belzebù
, 53 anni
Maschio
Monza and Brianza, Italia
Ultima visita: 1 settimana fa
- 1 settimana fa Amiche per la pelle Una normale giornata di lavoro infrasettimanale. Un sorriso regalato con dolcezza strana, un bacio affettuoso, la sua mano sopra la mia gonna lunga di velluto a leggere con le dita il gancio del reggicalze in rilievo…Lo so: lo fa' impazzire quando vado a lavorare vestita così…Gli piace che la sua fresca sposa venga ammirata, un po’ puntata…Gli piace che mi piaccia. Che poi gli racconti dei miei giochi accennati , altre volte graffiati a “tentare” gli uomini del mio quotidiano, a tentarmi da sola… Sa che al lavoro ci provano in tanti: occasionali avventori, colleghi più o meno attempati, il giro frequentato da rappresentanti, businessmen, camionisti e varie tipologie di umanità nei bar attorno al mio ufficio o le persone che incontro e che frequento per i motivi più banali… Una tranquilla cittadina di una provincia ricca pronta a risvegliare i pruriti di caccia verso una avvenente giovane ragazza sposata. Mi piace giocare col cervello del mio uomo, spiazzarlo, sorprenderlo, abbandonare la sua presa e risaltargli in braccio, essere il suo giocattolo…Mi ha spinta con decisione verso la mia parte ombrosa, la ha voluta a tutti i costi, la ha cercata. Io ne sapevo l’esistenza più che altro istintivamente, percettivamente…Senza volere guardare in quella stanza, col timore di risvegliare la predatrice, l’animale. Ed è stato come respirare di colpo ossigeno puro, una sensazione forte, vivere quella parte di me… Il velluto della lunga e morbida gonna viola è una carezza che mi è sempre piaciuta, e oggi era una giornata in cui volevo carezze. E graffi. Assieme. Per sottolineare il senso di carezza mi ero messa le calze di seta grigio canna di fucile, con il reggicalze: mi piace essere sensuale anche solo per me stessa, mi piace la sensazione del velluto sulle natiche al confine tra la seta delle calze e gli slip…Le mie cosce sono uno dei punti più sensibili a sottili sensazioni e carezze anche solo sfiorate… Il maglione è una ulteriore carezza di cachemire: è molto morbido e molto caldo e in giornate così di nebbia densa che sembra pioggia mi piace indossarlo a pelle…Una giacca morbida ma pesante, calda di un velluto dello stesso colore della gonna con una cintura, delle scarpe chiuse, comperate proprio perché anche quelle ricoperte dello stesso velluto viola…Una bella pettinata, un rossetto caldo e forte, la borsetta di pelle rubata alla mamma, preziosa ma di linee e cuciture molto ’70…Il solito profumo nascosto nella “trasparente colonnina romana” che sa di borotalco e felce… Il graffio nella mia mattinata e in quella del mio uomo è sfilarmi, in macchina, le mutandine: voglio mi sappia al lavoro completamente nuda sotto…Mentre lui guida la macchina che resterà a me dopo che sarà salito sul treno, non dico una parola e mi muovo lenta e sensuale, sveglia a quell’ora come non sono sempre, agitata in questo giorno speciale…Gliele infilo nella tasca interna della giacca e gli dico di pensarmi, che sono molto su di giri quel giorno…Che mi toccherò, che gli telefonerò…Scendiamo a bere assieme un cappuccino, due battute, lo vedo salire sul treno dopo averlo salutato con un bacio appassionato… E’ ancora molto presto quando arrivo in ufficio, poco prima di Paola. Splendida, al solito. Biondissima, occhi azzurri, un sorriso incredibilmente avvolgente, un seno da impazzirci, che spesso mi ha turbata… Nei tanti anni della nostra amicizia non sono mancate le occasioni di vederla nuda e mi hanno sempre lasciato senza fiato quelle tettone davvero molto molto grosse per una ragazza esile, solare raffinata…Non eccessive intendo: ma davvero grosse, forme perfette, definite, sode, capezzoli molto disegnati e naturalmente eretti che spesso tendevano i bottoni delle camicette al limite della provocazione… Elegante di stile, come sempre, una gonna corta al ginocchio, la camicetta di trasparenze discrete e della lingerie sempre impeccabile appena in mostra sotto il taglio della giacca…Appena il tempo di salutarci con affetto, siamo amiche dai tempi della scuola… Le chiedo come va, dice che va tutto bene, che suo marito al solito lavora a casa ai progetti che deve consegnare in questo periodo; poi prendo le carte e parto per il solito disbrigo burocratico per banche ed uffici e le varie incombenze a pedinare il mio capo…Abbiamo ruoli diversi, lei è più animale da ufficio, io più “jolly”… Le accenno che oggi non so quando torno, ci salutiamo e parto… In realtà oggi il mio capo è in trasferta, quindi ho ben poco da fare di “determinante”… Salgo in macchina; sistemo l’auricolare poi faccio alcune telefonate e sistemo i due tre appuntamenti di lavoro nel pomeriggio, poi accendo lo stereo e metto le mie musiche. Guido un po’, non ci metto più di un quarto d’ora. Guido nel traffico a velocità bassa, con una mano scivolata nello spacco della gonna, allargo un po’ le cosce e mi accarezzo la spacca che ci mette davvero poco a bagnarsi… Parcheggio, tolgo le chiavi dal cruscotto, mi sistemo i capelli allo specchietto retrovisore e butto un’occhiata all’orologio: non sono nemmeno le nove… Faccio il breve tragitto del vialetto e suono alla porta… “Ti sono mancata…?”