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Sotto il tavolo

Sabato sera. Sono stata invitata in una villa del comasco per partecipare ad una cena principesca... forse il vocabolo "partecipare" è eccessivo... sì, perchè io sono stata sotto il tavolo per tutto il tempo della cena! In effetti sono andata già sapendo il ruolo che mi toccava, in quanto ero stata contattata da un amico di Nicola, un mio Padrone, che aveva bisogno di una schiava per allietare la serata. Mega villa in un mega parco, ambiente elegante e gente raffinata. Dopo una veloce presentazione, vengo invitata dal padrone di casa a mettermi sotto il tavolo a "disposizione" di chi avrà bisogno di me. "Tu Sonia soddisferai i nostri desideri, senza opporre resistenza e ti ricordo che non sono accettati rifiuti di alcun tipo. Infilati sotto il tavolo, che la cena sta per iniziare", mi dice Gioele, il padrone di casa. Io mi infilo sotto il tavolo, completamente ed elegantemente vestita. Inizia la cena e per i primi venti minuti rimango inoperosa. Mangiano e chiacchierano i commensali, in tutto sei coppie abbastanza giovani. Poi all'improvviso mi sento chiamare in causa da una voce femminile: "Sonia, da brava cagna leccami i piedi. Toglimi le scarpe... io sono quella con le scarpe di vernice nera!". Individuo la tipa che mi ha fatto la richiesta e le slaccio lentamente i cinturini, poi con grande delicatezza le tolgo le scarpe e inizio a leccare il suo piede destro. Io sono in ginocchio, con la testa piegata sul suo piede, e lei mi mette l'altro tra le mie gambe, quasi a cercare la mia parte intima. Le lecco un piede e poi l'altro, in modo minuzioso, dito per dito e poi passo a leccare tutta la pianta che si presenta giovane, liscia e vellutata. Ad un certo punto la tipa si rifà viva dicendomi: "Basta ora. Smetti di leccare, lurida cagna. La tua lingua mi importuna! Togliti le scarpe e dammele, insieme alle mie". Io mi tolgo le scarpe e poi le passo alla signora, che probabilmente le appoggia sul tavolo; poi le porgo le sue e anche quelle spariscono alla mia vista. Vengo poi invitata da una voce maschile a fare un bel pompino: una mano sotto il tavolo mi indica il commensale che desidera quel servizio. La mia posizione è alquanto scomoda, ma inizio il mio lavoro di bocca. Gli sbottono i pantaloni, gli abbasso la zip e gli tiro fuori l'uccello, scostando gli slip lateralmente. E' un uccello grosso e già duro, di grande sezione, ma non mi faccio intimidire e inizio a spompinarlo. Lui geme e mi fa capire di gradire molto il mio servizio; ad un certo punto capisco che sta per venire e lui mi conferma la cosa: "Sì, sì, zoccola. Sei brava... sto per venire. Voglio che tu beva il mio sperma, fino all'ultima goccia. Ohh, ohh...". E viene copiosamente nella mia bocca; io ingoio tutto, stando attenta a non sprecare quel liquido caldo e saporoso. Altri due mi richiedono di essere spompinati e io eseguo. Loro però non vengono e mi chiedono espressamente di fermarmi, essendo vicini al traguardo. Il padrone di casa mi invita a spogliarmi totalmente e a posare i miei indumenti sopra il tavolo. Mi tolgo la camicetta, la gonna, le autoreggenti, il reggiseno ed infine il perizoma e metto tutto sul tavolo. Ormai sono completamente nuda, ma nessuno dei commensali mi ha ancora vista. Una donna mi fa leccare i suoi piedi e alla fine mi chiede di stendermi davanti alle sue estremità inferiori. Io lo faccio e lei usa il mio volto come appoggiapiedi. Poi un altro uomo mi chiama: "Sonia, devo pisciare, ma non ho voglia di andare in bagno. Vieni qui, latrina umana! Devi bere la mia urina... tutta, fino all'ultima goccia. Capito?". Io rispondo affermativamente, lui si abbassa i pantaloni e le mutande, liberando l'uccello. Poco dopo la sua urina scorre nella mia gola, ma la quantità e davvero tanta e io non riesco ad ingoiarla tutta; il mio viso viene colpito dallo schizzo potente dell'uomo e io mi sento lavata da quel liquido disgustoso. Il padrone di casa interviene e mi ordina di leccare la figa liscia e depilata di una commensale, che dopo poco emette gemiti di piacere e mi squirta in viso. Poi Gioele mi dice che siamo verso la fine della cena e anche io devo devo partecipare al banchetto: altro che banchetto... devo ingoiare lo sperma di tutti coloro che vorranno venire nella mia gola! I sei uomini presenti iniziano a masturbarsi, i gemiti non si contano e arrivano i primi schizzi. Io non riesco a bere tutto lo sperma che arriva, perchè i tipi vengono anche contemporaneamente e così finisce che mentre ingoio lo sperma di uno, l'altro mi viene sul culo e sulla schiena. Ho sperma dappertutto: in gola, sul seno, sulla schiena e sul culo e gli schizzi finiscono anche sul pavimento. Ormai tutti i presenti si sono masturbati e hanno irrorato la schiava con il loro caldo nettare. Ad un tratto, come per magia, il tavolo si alza e viene riposizionato poco più in là. Io rimango scoperta e ora tutti mi possono vedere in "costume adamitico". Gioele inveisce contro di me, con voce sprezzante: "Puttana, hai permesso che questi uomini sporcassero il pavimento con il loro lurido sperma. Meriti di essere punita. Prendetela a calci, senza pietà!". E così i presenti si divertono a prendermi a calci, con o senza scarpe. Io sono sdraiata a terra e ricevo colpi nei fianchi, nella pancia, sui seni. Poi sento una mano che preme sul buco del culo. "No, quello no... vi prego... mi fa ancora male dall'ultima punizione ricevuta...", supplico io con voce flebile. Ma il tizio non si fa impietosire e continua ad allargarmi l'orifizio con le dita. Alla fine il mio buco cede alla violenza della mano, che si introduce e mi dilata irreversibilmente l'orifizio. Provo dolore al culo, ma anche le altre parti del mio corpo risentono dei colpi ricevuti. Piango, mi dispero e mi agito, ma non c'è nulla da fare per me. Devo subire e basta! Solo la voce di Gioele riuscirà a fermare i commensali inferociti (e anche arrapati!): "Basta ragazzi, non vedete come è ridotta questa povera creatura? Ora riconosco che è stata punita abbastanza!". Mi aiuta a rialarmi: il trucco è colato dai miei occhi piangenti, il rossetto non è che un ricordo, il mio corpo inizia a mostrare i primi lividi e la sborra si sta seccando sulla mia pelle. Qualcuno mi infila qualche banconota nella figa, ma io non voglio essere pagata. Rifiuto il denaro... faccio la schiava per piacere, non per soldi!

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