Sogni di cambiare...
Da un poco di tempo le cose
con mio marito non andavano bene, sessualmente parlando. Il suo lavoro e il mio
ci prendevano ormai tutta la giornata, provocandoci livelli di stress
insostenibili, a scapito della nostra voglia di scopare. Eppure la voglia non
ci era mai mancata… Stavo facendo queste
riflessioni un pomeriggio d'estate, sul terrazzo di casa mia. Grazie al fatto
di essere all'ultimo piano di un palazzo molto alto posso girare svestita, e
infatti quel giorno prendevo il sole sulla mia sdraio, vestita solo dei miei
inseparabili sandali infradito, che d'estate porto sempre, pure quando scopo.
Possibile, pensavo, che non riesca più a provocare nel mio uomo quella
irresistibile voglia di sbattermi sul letto e scoparmi fino a farmi urlare?
Possibile che non avesse più voglia di provare le delizie dei miei due caldi
buchi, sempre pronti ad accogliere il suo cazzone turgido, che quando si faceva
strada nel mio culo sembrava un palo nelle mie viscere ribollenti di piacere?
Mentre facevo questi pensieri, complice il caldo che mi aveva mandato gli
ormoni in ebollizione, iniziai a carezzarmi il clitoride dapprima con una, poi
con due dita, finchè non iniziai a bagnarmi. Ma non mi bastava ancora, e
l'occhio mi corse alla borsa vicino alla sdraio: si intravedeva il vibratore
che mi portavo sempre dietro. Allungai la mano nella borsa e, preso il
vibratore, mi sistemai sulla sdraio, tirando su le gambe e mettendo i piedi sui
braccioli; in tal modo ero con le cosce spalancate e con la mano sinistra
infilai il vibratore nella fica mentre con la destra mi sgrillettavo il
clitoride. Mi sentivo oscena in quella posizione, ma nonostante ciò mi
eccitasse al massimo, e nonostante mi stessi fottendo furiosamente con
l'arnese, non riuscii a raggiungere l'orgasmo. Era l'ennesimo tentativo
frustrato di godere, e non ne potevo più. Forse lo stress era un alibi che ci
eravamo creati, pensai allora, e la mia resistenza a venire mi aveva fatto
desiderare meno il cazzo del mio uomo, o forse, chissà , non gli interessavo più
come prima… Basta, pensai, qui bisogna fare qualcosa. Ho troppo bisogno di
essere scopata a dovere, di sentirmi l'oggetto di piacere del mio uomo, e lui
ha troppo bisogno di avermi lì, pronta a soddisfare tutte le sue voglie… Presi
il telefono e chiamai lo studio della mia ginecologa, sperando di trovarla
libera da visite. Era da qualche mese che non andavo al suo studio, così spesi
un po' di tempo a spiegarle la situazione. Per fortuna è anche un'amica e sa
ascoltare, per cui, dopo una mezz'ora circa di chiacchierata, nel corso della
quale le espressi tutti i miei dubbi e le mie perplessità , mi disse:
"Forse una persona che ti può aiutare c'è, anche se non la conosco
direttamente." "Ma va'?" "Certo: è una mia collega che ha appreso
alcune tecniche, per così dire, alternative, di supporto e stimolo all'attivitÃ
sessuale, ma non ti so dire nel dettaglio di cosa si tratti. Comunque varrebbe
la pena di farle visita, non fosse altro che per provare a vedere se può essere
utile. Ho avuto il suo biglietto da visita nel corso di un congresso".
Così mi feci dare il numero di telefono della sua collega, promettendo alla mia
amica che le avrei sicuramente fatto sapere com'era andata, e mi apprestai
speranzosa a telefonare per avere un appuntamento. Chissà quante donne avranno
bisogno di lei, pensai, mentalmente rassegnandomi ad una lunga lista d'attesa.
Invece la segretaria mi diede appuntamento per il lunedì pomeriggio successivo.
Considerato che eravamo ormai a venerdì, non avrei potuto desiderare di meglio.