. Dico persa nell’abbraccio delle sue mani che mi percorrono il corpo sopra i vestiti e si fermano a palparmi il culo; persa nei baci travolgenti che mi regala ingoiata subito dalla sensazione della sua lingua nella mia bocca… Appena il tempo di chiuderci dietro la porta e sorride senza dire nulla…. Gli sfilo il maglione a collo alto indossato a pelle: un corpo disegnato, perfetto, statuario. Lo accarezzo, lo lecco, lo adoro, lo guardo dritto negli occhi con una “fame” indicibile…Indugio con le dita all’attaccatura dei jeans, slaccio il primo bottone… Poi lui va verso il fornello e mi chiede se voglio un caffè… Tolgo la giacca e appoggio la borsetta, poi vado a sedermi sul tavolo della cucina. Lascio cadere a terra le scarpe, sposto lo spacco centrale della gonna per liberare del tutto le cosce, apro completamente le gambe e inizio a masturbarmi guardandolo… Non voglio caffè, sono già abbastanza sveglia, ho altre voglie…Lo guardo cattiva, mi passo la lingua sulle labbra e gli dico solo : “ho bisogno di cazzo…”. Viene da me, calmo, deciso, mi fa stendere sul tavolo di schiena, mi accarezza deciso le cosce, scivola con le mani sotto a prendermi il culo e tenermi aperta poi scende col viso, a leccarmela, duro, avidamente. Mi trova già completamente bagnata, pronta… Mi dice … “Mi fai impazzire quando hai queste giornate…” . Mi fa vibrare guardandomi, slacciando la cintura lentamente, abbassa i pantaloni, poi le boxer e rimane completamente nudo, mi fa aspettare, soffrire…Lo guardo, guardo quel cazzo pazzesco, lo guardo diventare duro tra le sue mani. Pochi istanti. Mi entra di forza li, sul tavolo: in un colpo solo; poi mi afferra, mi guarda cattivo e affonda una serie di colpi decisi lasciandomi senza fiato, chiamandomi puttana; poi inizia ad aumentare i ritmi…: straordinario come al solito … Enorme, perfetto…Il suo cazzo mi stravolge, una sensazione di appagamento dal principio…Venoso, bollente, pulsante. Sa usarmi, sa quando può, come oggi, entrarmi senza preamboli e quando invece lanciarmi, preparami…Gli faccio effetto, è durissimo…. “Il tuo profumo…Questo profumo mi entra nel cervello…Sei una troia…”…Mi pompa, i colpi sono violenti, mi sbatte mentre i nostri occhi si scontrano cattivi, senza respiro… Barcollo alzandomi, andando verso la camera. Cattiva, voglio sesso, lo voglio; mi tolgo rabbiosamente il maglione lasciandolo cadere a terra Tengo gonna, calze e reggicalze per essere più icona di puttana, di amante… Il letto è ancora sfatto e caldo… Ho fretta, ho fame di cazzo, non posso aspettare, voglio consumare…Ho il respiro affannato, il cervello appannato dal desiderio… E sento l’odore di Paola sulle lenzuola, dei suoi capelli sul cuscino… Una scarica perversa, strana, difficilmente spiegabile…Mi sto infilando nel letto della mia amica con suo marito; era li, in quelle lenzuola, nemmeno un’ora fa… E’ in effetti è ancora tiepido e l’odore di lei si sente, forte…Il profumo delle sue gambe, della sua fica… Mi piace il suo odore, mi eccita l’istinto di traditrice, mi spinge alla sfida… Ricordo una foto che lui mi aveva mostrato giorni prima, di lei splendida, nuda, il cuscino incastrato tra le cosce, su quel letto…Prendo lo stesso cuscino tra le mani, lo metto tra le mie cosce e mi faccio a cavalcioni, con lui che guarda emozionato, eccitato… Mi scopa in maniera selvaggia, poi salgo io sopra di lui, mi impalo su di lui, gli chiedo di rallentare il ritmo, di farmi sentire quanto lo ha grosso, di riempirmi la fica. Poi prendo il telefonino e chiamo Paola, con il cazzo di suo marito completamente dentro me le parlo dicendole che ho chiamato “per sapere se va tutto bene in ufficio”; parlo con lei mentre suo marito mi sta montando e la sensazione mi da una scarica di adrenalina… Mi gira di forza, brutale, solleva la gonna e dice : “Tira su il culo puttana”. Dice che sono stata cattiva, che deve punirmi. Mordo il cuscino perché so che sarà cattivo…Sento il mio odore, sento quello di Paola sul cuscino… Mi lecca, a lungo, il viso affondato tra le mie natiche…Poi mi fa succhiare le sue dita, mi penetra con due dita, dietro, a fondo…Mi scopa il culo con le dita… Poi le sfila e …Inizia a darmi cazzo. Spinge, cerca di farsi largo, vuole il mio culo avidamente. E forza, e spinge e spinge…Fino a scivolarmi dentro, tutto. Mi afferra le carni e pompa, mi sfonda l’anima…Poi mi afferra per i capelli. “Adesso tocca a te”. Dico di no, ma me lo impone. Devo chiamare il mio uomo…La voce stravolta, lui può solo ascoltare, probabilmente ha gente intorno, mi chiede sottovoce e balbettando dove sono …Ansimo e gemo sotto i suoi colpi…Riesco a dire poco. Solo che sono in un bagno, che mi sto masturbando, che ho voglia di cazzo, che sono una puttana, che mi sarei fatta fare da quelli che mi avevano guardata durante la mattinata. Che sto male…Gli dico che mi pensi con altri, che sto scoppiando e lascio cadere la telefonata. Appena messo giù urlo, stringo e lenzuola e lo imploro di pomparmi più forte, di rompermi…A occhi chiusi penso a Paolo legata nuda, costretta a guardare me farmi suo marito; immagino il mio uomo sorprendermi e aggiungersi a noi, aiutarlo a punirmi. E poi assieme violentare Paola…. Allungo una mano tra le gambe e mi masturbo mentre ansimando continua a spaccarmi il culo senza darmi tregua, vengo di schianto e le cosce mi cedono di colpo…Lo eccita sentirmi preda delle convulsioni, lo tira fuori…I getti mi arrivano al collo, scivolano sui seni e sulle gambe, macchiano la gonna. Il suo corpo perfetto di muscoli disegnati è velato di sudore come il mio e ci scambiamo la pelle umida in un abbraccio. Scendiamo uno tra le gambe dell’altro, a lungo, a leccarci… Un po’ di musica, mi riprendo un po’ poi mi riassetto alla meglio, mi rivesto….Parliamo con gli sguardi. Adesso il caffè