fascia questa volta aveva le coppe leggermente imbottite per evitare che la punta del seno denunciasse la sua presenza. Completai il tutto con una tuta nera, a metà strada tra il casual e lo sportivo. Ero pronta, mi stavo per sedere sul divano quando squillo il telefono, era Paolo, mi chiedeva di prendere un taxi e raggiungerlo in ufficio perché era in ritardo, da li avremmo proseguito insieme per andare da Simone. Paolo mi aspettava all’ingresso principale della sua compagnia e quando mi vide mi strinse in un lungo e dolce abbraccio " come stai micina, mi sei mancata, sai?!" il bacio che seguì era appassionato, mi venne la tentazione di mandare a monte il programma e trascinarlo nel primo motel,ma fui preceduta dalla sua indicazione all’autista che indicava la casa di Simone. Il tragitto era lungo e Paolo lo sfruttò per raccontarmi quello che aveva fatto durante la settimana e le prospettive che si erano aperte con quella missione. Bevevo le sue parole, felice di vederlo così allegro ed entusiasta, lo toccavo come una donna innamorata può fare , lo baciavo dolcemente inebriandomi della sua vicinanza e rimasi senza parole quando mi porse una scatoletta, impallidii quando vidi il marchio Tiffany sulla confezione, emozionata l’aprii velocemente: conteneva un filo d’oro con al centro un pendente a forma di cuore con un diamante sul bordo inferiore, non avevo mai ricevuto un regalo più bello, gli stampai sulla bocca un bacio mozzafiato, lo esplorai con la lingua, se fossimo stati soli sicuramente gli avrei strappato gli abiti e me lo sarei fatto sul posto. Si irrigidì e capii il motivo guardando il sorrisetto dell’autista che sicuramente pensava al classico regalino per l’amante vogliosa. Volevo indossarlo ma lui obbiettò che era meglio indossarlo dopo l’incontro con Simone. Già , Simone, quasi mi ero scordata dove stavamo andando. Quando arrivammo a casa di Simone ebbi quasi un attimo di indecisione, volevo proporgli di rimandare per non rompere l’atmosfera che si era creata ma poi ci rinunciai sapendo come Paolo ci tenesse a mantenere fede agli appuntamenti. Suonammo il campanello dell’abitazione di Simone e dopo un paio di secondi venne ad aprirci, fui stupita di vederlo con una "tunica indiana" che gli conferiva un’aria conturbante. "Ciao Giulia" accompagnando il saluto con un bacio sulla guancia , appena accennato, che però mi permise di percepire la leggera fragranza di sandalo che l’avvolgeva e da una stretta delle mani sulle spalle "finalmente ci rivediamo, ciao Paolo com’e’ andato il viaggio". Restai perplessa nell’apprendere che Simone sapeva del viaggio di Paolo, tornarono a galla immediatamente tutti i dubbi e i pensieri che avevano riempito la settimana. Ci accomodammo in salotto e senza chiederci nulla Simone ci offrì una tisana nella quale aggiunse un paio di gocce di un dolcificante prelevate da un altro contenitore. Ci disse che si trattava di un regalo di un amico indiano e che predisponeva il corpo al massaggio. L’effetto della tisana ebbe il potere di rilassarmi, ma non si trattava di un effetto calmante anzi il benessere era accentuato da un certo aumento delle lucidità o se volete dalla percezione dell’ambiente circostante. A questo punto Simone disse " ho una sorpresa per voi" e anziché proseguire per la sua camera da letto ci condusse in un’altra camera del corridoio, all’interno una serie di candele poste su una mensola illuminavano l’ambiente che apparentemente non aveva finestre. Un leggero profumo di sandalo, lo stesso che avevo percepito su di lui all’ingresso, aleggiava nell’aria, sul pavimento un lettino di legno che sul piano di appoggio aveva la forma di un corpo umano infossata e ai lati dei canali di scolo. Sull’altro lato della stanza un letto fatto di stuoie poggiava su di un supporto di canne di bambù, tutto intorno una musica che ricordava quelle orientali, mentre il soffitto era costituito da uno specchio che rifletteva la stanza e i bagliori delle candele che creavano un effetto veramente suggestivo. Quando Simone chiuse la porta dietro di se sembrò che l’ambiente circostante sparisse, provai la stessa sensazione di quando