Lunedì pomeriggio mi preparai per recarmi allo studio della ginecologa
consigliatami dalla mia amica. Dopo la doccia, mi infilai un paio di mutandine
senza elastico, di quelle che si allacciano e sciolgono ai fianchi (le
preferisco per praticità specie per queste visite, e poi si è così goffi quando
ci si sfila gli slip); mi misi un vestito bianco di lino, che si sfila subito
per la visita, e un paio di infradito dorati, nuovi di zecca. Un'ora dopo
suonavo al citofono dello studio; la segretaria mi aprì il portone; quando
entrai nell'anticamera dello studio, la premurosa segretaria, una bella ragazza
bruna di origine asiatica, mi fece accomodare in una sala bianca, con divani
bianchi, aria condizionata, qualche pianta e musica di sottofondo. La ragazza
si dispiacque che io dovessi aspettare un poco, ma del resto ero in anticipo…
Mi stupì il fatto che in sala d'attesa ci fossi solo io. La dottoressa, mi
disse la segretaria, aveva aperto da pochi mesi, e tra l'altro eravamo in
estate, con molta gente in vacanza; senza contare, aggiunse maliziosamente, che
molte donne hanno qualche difficoltà ad ammettere di aver bisogno di aiuti, per
così dire, specialistici. Lì per lì mi diede l'impressione di essere stata
beneficiata anch'ella dell'aiuto della sua principale, ma non indagai.
Aspettavo solo il mio turno. Il mio turno non tardò ad arrivare: meno di
mezz'ora dopo fui chiamata. La dottoressa si presentò: potevo chiamarla Elisa,
per nome, e mi disse di darci del tu. Si capiva che aveva intenzione di non
mettere a disagio le sue pazienti. La prima mezz'ora la passammo a parlare di
me: nel corso della chiacchierata Elisa compilò la cartella personale, con
tutta la mia anamnesi, eventuali ricoveri, interventi chirurgici (figurarsi: il
massimo di frequentazione con l'ospedale fu una medicazione al pronto soccorso
cittadino per una caduta da bicicletta a dodici anni!) e altre notizie di rito.
Poi passò a chiedermi della qualità e della varietà dei rapporti sessuali con
il mio compagno, e lì le parlai di tutto, compreso della circostanza di qualche
giorno prima che mi aveva portato a telefonare alla sua collega, che a sua
volta mi aveva indirizzato a lei. "Evidentemente non si tratta solo di un
calo del desiderio. Rischia di innescarsi una spirale perversa che potrebbe
portare, da una parte, te a richieste sempre più estreme per raggiungere
l'orgasmo, e dall'altra il tuo compagno sempre più lontano perché non riesce a
soddisfarti, o perché ti vede indesiderabile". "E quale soluzione
proponi?" "Fare tu il primo passo e renderti di nuovo desiderabile.
Certo, per far ciò devi mettere qualcosa di nuovo nel rapporto, e io sono qui
per insegnartelo. Devi far uscire fuori la parte più nascosta e inconfessabile
di te, e io mi limiterò ad aiutarti a farla uscire. Non posso darti io quello
che non hai" "Sì, ma come faccio?" "Ora vedrai. Preparati
per la visita" La prima sorpresa la ebbi quando vidi il lettino: non era
in posizione angusta e defilata dietro al paravento, ma al centro dell'altra
stanza che costituiva lo studio; non era il solito freddo lettino, ma aveva un
morbido schienale imbottito ed era coperto di tessuto di cotone bianco
intercambiabile. Anche i divaricatori per le gambe erano imbottiti, per non
lasciare segni. La seconda sorpresa fu che la sala dove stava il lettino era
completamente a specchi, per cui, essendo il lettino girevole, in qualunque
posizione fosse, ci si poteva specchiare. Quando mi fui sfilata il vestito e
sciolta dai fianchi le mutandine, rimasi in piedi a guardare la stanza. Elisa mi
raggiunse e mi disse di stendermi sul lettino. Mi accingevo quindi a sdraiarmi
sul lettino, quando Elisa mi osservò. "Puoi togliere i sandali, se
vuoi", disse "No, preferisco tenerli" risposi. "Anche il
mio compagno mi preferisce così quando mi fa sua…". Elisa, incuriosita,
chiese: "Avete un rituale, per caso?" "Non proprio, però ho una
collezione di infradito che, a seconda di quali mi metto, costituiscono una
sorta di segnale in codice". "Questa è nuova. E quale sarebbe?"