va bene…Parliamo del suo progetto sul tavolo; e di quanto è carina Paola quella mattina…Dice che lo sa... “Fattela in pausa pranzo”. “Non serviva me lo dicessi; prima o poi vi voglio assieme in quel letto…”. Rispondo che mi piacerebbe moltissimo. A patto che ci sia anche il mio uomo, perché se mi eccita vedere un’altra scopare non mi va di restare li a guardare… “E poi mio marito impazzirebbe a farsi tua moglie”…Mi risponde che lo ecciterebbe da morire…. Fantasie, ma parlarne non costa nulla…. Un saluto in un abbraccio e risalgo in macchina. E’ tardi quando torno in ufficio… Il tempo di qualche battuta con lei, mi fa notare una calza smagliata. Siamo sole. Sollevo la gonna, vede i reggicalze, l’inizio. Si mette a ridere…Dice che vestita così farei resuscitare quei cadaveri di banchieri che vanno a bere il caffè di fronte . E che…” Se ti vedesse così mio marito saresti senza scampo…Già ha una predilezione per te….Comunque hai la gonna macchiata…” dice sorridendo e passandoci sopra un dito…”Porca, mi sa che il tuo Marco lo consumi: straordinari di prima mattina…”. Mi eccita, mi emoziona….Mi sfiora dove suo marito…Cerco di riprendermi la battuta e le dico : “Senti chi parla, con quello frutteto di pere in mostra stamattina chissà quanti clienti hai fatto imbizzarrire…”. Mentre mi dice di no, che ha dovuto girare per commissioni anche lei e che era rimasta Laura in agenzia mi colpisce un dettaglio…Mi sembrava di avere visto il reggiseno nero sotto la camicetta, ma vedo che sotto non ha nulla mentre si sistema la borsetta…Anche la treccia sempre perfetta è un po’ meno curata… “Va bene, allora vado: ci vediamo il pomeriggio…Forse arrivo un po’ più tardi”. Mi dice sistemandosi con nonchalance una autoreggente: spettacolare. Mi guarda con un sorriso strano, splendida al solito, a lungo. Poi chiudiamo. Torno a casa e, sorpresa di quelle che apprezzo sempre, pranzo pronto: Vale è già tornato. “Lavati le mani che è pronto” mi dice sfornellando e senza badarmi… Mi affretto entusiasta e affamata; passo dalla camera a togliere gli orecchini, non ci faccio quasi caso al primo istante….Un reggiseno nero, una terza, sul letto, riflesso allo specchio, inequivocabilmente riconoscibile…Una polaroid che cado a guardare…Un viso, quello di Paola, stupendo in un sorriso malizioso, le labbra imbiancate di crema e una scritta a pennarello… “Se la prossima volta usiamo la stessa macchina risparmiamo tempo e benzina, Paola”. Resto li inebetita e battuta come una idiota… “Dai Manu che abbiamo amici a pranzo tra cinque minuti…”. Mi affaccio alla cucina: i piatti sul tavolo sono quattro…. 6210 2 13 anni fa
- 1 settimana fa prima visione 1Questa prima serata fresca ci convince a rispolverare i giacconi tenuti per mesi nell'armadio e ad indossarli per uscire, dopo cena. L'aria frizzante per le vie del centro ci suggerisce presto di concludere la serata al chiuso di un cinema e decidiamo di comune accordo per la visione di un film che sembra interessante. E' una prima decisamente affollata, i posti liberi sono pochi e ci accontentiamo di trovarne due appaiati, senza far caso a chi ci sta accanto. E' un periodo di buona sintonia fra noi e ci ritroviamo abbracciati, come innamorati, con lei che mi tiene la testa sulla spalla.Ad un certo punto Maria Rosa mi sussurra all'orecchio con voce sorpresa ed eccitata: "C'è un tizio che mi fa' piedino!" Mi sporgo, guardo a destra e vedo un distinto cinquantenne che guarda lo schermo con aria tranquilla e assorta. Dubbioso sul da farsi, mi tranquillizzo pensando che un contatto di piedi può anche esser casuale e riprendo tranquillo la visione del film. Qualche istante dopo, però, Rosy torna a parlarmi all'orecchio: - Ci sta riprovando... - mi dice con tono più stupito che indignato.Trovo curioso che una ragazza come lei, timida ma allo stesso tempo energica con i seccatori, non sappia risolvere un problema così semplice come il sistemare un importuno. Inoltre mi stupisce che quello tenti di nuovo l'approccio, pur essendogli chiaro che la ragazza è accompagnata e l'ha già evitato una prima volta. Mi viene dunque da pensare che qualcosa l'abbia indotto a riprovarci, e mi chiedo che cosa. Forse una certa esitazione di Maria Rosa, che lo ha percepito in ritardo... posso ben immaginare come il tizio abbia interpretato quella disattenzione, convinto, come lo sono in molti, che le donne siano più sporcaccione di quanto vorrebbero far credere, specialmente se possono giocare sull'ambiguità e sulla clandestinità. D'altra parte sarebbe facile per una donna, se il contatto continuasse, far finta di niente, potendo sottrarsi al gioco in ogni momento senza conseguenze. Deve essere terribilmente intrigante lasciar fare, contando sull'anonimato e sull'oscurità quasi totale... ecco, mi sono immedesimato in entrambi i protagonisti del presunto contatto, non resta che chiedermi come possa viverlo io. E per saperlo non c'è che un modo. - Vediamo fin dove arriva... - sussurro morbosamente alla mia Rosy, il cui tepore mi scalda il fianco.Lei resta come disorientata, incapace di reagire sia all'iniziativa del vicino, che ovviamente prosegue di nascosto, sia alla mia concorde remissività, come se si sentisse scoperta su entrambi i fronti, anche su quello che in teoria dovrebbe difenderla.D'altra parte, un semplice avvicinamento delle scarpe, fisicamente nemmeno percettibile per via dello spessore del cuoio, non pare eroticamente così sconvolgente... quindi si limita a rincantucciarsi ancor più nel mio abbraccio, come a