mi ero recata con un amico musicista in sala d’incisione. L’isolamento acustico era totale, anche l’aria era leggermente calda ma non si avvertiva la presenza di un sistema di riscaldamento. La voce di Simone mi scosse dall’aria meravigliata che dovevo avere "Giulia, cosa ne dici ora è di tuo gradimento l’ambiente" L’unica cosa che riuscii a fare fu di rispondere con un sorriso alla sua domanda, effettivamente ero colpita da quella camera, la raffinatezza dell’arredamento non era cero quella di una sala massaggi. Simone ci spiegò che finalmente aveva avuto la licenza per eseguire i lavori e l’arredamento gli era stato fornito da un amico che l’aveva recuperato da un rigattiere di Mantova e che proveniva direttamente dall’India. Il lettino (sic!) per i massaggi riportava la forma del corpo umano ed era in legno di teak per evitare contaminazioni con gli oli usati per i massaggi e i canali di scolo ai lati servivano per raccogliere i residui dell’olio. Simone aggiunse "Giulia preparati voglio che sia la prima a provarlo" Fui colta dal panico, le cose e le situazioni nuove mi mettevano in apprensione, ma di fronte al tono deciso e non avendo obbiezioni da fare riuscii solo a chiedergli dove potevo cambiarmi, lui mi indicò una porta su di un lato della stanza e aggiunse " troverai anche la biancheria da indossare per evitare di rovinarti l’intimo". Lo spogliatoio era un bagno molto accogliente dotato di tutti i confort compresa la doccia e una piccola sauna. La biancheria a cui aveva accennato Simone era costituita da una banda per il seno e delle mutandine, il tutto di un materiale che pareva carta, probabilmente articoli usa e getta. Diedi uno sguardo allo specchio e trovai il tutto mi donava (sono una donna lo ricordate?!) e rientrai da Simone mentre Paolo si era accomodato nella panca vicina al lettino e non potei fare a meno di sorridere quando lo vidi con una tunica simile a quella di Simone, ma anche quella fatta dello stesso materiale della biancheria che indossavo, Paolo rispose al mio sorriso con la sua tipica espressione "me che hai da ridere". Simone invece mi diede un’occhiata che mi fece rabbrividire, aveva lo sguardo di un predatore che assapora con lo sguardo la vittima indifesa, solo per un attimo quella luce gli attraversò lo sguardo ma portò il mio stato d’allerta al massimo. Si avvicinò e mi spiegò che avrebbe eseguito un massaggio con diverse essenze e che le avrebbe versate anche sul capo e tra i capelli per cui mi avrebbe posto una benda sugli occhi per evitare irritazioni. Mi fece avvicinare al lettino e sedere sull’incavo del legno destinato ad accogliere il bacino, dopo di che prese una benda di seta e me la posò sugli occhi, dolcemente poi mi fece sdraiare con il viso all’ingiù sul lettino, il lettino aveva un foro in corrispondenza del viso con una imbottitura sui bordi come i moderni lettini per fisioterapia. Mi sembrava di vivere su di un set cinematografico di uno di quei film osé tipo Emanuelle. Sentii Simone armeggiare con qualcosa di indefinito che tintinnava poi un lungo brivido caldo attraversò la mia schiena, stava versando un olio caldo e profumato sulle spalle, scendendo giù per la schiena, sui glutei sulle gambe. Rabbrividii quando l’olio si infilò nel taglio dei glutei, lo sentii scorrere sino alla rosellina che proteggeva il mio buchetto e da qui come una piccola cascata trovare la strada tra la peluria del pube sino a riscaldarmi le grandi labbra, che mi procurarono un brivido. Sentivo la carta delle mutandine incollarsi alla pelle, infradiciarsi completamente, poi il flusso riprese a salire verso le spalle, sulla nuca, sul capo, lo sentii colarmi nelle orecchie, sulle tempie. Subito dopo lo sentii, riconobbi le mani di Simone, spargevano sul corpo l’olio tiepido, sulla nuca, distendendo i muscoli del collo, poi scendevano sulla schiena, si soffermavano in un lento massaggio sotto le ascelle, arrivavano ai fianchi e li impastavano, scendevano sul bordo dei glutei immergendomi in uno stato di deliquio. In quella posizione, con il viso costretto nel foro per la faccia non avevo percezione dell’ambiente circostante, la benda