Il corso iniziava alle 9 ed io me la potevo prendere comoda. Farmi una doccia in santa pace e colazione con le mie amiche al bar, non succedeva spesso.
Davanti all’armadio pieno di vestiti, un retro-pensiero fece capolino, come accadeva ogni volta che i seminari erano organizzati presso l’aula di Neuropsichiatria Infantile.
Mi chiesi se questa volta Giancarlo avrebbe partecipato, impegnato com’era nel suo lavoro e che effetto mi avrebbe fatto dopo i mesi passati senza di lui. Né io né lui avevamo più mandato un messaggio, quasi fosse un tacito accordo.
Arrivai con 20 minuti di ritardo, ma come previsto niente era ancora cominciato, sulla porta osservai i vari gruppi di colleghi che discutevano, finché dall’altro lato non lo scorsi. Mi stava fissando, sorridendo e muovendo leggermente la mano tra un “Ciao” e un “Vieni qui”. Attraversai tutta l’aula magna, sperando di non inciampare rovinosamente per via dei miei sandali col tacco alto. Lui spostò la sua roba dal sedile accanto per farmi posto e quasi sussurrò: “Sapevo che saresti venuta”. “Io ci sono sempre” dissi, poi mi resi conto che la frase poteva avere un senso ben diverso da quello che intendevo comunicare e arrossii.
Giancarlo ridacchiò e disse “Che meraviglia…”
Dopo quattro ore, quattro docenti, due caffè ed infinite chiacchiere a riempire la noia dell’argomento, eravamo nuovamente estremamente vicini l’uno all’altro, e anche alla pausa.
“Ti offro il pranzo, andiamo” mi disse senza aspettare la fine degli interventi previsti per mattina. Io mi alzai al volo e lo seguii, come facevo sempre quando lo sentivo risoluto, senza i tentennamenti dati dalle emozioni contrastanti che sapevo di dargli.
Nel tempo avevo capito che il mio modo di gestire le cose lo faceva arrabbiare terribilmente: in tanti anni non lo avevo quasi mai chiamato per prima, ma avevo risposto subito quando lo aveva fatto lui e in quegli incontri gli raccontavo molto di me, ma diceva di non riuscire comunque a sentire le mie profondità.
Per uno psichiatra doveva essere ben frustrante tutto ciò.
“Cosa mi prepari?” buttai lì, nel mio solito modo indiretto di dire le cose. “Ti dovrai accontentare di un paio di tramezzini, ho il frigo quasi vuoto, sto poco a casa in questo periodo”. Anche lui aveva lanciato un sassolino, ma io decisi di lasciarlo cadere.
Appena a casa si mise subito al lavoro e prima ancora di tirare fuori la roba dal frigorifero, stappò una bottiglia di vino. La solita. “Tu mi vuoi morta? Un vino così su due fette di pancarrè mi stendono” gli dissi sbarrando gli occhi. “Non necessariamente, ho in mente una cosa, magari sarai tu che stenderai me! Stai tranquilla…ho mai approfittato di te?” “Mai!” risposi e immediatamente sentii una scossa al basso ventre, mi erano passate per la mente alcune scene della nostra relazione in cui forse la parola –approfittare- non era calzante ma qualche sinonimo sicuramente sì.
A tavola, prima di portare il calice alle labbra gli chiesi: “Quindi? Come farai a non stendermi con questo vino?”. “Quanto potere mi dai! Facciamo una cosa, parliamo di noi adesso, leviamoci i dubbi l’uno sull’altro, chiediamo ciò che abbiamo voglia di sapere e se l’altro non vuole rispondere beve, altrimenti può anche rimanere completamente sobrio.”
Misi giù il calice. Il gioco era carino ma comunque non mi sembrava paritario. Lui era arrabbiato e mi avrebbe volentieri sbattuto in faccia la sua vita privata, io non lo ero e non avevo voglia di ferirlo ulteriormente. Mi si prospettava una sbronza memorabile.
“Comincia tu, così stai tranquilla”. Io in realtà non avevo molta curiosità, ma decisi di riprendere in mano il sassolino lanciato prima. “Hai una donna ora?”. Come avevo previsto Giancarlo fu molto disponibile nel rispondere alle varie domande su di lei e non toccò il vino finché non gli chiesi se la amava, allora si versò un bicchiere intero e lo bevve avidamente.
Le domande per me spaziarono sicuramente di più, dalla mia famiglia alla storia ormai chiusa della chat. Poi arrivò al Milanese e ancora sapevo che poteva “tenere” per cui risposi sempre, senza approfondire troppo se non su esplicita richiesta.