"Beh, ad esempio, io quando torno a casa dal lavoro, se non aspetto visite
giro spesso per casa completamente nuda, anche d'inverno, perché mi piace, e
perché così sono immediatamente disponibile per il mio uomo quando torna dal
lavoro. Così, se per esempio, giro per casa con i sandali di cuoio da schiava,
a cui in genere accoppio una sorta di perizoma da alzare per scoprire quello
che ho sotto, il mio uomo sa che voglio essere posseduta in maniera autoritaria
e mi rende sua schiava; similmente, se giro con degli infradito rossi, voglio
essere sottoposta a pratiche di sesso insolito: così, ad esempio, quando lui
sta guardando la televisione, io mi metto carponi su un tavolino di fronte a
lui, offrendogli i miei due buchi: a sua scelta può decidere di stimolarmi il
clitoride, e qualche volta mi infila nell'ano un vibratore, oppure posso
rimanere tutta la serata così. L'unica cosa è che non devo mai voltarmi, ma
solo attendere il modo c "Sì, scusa
l'interruzione, ma ti sei spiegata perfettamente. Insomma, il tuo godimento sta
nell'essere il suo oggetto di piacere?" "E lui il mio, perché mi
gratifica di un magnifico fallo che, non faccio per vantarmi, ma mi dà ore di
godimento continuo…" "Ho capito. Ora fatti visitare" Mi sedetti
sul lettino e appoggiai le gambe sui divaricatori. Elisa li allontanò tra di
loro e io potei guardarmi allo specchio. Ero completamente spalancata, pronta a
farmi visitare. Curiosamente quella vulnerabilità non mi dispiaceva. Elisa, con
mosse abili, dopo essersi infilata i guanti, mi lubrificò la vulva e mi inserì lo
speculum per esaminarmi. La visita durò un quarto d'ora buono, e con due dita
mi esaminò pure il retto per verificare la presenza di lesioni.
Complessivamente stavo bene, e lei mi disse: "Per la seconda parte della
visita devo prepararti un po' per renderti appetibile". "Va
bene", dissi io, "ma come?" "Ora vedrai". E così
facendo chiamò la sua efficiente segretaria, la quale si presentò vestita con
un corpetto di plastica trasparente senza nulla sotto, e un paio di scarpe,
sempre trasparenti, con il tacco alto. Ora si spiega la sua allusione di prima,
pensai… La collaboratrice estrasse da sotto il bordo del lettino una specie di
catino che si posizionò sotto le mie parti intime. Poi, preso un pennello,
iniziò a insaponarmi i peli del pube. Elisa nel frattempo preparava un clistere
"Per pulirmi bene tutta", disse. Il clistere mi fu inserito nello
sfintere prima che l'assistente si desse da fare con il rasoio. Mentre la mia
fica veniva rasata sentivo il liquido riscaldarmi le mie viscere. Era una situazione
piacevole e rilassante: sentivo tutto il contenuto del mio intestino scendere
verso l'uscita liberatrice del mio buco del culo, che aspettava solo di essere
liberato dalla canna del clistere. E così fu. Quando fui completamente rasata,
l'assistente allungò da sotto il letto un rubinetto flessibile da cui uscì
acqua tiepida. Mi estrasse la cannula dall'ano e mi sciacquò la fica mentre
liberavo il mio intestino. Fui accuratamente sciacquata e asciugata. Elisa mi
disse: "Guardati, ora". Mi guardai allo specchio: ero completamente
aperta e al centro delle cosce, dove prima spiccava un bel boschetto di peli
castani, c'era il rosa della mia carne e il rosso della mia fica. Cominciavo a
sentirmi eccitata. "Bella", dissi. "Se fossi uomo mi scoperei fino
a vuotarmi i coglioni…" "Per quello c'è tempo. Adesso che sei pronta
possiamo iniziare". La segretaria mi venne al fianco e iniziò a
massaggiarmi le tette e i capezzoli con ritmo lento e circolare, mentre la sua
bocca si avvicinava alla mia. Quando fummo vicine, tirai fuori la lingua e
iniziammo un lungo slinguamento reciproco. Contemporaneamente, Elisa tirò fuori
un barattolo di vaselina e iniziò a lubrificarmi il buco del mio culo. Iniziavo