sugli occhi copriva anche le orecchie e rendeva soffusi i rumori della stanza e anche la musica sembrava arrivasse da molto lontano. Ad un certo punto avvertii una piacevole sensazione ai piedi, Simone aveva preso a massaggiarli da vero maestro, poi passava alle caviglie, all’incavo delle ginocchia e alle parti interne delle cosce che si trovavano costrette ad essere divaricate dalla forma dell’impronta del corpo umano impressa sul lettino di legno. Il massaggio proseguiva incessante, una mano dietro l’altra, una mano sulla schiena e l’altra sulle cosce, poi una nuova cascata d’olio con un aroma decisamente più forte mi percorse le spalle, il calore dell’olio era adesso intenso, quando l’olio colpì i glutei iniziò il massaggio di Simone, non capivo come facesse a massaggiarmi e contemporaneamente versarmi l’olio addosso ma il dettaglio era poco importante, l’azione dell’olio e delle mani uniti alla fragilità del tessuto degli slip ben presto ebbe ragione di questi ultimi, sentivo chiaramente le mani di Simone che si impadronivano delle mie natiche, le afferravano le strizzavano le allargavano e quando le allargavano l’olio caldo aumentava il suo flusso. Ad un certo punto pensai che l’olio mi stesse penetrando all’interno del corpo, la sensazione di quella massa calda era di una voluttà incredibile, persa in quelle sensazioni non osavo protestare l’invadenza di quel massaggio che oramai percorreva la fessura dei glutei incessantemente, sentivo la punta delle dita accarezzare apertamente lo sfintere che pian piano sotto l’effetto del massaggio e del caldo flusso si stava socchiudendo. Quando stavo incominciando a chiedermi cosa stava accadendo e se era il caso di protestare per l’eccessiva disinvoltura di Simone, sentii in lontananza una voce che mi invitava a girarmi "Giulia ti aiuto a girarti" era Simone che con molta dolcezza infilando le mani sotto le ginocchia e sul petto mi stava voltando, tentai di sollevarmi ma lui dolcemente me con fermezza me lo impedì e mi tolse la benda dagli occhi, mi ritrovai supina, le mani corsero sul petto dove quello che rimaneva del reggiseno ara letteralmente incollato ai miei seni, l’azione dell’olio l’aveva reso quasi una poltiglia, andava un pò meglio per gli slip ma per un attimo pensai che l’olio sulla carta la rende quasi trasparente, sperai che così non fosse e cercai con lo sguardo Paolo, lui era li al mio fianco, con un sorriso mi chiese come stavo e io risposi che mi girava un po la testa ma che stavo benissimo. Dall’altro lato Simone mi chiese se poteva continuare, prendendomi una mano e iniziando un dolce massaggio che estendeva al gomito e al braccio, feci un cenno affermativo con il capo e mi rituffai in quelle sensazioni, chiusi gli occhi. Le sue mani ripresero a danzare sul mio corpo, affondavano decise nei muscoli dell’addome, tiravano, afferravano la pelle e la sollevavano, poi riprese a cadere dall’alto l’olio e senza la benda mi resi conto che era Paolo a versarlo seguendo il percorso delle mani di Simone. Scorrendo l’olio, eliminò anche l’ultima traccia degli slip di carta dal mio corpo e percepii distintamente il flusso caldo che dal centro dei seni arrivava al diaframma per proseguire a formare un laghetto d’olio sull’ombelico per proseguire sul monte di Venere e ancora più giù. Il flusso che precedeva le mani di Simone si fermò sul mio sesso, allargò le grandi labbra e allagò il clitoride e l’ingresso della vulva, fui colta da una fremito che si ripercorse per tutto il corpo, poi arrivò Simone, le sue mani percorrevano le grandi labbra, il palmo pieno copriva con una carezza continua lo spazio dal monte di venere al perineo, quasi sobbalzai a quel tocco, aprii gli occhi e trovai il viso di Paolo, con gli occhi gli chiesi aiuto, lui di rimando mi baciò sulle labbra, un bacio che ricambiai, un bacio che voleva essere di passione e di rassicurazione. "Tesoro" mi disse " ti amo, hai vinto la scommessa", mentre Simone mi apriva le grandi labbra, facendo scorrere le dita su e giù in un massaggio che mi diede una scossa che mi fece emettere un sospiro. Paolo riprese a baciarmi e con una mano mi sfiorava il