Tania e il desiderio
E’ strano a volte ripensare dove ti porta la vita.
Mi considero un Viaggiatore di quelli che guarda fuori per scrutarsi dentro e questo mi porta spesso a cambiare le considerazioni su me stesso in funzione dei luoghi che visito.
Riparto dall’inizio.
Mi sono ritrovato ad un ‘età matura a combattere con la voglia femminile di complicità e trasgressione. Purtroppo, come la maggior parte dei “cristiani”, non avevo ancora capito che la Santa Inquisizione aveva relegato la donna al ruolo comprimario di “oggetto del desiderio”.
Una voce:“Ci sei?”. A volte mi tocca ritornare alla realtà della vita. “Si ci sono”.
Chissà perché abbiamo sempre bisogno di certezze.
Come dicevo la vera sensualità della donna l’ho scoperta avanti negli anni e devo dire che la cosa all’inizio mi ha turbato.
Le considerazioni sull’uomo cacciatore e virile hanno dovuto lasciare spazio alla realtà di un uomo preda e finalmente consapevole del suo ruolo di “oggetto” delle voglie della donna.
“Marco hai chiamato Luca? Ci aspettano al Privè?”. A volte mi domando se in realtà siamo noi maschi a condurre i giochi o se siamo solo delle pedine. “ Adesso li chiamo”.
Da qualche mese abbiamo cominciato a frequentare un locale particolare. C’e’ una sorta di ricerca delle emozioni in quel luogo che ti fa pensare e riflettere.
“Chiamali, altrimenti poi si arrabbiano”. Accidenti, perché mai dovrebbero arrabbiarsi? E’ un gioco in fondo, non ci si deve arrabbiare se un concorrente non può partecipare: “ Lo faccio subito”.
Ho chiamato, ho espletato il mio compito di maschio.
Come dicevo, c’e’ un’ aria di vita che aleggia in questi locali, qualcosa che ti induce a rilassarti e nello stesso tempo ti invoglia alla trasgressione.
Ci sono persone, delle quali non faccio nomi, che con la scusa del miele ti ammaliano con la simpatia e l’avvenenza.
“Tesoro sei pronto?”. Se rispondo di si mi viene giù con la borsetta in mano, se rispondo di no mi sento un urlo : “ Quasi”.
Chissà perché le donne hanno il potere di farti sentire sempre disordinato.
Sono ormai 5 anni che frequentiamo quello che molti definiscono il “mondo trasgressivo” e più passa il tempo e più mi accorgo che la vera trasgressione è quella che viene vissuta dalle coppie che riescono a gestire degli amanti. Qui di trasgressivo trovi il caffè con il miele.
Qui si vivono le fantasie comuni, quelle che hanno tutte, e dico tutte, le coppie normali.
“Se non ti sbrighi arriviamo tardi e finiamo per risultare maleducati”. Si condivido pure io quello che dice Tania, la vera maleducazione è approfittare della benevolenza degli altri. “ Devo solo mettermi il cappotto e sono pronto”. Non è vero, ma mai più le dico che devo ancora vestirmi.
Da quando la conosco ho scoperto tante cose. Tante cose.
Ricordo la prima volta che siamo entrati in un Privè. Che sensazione strana. Tutte le coppie dovrebbero provare ad entrare in un privè una volta nella vita.
Adesso devo incominciare a pensare a qualcosa di simpatico da scrivere sui Privè, me lo sono ripromesso.
Ricordo la prima volta che siamo entrati in uno di questi locali e ci è venuta incontro un venere bionda dicendoci : “ Ciao ragazzi, benvenuti”. L’accento era tipicamente Russo.
Maaaaaarrrrkkkkkk cosa posso dire?.
“Tesoro cosa posso dire sui Privè?”. Attendo la risposta.
“Che se ti sbrighi e molli il Pc andiamo a divertici”. Perché le donne sono così pratiche.
Come tutti i Viaggiatori Erranti anche io non esco dal luogo comune dell’unire l’utile al dilettevole.
Utile è muovere le gambe per poter visitare i luoghi, dilettevole è poter divagare con la mente.
Dovrei parlare di sesso e di trasgressione, ma la mente quando penso ai momenti vissuti “qui” corre sempre. Si dilunga, si perde, si compiace. Forse è questo il vero obblio, e se questo è il vero obblio allora la trasgressione è una cosa buona. Bravo io.
Mi piacerebbe un giorno poter essere una statua granitica, poter vedere senza essere notato.
Ci penso spesso a questa possibilità.
Devo parlare dei Privè, ultima divagazione.