a provare una sensazione di passività molto eccitante, ed ero mentalmente predisposta
a sottopormi a tutte le fasi del trattamento, anche se ancora non avevo idea di
come si sarebbe svolto. Una volta lubrificato, Elisa prese un cilindro dal
cassetto delle apparecchiature. Era un cilindro arrotondato in punta per
facilitarne l'inserimento, e all'interno aveva una vite che ne permetteva, a
differenza dello speculum, l'allargamento in tutte le direzioni. Me lo fece
scivolare nello sfintere, mentre dalla fica iniziava a colare l'umore, e iniziò
a girare la vite per allargarlo. "Fermati", le dissi, "comincia
a farmi male". "Va bene", rispose. "Ora è lì, me lo
chiederai tu di allargarlo". Poi disse: "Adesso ci mettiamo in
libertà ", e nel far ciò si sfilò il camice sotto al quale era
completamente nuda. "Kim, per favore…" disse alla segretaria (così
seppi anche come si chiamava), e anche lei fu svestita. Eravamo tutte e tre
nude, e Elisa e Kim erano disposte ai miei lati. Mentre Elisa iniziava un
ditalino sulla mia fica, Kim riprese quindi lo slinguamento, che mi aveva
inturgidito i capezzoli e gonfiato il clitoride. Kim doveva aver intuito i miei
pensieri, perché scivolò verso la mia fica. Mentre Elisa continuava a
sgrillettarmi il clitoride, Kim iniziò a mettere due dita nella fica e a fare
dolcemente dentro e fuori. Poi le dita divennero tre, e quando Kim arrivò a
tutta la mano, Elisa reclinò lo schienale del lettino e si mise in ginocchio
con le gambe aperte sulla mia faccia, mi prese per le caviglie e mi sollevò le
gambe, sempre tenendole aperte, sì da permettere a Kim di fottermi comodamente
con la mano. Iniziava a montarmi lentamente l'orgasmo, lo capivo dalle
contrazioni che dal basso ventre si dipartivano in tutto il corpo. Avevo voglia
di provare qualcosa di più, perché sentivo sciogliere i miei freni inibitori.
Esser Sdraiata sul lettino,
completamente aperta, fottuta in fica con la mano che ormai era arrivata al
polso e sottoposta a quell'agonia anale, mentre la fica di Elisa sbrodolava
sulla mia faccia il suo umore, tanto era eccitata anch'ella nel guardare quella
scena di piacere puro, godevo nell'essere completamente dominata e usata per i
giochi di quelle due porche. Scommetto che lo studio era una scusa per
sottomettere ignare pazienti nei loro giochi. Bene, per quanto mi riguarda, lo
spadroneggiamento su di me poteva continuare, perché più venivo sottomessa e
più godevo. Ormai il dolore al culo era passato, quindi era giunto il momento
di farsi aprire ancora, e lo chiesi. A Kim non parve vero di potermi
accontentare, e allargò di un paio di centimetri buoni, poi disse, guardando il
regolo dell'arnese: "Wow, quasi undici centimetri!" "Un altro
centimetro ed è il nostro record", disse Elisa "E tu arriva a
tredici", dissi io. "Non sono mica una sciacquetta frigida come le
altre tue pazienti. Io sono una VERA troia e voglio essere trattata come si
deve". Dovetti aver colpito nell'orgoglio Kim, perché allargò al massimo
l'arnese e disse: "Mi dispiace, corsa finita…". "Per ora va
bene", risposi, "poi vediamo". Ormai ero al culmine
dell'orgasmo, e il culo doveva essere mostruosamente dilatato. Mi tenevo a
fatica dall'urlare, quando, forse capendo quel che pensavo, Elisa mi disse:
"Se vuoi urlare, fallo. L'ambiente è insonorizzato, ma io risparmierei il
fiato per dopo…" "Per dopo?" pensai… Mentre pensavo a cosa
volesse dire, Elisa scese dal lettino e andò ad aprire una delle porte
mascherate da uno specchio. Fece un cenno a qualcuno fuori dalla porta ed
entrarono, così, nella stanza, due uomini (uomini? Superuomini. Per la voglia
di cazzo che nel frattempo mi era venuta forse potevano bastare…), uno bianco e
l'altro nero. "Sono gigolò professionisti e lavorano sempre in coppia. Non
parlano la nostra lingua, ma si fanno capire, quando vogliono…" disse Kim.