chiedere protezione dalle insidie del mondo, ma contemporaneamente ignorandole, come qualcosa che non la riguardi, mantenendo caparbiamente il piede dov'è. Come dire: di qui non si passa! Senza accorgersi che l'ostacolo frapposto non è un muro, ma un ponte. Con la coda dell'occhio vedo che il tizio, ancora intento a fissare lo schermo come rapito, facendo perno sul piede sposta il ginocchio verso sinistra, per cercare il contatto con quello di Maria Rosa. Glielo impedisce la divisione dei sedili, ma noto che è lei stessa, forse fingendo un movimento involontario, a spostare quasi inavvertitamente la gamba fino a sfiorare quella dell'altro, per poi ritrarsi immediatamente come per scusarsi della distrazione mentre quello fa altrettanto per negare la propria responsabilità nel timore di una reazione negativa. Mi viene da sorridere nell'osservare quelle ingenue astuzie segrete della mia Rosina, probabilmente sperimentate con qualche amichetto dell'adolescenza, quando andare al cinema era un avvenimento peccaminoso e avvincente. Non è però il fidanzatino quello con cui sta civettando nell'ombra, ma un perfetto sconosciuto.- Tienimi aggiornato, mi raccomando...- le sussurro, facendole capire che la manovra non mi è sfuggita, cosa che la confonde ulteriormente. Sia che voglia punirmi o assecondarmi, per non smentire l'atteggiamento in cui l'ho scoperta non le resta altra strada che quella di proseguirlo. E' davvero istruttivo constatare come, mentre di più mi si stringe contro destinando uno sguardo languido e distratto allo schermo, sposta contemporaneamente la gamba, pur se nascosta dalla gonna e dal giaccone che tiene in grembo, verso il sedile del compagno. E come lui, proprio nel vederla abbandonata contro di me ma incredibilmente protesa quasi ad invocare un secondo sfioramento, trova confermata la sua teoria: le donne sono tutte porche. Gli basta ruotare nuovamente la gamba per accostare il proprio ginocchio a quello di Maria Rosa. Un secondo, due secondi, tre, senza alcuna reazione... ecco, a questo punto si tratta definitivamente di un contatto volontario, inequivocabile e quasi percepisco il fremito di entrambi, causato da una di quelle rare emozioni della vita, preziose per la loro unicità e naturalezza. Poi si separano, come spaventati da quell’inquietante presa di coscienza: lui ci ha provato, lei ha corrisposto e soprattutto è ancora lì, immobile al suo fianco, potenzialmente disponibile a tutto ciò che la situazione consente... E non è oggettivamente poco, tenendo conto del buio che avvolge la parte bassa dei sedili. Neanche la mia presenza è d’ostacolo, anzi, conferisce alla situazione un'aura di trasgressiva impunità, che l'acquiescenza di Maria Rosa rende affascinante.Lei mi si accomoda contro ancor più strettamente, intuisco il suo desiderio di parlarmi, ma non trova le parole. Si sistema però meglio il giaccone sulle gambe, come per proteggerle dal freddo, ma la trasparenza della manovra mi rende sempre più elettrico. Ormai posso seguire la scena anche al buio, come se disponessi di un visore a raggi x, per vedere anche attraverso gli oggetti. E' chiaro che l'amico proseguirà l'approccio, questa volta non col ginocchio, ma con la mano. A prima vista non si distingue nulla, ma intuisco un qualche movimento al di sotto del suo soprabito e poco dopo sotto il giaccone di Maria Rosa. Sarebbe bastato il sospiro quasi stremato, rassegnato, che lei mi soffia all'orecchio senza nascondermelo, a denunciarmi il misfatto: la mano dell'infame si è appoggiata al ginocchio della mia ragazza e ora, verificata l'incoraggiante passività, si sta spostando tremante ma impunita lungo la coscia, silenziosa come un serpente.Più Maria Rosa mi offre lo spettacolo della sua dissolutezza, d'altra parte da me ampiamente incoraggiata e condivisa, e più la vedo tenera, fragile, indifesa, anche un po' goffa, con una gamba ormai paralizzata nella posizione di confine, e l'altra ripiegata sotto il sedile. La sento pulsare al mio fianco, senza neanche più fingere di seguire il film ma guardando opacamente la nuca dello spettatore davanti con gli occhi ormai quasi chiusi e il respiro rallentato, mentre la mano aliena scivola di nascosto fra le sue cosce facendo la felicità del fortunato. - E' arrivato...- mi bisbiglia ad un certo punto fuori di sé, ma ricordandosi della mia richiesta. Ecco, mi sta tenendo al corrente. Cosa posso rimproverarle? La mano dell'estraneo è giunta al capolinea, ha superato la barriera della gonna ed ora spadroneggia sulla nuda carne della coscia, premendo contro il soffice ostacolo delle mutandine... libera, tranquilla, addirittura agevolata da una divaricazione evidente e incoraggiante. Conto i secondi, mentre Rosy resta imbambolata a boccheggiare, ma ne passano più di una ventina prima che lei trovi la forza di scuotersi, facendo capire all'intruso che è ora di ritirarsi, cosa che quello fa con cautela, quasi con rimpianto. La visione dello schermo torna a farsi in me cosciente. Qualunque cosa sia successa fin ad ora in questa pellicola, non ha superato la ricettività della mia retina. L'avvenimento più emozionante della serata è già avvenuto, e null'altro potrà superarne la dirompenza.2Lo so, l’ha fatto apposta, ne sono certa. L’ho detto a Dario, ma forse non mi ha creduto. Ora che faccio? Guardo lo sconosciuto di sottecchi: è così tranquillo! Ha l’aria di un professionista, capelli corti e brizzolati, corporatura normale e indossa una giacca di lana inglese, un po’ informe, sicuramente