Capitolo I
Le scarpe nuove mi dolevano un po’ e mi domandavo se sarei riuscito a sopportare il disagio per tutta la sera. Premevo sull’ acceleratore anche forse per alleviare il dolore. L’appuntamento era fissato per le ventidue ed erano appena le venti. Tania affianco a me era intenta a spiegarmi le sue considerazioni sulle nuove formazioni politiche. Guardavo ammirato le sue gambe abbronzate e le scarpe con tacco a spillo. Ogni tanto alzavo lo sguardo verso il suo viso e lo vedevo preso dal discorso che faceva. Gli occhi azzurri e belli stonavano con l’argomento. Mentre parlava la continuavo ad ammirare e mi risultava difficile collegare a quel corpo quelle parole piene di enfasi.
“Ma ti sembra giusto che ci possano prendere in giro in questo modo?”. Mi sono abituato a non considerare quello che dicono i politici. Ti dicono : “ Basta alle fabbriche che inquinano” e subito dopo ti dicono “ o produciamo di più o l’economia langue”.
Un giorno, avevo 13 anni, mia madre mi disse : “ Non puoi fare questo, il blasone impone……”.
Mi è rimasta sempre impressa questa frase e mi ha portato nella vita a molte considerazioni.
Ma mi devo comportare così perché l’ etichetta lo impone o perché è la mia indole che mi suggerisce il comportamento? Sono buono di natura o perché me lo impongono?.
I politici dicono le cose perché il colore lo esige o perché le pensano?
Siamo quasi a Milano. Il primo appuntamento intrigante e stiamo parlando di politica.
“Sto meglio con il rossetto rosso o più tendente al rosa?”. La adoro. Eravamo passati dai discorsi seri in cui i colori erano in guerra al colore delle sue labbra. Guardandola mi resi conto che il colore era veramente superfluo, ma sapevo anche che per lei era essenziale: “ Forse meglio tendente al rosa”.
Io guidavo e le scarpe nuove continuavano a darmi fastidio. Lei continuava il suo trucco e la luce dello specchietto di servizio mi dava la possibilità di continuare ad ammirarla. Girai lo specchietto retrovisore un po’ in modo che potevo guardarla da li. Era tranquillissima, come se stessimo andando a vedere un film al cinema o a trovare dei parenti. Nulla traspariva eppure stavamo andando al primo appuntamento “trasgressivo”.
Erano mesi che attraverso la chat avevo conosciuto Luca. Lui un Gip di Milano (Giudice per le indagini preliminari) aveva 35 anni ed era sposato con Lucia da 4 anni. Lucia l’avevo vista in foto.
Bellissima ragazza, 32 anni, mora, a sentire lui occhi verdi e alta 174 per 56 chili ( le foto in internet bisogna interpretarle o avere chi te le interpreta).
“Ma sono carini?”. A volte mi chiedo se le donne sanno veramente leggerti nel pensiero.
“Lei sembra molto bella, lui non lo so”.
Adesso cercava di scrutare dal mio viso se c’era un interesse preciso. “Bella quanto?”
O Dio, essere o non essere.Dire o non dire. Capire e capirsi.
“Non ho mai visto una donna che mi interessi più di te e da delle foto come faccio a dirlo?”
Noi uomini sappiamo salvarci in corner. Ma che poi sia veramente un corner o magari è solo un modo di eludere un discorso che non interessa?
Però c’era da ragionarci. Mi interessava questa Lucia, conoscerla, sentirne il profumo, o in definitiva il vero motivo di questo incontro era che siamo curiosi e propensi alle cose proibite?
“Ti è piaciuta in foto?”. Ecco appunto. La gelosia della donna è come un diesel. Parte piano ma quando parte consuma poco e non si ferma più. Noi siamo dei jet.
“E’ carina e Luca è molto simpatico”.
Intanto eravamo arrivati alla barriera di Milano. Il navigatore mi dava l’arrivo al ristorante per le 21.10, ma l’appuntamento era per le ventidue.
Adesso era assorta. Chissà a cosa stava pensando.
Glielo chiesi : “ A cosa pensi?”
“ Stavo pensando che oggi non mi hai ancora detto di più”.
“Di più di ieri”. La donna sa di essere amata, ma vuole sempre le sue certezze
Capitolo II
Una mattina stavo cercando di far passare il tempo, avevo un appuntamento da li a mezz’ora e in mezz’ora non avrei concluso niente. Allora entrai nella stanza delle mie collaboratrici che analizzano le strutture logistiche dei clienti.
Erano quattro ragazze molto carine. Alcuni miei clienti mi chiedevano spesso se io assumo in base alla bellezza o in base al cervello.
Mi avvicinai di soppiatto da dietro e mi accorsi che non mi avevano sentito entrare.
