Che mi lascia camminare dritto sull’acqua. E volgere basse le mie ali nere. Per inoltrarmi nel fondale.
Ho l’odore di te.
Che mi tormenta, che mi cammina dentro peggio che un’edera in rivolta. Il nostro è un gioco di rivoluzioni e stiamo fermi solo per gli altri che non ci comprendono, intanto noi nutriamo affondi e ricognizioni, intanto noi così tangibili, con la certezza di nessuna contrizione.
Ho questa carezza di te.
Che è anima cruda per ogni mia venatura e mi vomita in faccia indomabili ebbrezze.
Il nostro è un non-gioco di vibrazioni e siamo insipidi solo per chi non si coagula a sfacciate gradazioni.
Alessia si lascia camminare.
E la mia mano è così accurata che pare guarirla graffiandola.
Alessia mi costringe ad infrangere ritmi regolari, normo-deglutizioni. Innescato. Voluto. Noi.
Io e Alessia. che strana alchimia.
Ti guardo e ti rendo complice.
Mi guardi e mi porgi sconfinamenti.
Come chiudersi a chiave in un angolo rosso e iniziare a leccare sangue lacrime e voglie, come dimenticare il nome di una bambola parcheggiata al fianco di una normalità perché così lei ha voluto.
Come tutto ciò che ora voglio, nell’istante che tu condividi, strapparti di dosso pudori e brandelli d’inferno, farne porte che s’aprono.
Ti monto sopra senza darti tempo. Ti sorprendo in un alcolico ‘alza il volume angelo’.
Masturbami la bocca, ora non chiedo altro.
Balliamo dall’alto di una panchina.
Io eretto, tu armonica nei tuoi sbandamenti, con dita a pressione sui miei jeans, che scivolano in base ai camminamenti che pretendi, che offrono ancora per poco odore di stoffa misto a carne; spingi la testa contro la mia pancia, facendo della tua lingua una dolcezza feroce.
Stai attenta a non lasciarmi invisibili ferite. Vuoi che la tua bocca sia tanto gonfia e viola quanto dolorante. Madida quanto la mia, sotto la pressione delle mascelle che si serrano per la tensione.
C’è solo luce opaca intorno e silenzi taglienti in lotta con atti carnali urlanti. Lo sento il tuo timido tremare. Eppure talmente sfacciato da sembrare orfano. Non posso scivolare e svanire con te epidemica, così calda. Ed ora la mia violenza romantica mi vuole fragile, scosceso. E scosciato. Mentre m’inarco di più la tua gonna s’alza e scandisce giochi di pelle, stammi addosso, più vicino, ancora più vicino.
Io e Alessia. che densa patologia.
Io e Alessia nuotiamo tra musica ipnotica e scarpe viola. Ti succhio e la tua pelle è tesa e la mia pelle è tesa. Un’auto si ferma vicino noi. Vetro che s’abbassa filtrando nostra impalpabile indifferenza. Una donna ci chiede di unirsi, io e Alessia facciamo cenno di no, curandoci debolmente della sua smorfia non compiacente. Riappropriandoci subitanei della nostra amalgama. Ora la sua gola che abbraccia il mio cazzo è come un’arma, basterebbe premere il grilletto e sarei carne rossa tra le sue mani, incosciente trapezista dalle ali spiegate. Interseco dita tra le ciocche dei suoi capelli, li stringo come fili densi in amore, non me ne distacco.
Il legno della panchina pare scheggiarsi ad ogni movimento, ora che la sollevo e la bacio, ora che i nostri petti coincidono, che le sue braccia si adagiano sulle mie spalle. Fatti vibrare.
Io ora rannicchiato nell’angolo più acuto di me, a guardarla sorridermi.
Mentre ancora chi passa vorrebbe stare nelle nostre scarpe violate e lasciare medesime impronte. Solchi in labirintici sapori. Alessia facciamo l’amore, facciamolo qui, facciamolo ora.
Lascia scorrere una mano sotto la mia maglietta. L’alza. La sfila.
Io e Alessia sembriamo demoni in collisione, chiudiamo gli occhi…possedere il buio di un attimo e deciderne il ritmo. Dalla tasca del pantalone sceso sporge una penna, l’afferra, mi incide, l’inchiostro trafigge la mia anima calibrando spasmodici mancamenti e pensieri come fiati persi solo per impazienza, fuoriescono.