molto usata. Odora di tabacco. E’ sicuro di sé: in fondo che cosa può temere per quel toc-toc sulla mia scarpa, così discreto, quasi paterno! Paterno, sarà questo che non mi fa irritare per l’approccio, la sua chiara proposta? Ripenso a quelle volte in cui ho sognato proprio un tipo come questo, mentre Dario mi prendeva con le solite movenze. Sognavo una specie di Nettuno che mi porgeva alla bocca… ciò che il mio stesso pollice allora simulava, ciucciandolo e godendo. Quel ricordo involontario mi turba e per scacciarlo mi rannicchio fra le braccia di Dario, ma nel farlo il mio piede (lui, non io!) si muove e va a contatto con quello dello sconosciuto. Lo ritraggo, ma il danno è fatto! Lo so, ci riproverà, mi dico. Infatti, lo fa. -Vediamo fin dove arriva…- ha detto Dario ed io quasi non credo alle mie orecchie. Sono turbata ed eccitata. Com’è possibile che io goda di questo? La debole spinta del piede sconosciuto sul mio attraversa la scarpa e suscita un calore che risale e rende molle la caviglia, finché un nuovo contatto, fra le nostre cosce, mi elettrizza la gamba e mi scalda il basso ventre. Dario ha uno sguardo incuriosito, come d’attesa. Allora è così che mi vuoi anche tu! Porca fra due porci! Ok, stendo bene la giacca sulle gambe e, giacché ci sono, nel farlo sollevo anche la gonna sotto. Il campo è aperto, vecchio porco, vediamo che sai fare. A braccia conserte sotto il seno, raccolta fra le braccia del mio uomo, attendo e preavverto il lento infiltrarsi della mano sconosciuta sotto le pieghe della giacca. Un brivido caldo mi percorre al primo contatto delle sue dita sulla pelle, a metà coscia. Ora mi accarezzano, mi esplorano su e giù, stringono e massaggiano la parte più tenera e sensibile all’interno delle cosce. Stringo i pugni e allargo al massimo la coscia destra, non la sinistra che Dario sentirebbe e non voglio che senta, forse per un’ultima barriera di vergogna, di pudore. La sento io ! La voglia di aprirmi totalmente, fino a spaccarmi per darmi a quelle dita, misteriose e sagge, sì sagge! Ma come fanno a toccarmi così sapientemente, a conoscere ogni mio segreto… Lì! Sì! Non ti fermare! Sì entra! E’ un lago d’umori, quello in cui quelle rigide dita si tuffano, invadenti. Cerco il sesso di Dario e non lo trovo. Ora vorrei renderlo partecipe, ma lui non s’accorge nemmeno del mio lieve tocco, non è per niente eretto. Ma allora… perché la sua complicità, il suo interesse? Oddio: quel magico tocco si ripete, ancora e ancora, sul clitoride! Mentre altre dita continuano ad invadermi, sempre più profondamente! Non resisto, me ne frego dei pensieri e mi lascio andare. Inarco il pube contro quelle dita incantate. - Porco! Porco! Porco! - martella la mia voce, nel cervello… e vengo. Un fiume in piena che straripa e mi sommerge.3E’ andata! Ce l’ho fatta un’altra volta! Incredibile! Quando meno me l’aspettavo, il sogno si è realizzato un’altra volta. Le orecchie mi rombano, devo avere ancora la pressione alta. Le luci dell’atrio illuminano corpi e volti normali intorno a me. Sono ancora sconvolto e stento a credere che tutti non sappiano. Li guardo al solo scopo di rassicurarmi che tutti sono ignari di ciò che è appena accaduto. Appena accaduto ed è già ricordo! Mi porto le dita della mano sinistra al volto e ne annuso il forte afrore, acre, sconosciuto, che ho imparato ad apprezzare.Quando, ancora con le luci in sala, la coppietta s’era venuta a sedere proprio accanto a me, con un tuffo al cuore avevo scoperto che lei indossava una gonna. Un paio di calzoni m’avrebbe deluso fino al disgusto, stroncando sul nascere ogni più vaga fantasia. Invece lei mostrava la gamba, un po’ pienotta, non tanto fine, né ben modellata, ma giovane e soda. E abbronzata, forse per questo ancora senza calza! Con un sorriso compiaciuto per la gioia di un tale avvenimento, ne ho calcolato la preziosa rarità. Quante volte, mi sono chiesto, ti può capitare una tale coincidenza di casualità: sala piena, proprio accanto a te, giovane, con gonna, senza calze? Probabilmente mai più, giocati tutto al meglio di te stesso, mi ero risposto. Ed era andata! Ce l’ho fatta!Camminando lungo il marciapiede, o per meglio dire, ancora veleggiando fra le nuvole del sogno appena realizzato, analizzo la vicenda in tutti i suoi aspetti. Fosse stata più anziana, mi dico, avrei senz’altro avuto anche il mio orgasmo. Lei avrebbe senz’altro cercato di impugnare il mio scettro: più crescono e più lo vogliono. Che sublime piacere, invece, aver dimenticato completamente me stesso e la mia erezione, per godere al massimo del suo piacere, così spontaneo, palpabile, chiaro e fresco e così facilmente a portata delle mie dita. Sì, ho goduto come non mai, del piacere che le donavo, ad esso solo proteso, unico, perfetto obiettivo di tutti i miei sensi e le mie abilità. 5628 4 14 anni fa