"Li hai provati", affermai io, sicura di non sbagliare. Lei fece un
altro di quei sorrisi maliziosi, mentre sfilava la sua mano dalla mia fica
slabbrata. "Adesso girati", mi disse Elisa, "così giochiamo
meglio". Obbedii. Offrii a tutti lo spettacolo del mio culo aperto dal
divaricatore, e, mentre i due stalloni mi sfoderavano le mazze davanti, sì che
io democraticamente potessi leccarmele un tanto per uno alternativamente, vidi
nello specchio Elisa che richiudeva il divaricatore e me lo sfilava. Per
quant'era dilatato potevo sentire l'aria sulle mucose del mio retto, ma Elisa,
guardando il lavoro che era stato fatto al mio culo, disse a Kim: "Quante
volte ti ho detto che devi imparare a fare i lavori come si deve?";
"Ma signora, le ho quasi sfondato il culo per come l'ho aperta".
"E invece no. Vuole essere trattata da troia? E allora g Elisa disse: "Ti senti un oggetto di
piacere, ora?"; "Sento che potrei fare le cose più porche senza
sentirmi in colpa, anzi andandone fiera". "E ora?" disse
allargandomi il culo ulteriormente. "AAAh!" urlai. "Male?".
"Nooo. Godo come una baldracca. Mi avete trasformato in oggetto di
lussuria" ormai gridavo e non mi tenevo più. "Che cazzo fate voi due,
stronzi? Voglio sentire la sborra nel culo". Elisa fece cenno ai due che,
ormai, stavano sul punto di venire. Indirizzarono i loro cazzi verso i miei due
buchi. "Fatemi quello che volete ma fatelo. Ho bisogno di essere
sottomessa alle vostre più sporche voglie". E così fecero: sentii la loro
sborra centrarmi nel culo e nella fica, e scendermi giù per le gambe. Quindi
Elisa lasciò andare il culo che si richiuse con un colpo secco, e sfilò il
divaricatore dalla fica. "Sei stata bravissima, adesso ti cedo a loro
perché mi hanno detto che sei meglio della loro bambola gonfiabile", mi
disse E i due non tardarono a rendermi la
loro schiava di sesso: mi fecero tirare su, e con un gesto brusco il nero mi
piegò in avanti. Prima che avessi il tempo di pensare qualsiasi cosa, avevo un
cazzo in bocca e uno in fregna, che sguazzava felice negli umori di cui era
impregnata. Tenendomi per i fianchi, il nero mi sbatteva ritmicamente. Si
capiva che, se io godessi o meno, gliene fregava nulla. Aveva trovato un buco
da riempire di sborra, e tanto gli bastava. Però volevo sentire anche come mi
sbatteva il bianco, per cui feci cenno ai due di scambiarsi di posto. Bocca o
fica a loro non interessava, per loro ero solo un oggetto con tre buchi, e
quindi fu il turno del bianco di scardinarmi le labbra della fica, mentre
assaggiavo la mazza nera umida del mio brodo vaginale. Il gioco parve
divertirli. Mi sbatterono a turno, dandosi il cambio, finchè non ritennero
opportuno il momento di riempirmi contemporaneamente. Allora mi venne un idea,
e feci cenno ai due maschi di seguirmi nello studio attiguo, perché avevo
bisogno del telefono. Era un momento troppo bello per godermelo da sola…. Presi
il telefono, e mentre dalla saletta del piacere venivano i gemiti delle due
troione che stavano fottendosi con la mano a vicenda, composi il numero di
cellulare del mio uomo. A quell'ora stava tornando sicuramente a casa, ed era
bloccato nel traffico di ritorno. Infatti mi rispose dall'autovettura.
