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Fumo.

A notte fonda mi piace buttarmi sul tappeto, solo silenzio, accendo l’ultima sigaretta, adoro guardare il fumo dal basso, si eleva lentamente verso l’alto. Una luce soffusa, cangiante fra l’ambra e il quarzo citrino.

Si diffonde l’odore di oppio per tutta la stanza. 
Il fumo sinuoso levita, come una sublime danza di ofidi, un rituale, un combattimento dove ognuno cerca di placare le proprie voglie, attorcigliandosi tra di loro in un groviglio.
Piano il fumo delinea chiaramente un corpo di donna morbido, curvilineo, avvolgente, madido.
Chissà perché non mi sento sola, il tuo respiro lo sento, mi accorgo di te.
Delicatamente mi sfili la sigaretta dalle dita, ora dalle nostre bocche aleggia sopra di noi, la scia del fumo. Secondi, attimi poi scompare, lascia il posto a nuovi deliri.
Noi restiamo li, storditi, distesi, scarmigliati, occhi dischiusi, alterniamo il silenzio del fumo alle risate convulse.
Sul tappeto i bicchieri, sfilacci di tabacco, i tuoi pantaloni, un paio di libri, la nostra bottiglia di vino ormai vuota, stranamente ancora in piedi come a voler avvertirci che forse dovremmo stare a distanza.
Vorrei assaggiarti, sorseggiarti, ma diventerei molesta.
No non funziona così...
Sono la donna di fumo, ho un corpo morbido, curvilineo, avvolgente, madido.
A volte sono anche sfuggente e inaffidabile, ho timore che se ti mostrassi il mio essere, come un sortilegio woodoo mi pianteresti gli aghi sul corpo, facendomi sanguinare fino a dissanguarmi. Mi fermeresti nella tua testa e non mi faresti più vivere ciò che voglio vivere, ho bisogno di qualcuno abbastanza sapiente da ricrearmi ogni giorno, soffiando fiato sul mio corpo, così da modellarlo costantemente e guardarlo fino a consumarlo.
Ad uno così potrei mostrarmi davvero , con la pelle bianca, pallida.
Con le labbra impastate di succo di ciliege.
Con le braccia fatte di rami di fiume.
Con gli occhi accesi di furia di mare.
Con voce di vento dannato.
Vorrei abbracciarti stretto, forte da farti sentire i miei sensi schiacciati sulla tua schiena, strusciare i capezzoli sulla tua pelle, il mio respiro che ti soffoca.
Vorrei farti guardare il fumo uscire dalle nostre bocche, languidamente sfiancati su lenzuola sudate, mentre il torpore delle nostre voglie ci avvolge, toccarci fra le cosce, con minuziosa lentezza, esasperata a tocchi, senza bisogno di correre.
Mi dissolverei fra le tue mani.
Potresti rendermi ferma oppure impetuosa, liquida, come un torrente che non riconosce il suo letto.
Le tue mani, umide di me, le guideresti fino alla mia bocca, con devozione leccherei ogni dito, come nella stagione più calda l’ hibiscus syriacus cerca l’ultima goccia di acqua per la sua instancabile fioritura.
Come un ofide scivolerei sopra di te al ritmo della tua voce, mi salderei con la stretta della tua presa sui miei fianchi.
Il ritmo lento inversamente proporzionale alla nostra fame, le spinte decise che ci rendono preda e predatore disvelando tutto ciò che c’è di nascosto.
Rasente raschio la pelle, avidamente ti bagno e mentre ti guardo, il fumo scompare, sono le cinque, dovrei dormire.
Penso...sapresti realizzarmi?
 
- Silver Rea -

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