- 1 settimana fa conflitti sociali.. Erano nel negozietto di lui. Per la precisione tra le cassette di verdura invenduta. Odore di selvatico intorno. Lei era paonazza, gli occhi che strabuzzavano. Inginocchiata e vestita, emetteva dei suoni che non sembravano umani, qualcosa di simile a degli urli strozzati. Lui, nudo e in piedi, la teneva premuta contro il cazzo con tutte e due le mani. « Ferma così!, » le aveva ordinato, all’avvisaglia dell’orgasmo. « Ferma! Succhia ma non muoverti!, » le aveva ribadito. Glielo aveva spinto a lungo fino in fondo alla bocca, fin dove riusciva ad arrivare ed ora, ch’era il momento clou, le chiedeva l’ultimo sforzo e l’estremo sacrificio, costringendola ad accogliere tutta l’asta senza più quell’andirivieni che le concedeva un pur minimo sfiato. Lei aveva le labbra schiacciate contro la parte alta dello scroto, e soffocava... soffocava... Mentre l’inguine le pizzicava, mentre una parte del suo corpo che sembrava indipendente dalla sua volontà le si illanguiva, mentre con piccoli e dolorosi spasmi di risucchio eseguiva gli ordini di lui, le venne da pensare a che razza di morte sarebbe stata quella e a come avrebbe preso la notizia suo marito ... non fosse stato per l'ostacolo in bocca l'idea le avrebbe strappato una sana risata ! E poi lo sentì, eccolo! Ecco il fiotto liberatore di sperma! La carne che le riempiva la bocca si elettrizzò e poi il liquido la colpì in gola, bruciante e vischioso... se lo sentì colare giù, giù... e subito dopo avvertì degli schizzi all’interno delle guance, sul palato e poi quando finalmente lui le lasciò libera la nuca e lei si liberò ce ne fu anche per le labbra, il mento, il naso e gli occhiali. Decisamente Walter ne aveva tenuto in serbo un bel po’ per lei: già era uno abbondante di suo, ma per l’occasione s’era autoforzato a tre giorni di lontananza assoluta dal sesso! Proprio per quello del resto: per rendere memorabile, a lui e a Cinzia, quel pompino. Cinzia si tolse gli occhiali e appena fu in grado di ridere rise della propria miopia. « Ma dovevi per forza appannarmi le lenti? » chiese a Walter che le passava un rotolo di ScotteX. « Mi eccitava il pensiero di sborrarti sugli occhiali! Solo in bocca è troppo... troppo... insomma voialtri borghesi ci siete abituati!» « Sei un bastardo !... ma adesso voglio la mia parte.. » Per tutta risposta Walter, col cazzo ancora gocciolante, le indicò la porta. « Vattene! Tra mezz’ora devo aprire il negozio! » « Ma io... io voglio... » « Non sei tu che decidi, lo sai! Via, dai! Fila via! » Lei finì di pulirsi e poi buttò platealmente addosso a lui i resti dello Scottex. Lui non si mosse di un millimetro ma disse solo: « Signora, la prego, esca dalla porta sul retro perchè non ce la fa a tirar su la saracinesca da sola ». Lei, uscendo dalla porta sul retro, gli mostrò il dito medio. Sembrava una storia chiusa ma Walter sorrise. Sapeva bene che sarebbe tornata. Walter il fruttivendolo sapeva bene che lei, la signora di città , la ricca moglie del ricco imprenditore, voleva proprio quel trattamento. L’aveva ben capito la prima volta. Già , quel loro tempestoso e casuale primo incontro dal quale ne seguì un'infinità d'altri senza che lui li contasse; perchè come tutte le persone grezze, Walter non consentiva alle questioni cerebrali di occupare posto nella sua testa. Cinzia per lui era acqua fresca; quando la trovi e hai sete la bevi, senza porti la questione da dove venga e dove vada dopo.... 3552 0 14 anni fa
- 1 settimana fa la presunzione.. la presunzione che colpisce un coglione come il sottoscritto, quel tipo di presunzione che ti fa' credere di avere tutto sotto controllo dall'alto del tuo essere 'dominante'... Ma poi ti capita di entrare in un locale come questo; la musica è alta, le luci invece forse troppo basse. C’è veramente tanta gente questa sera. Con faticose bracciate raggiungo il bancone e ordino da bere. Sento in continuazione corpi caldi e sudati che si strusciano contro di me. Distinguo chiaramente le forme, i seni rotondi, glutei velati dalla stoffa, a volte anche delle mani che innavertitamente mi colpiscono. Sento il profumo delle donne che mi circondano, si mischiano, si confondono in uno solo grande e avvolgente. Poi, improvvisamente la vedo arrivare. In realtà io non vedo nulla, ma la sento. Un profumo diverso, luminoso, fresco di acqua si fa' strada tra gli altri. L’intensità cresce sempre di più fino a quando lo avverto esattamente alle mie spalle. Potrei girarmi, guardarla, confrontare quell’odore con l’aspetto. Ma non voglio, non ho il coraggio. La sua schiena si appoggia alla mia, lentamente ma inesorabilmente. Invece di ritrarmi, rimango fermo, solido. Anche la sua schiena non si muove ma anzi si appoggia, si distende poco alla volta contro la mia. La sento aderente, distinguo la forma dei glutei rotondi che sfiorano i miei. Le scapole alte, la spina dorsale di cui conto quasi le vertebre. Schiena nuda o appena velata da stoffa sottile. Nulla di più. Io continuo a sorseggiare dal mio bicchiere con lo sguardo perso nel vuoto, ma tutte le mie attenzioni sono proiettate dietro di me. Su di lei. Ne conosco il profumo, le forme dietro e comincio a conoscerne anche i movimenti. Sento che parla, probabilmente un corteggiatore cerca di coinvolgerla. Il suo corpo ondeggia dolcemente, ogni parola è come se le scorresse sulla pelle e si diramasse fino a me. Adesso avverto anche il contatto dei suoi capelli sulla mia nuca. Siamo troppo vicini, troppo in contatto perché lei non se ne accorga. Eppure non succede nulla. Anzi. La mia schiena è ancora contro di lei dritta, e questo la rende spavalda nei movimenti. Il suo culetto si fa' sporgente e struscia sempre di più contro il mio. Liscio e lento spinge verso di me, ed ogni volta che gli vado incontro ascolto il suo respiro cambiare. Ancora non l’ho vista, ma la voglia di girarsi comincia ad essere insostenibile. Il corteggiatore si allontana e la sento che si gira verso la mia schiena. Una spinta generale della calca la costringe contro di me un’altra volta. Ha il mento sulla mia spalla, i seni morbidi schiacciati sulla mia schiena e i miei glutei tesi intuiscono l’inizio delle sue cosce. Avverto