viso , incrociai il suo sguardo e allora presi coscienza che era d’accordo con Simone, il suo sguardo era lo stesso di quando mi procurava un orgasmo accarezzandomi mentre mi cullava in grembo. La tenerezza di Paolo funse da amplificatore delle sensazioni che Simone mi stava procurando, sentivo che stavo abbassando le barriere e mi stavo aprendo a quella esperienza che forse avevo sempre desiderato (uno dei miei fantasmi preferiti mentre facevo l’amore con Paolo era proprio quello di avere un altro uomo che mi procurasse piacere), il mio corpo reagì a quel pensiero con un forte scarica di adrenalina che funse da catalizzatore di quello che Simone aveva incominciato a fare: riconobbi la dolce sensazione di una lingua che ti percorre il sesso, quella inconfondibile sensazione dell’energia della punta, del ruvido della superficie, del liscio della parte inferiore. Simone era un professionista, abituato a "lavorarsi" almeno un paio di donne al giorno aveva una lingua prensile, esercitata, lunga e robusta. Affondava in mezzo alle piccole labbra con l’energia di un dito, entrava ed usciva dalla mia vulva, percorreva la circonferenza del mio clitoride incessantemente, lo mordicchiava leggermente con i denti, lo succhiava, lo aspirava e poi lo respingeva con la lingua. Allargava la lingua e la passava su tutta la parte anteriore della vulva, con la parte anteriore del labbro inferiore sfregava sotto il clitoride tra l’uscita dell’uretra e le piccole labbra scatenando delle ondate di piacere e dei fremiti che mi scuotevano. Se a questa azione devastante aggiungete le incessanti carezze di Paolo ai seni, ai capezzoli vi potete rendere conto delle condizioni in cui mi trovavo. L’azione di Paolo aveva il duplice affetto di procurarmi un grande piacere diretto e una sconvolgente sensazione di libidine dovuta alla condivisione tra due uomini dai quali mi sentivo gratificata, desiderata e almeno da uno dei due amata, percepivo il suo amore dal godimento fisico che provavo. Ad un certo punto sentii che le dita di Simone si facevano strada dentro di me, sia davanti che dietro affondavano nel mio corpo, si agitavano penetravano dentro di me e sentii un oceano di piacere che mi sommergeva, urlavo dal piacere, succhiavo la vita e l’anima di Paolo dalla sua bocca e me ne beavo, fui scossa dal più violento degli orgasmi che avessi mai provato in tutta la mia vita, ad un certo punto mi immobilizzai come un burattino a cui avessero spezzato i fili tanto che Paolo pensò che fossi svenuta, quando riaprii gli occhi vidi i visi di Paolo e Simone su di me un po’ intimoriti e dolcemente feci scivolare una carezza sui loro volti che mi sorrisero rassicurati e amorevoli. Paolo mi sollevò dal lettino e mi stese amorevolmente sul letto di stuoie e si mise di fianco a me, mentre Simone si dispose dall’altra parte, da quella posizione diedi uno sguardo al soffitto che rifletteva la nostra immagine, pensai alla scena di Novecento di Bertolucci dove l’attrice protagonista sta tra i due suoi uomini. Paolo e Simone, entrambi nudi, stavano al mio fianco, mi sentivo al settimo cielo. Oramai l’imbarazzo per la situazione era del tutto svanito per lasciar spazio alla peccaminosità, anzi diciamo pure alla lussuria della situazione. Mentre i miei uomini indugiavano in lente carezze sul mio corpo, cercavo di riprendere il controllo per uscire da quello stato di giocattolo erotico in cui ero sprofondata, nel fare ciò notai che sia Paolo che Simone erano in piena erezione, con una certa soddisfazione e spirito di corpo notai che Paolo non sfigurava nel confronto con Simone e con fare malizioso guardandoli alternativamente negli occhi per vedere le loro reazioni afferrai i loro membri, anzi diciamo pure i loro cazzi, ritengo che fosse quello il termine esatto per la situazione. Nel fare ciò, sorridendo, dissi loro "qualcuno è rimasto a bocca asciutta o sbaglio" . Entrambi volsero lo sguardo nella direzione del mio e sorrisero insieme alla scena che lo specchio rifletteva. Sempre più eccitata e rossa in volto, mi rivolsi a Paolo e spiando la sua reazione gli domandai "con chi devo incominciare a sdebitarmi" . Paolo