E infine la domanda che mi faceva sempre le poche volte che ci incontravamo arrivò anche in questo giochetto del cazzo “E l’altro? Lo hai risentito?”.
Che sarebbe cambiato se avessi bevuto? Niente. Avrebbe comunque capito la risposta, per cui “Si”. E sapevo che non gli era piaciuta affatto. Si aprì un capitolo immenso su cosa pensavo, cosa sentivo e se lo avevo visto e cosa avevamo fatto e se lo avrei rivisto e cosa pensavo di fare. Mi barcamenai tra sincerità, omertà e calici di vino. Alla fine la bottiglia era vuota e la mia testa svuotata.
“Avevi ragione tu, ti ho stesa”. Si alzò e venne alle spalle della mia sedia, prese la mia testa tra le mani e cominciò uno dei suoi meravigliosi massaggi. Alle tempie, sul viso, dietro al collo. Sentivo la stanza girare e mi concentravo sulle sue mani, così calde e potenti. Mi sfilò la maglietta e lavorò le spalle, con entrambe le mani, premendo con le dita delle terminazioni nervose che neanche sapevo di avere. Intanto la mia eccitazione cresceva. L’avevo tenuta a bada durante tutti quei discorsi sul sesso, ma ora il vino e il massaggio scioglievano ogni nodo ed io mi bagnavo impunemente. Mi fece strada fino al divano, facendomi poggiare alle sue spalle mentre sfilava i sandali e i pantaloni. “Mettiti giù che ti faccio stare bene”.
Mi sdraiai a pancia in sotto, chiudendo gli occhi e godendomi ogni centimetro di pelle che veniva sfiorata, sfregata e percossa. Adoravo i massaggi di Giancarlo. Mi sfilò gli slip ed io non riuscii a dire niente di più che un “Hey?!” ma era poco convinto e lui neanche se ne accorse. Con un ginocchio mi allargò le gambe e poi continuò passando dai glutei all’interno coscia, premendo l’osso sacro e scendendo intorno all’ano. Non potei fare a meno di gemere. La situazione per me era bollente.
“Se non sei cambiata, scommetto che sei già infinitamente bagnata, potrei penetrarti in questo istante, senza neanche stimolarti oppure farti avere un orgasmo senza penetrarti”. E aveva ragione da vendere, sentivo i miei fluidi sgocciolare e il basso ventre pulsare forte. “Ma è troppo presto…” Improvvisamente infilò un braccio sotto la mia pancia e mi tirò all’indietro sulle ginocchia, contemporaneamente mi infilò due dita nella vagina. Mi uscì una specie di urlo, sentendomi così violentemente riempita, ma ero eccitata e le dita scivolavano a loro agio, dentro e fuori, facendomi godere da impazzire. Ne entrarono tre, e poi quattro e i gemiti di entrambi erano gli unici suoni che riuscivo a sentire. Stavo per venire, mancava poco, sentivo le gambe che stavano per cedere, l’onda di piacere che si avvicinava, i bottoni della sua camicia che mi graffiavano le spalle.
Inaspettatamente levò la mano e mi dette un morso nell’interno della scapola, dove la pelle è un po’ più sottile. Fu un morso forte, profondo, lungo, sembrava non finire mai.
Il dolore era pungente misto al calore ancora pulsante dentro di me e lui sapeva che se lo poteva permettere, poteva farmi provare un poco (e sottolineo poco) di dolore e mi sarebbe piaciuto ma doveva stare attento, troppo dolore mi avrebbe fatto scappare a gambe levate.
“E’ ancora troppo presto…” disse “Nooooo…” mugolai. “Voglio venire, fammi venire!”
“Se me lo chiedi così…”. Levò il braccio e mi spinse giù, mi aprì il sesso con due mani e poi infilò la sua testa tra le mie gambe. Sentivo la sua lingua accarezzare le mie pareti interne e poi infilarsi dentro. Lui mi teneva aperta ed io alzavo il sedere, gli andavo incontro col bacino perché potesse andare in fondo e assaggiarmi completamente, e succhiarmi il clitoride con la sua fame di me. Finché scossa da un orgasmo potente non mi lasciai andare, nuovamente molle sul divano.
“Vieni qui”, mi tirò su per un braccio, “Dammi un attimo”…volevo godermi quella sensazione di svuotamento, “Non ho un attimo, vieni qui ora”. Mi tirai su, poggiando la mia pancia alla spalliera del divano, in ginocchio, a gambe larghe per farmi penetrare.
