G. si predispose con la meticolosa cura che costituiva prerogativa per una declamata femminilità, a renderla appetitosamente desiderabile, come il medesimo compagno di lei ormai da tempo era abituato a condividere attraverso le innumerevoli attenzioni che le venivano sovente rivolte.
Osservandola nella ricercatissima biancheria intima, che ne esaltava le fattezze in una maniera che risultava oltraggiosa per moltissime altre donne molto più giovani, ed al tempo stesso la rendevano preda di libidinosi appetiti da parte di una numerosa schiera di uomini, non poté del tutto celare il desiderio che aveva di accompagnarsi a lei, seguendola in quella che certamente si sarebbe rivelata una ennesima emozione sensoriale.
La vide allontanarsi ammantata in una vistosa pelliccia indossata direttamente su quell'unico baluardo a protezione di quelle audaci intenzionalità che l'avrebbero condotta ad un convegno già codificato dalle intenzioni.
Anche l'autista dell'auto pubblica, chiamato per accompagnarla, non poteva fare a meno di notare quanto fosse attraente, pur non potendo intuire ciò che si celava oltre lo spesso involucro che ne garantiva l'incolumità visuale, proteggendola ancora da sguardi che sarebbero stati di ben più estremo consenso.
Durante il lungo percorso che la allontanava da una città prossima ad assopirsi, percorrendo anonime strade di periferia, come le era stato espressamente indicato a far si che il tragitto venisse dilatato oltre ogni logica, ed allo scopo preciso che i pensieri di lei potessero correre nel frattempo a ciò che di ignoto l'attendeva, notava gli sguardi intensi che le venivano rivolti, attraverso lo specchio retrovisore del veicolo, portandola ad ipotizzare che lo stesso autista fosse parte di un convenuto intrigo.
Giunta nel viale di accesso alla lussuosa villa, congedandosi dall'occasionale accompagnatore, varcò la soglia dove ad attenderla stava un anziano inserviente in livrea il quale, facendole un cenno di seguirla, la accompagnò per gli ampi corridoi che immettevano ad un vestibolo, giunti presso il quale le chiese di consegnare l'indumento che ancora la copriva.
Alla istintiva reticenza di lei aggiunse con fermezza di tono che ciò era stabilito negli accordi intercorsi, consegnandole nel contempo una mascherina ed una vestaglia in spesso tessuto damascato con cui avrebbe potuto ricoprirsi, e godendosi l'obbligatorio interscambio al quale G. dovette adeguarsi, eseguendolo di fronte al palese compiacimento dell'individuo che l'aveva accolta.
Occultando parzialmente la propria identità con il volto coperto, si lasciò condurre in una stanza, sul cui perimetro si affacciavano alcune porte, e nella quale venne lasciata in attesa febbrile degli sviluppi di quella nuova follia per la quale si era resa partecipe consenziente.
Dopo istanti che le parvero infiniti apparvero all'improvviso da un portale scorrevole altre anonime figure, a loro volta ammantate da cappe analoghe a quella da lei indossata, ed a loro volta con il volto celato da strane maschere che, se pur facendoli apparire tra loro dissimili, non ne occultavano del tutto le sembianze ad evidenziare la fisionomia di ognuno di essi.
Senza molti preamboli G. venne immediatamente spogliata della vestaglia per apparire in tutta la propria fisicità prorompente di fronte agli ammirati osservatori che, esprimendo espliciti consensi e commentandone la sublime visione, presero a palpeggiarla privi di alcuna remora, impedendole di potersi sottrarre ad esplicite manovre che la rendevano ancor più vulnerabile di quanto già non potesse apparire.
Altrettanto repentinamente le sfilarono sia il reggiseno che lo slip, lasciandola con le sole guaine autoreggenti del velato nylon quale unico elemento semitrasparente a ricoprirne la nuda epidermide, ed esponendola in statuaria esibizione di se su scarpe in nero camoscio dall'elevatissimo tacco a spillo che la facevano apparire ulteriormente desiderabile oltre che duttile preda per ogni genere di altra possibile intemperanza.
G. non oppose resistenza alcuna neppure quando venne fatta adagiare su una damascata trapunta di raso posta su una dormeuse e circondata dalla anonime presenze che all'unisono presero a masturbarsi freneticamente all'intorno, rivelando le rispettive nudità sino a quel preciso istante ancora mantenute ben nascoste sotto alle spesse cappe di panno, procurandole vorticose sensazioni emotive alle quali si abbandono in una sorta di arrendevole oblio cerebrale.
Anestetizzata nella transitoria incapacità di reagire alle libidinose manifestazioni di giubilante entusiasmo che le venivano così esplicitamente rivolte, non poté sottrarsi neppure alle oltraggiose minzioni spermatiche che, imbrattandone l'epidermide, le diedero la perfetta dimensione di ciò che alcuni tra gli astanti più eccitati andavano in quel frangente compiendo.
Subito ripulita da tali sfoghi subì una repentina profanazione da parte di un corpulento figuro il quale, senza altro preambolo, la penetrò con estrema efficacia, facendola trasalire mentre, posseduta così energicamente, scopriva quanto potesse avvertire un incredibile coinvolgimento generato da quell'energico trattamento e corrispondendo l'anonimo stupratore con una auto stimolazione sulla clitoride alla ricerca di un orgasmo ancora più estremo.
Altri poi la castigarono ancora, turnandosi in rapida successione sul corpo di lei, colmandola delle loro dissolute attenzioni, rendendola ebbra di quegli sfoghi perpetrati senza remora alcuna, profanando orifizi che in molti avrebbero desiderato percorrerle alla scoperta di esclusività solo immaginate quale beneficio destinato a pochissimi eletti.
Alla fine di quell'estremo convegno G. venne congedata e nuovamente ricondotta alla volta di casa per mezzo di un altro veicolo pubblico il cui autista, inconsapevole di quanto appena conclusosi, avrebbe potuto ammirare soltanto le ricomposte sembianze di una sofisticatissima passeggera oltre la cui mente si celavano segreti che, se divulgati, l'avrebbero resa oggetto di facili pretestuosità fisiologiche alle quali sarebbe divenuto complesso opporre diniego.
Commenti