"Pronto?" "Amore, sono io…" "Che voce strana che hai,
ti senti poco bene?" "No, sto benissimo. Sto provando il piacere di
essere schiavizzata da due cazzi magnifici, sottomessa ai loro voleri"
"Cazz.. Ma cosa dici? Se sei diventata un ghiacciolo…" disse "Lo
vedrai. Intanto sono stata fottuta con la mano dalla dottoressa, mi hanno
allargato il culo e la fica con un divaricatore e con le mani e nemmeno tu mi
hai fatto sentire così troia". "Ma non dici sul serio…"
"Pensala come ti pare, ora mi sto apprestando a prendere due nerchie
contemporaneamente, in culo e in fica.". "Ma cosa…". Feci cenno
di essere pronta, e il nero mi prese, da dietro, sollevandomi per le gambe
appena in prossimità delle ginocchia, sì da aprirmi. "Adesso sono
sollevata da terra con le gambe aperte. Un negro sta per sbattermi e un bianco
mi sta mangiando con gli occhi perché sa che tra poco sarò sua. Non capiscono
quello che dico, ma non me ne frega. Parlano i loro cazzi. Sono tutta nuda e
porto gli infradito nuovi che abbiamo comprato sabato. Volevo usarli per te, ma
ora sono tutti per loro…". "Troia!" mi disse. "Sì, troia e
oggi pure rotta in culo. Adesso mi sta facendo scendere sul suo cazzo dritto e
la mia fica depilata che semra quella di una bambina è spalancata di fronte al
bian.. AAAH! L'ha messo tutto dentro. Sono piena di cazzo. Sono felice, mi
hanno preso in mezzo e mi stantuffano nei buchi a ritmo alternato…"
"Puttana", mi disse, "te la farò pagare". "Fammela
pagare come sai… mi lascio un po' di voglia, così potrò godere di quando
stasera sarò completamente sottomessa ai tuoi voleri". "Puoi
giurarci, zoccolona baldracca". Quelle parolacce che capivo solo io, e non
i "Non importa. Stasera avrai il
resto". E attaccò. Era un peccato veder gocciolare quei due bei cazzi, per
cui mi chinai e li ripulii per bene con la lingua. A un certo punto gli urli
che venivano dall'altra stanza, dopo un picco, sicuramente coincidente con
l'orgasmo che si erano reciprocamente date la dottoressa e l'assistente, cessarono.
Sentii Elisa che mi chiamava: "Com'è andata?". "Benissimo,
direi. Non mi sono sentita così usata da tempo.". "Ora ti senti
pronta?". "Beh", dissi io, che ormai ci avevo preso gusto,
"non vorrai mica farmi andare via senza un bel finale tutti insieme…"
"Certo che no, se ti fa piacere". Allora feci cenno a Kim di
lasciarmi il lettino, e, alzato lo schienale, rimisi le gambe sui bracci
divaricatori. "Adesso sono schiava dei vostri più perversi pensieri, tanto
io sto qui a subire". Non se lo fecero dire due volte: mentre Elisa mi
rimise le mani nel culo per riaprirmelo, e Kim tornò alla carica col
divaricatore nella fica, i due stalloni si masturbarono addosso a me (ma quanta
sborra nelle palle avevano questi due?) e mi annaffiarono un paio di volte ciascuna.
Elisa, nel frattempo, aveva preso un divaricatore permanente, di quelli che si
usano in sala parto, e lo aveva usato per tenermi aperto il culo. Ormai il loro
dominio era totale, e urlai: "Sono la vostra schiava! Spadroneggiate su di
me, usatemi come il vostro cesso!!!"