E vorrei le sue gambe rimanessero aperte per permettermi migliori accessi –confidenza, così la mia bocca tra capezzoli erti aprire la sua, per ore di conversazione a cielo pieno.
Ora non ci risparmiamo. Ci diamo in pasto come orgiastici folli umanoidi, ballando nei nostri pallori alcolici riflessi, esasperando turbamenti come aghi trasparenti che bucano fiumi neri. Ho voglia di sentirmi impotente d’uscire, preda alata irretita nell’intrico della tua tela, tu ragno ed io falena, noi consapevoli ingordi del nostro gioco di non-innocenza.
Balliamo per ore su questa panchina, sei bollente quando ti entro dentro, il culo aderisce perfettamente al mio cazzo, mentre lascio scivolare le mie emozioni come vele gonfie di vento e senti più volte il mio sguardo fitto caderti addosso tra umori e brividi.
Alessia dice “Continua. Non ti fermareâ€.
Le nostre lingue come estensioni di carne trafitte da lame d’amore. O come meduse. Dalle quali farsi bruciare. Ti lecco dappertutto, senza dimenticare millimetri di pelle, nel percorso i miei denti disegnano perversioni, ho così voglia di fotterti e carezzarti, ho così voglia di berti, di sentirti lucida e ubriaca, come se ogni sfiorarci fosse trappola per caderci a fondo. Lo schienale della panchina sembra fatto apposta per appoggiare braccia in tensione, Alessia si piega e mi dona ancora il culo. Sentirlo così aderente di schianto mi fa impazzire, mentre non c’è più vergogna se non nell’impazienza di volerne ancora. E ancora.
Incita le mie spinte come cavalcate sfrontate, incita a non fermarsi, istiga a metterci più forza, con foga mi afferra i fianchi da dietro, le prendo i polsi, li unisco in un’unica catena. Il buio ormai accompagna i movimenti, giostrandosi egregiamente tra riflessi scomposti di luna e di alberi, io e Alessia ancora giochiamo a metterci in gioco, più vividi e sfacciati che mai. Senza lesioni premeditate se non il nostro volerci.
Che importa quanto tempo è passato, chi ha guardato, chi ha goduto di noi, che importa se stiamo urlando in silenzio i nostri tachicardici svenimenti, se esageriamo di parole e gesti e suoni e sguardi. Che importa se mastichiamo con rabbia o dolcezza, se ci infiliamo foglie tridenti e perversioni tra le labbra, e mentre, ci strusciamo delirando come animali in anomalo accoppiamento. Lasciamoci infierire. Leggiamoci lentamente e perdiamo ancora il ritmo dell’inchiostro, mentre sento il tuo bacino modulare complici sinuosità .
Sembra piovere spilli leggeri, mentre Alessia mi fa' assaporare l’odore dell’erba bagnata di noi e mi sussurra ‘ti voglio’ e mi spinge la bocca nel verde scuro imperlato, prima di darmi un bacio.
Poi preme sul mio braccio, capovolgendolo. Mi monta sopra.
E si fa' puledra, succhiando dal ventre, vene gonfie. Godendo d’ogni mio respiro debole, d’ogni mio gemito in abbandono.
I suoi capezzoli intanto bucano l’aria. E le mie mani li afferrano, ne fanno motivo d’approvvigionamento.
Alessia si solleva un poco, mi vuole di fianco, anche lei sollevata, senza che smetta di cavalcare, le piace sfidarmi in posizioni complesse, tali da desiderare pause, perverse da non concederne.
Si sfila di scatto e si volta, ora la sua schiena batte sul mio petto, lo vuole aderente e preciso, sentirmi invaderle la pancia. Così che una sua mano possa far coincidere ballate tra gli orifizi e le spinte, dandomi modo di desiderare più accessi, alternando.
Alessia voglio sentirti godere mentre stringo muscoli precisi, avvolgendoti, mentre ti sono tanto dentro quanto mutui lo sono i nostri cervelli, e la carne pare corrodersi da quanto brucia. Noi liberi nel nostro famelico abbandono, noi così liquidi e densi al contempo, rappresi in lisergici abbracci.
Così rimaniamo fino a che piccole luci invadenti porgono il guanciale alla notte rapita.
Così persi. Nel piacere reciproco di chiudere occhi.
E dare ancora sfogo ad onde iniettate di giochi d’acqua spumosi.
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