chiaramente il tocco delle sue dita sul collo, poi la voce bassissima che mi sussurra: sono qui. Le sue mani adesso mi scorrono sulla vita sotto la camicia, le unghie lunghe (le immagino ancora adesso laccate e lucide come l’interno di una conchiglia) mi segnano la pelle con forza. Il suo respiro caldo si appoggia sul mio collo, scivolando tra i capelli, sento quasi il sapore delle sue labbra quasi appoggiate alla nuca. Mentre sento il rumore del mio bicchiere che cade, mi stupisco delle mie mani partono alla sua ricerca. Si, ha un vestito leggero, le mie dita si appoggiano sui suoi fianchi, sento il tepore della pelle sotto la stoffa. Lentamente spinge contro di me il suo bacino, la curva del pube mi preme contro ritmicamente mentre le sue dita scivolano sulle mie cosce tirandomi verso di lei. Vorrei girarmi, lo voglio, ma se lo facessi mi ritroverei con le labbra contro la sua bocca. Siamo troppo vicini per guardarci. È tardi ormai. Il suo corpo curvo aderisce al mio e si muove con la musica, stretti in mezzo alle persone. Poi una mano abbandona le cosce e si infila nella tasca dei miei jeans. E’ come se lo sapesse, come se vedesse chiaramente l’effetto che mi sta facendo. Le sue dita delicate incontrano il mio glande che preme da dentro contro la tasca. Sento i polpastrelli che lo esplorano, lo misurano, lo provocano muovendolo a fatica nella morsa dei pantaloni. Poi l’altra sua mano si fa più coraggiosa e trova la via della pelle. Sottile si infila sotto la cintura e si immerge in fondo. Io sono ormai paralizzato, le braccia lungo i fianchi, lo sguardo fisso verso davanti con dietro di me la fonte della mia più grande eccitazione. Non l’ho ancora vista. Ma la sento, la sento sempre di più, la sento che me lo prende in mano, che lo stringe. Ancora il suo bacino che preme. Ma questa volta non è la musica a dare il ritmo. È la sua mano, le sue dita infilate dentro i miei jeans che scandiscono il tempo. Chiudo gli occhi e immagino la sua mano che mi masturba, le sue dita contratte intorno al mio pene pieno di eccitazione. Le sue unghie laccate che si muovono verso il basso scoprendo il glande. Poi verso l’alto. Poi ancora verso il basso. E tante volte, tante che la mia mente è ormai svuotata. Non sento più la musica, non sento più la gente, sento solo un calore che mi sale dall’inguine e mi esplode nella testa. Vengo così, girato, in piedi, in mezzo alle persone che esibiscono free drink al barman. Vengo nelle sue mani, con dolore quasi, riempiendo le sue dita di bollente sperma. La sua mano si ritira come la schiuma sulla sabbia, senza un rumore, veloce e inaspettata. Sento solo la sua presenza ancora dietro di me, il suo respiro accelerato come il mio che si mischiano. Lentamente sfuggo al contatto e mi giro al rallentatore, voglio che si accorga che lo sto facendo. Ma i miei occhi non la incontrano. Sparita, inghiottita dalla gente prima che possa capire chi è. Forse quella bionda con l’abito nero a sinistra? O forse la ragazza con i capelli corti e la scollatura sulla schiena? Cerco delle mani che mi possano essere familiari o un profumo che mi riconduca a lei. Ma gli occhi non la conoscono, non sanno nulla di lei. Non ha importanza. Ormai è tardi. 4133 2 14 anni fa
- 1 settimana fa Alessia Ho la visione di te. Che mi lascia camminare dritto sull’acqua. E volgere basse le mie ali nere. Per inoltrarmi nel fondale. Ho l’odore di te. Che mi tormenta, che mi cammina dentro peggio che un’edera in rivolta. Il nostro è un gioco di rivoluzioni e stiamo fermi solo per gli altri che non ci comprendono, intanto noi nutriamo affondi e ricognizioni, intanto noi così tangibili, con la certezza di nessuna contrizione. Ho questa carezza di te. Che è anima cruda per ogni mia venatura e mi vomita in faccia indomabili ebbrezze. Il nostro è un non-gioco di vibrazioni e siamo insipidi solo per chi non si coagula a sfacciate gradazioni. Alessia si lascia camminare. E la mia mano è così accurata che pare guarirla graffiandola. Alessia mi costringe ad infrangere ritmi regolari, normo-deglutizioni. Innescato. Voluto. Noi. Io e Alessia. che strana alchimia. Ti guardo e ti rendo complice. Mi guardi e mi porgi sconfinamenti. Come chiudersi a chiave in un angolo rosso e iniziare a leccare sangue lacrime e voglie, come dimenticare il nome di una bambola parcheggiata al fianco di una normalità perché così lei ha voluto. Come tutto ciò che ora voglio, nell’istante che tu condividi, strapparti di dosso pudori e brandelli d’inferno, farne porte che s’aprono. Ti monto sopra senza darti tempo. Ti sorprendo in un alcolico ‘alza il volume angelo’. Masturbami la bocca, ora non chiedo altro. Balliamo dall’alto di una panchina. Io eretto, tu armonica nei tuoi sbandamenti, con dita a pressione sui miei jeans, che scivolano in base ai camminamenti che pretendi, che offrono ancora per poco odore di stoffa misto a carne; spingi la testa contro la mia pancia, facendo della tua lingua una dolcezza feroce. Stai attenta a non lasciarmi invisibili ferite. Vuoi che la tua bocca sia tanto gonfia e viola quanto dolorante. Madida quanto la mia, sotto la pressione delle mascelle che si serrano per la tensione. C’è solo luce opaca intorno e silenzi taglienti in lotta con atti carnali urlanti. Lo sento il tuo timido tremare. Eppure talmente sfacciato da sembrare orfano. Non posso scivolare e svanire con te epidemica, così calda. Ed ora la mia violenza romantica mi vuole fragile, scosceso. E scosciato. Mentre m’inarco di più la tua gonna s’alza e scandisce