non aspettava altro, lo intuii dalla reazione che ebbe il suo cazzo, se possibile divenne ancora più duro e grosso, io dandogli una strizzatina aggiunsi " brutto porco, vuoi vedere la tua mogliettina tra le braccia di un altro, dimmi è questo che vuoi" Non riusciva a ammetterlo, il suo orgoglio di maschio geloso prevaricava la voglia che montava. "Simone" dissi sorridendo " a te l’onore di essere il secondo uomo della mia vita" Simone non se lo fece ripetere due volte e guardandomi negli occhi e passandomi un profilattico mi disse "puoi farlo tu per piacere, io ho tutte le mani piene d’olio e non ci riesco. Quel bastardo sapeva il fatto suo, ero pronta a farmi scopare, ma non a compiere un’operazione così intima e se vogliamo imbarazzante con un quasi sconosciuto e per giunta di fronte a mio marito, ma non potevo tirarmi indietro per cui facendo ricorso a tutta la mia facciatosta dissi "anche io sono nelle tue condizioni, Paolo aiutalo tu che hai le mani pulite" Se volevano giocare sporco avevano trovato pane per i loro denti, passai il preservativo a Paolo e Simone si spostò dalla sua parte, e mentre Paolo tentava di mettere il cappuccetto al pene di Simone che io, con la mano, tenevo fermo di fronte a lui, presi in mano anche il membro di Paolo e cominciai a masturbarlo dolcemente facendogli perdere concentrazione tanto che dovette ripetere un paio di volte l’operazione prima di riuscire ad incappucciare Simone. Vi assicuro che idealmente il tabellone segnò dieci a zero per me. Volevo stravincere e avvicinai la bocca al sesso di Simone che stava a 30 centimetri dalla faccia di Paolo, anche se c’era di mezzo il profilattico era pur sempre il cazzo di un altro uomo che stavo succhiando ma non mi bastava per cui con estrema dolcezza misi la mano sulla nuca di Paolo e con lo sguardo fisso sui suoi occhi prima lo baciai e poi avvicinai la sua bocca al membro di Simone. Simone parve apprezzare la cosa e ricambiò il mio sguardo con un cenno di riconoscimento alla vincitrice, ci mancò poco che mi dicesse "batti cinque" porgendomi il palmo della mano. Si vedeva che per Paolo si trattava di una violenza alla sua mascolinità però mi sembrava una punizione adeguata alla storia in cui mi aveva coinvolto e che pian piano le mie sinapsi stavano rielaborando facendo combaciare dettagli insignificanti presi da soli ma che collegati gli uni agli altri portavano ad una cospirazione incredibile. Fu Simone ad interrompere la cerimonia di iniziazione di Paolo, lui ambiva a ben altro trofeo, l’olio che ricopriva il mio corpo era ancora tanto e quando Simone si stese su di me sentii il suo corpo aderire come una ventosa. Raggiunse il mio viso, mi fissò intensamente, stava avvicinando le sue labbra, in quel momento capii il rifiuto che provano certe donne a baciare il compagno occasionale, nella vagina o anche nell’ano puoi accogliere di tutto ma la bocca è la porta dell’anima e congiungerla con un’altra bocca coinvolge il tuo spirito, sentii le sue labbra, come erano diverse da quelle di Paolo, pensai, poi sentii quel serpente della sua lingua che tanta estasi aveva suscitato in me, entrare dentro di me, si muoveva come un predatore che arriva alla tana del nemico, come una faina che entra nel pollaio e fa strage. Tentai di contrastarla con la mia lingua me questa ne fu avvolta e risucchiata, fui costretta a spalancare al bocca e fui riempita dalla sua lingua, sentivo la sua saliva scorrere dentro la mia bocca, poi si calmò, dolcemente prese a solleticarmi il palato, ad insinuarsi sotto la mia lingua, la sua era talmente lunga che me la sentivo quasi in gola, era dolce e morbida. Era una lingua abituata a far impazzire chiunque avesse a che fare con lei, sentii le sue gambe farsi strada in mezzo alle mie, aprii gli occhi e attirai a me la bocca di Paolo voleva essere l’estremo saluto al mio compagno prima di accogliere Simone, notai un lampo di smarrimento negli occhi di Paolo, non ebbi pietà di lui, mi aveva corrotto e anche se gliene ero profondamente grata meritava quella punizione, sempre che la considerasse come tale. Ripresi a baciare Paolo e allargai ancora di più le