Lui sbottonò solo il pantalone, non se lo levò, non lo abbassò, ma fece uscire la sua asta perfetta. Mi prese le mani e portò le braccia sopra alla spalliera, quasi una sopra l’altra. Il suo corpo era nuovamente appoggiato al mio.
Con la sinistra teneva ferme le mie mani, con la destra puntò il suo cazzo, duro come il marmo, e con un’unica stoccata lo fece entrare tutto. Poi poggiò il braccio sul mio volto, in modo da tenerlo reclinato sul cuscino e poter ansimare direttamente nel mio orecchio.
Rimaneva fermo, dentro di me, e il suo peso mi impediva di muovermi.
Mi agitavo davanti a lui, ma non riuscivo a spostare neanche un muscolo da quella posizione e lui rimaneva fermo, dentro di me, facendo aumentare la mia voglia. Poi quasi usciva, stando attento a non scivolare fuori e poi…una spinta più potente della precedente, con un autocontrollo che mi stava facendo morire. “Dai, ti prego” gemevo. “Mi piace che mi supplichi, ma ancora di più restare qui, dentro di te. Sei calda, bagnata e immobile, non mi capita più spesso ultimamente, fammela godere”. Non so quanto tempo riuscì a resistere, alternando quell’immobilismo ai colpi profondi, ed ogni volta io gli andavo incontro, per quello che potevo, col bacino, per sentirlo ancora più dentro.
Poi mi lasciò le braccia e la testa, entrambe un po’ indolenzite e infilò le unghie nei miei fianchi, affondò nella pelle, sembrava mi bucasse e cominciò a pompare, sentivo di nuovo il dolore, ma molto di più il piacere, il mio e il suo, l’ondata che ci stava per travolgere. Io venni prima, contraendomi intensamente e lasciandomi poi usare per il suo godimento, finché non si svuotò completamente dentro di me. E si accasciò anche lui esausto.
Sdraiata sul divano, stanca e soddisfatta, accanto a lui , ripensavo all’intera giornata, al giochetto del cazzo che lo aveva fatto rovistare nella mia intimità e soprattutto ad una sua domanda in particolare: “Sono contrariato, da come vanno le cose tra di noi, lo sai. Potrei farti un po’ male mentre scopiamo?”
Ed io…avevo scelto di bere.
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Mia moglie confessa finalmente
Allora,non so da che parte cominciare, c'è tanta carne al fuoco.Siamo una coppia di 47 e 46 anni, insieme da sempre, sposati e con un figlio.Come succede a tutte le coppie prima o poi, anche noi dopo tanti anni abbiamo subito un calo di desiderio reciproco dovuto alla routine,alla monotonia e ai problemi quotidiani che ti assorbono tutte le energie.In questi ultimi anni per cercare di venirne fuori e ritrovare la nostra intesa ho cercato di capire quali erano le sue fantasie e cosa la faceva eccitare avvicinandomi anche alle tematiche cuckold per cercare di coinvolgerla.Naturalmente il pensare a lei mentre veniva presa da un'altro mi eccitava parecchio e anche lei mentre scopavamo e le raccontavo le mie fantasie godeva da matti.Purtroppo al di fuori dell'atto sessuale di questi discorsi si parlava poco e anche se poi sono riuscito a farle promettere che avremmo realizzato qualcuna di queste fantasie, in concreto successe ben poco.Sentivo che c'era qualcosa che la bloccava ma in cuor mio speravo si sbloccasse lavorondola ai fianchi con continui imput.Invece qualche giorno fà è successo quello che non mi aspettavo più anche se lo sapevo senza certezza.Partiamo dalla confessione, come spesso accade le stavo scrivendo qualche porcata su whatsapp, le solite cose, quanto sei porca, chissà se con un'altro cazzo lo saresti di piu ecc..Ad un certo punto il fulmine a ciel sereno, mi scrive: "comunque posso dirti che uno stretto lungo l'ho gia preso, scusami", potete immaginare come mi sono sentito, un conto è saperlo senza prove, un'altro è sentirselo confessare cosi candidamente.Stranamente non mi è montata la rabbia, anzi il mio cazzo si è svegliato in un attimo e lo ho risposto "cioè?".E lei: "in quel periodo ho scopato con uno, al motel,mi sono sempre sentita in colpa a tal punto che non sono piu riuscita".Io: "con chi, troia, lo sapevo, devi raccontarmi tutto".Lei: "questa sera ma giura che mi perdoni".io: "mi stai facendo eccitare come un porco e ti perdono solo se lo rifarai per me e con me".Lei:"si, forse ora si".Io:"non stò nella pelle, voglio sapere tutto, non vedo l'ora".Lei: "ok, scusami mi sento una merda perchè dovevo