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schiavoalsuolo 39 anni
Maschio
Firenze, Italia
Ultima visita: 9 anni fa
Varie Feticcio Cuckold Trio Scambisti

Mogliettina premurosa

Come ogni giorno sono qui, nel nostro salotto e la sto aspettando.
E’ tutta la giornata che sono in cucina, da quando stamani lei è uscita per andare a lavorare e senza nemmeno salutarmi ha sbattuto la porta dopo avermi lasciato a terra in camera la sua biancheria da lavare e qualche euro per fare la spesa. E’ in ritardo di un paio d’ore e io sono qui che ripenso a come siamo arrivati a questa situazione. Ricordo, non senza nostalgia a come era diverso quando decidemmo di sposarci e io le dissi che non volevo che lei lavorasse, che avevo sempre avuto un’idea della donna che mi sarebbe stata accanto come di un angelo del focolare, sempre presente al mio ritorno a casa e sinceramente felice di passare le giornate a occuparsi “di noi”, del nostro nido. Questa visione un po’ antiquata della famiglia sembrava calzarle perfettamente, era entusiasta di diventare mia moglie nel senso più tradizionale del termine e considerava addirittura malsane certe velleità della donna moderna sempre più impegnata nel lavoro con una determinazione che spesso superava quella maschile e che generava, secondo lei, macchine da guerra spietate che per competere con gli uomini ne prendevano i lati peggiori.
Tutto era perfetto, i primi tempi: Il mio lavoro ci permetteva una vita più che agiata e le sue dolci fatiche in casa venivano ripagate spesso da cenette fuori, viaggi e la consapevolezza di avere accanto un uomo che le dava sicurezza e la faceva sentire amata, per prima cosa a letto.
Fino a pochi mesi fa, quando una mattina di ottobre che non dimenticherò mai, il mio capo ufficio mi chiamò nel suo ufficio per dirmi che “in giro c’è una crisi senza precedenti” e “il nostro settore è quello che ne risente di più” quindi…anche se era “l’ultima cosa al mondo “ che avrebbe voluto fare, mi ha licenziato. Solo pochi giorni prima, divertita, lei mi aveva detto che una sua amica che dirigeva un’azienda di pubbliche relazioni le aveva offerto un “ottimo posto” perché vedeva nella sua bravura nel gestire la casa e le p.r della famiglia un’ottima predisposizione per quel lavoro. Lei le aveva risposto molto serenamente che le veniva così bene solo grazie all’amore che provava per me e se fosse diventato un lavoro ne avrebbe perso il gusto.
Completamente a pezzi tornai a casa e aperta la porta mi venne in contro più sorridente del solito
“ciao amore…cosa c’è?”
Le raccontai tutto e lei si dimostrò la donna stupenda che conoscevo da sempre, alla fine riuscì anche a tirarmi su e facemmo l’amore meglio di sempre.
Intanto i giorni passavano e il mio ottimo curriculum sembrava non avesse alcun effetto su le decine di direttori del personale sulle cui scrivanie finiva ogni giorno.
Quasi timorosa una sera, finito di cenare, mi disse che forse, solo per il momento, sarebbe stato meglio accettare quel lavoro che le aveva proposto la sua amica. La mia prima reazione, punto nell’orgoglio, fu rabbiosa e la feci anche sentire in colpa per avermelo detto.
Ma i giorni passavano, la situazione non cambiava a livello lavorativo e dentro casa era sempre più peggio, appesantita da lunghi silenzi pieni di miei risentimenti contro tutto e tutti e della sua impotenza davanti al mio malessere. A una sua seconda richiesta di accettare il lavoro propostole, questa volta più convinta, anche davanti all’evidenza di un bilancio familiare in passivo ormai da più di due mesi, dovetti cedere, fingendomi stufo della sua insistenza quasi come se le stessi facendo un favore.
Il lunedì seguente, quando uscì per andare al suo primo giorno di lavoro facevo finta di dormire, mentre ero ben consapevole di come i ruoli si erano ribaltati nel giro di poco tempo.
Sono convinto che se avessi vissuto questa situazione con più serenità, apprezzando i suoi sforzi e incolpando meno me stesso, sarebbe andato tutto diversamente. Ma da quel lunedì mattina le cose cambiarono davvero, solo per colpa mia.