gambe, ora non aspettavo altro che sentirlo, accarezzare il suo arnese congestionato con gli umori della mia intimità. Simone puntò il suo membro all’ingresso della mia vagina, lo fece scorrere un paio di volte a titillare il clitoride che si era erto pronto a recepire un’altra dose di piacere, quel massaggio mi faceva impazzire, poi Simone entrò, il glande si fece strada tra le grandi labbra, ero tutta fradicia di umori e di oli che quando superò l’ingresso della vulva, in astinenza da un mese, sentiti una contrazione di piacere, sentivo che la vagina stava prendendo le misure del nuovo arrivato, si stava dilatando per accoglierlo confortevolmente, poi… lo accolsi completamente. Dio mio! Che sensazione, era più grosso di quello che mi sarei aspettata, probabilmente l’eccitazione aveva dilatato le sue dimensioni, attese che fossi pronta e incominciò a contrarsi senza muoversi, mi ricordai di una trasmissione televisiva che parlava di amore e orgasmo tantrico, con gli amanti che si accarezzano con la contrazione dei muscoli del pene e della vagina. Ci avevo provato, senza successo con Paolo, ma dopo un paio di minuti la passione ci aveva travolto e avevamo abbandonato le velleità amatoriali orientali. Provai a seguirlo e iniziai a contrarre i muscoli della vagina, lui rispondeva e al tempo stesso sfregava la radice del pene sul mio clitoride, stavo provando un piacere nuovo, sentii la voglia di abbracciarlo di attirarlo a me. Che strano abbracciare una persona diversa dal partner abituale, tutto è diverso: la schiena, la nuca, le braccia, i fianchi, il sedere, le gambe, le palle, il cazzo, il torace, il collo, l’odore, il sapore, il suo modo di respirare, il modo di contrarre i muscoli, il modo di godere e di farti godere. Simone era il secondo uomo della mia vita, ma anche adesso che gli uomini con cui sono stata superano abbondantemente la dozzina rimango dello stesso parere, nessuno è uguale ad un altro, anche senza parlare con una persona se la conosci intimamente ti puoi accorgere delle differenze che la fanno unica. Simone comunque era quel che si dice un vero professionista, profondo conoscitore della psicologia e della sessualità femminile era in grado di cambiare registro per soddisfarti, esplorava sempre nuove strade, non si fidava di nessuno, neppure dei gusti delle sue clienti, si reputava il migliore e scopriva sempre il lato oscuro del piacere di una donna. Nel suo lento incedere aveva incominciato a seguire il mio respiro, con la guancia mi stava chiudendo il naso costringendomi a respirare con la bocca, stavo respirando dalla sua bocca che teneva incollata alla mia, capii quello che stava facendo e lo assecondai anche quando sentivo che la testa si faceva leggera per il tasso di anidride carbonica che stava aumentando nel sangue, però le sensazioni si stavano acuendo, oramai mi stava scopando con tutto il corpo e il movimento dei sui fianchi aveva preso un ritmo più svelto, lo tenevo stretto a me con le braccia e con le gambe sollevate sino a cingergli i fianchi, il suo pene usciva sempre di più dalla mia vagina e affondava di colpo scuotendomi dalla testa ai piedi. Ad un certo punto cambiò l’inclinazione della penetrazione e prese a muoversi in modo circolare, subito ebbi la sensazione di essere penetrata da un pene di enormi dimensioni, ebbi delle contrazioni, Simone cessò quasi di respirare ed io con lui, allora l’orgasmo scoppiò all’improvviso violento e sconvolgente, la sensazione si irradiava dalla vagina e si irradiava nella pancia, le gambe presero a tremare convulsamente e un’ondata di piacere mi avvolse, mentre il collo si contraeva all’indietro e la boccata di ossigeno quasi mi bruciò il cervello tanto che fui scossa da un paio di colpi di tosse violentissimi. Anche Simone però era arrivato al capolinea, uscì dalla mia pancia e dopo essersi tolto il profilattico proruppe in un urlo di piacere mentre scaricava fiotti di schiuma su tutto il mio corpo per poi accasciarsi sfinito su di me. Voltai lo sguardo e colsi lo sguardo incredulo e meravigliato dipinto sul viso di Paolo, aveva ottenuto quello che andava cercando? 17097 9 7 years ago