E infatti, iniziarono i due maschi, ai miei due lati, terminata la
sborra, a pisciarmi addosso. Il piacere che mi dava era indescrivibile, stavo
scendendo negli abissi della zoccolaggine ed ero disposta a vantarmene, anche.
Mi girarono intorno, sempre pisciandomi addosso, e non mancando di irrorare
abbondantemente i miei due buchi, aperti come due cloache. Nel frattempo. Kim e
Elisa erano salite a cavalcioni sopra di me, e mentre la prima mi pisciava in
faccia, la seconda, calibrando il getto, stava facendo cadere il proprio
liquido dorato sopra la fica. Quello che cadeva, senza l'effetto frenante dei
peli, scivolava nel culo. I due maschi finirono l'opera pisciandomi sulle
gambe, sui piedi e sui miei infradito. Alla fine ero completamente fradicia.
Kim e Elisa, quando ebbero svuotato le loro vesciche, scesero dal lettino e si
disposero ai due spigoli della spalliera. I due maschi mi presero le gambe e le
sollevarono, sì da scoprire meglio la vista del mio culo. "Guardati ora, che
ne pensi?" disse Elisa. Una felicità estrema mi pervadeva: di fronte a me
vedevo quattro cacciatori intorno alla loro preda, una preda ridotta in
schiavitù, presa nella posa più umiliante per una donna, con le gambe
completamente aperte ad offrire il proprio culo e la propria fica, slargati,
deformati e violati oscenamente per il loro piacere, e la preda ero io, lì,
sporca di sborra e di piscio, che avevo fatto da paziente, da bambola e alla
fine da cesso, con il dorato dei miei infradito che risplendeva nella luce
tardo-pomeridiana. "Credo di essere
diventata una schiava perfetta", dissi. "Non ci sei diventata, c'eri
già ", mi disse, mentre i due maschi si congedavano e Kim mi sfilava i
divaricatori. "Te l'ho detto, io ho solo fatto uscire la tua parte nascosta,
se non fossi stata predisposta non avresti combinato tutto quello che hai
fatto. A proposito, è tutto registrato da una videocamera nascosta. Ora vatti a
fare una doccia, che dopo ci vediamo nello studio di là . Kim si rivestì da
segretaria e andò a ricevere altri pazienti, mentre Elisa, reinfilatosi il
camice, andò al suo tavolo. Dopo essermi fatta la doccia, vidi che Kim aveva
lasciato sul lettino il divaricatore anale a vite. Chiuso era più piccolo di un
vibratore, e me lo feci scivolare nella borsetta. Poi andai da Elisa, che mi
consegnò la videocassetta e mi tese la mano. Adesso la foga era sbollita, ed
eravamo più calme. La salutai e lei mi disse: "Dopo quello che c'è stato
un bacio me lo puoi dare, no?" "Beh"… Neanche il tempo di
parlare e le nostre lingue si toccarono per mezzo minuto buono, dopodiché disse
al mio orecchio: "Guarda che il divaricatore non era lì per caso. E' un
gentile omaggio della ditta, e nessuna resiste alla tentazione di farlo sparire
in borsetta. Pagamento e fattura da Kim, prego" "Che bastarda",
pensai, uscendo "però credo di amarla" conclusi. Mi preparavo a una notte di fuoco, però mi
ricordai della promessa fatta venerdì. Allora telefonai alla mia amica ginecologa
e, mentre rispondeva, lo sguardo mi andò al divaricatore in borsetta. Lasciando
perdere quel che volevo raccontarle, le dissi "Stasera sei libera?".
"Sì, chiudo prima, perché?" "Allora sei a cena a casa nostra. Ti
devo raccontare della dottoressa che mi hai consigliato." "Ma se è
per questo possiamo vederci al mio stu…" "Niente ma, è deciso.
Stasera sei mia ospite". Sospirò. "E va bene, a stasera. Alle otto
come al solito?" "Vada per le otto. Ti aspetto". E ti aspetto
sì, pensai. Cento metri più a destra
c'era un negozio di calzature. Chiesi alla commessa un paio di infradito… Stefy
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14 anni fa
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