Tornava ogni giorno stanchissima da un lavoro che oltre a essere stressante era anche il primo per lei, io abbandonavo lentamente il mio atteggiamento di risentimento cieco e facevo di tutto per farla stare bene. Mentre lei sembrava esaurire comprensione e attenzioni verso di me io la vedevo sempre di più grande e forte, lei, capace di riuscire dove io avevo fallito, lei che riscuoteva sempre più successo in un mondo nuovo e io che avevo sempre più paura del vecchio.
Se inizialmente mi portava insistendo a qualche cena organizzata da lei e il suo staff, con il passare del tempo insisteva sempre meno alleggerita dall’idea di una serata senza la mia pesantezza accanto. Allora quando non aveva impegni per la serata dedicavo tutto il giorno al suo arrivo, preparando cene e bagni caldi. Avevo preso, al suo rientro, l’abitudine a farla sedere sul divano e levarle le scarpe per massaggiarle i piedi con tenerezza. Se inizialmente accoglieva questa cose con gratitudine, con il passare del tempo divenivano sempre di più abitudini, quasi atti dovuti.
Mentre le massaggiavo i piedi, dai sorrisi compiaciuti era passata all’indifferenza e spesso ne approfittava per chiamare qualcuno al telefono, magari l’ultima comunicazione di lavoro o una chiacchierata con qualche amica.
E più diventava indifferente e distaccata più io l’adoravo. Una sera tornata a casa nervosa e stanca, dopo aver mangiato un boccone di un piatto che mi era costato un pomeriggio ai fornelli si alzò dicendomi
“scusa, sono stanca vado a letto” con lo stesso tono con cui ordinava il pieno alla macchina a un benzinaio
“Non ti piace”
“Ho detto che sono stanca”
“ti faccio qualcos’altro se vuoi”
“Senti! Lo so che non hai un cazzo da fare dalla mattina alla sera, ma io ho lavorato tutto il giorno e la tua cucina è l’ultima cosa di cui me ne frega!”
Fu come prendere una porta in faccia, non riuscii a dirle nulla mentre se ne andava in camera, paralizzato dall’umiliazione e dalla consapevolezza che aveva ragione.
La mattina dopo, invece di chiedermi scusa, mi salutò appena urlandomi dalla porta di andarle a ritirare un vestito in lavanderia. Sembra che da quella sera si rese conto che sfogare su di me i suoi problemi le faceva bene e non le creava alcun problema. Mi chiamava dall’ufficio dandomi di cretino solo perché le chiedevo se rientrava a cena quando la sera la avevo sentita parlare con la tale amica della tale festa, e quando rientrava anche di notte accendeva le luci della camera e senza preoccuparsi se dormivo canticchiava rumorosamente. Le poche sere che restava a casa mi dovevo fare trovare pronto a massaggiarle i piedi e a prepararle qualcosa da bere di sempre più forte.
Una sera, dopo le avevo versato il secondo wiskey e le stavo massaggiando i piedi a terra, così poteva stendersi completamente sul divano mentre guardava la TV, e dal niente mi disse
“Riesci a vederti dall’esterno?”
“Come?”
“ Ti ho fatto una domanda chiara: Riesci ma vederti dall’esterno in questo momento?”
Sapevo dove voleva arrivare, era particolarmente dura quella sera, forse anche per l’alcool, avevo paura di essere umiliato per l’ennesima volta anche se la familiarità di quella situazione mi dava un brivido caldo
“Si…cioè….”
“Allora te lo dico io come sei in questo momento: Sei a terra a massaggiarmi i piedi, io non ti sto neanche considerando perché ormai mi annoi più di questo programma idiota che sto guardando alla televisione”
“…”
“Come fai a non sentirti completamente inutile!?”
“L’unica cosa che mi venne da dire fu
“…scusa…”
Come se neanche mi avesse sentito si alzò, ma poggiati i piedi ancora con le calze sul pavimento, li ritirò su:
“ma che freddo fa in questo pavimento, ancora non l’hai pulito quel tappeto?”
“è ancora bagnato”
Mi guardava fisso, con disprezzo
“Allora renditi utile và…portami in bagno”
feci per alzarmi
“Cosa fai!? A quattro zampe, come i ciuchi!”