giochi di pelle, stammi addosso, più vicino, ancora più vicino. Io e Alessia. che densa patologia. Io e Alessia nuotiamo tra musica ipnotica e scarpe viola. Ti succhio e la tua pelle è tesa e la mia pelle è tesa. Un’auto si ferma vicino noi. Vetro che s’abbassa filtrando nostra impalpabile indifferenza. Una donna ci chiede di unirsi, io e Alessia facciamo cenno di no, curandoci debolmente della sua smorfia non compiacente. Riappropriandoci subitanei della nostra amalgama. Ora la sua gola che abbraccia il mio cazzo è come un’arma, basterebbe premere il grilletto e sarei carne rossa tra le sue mani, incosciente trapezista dalle ali spiegate. Interseco dita tra le ciocche dei suoi capelli, li stringo come fili densi in amore, non me ne distacco. Il legno della panchina pare scheggiarsi ad ogni movimento, ora che la sollevo e la bacio, ora che i nostri petti coincidono, che le sue braccia si adagiano sulle mie spalle. Fatti vibrare. Io ora rannicchiato nell’angolo più acuto di me, a guardarla sorridermi. Mentre ancora chi passa vorrebbe stare nelle nostre scarpe violate e lasciare medesime impronte. Solchi in labirintici sapori. Alessia facciamo l’amore, facciamolo qui, facciamolo ora. Lascia scorrere una mano sotto la mia maglietta. L’alza. La sfila. Io e Alessia sembriamo demoni in collisione, chiudiamo gli occhi…possedere il buio di un attimo e deciderne il ritmo. Dalla tasca del pantalone sceso sporge una penna, l’afferra, mi incide, l’inchiostro trafigge la mia anima calibrando spasmodici mancamenti e pensieri come fiati persi solo per impazienza, fuoriescono. E vorrei le sue gambe rimanessero aperte per permettermi migliori accessi –confidenza, così la mia bocca tra capezzoli erti aprire la sua, per ore di conversazione a cielo pieno. Ora non ci risparmiamo. Ci diamo in pasto come orgiastici folli umanoidi, ballando nei nostri pallori alcolici riflessi, esasperando turbamenti come aghi trasparenti che bucano fiumi neri. Ho voglia di sentirmi impotente d’uscire, preda alata irretita nell’intrico della tua tela, tu ragno ed io falena, noi consapevoli ingordi del nostro gioco di non-innocenza. Balliamo per ore su questa panchina, sei bollente quando ti entro dentro, il culo aderisce perfettamente al mio cazzo, mentre lascio scivolare le mie emozioni come vele gonfie di vento e senti più volte il mio sguardo fitto caderti addosso tra umori e brividi. Alessia dice “Continua. Non ti fermareâ€. Le nostre lingue come estensioni di carne trafitte da lame d’amore. O come meduse. Dalle quali farsi bruciare. Ti lecco dappertutto, senza dimenticare millimetri di pelle, nel percorso i miei denti disegnano perversioni, ho così voglia di fotterti e carezzarti, ho così voglia di berti, di sentirti lucida e ubriaca, come se ogni sfiorarci fosse trappola per caderci a fondo. Lo schienale della panchina sembra fatto apposta per appoggiare braccia in tensione, Alessia si piega e mi dona ancora il culo. Sentirlo così aderente di schianto mi fa impazzire, mentre non c’è più vergogna se non nell’impazienza di volerne ancora. E ancora. Incita le mie spinte come cavalcate sfrontate, incita a non fermarsi, istiga a metterci più forza, con foga mi afferra i fianchi da dietro, le prendo i polsi, li unisco in un’unica catena. Il buio ormai accompagna i movimenti, giostrandosi egregiamente tra riflessi scomposti di luna e di alberi, io e Alessia ancora giochiamo a metterci in gioco, più vividi e sfacciati che mai. Senza lesioni premeditate se non il nostro volerci. Che importa quanto tempo è passato, chi ha guardato, chi ha goduto di noi, che importa se stiamo urlando in silenzio i nostri tachicardici svenimenti, se esageriamo di parole e gesti e suoni e sguardi. Che importa se mastichiamo con rabbia o dolcezza, se ci infiliamo foglie tridenti e perversioni tra le labbra, e mentre, ci strusciamo delirando come animali in anomalo accoppiamento. Lasciamoci infierire. Leggiamoci lentamente e perdiamo ancora il ritmo dell’inchiostro, mentre sento il tuo bacino modulare complici sinuosità . Sembra piovere spilli leggeri, mentre Alessia mi fa' assaporare l’odore dell’erba bagnata di noi e mi sussurra ‘ti voglio’ e mi spinge la bocca nel verde scuro imperlato, prima di darmi un bacio. Poi preme sul mio braccio, capovolgendolo. Mi monta sopra. E si fa' puledra, succhiando dal ventre, vene gonfie. Godendo d’ogni mio respiro debole, d’ogni mio gemito in abbandono. I suoi capezzoli intanto bucano l’aria. E le mie mani li afferrano, ne fanno motivo d’approvvigionamento. Alessia si solleva un poco, mi vuole di fianco, anche lei sollevata, senza che smetta di cavalcare, le piace sfidarmi in posizioni complesse, tali da desiderare pause, perverse da non concederne. Si sfila di scatto e si volta, ora la sua schiena batte sul mio petto, lo vuole aderente e preciso, sentirmi invaderle la pancia. Così che una sua mano possa far coincidere ballate tra gli orifizi e le spinte, dandomi modo di desiderare più accessi, alternando. Alessia voglio sentirti godere mentre stringo muscoli precisi, avvolgendoti, mentre ti sono tanto dentro quanto mutui lo sono i nostri cervelli, e la carne pare corrodersi da quanto brucia. Noi liberi nel nostro famelico abbandono, noi così liquidi e densi al contempo, rappresi in lisergici abbracci. Così rimaniamo fino a che piccole luci invadenti porgono il guanciale alla notte rapita. Così persi. Nel piacere reciproco di chiudere occhi. E dare ancora sfogo ad onde iniettate di giochi d’acqua spumosi. 3685 0 14 anni fa