dirtelo prima, anche se sono certa che lo avevi già capito".Io:"lo avevo già capito ma non avevo la certezza, l'importante e che finalmente ti sei liberata da questo peso, ora cominciamo a vivere".Come potete immaginare aspettavo trepidante che tornasse dal lavoro, appena entrata mi abbraccia con le lacrime agli occhi chiedendomi scusa e sedendosi sul divano inizia a raccontarmi la storia.Ha conosciuto quest'uomo su una chat come semplice amicizia e parla oggi, parla domani, si sono scambiati il numero di cell. e sono entrati sempre più in confidenza sfogandosi a vicenda e raccontandosi ognuno le proprie storie e i propri problemi, lui separato con due figli e lei che in quel periodo non andava d'accordo con me.Questo rapporto mi ha detto che è durato 5 o 6 mesi finchè un giorno lui le disse che voleva incontrarla e lei accetto.Lui era di Torino e una sera si incontrarono, andarono a mangiare e parlarono molto, si creò una bella sintonia e decisero di rivedersi ancora.La seconda volta, vista la lontananza decise di prendere una camera in albergo per non dover fare la strada di ritorno la notte, lei si fermò in pezzeria, prese due pizze e mangiarono in camera sul letto.Dopo mangiato iniziarono a baciarsi e toccarsi, lui la leccò e la masturbò facendola godere molto e lei fece altrettanto, un bel pompino, aveva un cazzo stretto di diametro ma molto lungo e mi ha confessato che aveva un buon sapore e le è piaciuto molto.Arrivati al culmine dell'eccitazione lui le ha chiesto di poterla scopare, lei era bagnatissima e ne aveva una gran voglia ma non avevano i preservativi e non se l'è sentita(non prendeva la pillola).Allora giusto per farlo comunque godere si è dedicata al suo cazzo con la bocca facendolo impazzire fino a farlo godere, lui stava per veniree continuava dirglielo pensando di toglierlo dalla sua bocca ma lei non lo ascoltò e lo fece sborrare in bocca continuando a pomparlo finchè non uscì l'ultima goccia.Aveva la bocca piena di sborra di uno che non era suo marito ed era eccitata come la più grande delle troie, lui era in estasi e le disse che non aveva mai goduto in questo modo fantastico.Per quella sera finì così ma naturalmente non la storia.Si incontrarono ancora una volta, stessa procedura, cena e poi a letto, mi ha raccontato che era in accappatoio, lo aprì e lui era già eccitato, lei si tuffò sul cazzo e inizio a spompinarlo, lui la spogliò e la leccò per bene infilandole qualche dito nella figa fradicia.E fu così che arrivò il momento, mise il preservativo e la penetrò, mi ha detto che non capiva più nulla, era in estasi, quel cazzo sguazzava nei suoi umori, lo sentiva entrare e uscire in tutta la lunghezza e si sentiva troia ma libera, l'unico problema è che era troppo lungo e quando le sbatteva in fondo le faceva male.La prese in diverse posizioni e alla fine lei volle cavalcarlo, è la sua posizione preferita, ma mi ha detto che non riuscì a prenderlo tutto per via del dolore ma che ebbe un orgasmo da paura.Lo fecero per tre volte quella sera e godette come mai aveva goduto, purtroppo come spesso succede lui si innamorò e lei invece si riempì la testa di sensi di colpa e decise di interrompere la relazione.Questo è quanto, ora ditemi,cosa pensate ora della mia signora?Ora sembra più serena e anche se non ci siamo ancora arrivati la vedo molto decisa e più complice nel voler realizzare le mie fantasie, speriamo presto.
101055
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11 anni fa
pillinca,
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Ultima visita: 1 mese fa
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per le donne di sexylombardia
petali di rosa. Passa il vento e vi solleva o petali di rosa che a terra vi adagiate come ali di farfalle stanche mentre il giallo diseccato dei pistilli resta inerme a guardare le rosse bianche spoglie che in volo verso l'alto più non san tornare. Ma l'uccellino dalla nota lieve canta ed esulta sù quel caldo candido tappeto di petali di rosa. Eh! la vita eterno effluvio di gioia nella sua breve fragilità. un bacio a tutte Valerio1000
97395
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17 anni fa
valerio,
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Ultima visita: 10 anni fa
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