Mi stava distruggendo e io ero sempre più eccitato e spaventato dalla mia reazione, volevo che continuasse avendone il terrore. Mi misi a quattro zampe, lei mi cavalcò e mi dette una pacca sul culo
“Vai animale vai”
Dopo pochi metri le ginocchia mi stavano scoppiando
“Lo vedi che a qualcosa servi allora!?...eh?...”
Mi prese per i capelli “Rispondi…lo vedi che a qualcosa servi!?”
“..si…è vero…servo a qualcosa”
“A cosa” mi chiese ridendo forte
“A non farti prendere freddo ai piedi”
Intanto eravamo arrivati in bagno e lei dalla mi schiena salì sul water, io non riuscivo a muovermi
“Esatto” disse “per non farmi prendere freddo ai piedi…e allora dai…ora diventi zerbino: mentre piscio metti la tua faccia sotto i miei piedi e già che ci sei gli dai una leccatina” La voce cambiò di colpo, dura ma naturalissima mi disse
“levami le calze e leccami i piedi”
Ero eccitatissimo e mi tremavano le mani
“Dai coglione! Non ti riesce neanche levare un paio di calze!?”
Una volta nudi mi mise in bocca subito le dita
“Leccali bene che oggi ho camminato tanto…così…lecca fra le dita”
Leccavo e sentivo l’altro piede che si strusciava le guance, avevano un sapore leggermente acre, ma mi faceva impazzire
“Da ora in poi basta non fare un cazzo dalla mattina alla sera! Sarai il mio ciuchino, il mio zerbino, il mio bidè”
Dall’alto vidi arrivare uno sputo in piena faccia, tra l’occhio e il naso
“E la mia sputacchiera” rise di nuovo, non come rideva un tempo, era un misto di risata satanica e risata annoiata. Con il piede iniziò a spalmarmi la sua saliva sulla faccia e intanto sentivo la sua pipì che scendeva nel water
“Hai trovato un nuovo lavoro…sarai il mio schiavo 24 ore su 24”
Mentre me lo diceva sentivo di amarla incondizionatamente
“Si” Dissi
“Si cosa?”
“Sarò il tuo…schiavo”
“e mi chiemerai signora…hai capito merda?”
“Si..signora”
Poi si mise in silenzio a guardarmi, con disprezzo, si sentiva solo la mia lingua che passava tra le sue dita
“Mi fai davvero schifo, lo sai merda!”
“Si Signora”
Si alzo e si mise in ginocchio sulla mia faccia
“Dai pulisci”
Sentii tutto il caldo della sua piscia in bocca e quando ebbi finito avanzò un po’ con le ginocchia e mi ritrovai il suo ano sulla lingua
“Certo, anche il culo….soprattutto il culo mi devi leccare!” mi strusciava l’ano sulla lingua tenendomi per i capelli, come se fossi un asciugamano da bidet
“mmh..che lingua morbida…l’unica cosa decente che ti è rimasta” poi si alzò e mentre io ero ancora a terra ai suoi piedi si rese conto che ero eccitatissimo, ormai erano mesi che non avevamo un rapporto.
“Ma guarda guarda…allora ti eccitano queste cose!? Ti piace sentirti una povera merda!? Non dovresti eccitarti…questo non è un giochino erotico…tu sei una povera merda!” allungò un piede sul mio cazzo e iniziò a sfregarlo sopra, bastarono pochi secondi e venni inondandomi la pancia di sborra repressa da mesi. “Lo vedi che sei una merda…non riesci a resistere più di tre secondi…dovrò prorio trovarmi qualcuno che mi scopi come si deve…o che mi scopi semplicemente…visto che l’unica volta che ti si rizza vieni da solo dopo due secondi a contatto con il mio pied…a terra come un verme…mi fai davvero schifo” a questo punto mi sputò addosso più volte e con il piede mischiava la mia sborra alla sua saliva e quando la pianta era piena me la metteva in bocca e non me la levava finchè non l’avevo pulita completamente. Quando ebbi ripulito tutto mi disse che l’avevo annoiata, come sempre e che andava a letto
“tu però da oggi dormirai a terra, al posto del mio tappetino scendiletto e domani mi svegli alle 09.00, con la colazione…la prima cosa che farai dopo avermela portata sarà infilare la tua lingua tra le dita dei miei piedi”
Si girò e mi lasciò lì, confuso come mai, ma convinto di essere in un inferno da cui inspiegabilmente non avevo la forza, ma soprattutto la voglia di uscire.

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