Francesca stava scrivendo alacremente battendo forte i tasti sulla tastiera. Era molto presa dal suo operato.
Guardavo lo schermo e nulla mi sembrava familiare. Non c’erano le solite videate. C’erano tante finestre grigie e lei ora scriveva in una ora nell’altra.
Mi avvicinai un po’ di più. Ora avevo un’aria furtiva. Volevo leggere e capire cosa occupava così febbrilmente Francesca al punto che non mi aveva sentito arrivare.
- Ma credi che io sia scema?”
- No, però potresti essere una troia.
- Non darmi della troia altrimenti chiudo
- Va be, allora sei una troietta.
Ma che cavolo stava scrivendo? Non volevo approfondire cosa c’era scritto nelle altre finestre, questa mi aveva già sconvolto. Francesca aveva 23 anni, una ragazza serissima, fidanzata da 5 anni. Molto bella, mora, alta. Molti clienti mi dicevano : “bella ma quando viene qui non da spazio, è una mezza suoretta”. A volte li lasciavo parlare i clienti anche se mi dava fastidio che pensassero alle mie collaboratrici come terra di conquista.
Francesca che si faceva dare della troietta da qualcuno? Impossibile
Stavo attendendo la risposta.
- Se io sono troietta tu sei il mio porco
Addirittura. Non riuscivo a crederci. Stavo pensando al suo fidanzato, Paolo. Stava chattando con lui?
“Francesca, ma con chi sei?”. Un fulmine a ciel sereno sarebbe stato meno dirompente.
Dovetti fare un passo indietro per non subire la sedia che cadeva all’indietro. Era scattata in piedi, le guance erano rosse. Mi squadrava immobile e non riusciva a proferire parola.
Adesso cominciavo a capire. Stava giocherellando in chat con qualcuno che facilmente non conosceva. Era un gioco, ma forse il gioco si stava spingendo un po’ oltre il confine del lecito.
Cercai di stemperare la tensione. “ Ma stai prendendo in giro qualcuno?”. In giro, mah. Il gioco sembrava abbastanza serio.
- Ci sei mia troietta?
Il suo amico continuava a scrivere.
“ecco, appunto. Mi sono presa un attimo di relax e sono entrata in questa chat”.
“Si ok, ma questo ti da della troietta”.
Per me Francesca era come una sorella. Non scherzo. Avevamo passato ore uno affianco all’altra a cercare di risolvere problemi dei clienti. Molte volte la vicinanza ci permetteva di sentire i nostri profumi. Avevamo passato nottate in alberghi sempre in stanze separate. “Buona notte”. “ Buona notte Francesca”. Sempre integerrima nel suo tailler. Nulla che potesse far trasparire un bel che minimo interesse alla sfera sessuale.
Ed ora. Ora era li che le davano della troietta e lei che si compiaceva di questo.
Mi accorsi a quel punto che lei stava riprendendo possesso del suo self control e che quello imbarazzato ero io. Ora l’aria che aveva in viso era sorniona e mi sfidava apertamente. Lei era la troietta e io il porco colto in flagrante stato “porcellante”.
Ero imbarazzatissimo pur non avendo fatto niente. Mi trovavo davanti alla troietta, che poi non era troietta. Oppure lo era?
Qualcosa mi uscì: “ Ma chatti spesso?”.
Cercavo di andare in contropiede. Lei era però già in difesa e mi aspettava.
“Mi piace stuzzicare”. Ennesimo colpo basso. Il suo sguardo era ferreo ma nello stesso tempo ammiccante. Eravamo ad una svolta. Subire o continuare l’attacco nonostante la difesa fosse piazzata?
Cercavo di trovare qualche parola, ma l’unica che mi risuonava nella mente era “troietta”. Non era il caso di farla uscire dalla bocca, sarebbe stato un autogol.
In quegli attimi mi risuonavano nella testa tutte le frasi sagge : “Mai unire il lavoro con il sesso”. “Se ti fai la collaboratrice l’azienda non è più tua”. “ Donne e motori gioie e dolori”.
Si era girata, ora mi dava le spalle. “ Adesso riprendo il lavoro. A propositi dei Mancini posso fare di testa mia?”.
Mammaaaa. Ero ancora li in piedi con le gambe che tremavano. Lei aveva ripreso tranquillamente sicurezza di se mentre io ero ancora intontito dal colpo subito.
Senza voltarsi disse un frase che per me rimarrà una pietra miliare sulla strada di Damasco: “ Il sesso è vita, ma il lavoro è un’altra cosa. Vuoi che uniamo le due cose?”
Beata ingenuità. Chiaramente stò parlando della mia.
Prossimamente i capitoli successivi
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